Il trionfo di Tsipras

Il Corriere della Sera: “Trionfo di Tsipras, Atene agita l’Europa”. “Sinistra radicale a un passo dalla maggioranza assoluta, sconfitto il fronte dell’austerity”. “Esplosione di gioia nella capitale”. “Il vincitore: basta con la paura, basta con la troika”. “Ma il banchiere centrale tedesco avverte: rispettino gli impegni”.
L’editoriale è firmato da Sergio Romano: “I numeri che contano”. Altri commenti sulla vittoria di Syriza: “La sfida al rigore”, di Antonio Ferrari e “La partita del debito che preoccupa la Merkel”, di Danilo Taino.
A centro pagina: “Renzi contri i magistrati su Csm, ferie e riforme”. “Toghe e politica. Legnini: il premier non delegittimi”. Ancora sull’argomento, e sullo “strapotere delle correnti” della magistratura, un articolo di Luigi Ferrarella: “I capicorrente? Sono al governo”.
A fondo pagina una lettera di Paolo Gentiloni, che risponde alla signora Anna Bulgari Calissoni, rapita nel 1983 dall’Anonima Sarda, autrice di una lettera al quotidiano milanese sul tema del pagamento dei riscatti: “‘I doveri di uno Stato con gli ostaggi’. La lettera del ministro ad Anna Bulgari: salviamo vite, ma ci sono zone in cui non si va’”.

La Repubblica: “Trionfo di Tsipras, terremoto Ue: ‘Cambierà tutto’”, “Vittoria storica in Grecia, Syriza sfiora la maggioranza assoluta”, “’Battuta l’austerità, pronto a negoziare nuovo piano di 4 anni’”, “Neo-nazisti di Alba Dorata terzo partito. Vertice Draghi-Juncker”.
A centro pagina, la successione al Quirinale: “Berlusconi boccia Mattarella. Renzi: sul Colle non decide lui”.
E sulle polemiche tra Renzi e l’Anm: “Il premier sfida i giudici, ‘Sulle ferie tesi ridicole, la riforma va avanti’”, “Dura replica con l’Anm: solo promesse mancate”.
Di spalla a destra, la storia di copertina dell’inserto R2: “Il lungo inverno dell’Ucraina che ha spento al rivoluzione”, “Un anno di guerra, 5mila morti. Il Paese ormai in ginocchio deluso anche dall’Occidente”. Ne scrivono l’inviato a Kiev Nicola Lombardozzi e Paolo Galimberti, con un’analisi dal titolo “Chi sono i colpevoli”.
A fondo pagina, l’iniziativa del Centro Astalli: “Dalla moschea al tempio indù, ecco la gita di classe multireligiosa”, “L’iniziativa ha coinvolto 8mila studenti”.

La Stampa: “Grecia, è il trionfo di Tsipras”, “A Syriza il 36% dei voti: ‘Addio all’austerità’. Convocato per oggi un vertice Bce-Commissione Ue”.
A centro pagina, “Il braccio di ferro tra premier e magistrati”:: “Csm contro Renzi: ‘Ferie a 45 giorni’”.
Il “retroscena” richiamato in prima è firmato da Fabio Martini: “La vera storia di quei 101 ‘traditori’”, “Il ruolo di Bersani, D’Alema, Rodotà e dell’attuale leader Pd nel ‘no’ a Prodi al Colle”.
Di spalla, sulla politica estera del nostro Paese: “Le scelte obbligate del Quirinale”, di Roberto Toscano.

Il Fatto: “La Grecia dice basta”, “Trionfa Syriza con Tsipras che subito dichiara: ‘Troika, è finita: soluzione con l’Ue’”.
Sulla polemica Anm-Renzi: “Ora Renzi insulta le toghe: ‘Ridicole’”.
Sulla successione a Napolitano: “5Stelle, trappola contro i Nazareni”, “Possibili intese al 4 scrutinio con le opposizioni”.
A centro pagina: “La Satira è ancora viva?”, “Tutti sono solidali con Charlie. Ma in Italia le matite non hanno mai avuto vita facile. Da Tango a Cuore, dal Male a Frigidaire e al Vernacoliere, ecco la loro storia”, di Enrico Bertolino.

Il Giornale: “Comunisti al governo. Occhio. L’Europa trema per la tenuta dell’euro, ma è solo colpa sua”. “In Italia la sinistra anti-Renzi gode”.
A centro pagina, nel “controcorrente”: “Così crolla la grande bellezza d’Italia”. “Vantiamo un patrimonio artistico da record, ma non lo facciamo fruttare. Anzi, lo roviniamo”.
A fondo pagina il consueto intervento del lunedì del sociologo Francesco Alberoni è dedicato all’Islam: “L’unico baratto che possiamo fare con l’islam”. “La coesistenza coi musulmani è possibile solo se rispettano parità di genere e leggi laiche”.

Grecia

Il partito Syriza di Alexis Tsipras è al 36,3 per cento, a due seggi dalla maggioranza assoluta : 149 seggi su 300, “quindi non ancora sufficienti per governare da solo”, come scrive l’inviato del Corriere della Sera. I conservatori di Nuova Democrazia è al 28,1 per cento, con 77 seggi. Terzo partito Alba Dorata, con il 6,3 per cento e 17 seggi. Quarti i centristi di To Potami, 5,9 per cento e 16 seggi. I comunisti del KKE sono al 5,1 con 15 seggi, il Pasok ha il 4,7, con 13 seggi, come i Greci indipendenti”, pure con 13 seggi . Non supera la soglia del 3 per cento il partito fondato da Papandreou. Quanto a Tsipras, “qualche voto si troverà facilmente tra i partiti minori, che hanno già offerto collaborazione”, scrive il quotidiano.

La Repubblica, pagine 2 e 3: “Grecia, il trionfo di Tsipras: ‘È un nuovo inizio per l’Europa’”. Scrivono gli inviati Ettore Livini e Matteo Pucciarelli che la “campagna di terrorismo di Antonis Samaras – ‘Dovete scegliere tra Europa e caos’ – non ha funzionato”. Una militante cinquantenne del Pasok, nella sede del partito, dice : “Che tristezza, cinque anni fa a festeggiare ero io con il nostro 44%. Ora siamo al 4%”; “Io ho votato Papandreu nel 2009 e ora mi trovo con 500 euro di stipendio in meno”, racconta un’infermiera.
Il quotidiano intervista il leader di Alba Dorata, Theodoros Koudounas. Sette dei massimi dirigenti del partito sono in carcere con l’accusa di associazione a delinquere per l’omicidio del rapper Pavlos Fyssas. Si aspettavano il buon risultato elettorale? “No. Abbiamo fatto una campagna elettorale in clandestinità. Con i vertici in galera e lo Stato che ci ha bloccato, rubandoceli, i finanziamenti pubblici. Siamo stati costretti a fare i comizi in sale di hotel e piccoli cinema per risparmiare”. Tra poco – ricorda – “partirà il processo ai nostri compagni di partito. E la Grecia scoprirà che erano tutte accuse inventate di sana pianta”. Poi il Paese “si accorgerà dell’errore che ha fatto a votare Syriza”. Perché “Perché si piegheranno alle richieste della Troika e poi cominceranno a litigare tra di loro. Dal 37% che hanno oggi torneranno in due anni al 4%. E quei voti torneranno a noi”. Che fareste voi con il memorandum della troika? “Pagheremmo solo i debiti legali. Non quelli gonfiati dagli interessi di usura delle banche” e poi cercheremmo i soldi altrove, come dalla Russia e dalla Cina, “due Paesi che hanno dimostrato di rispettare le tradizioni e le origini del popolo greco”.

La Stampa intervista lo scrittore Vassilis Vassilikos, autore di “Z”, da cui Costa Gavras trasse il film “Z, l’orgia del potere”. Dice: “Adesso l’Europa ci dovrà guardare con rispetto”, “Questa vittoria darà speranza anche agli altri Paesi in difficoltà”.

La Repubblica intervista lo stesso Costa Gavras che, parlando di Tsipras, dice che “ha a cuore le persone e non i banchieri, sa cosa fare”.
Il ritratto di Tsipras è tracciato su La Repubblica da Ettore Livini: “Alexis, senza cravatta contro i poteri forti: ‘Basta con gli oligarchi, diamo dignità al popolo’”, “Nato nel 1974, nei primi anni Novanta durante le proteste studentesche ne diventa uno dei leader”, laureato in ingegneria civile, si sposa in Comune, il secondo figlio decide di chiamarlo Ernesto (come il Che). Luciana Castellina, che lo conosce da anni, dice: “È il primo leader della sinistra di una generazione che non ha paura del colpo di Stato”.

Su La Stampa il ritratto di Marta Ottaviani: “L’ingegnere che ama il teatro ha ‘convertito’ i comunisti”, “È riuscito a portare nel partito i vecchi militanti del Kke. Ha inaugurato un look giovane, ma è la compagna la sua forza”.

Su La Repubblica, pagina 8: “Effetto Grecia a sinistra: ‘Ora una Syriza italiana’. Vendola: doppia tessera”, “Il leader di Sel lancia un coordinamento e attacca Renzi: ‘È peggio di Berlusconi’. Ma la minoranza frena”. E alla pagina seguente, un’intervista al segretario Fiom Maurizio Landini: “Anche la Fiom in un progetto alternativo a Troika e renzismo”.
“Ma da noi non può funzionare”, scrive sulla prima pagina de La Stampa Massimiliano Panarari: Tsipras “ha fatto il botto, mentre da noi al più, scendono in campo le ‘brigate Kalimera’”, in Spagna Podemos è accreditato del 30% dei consensi, mentre nel nostro angolo di Mediterraneo “la sinistra radicale non gliela fa, e percentuali come queste le può vedere solo in sogno. L’Italia è una terra matrigna per la sinistra hard per una serie di ragioni, alcune storiche e altre riguardanti l’incapacità di chi la guida di comprendere -volenti e nolenti, è proprio così…- la fine irreversibile del Novecento e delle sue narrazioni ideologiche. Syriza e Podemos, infatti, ormai nulla (o quasi) hanno più a che fare con le parole d’ordine e lo stile della sinistra postcomunista che, da noi, continua di fatto a sopravvivere con un look differente. Mentre, per l’appunto, l’imprinting originario permane, in primis nei modi di pensare da dirigenti di un ex partito di massa (quando l’uno e l’altra non ci sono più); per contro, le neosinistre radical di Atene e Madrid il loro bagno nella postmodernità se lo sono fatto interamente, e fino in fondo, e le coalizioni di tendenze, idee e e visioni che rappresentano hanno praticamente saldato i conti con i ‘grandi discorsi in rosso’ del fu Secolo breve”. Scrive poi Panarari che Syriza trionfa in un Paese nel quale è ricomparsa a livelli devastanti la mortalità infantile e una porzione di società si ritrova sprofondata sotto la soglia di povertà: ecco perché “le principali e tradizionali constituency elettorali del Pasok (le stesse, in buona misura, del Pd) – lavoratori dipendenti e del pubblico impiego e svariate categorie di pensionati – hanno stavolta scelto Tsipras. In Italia, invece, il neoliberismo è stato sempre un po’ alla ‘cacio e pepe’ e il welfare familiare e i risparmi delle generazioni più anziane, seppure ambedue smagriti, continuano a fare da diga abbastanza robusta agli effetti della crisi”.

Su La Repubblica, ne scrive Stefano Folli in un editoriale dal titolo “Ma Atene è lontana per la nostra sinistra”: “In realtà la nuova sinistra che guarda adesso alla Grecia come a un ricostituente scrive Folli – magari a un bagno di gioventù, è reduce da una serie di insuccessi”, “Luciana Castellina ha detto con un filo di ironia che assistere agli straordinari eventi ateniesi equivale a ‘farsi una canna politica’”, ma se si vuole riavvolgere il nastro, si incontrano “le varie tappe di una storia italiana che è ben diversa da quella greca. La non-vittoria di Bersani nelle elezioni del 2013, il progressivo appannamento della sinistra del Pd, il fallimento della lista Ingroia (Rivoluzione civile), l’esclusione della sinistra radicale dal Parlamento nel 2008, quando l’alleanza Arcobaleno, mal pensata e mal costruita, rimase al di sotto della soglia. Per trovare una storia di successo bisogna tornare a Bertinotti e agli anni d’oro di Rifondazione comunista, in una cornice storica forse non ripetibile”. La verità è che – scrive Folli – “il leader greco ha completamente rovesciato il paradigma politico, non si è limitato a battere vecchie strade”.

Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, definisce Tsipras “una sorta di Mario Capanna in salsa ellenica”, e dice che “se condividiamo” con lui “l’analisi della malattia non possiamo condividere la ricetta”, perché “una medicina sbagliata può provocare più danni del male”, e dunque “a cadere dalla padella alla brace non ci sto”. Per l’Italia “l’alternativa” sarebbe “estendere il Nazareno alle riforme all’economia e all’Europa”, “ovvero affidarci a forze moderate e riformiste anziché al matto di turno”.

Su Il Manifesto si descrive l’evoluzione di Syrizia, e si scrive che il “‘padre’ di questa vittoria è solo il quarantenne Alexis” Tsipras, che ha saputo trasformare un “aggregato di ‘componenti'”, ovvero una serie di “piccoli partiti organizzati con una propria struttura organizzativa”, in un movimento fatto di varie correnti interne. “Non tutti hanno seguito Tsipras”, e “c’è un numero non indifferente di militanti che non vede di buon occhio l’espansione” e “non vede di buon occhio l’ingresso di nuovi linguaggi e nuove mentalità”. “Estremizzando, avrebbero preferito rimanere al 4,5 per cento del 2009”.

Il Corriere intervista Stathos Panagulis, fratello di Alekos, “rivoluzionario dinamitardo” che fu “amante di Oriana Fallaci”, che è in Syriza: “La Germania, che ha perso con i carri armati, ora vince con lo spread. Ma non cambia molto, siamo comunque un mercato per i loro prodotti”.

Il Giornale scrive che “per Tsipras il primo scoglio esterno sarà l’Eurogruppo di oggi” mentre sul fronte interno si dovrà eleggere il nuovo presidente della Repubblica: “nelle ultime ore sta circolando il nome dell’ex premier conservatore Kostas Karamanlis, ‘costretto’ alle dimissioni nel 2009 anche per via di un forte rapporto con la Russia. Proprio Mosca potrebbe avere un ruolo in questa triangolazione geopolitica post-urne greche, con un economista dello staff di Tsipras che da tempo ha intrecciato rapporti costanti e continui con quel versante euroasiatico”.

Anche sul Corriere un articolo parla della “intesa cordiale tra l’Orso russo e la nuova Atene”, dove si ricorda che negli ultimi anni “Atene ha sempre sostenuto Mosca in tutti i momenti di tensione con la Ue”, anche perché “tre quarti del gas naturale e del petrolio” che usa Atene vengono dalla Russia.
Secondo Sergio Romano, che firma l’editoriale del Corriere, “l’uscita della Grecia dall’euro, e forse dalla Ue, non è una scelta immaginabile e ragionevole”, e faranno bene a ricordarlo gli “interlocutori” di Tsipras in Europa, perché “lasciata a se stessa” diventerebbe il “malato cronico” della Ue e “renderebbe ancora più vulnerabile” l’Europa.

Su La Stampa: “La sinistra europea sogna la nuova via”, Anche i partiti socialdemocratici dovranno fare i conti con la vittoria di Tsipras. La visione sociale del leader greco va oltre la battaglia contro i fautori del rigore”.
E sulla stessa pagina, un’intervista a Nichi Vendola, che dice: “La sua vittoria riapre uno spiraglio e darà una scossa all’Italia di Renzi”, “Ridicoli quelli del Pd che festeggiano il successo. Il capo di Syriza ha idee molto diverse dal nostro premier”.

Quirinale

La Repubblica: “Il Pd cerca l’unità. E Berlusconi prova a stoppare Mattarella”. Scrive Francesco Bei che “è il giorno dell’unità del Pd, almeno sulla carta”. Oggi il premier e segretario incontra i parlamentari Dem: a loro, Renzi confermerà, secondo una fonte a lui vicina, che “si parte dal Pd” per il nome sul prossimo capo dello Stato. Intanto pare che Sergio Mattarella, “il candidato dal basso profilo, il più istituzionale e discreto”, sia stato fatto fuori da Berlusconi, che potrebbe rimproverargli le dimissioni da ministro della sinistra Dc ai tempi della legge Mammì, 25 anni fa. La sinistra Dem, scrive Bei, diventa da oggi ‘interlocutrice privilegiata. Tornano anche per questo a circolare i nomi di alcuni esponenti democratici: Veltroni, Fassino, Chiamparino. Dai bersaniani arriva la terna Veltroni-Finocchiaro-Fassino.
Il quotidiano intervista Rino Formica, che dice: “Due sole personalità in questo momento sono in condizioni di poter fronteggiare una gravissima situazione interna e istituzionale”, ovvero Giuliano Amato e Romano Prodi (“Al Quirinale né pulcini, né scendiletto”, dice, facendo rientrare tra i pulcini anche Veltroni, data la situazione “complicatissima” da affrontare).

La Stampa: “Renzi-Bersani, parte oggi l’ultimo braccio di ferro”, “Gli uomini del premier: tra gli ex segretari avrebbe più carte Fassino. Nel toto-nomi restano Padoan e Mattarella, ma sale Chiamparino”.
In taglio basso: “Fitto fa il guastatore e sfida Silvio: ‘Non pretenda obbedienza cieca’”, “Berlusconi oggi attende dal premier un nome su cui ragionare con i suoi”.
Alla pagina seguente, “La vera storia dei 101 ‘traditori’ nei giorni che bruciarono Prodi”, di Fabio Martini.

Su La Repubblica: “La nuova trincea di Fitto: ‘Niente obbedienza cieca a un patto Berlusconi-Pd’. Il leader di Fi: traditore”, “Il capocorrente pugliese ha con sé 40 grandi elettori. Domani i 17 ‘suoi’ senatori voteranno no all’Italicum”.

Al “bla bla di Palazzo” è dedicato un articolo de Il Giornale: “L’identikit tra slogan e frasi fatte. Il presidente ideale? Non esiste”. “Tutti i profili tracciati dai politici finiscono per annullarsi a vicenda”.
Un altro articolo de Il Giornale: “Renzi trama per imporre un ‘suo’ nome. Tattica del ‘prendere o lasciare’ sia con la minoranza Pd che con Berlusconi. Ma il leader azzurro resta decisivo”. Secondo questo articolo Renzi preferirebbe Mattarella ad Amato, perché quest’ultimo “piacerebbe troppo a Berlusconi e un domani non si farebbe problemi a bacchettare il premier sui suoi provvedimenti”. “Il premier punta a un nome di seconda fascia per non venire oscurato”.

Su Il Fatto: “La minoranza Pd si allea con Vendola per il Quirinale”. E, per quel che riguarda i pentastellati: “Il M5S prepara la trappola ai due Nazareni”. Si riferiscono le parole di Luigi Di Maio, M5e vicepresidente della Camera: “Renzi faccia i nomi, li voterà la Rete’. Non è esclusa – secondo Il Fatto – un’alleanza con le opposizioni per ingabbiare il Pd”.

“Il segretario farà il nome giovedì. Le ipotesi di Fassino e Mattarella”, scrive il Corriere. “Il possibile ritorno in campo degli ex leader. Renzi su Tsipras: è lui che ha bisogno di noi”. Secondo il quotidiano alle prime tre votazioni comunque il Pd sceglierà di votare scheda bianca, mentre “il nome che potrebbe essere utilizzato” dagli oppositori di Renzi e da uno “schieramento trasversale” che voglia metterlo in difficoltà è quello di Romano Prodi. Secondo il quotidiano Prodi, come altri “ex segretari” di partito, sarebbe giudicato “divisivo”, e sarebbe dunque in pole position Mattarella, che piacerebbe anche a Bersani e D’Alema, e su cui Sel avrebbe fatto sapere di non avere opposizioni.
Lo stesso quotidiano intervista il capogruppo Pd alla Camera Speranza: “‘La coesione? Ci sarà. Qui nessuno è già franco tiratore’. ‘Ciascuno potrà proporre criteri e nomi. Ci sono le condizioni per arrivare a una soluzione unitaria’”.

Banche popolari

Sul Corriere si racconta “la battaglia delle Popolari” dopo il provvedimento del governo che riforma il sistema di voto e che impone la trasformazione in spa per “dieci grandi banche” popolari. A firmare il decreto il Presidente Grasso che temporaneamente svolge le funzioni del Capo dello Stato.

Il Giornale intervista Gianni Zonin, presidente della Banca Popolare di Vicenza, una di quelle interessate dalla riforma: “‘Sulle popolari il premier ci ascolti. Stimo Renzi, ma qui ha deciso senza consultare la categoria. Deve ripensarci, questa riforma danneggia l’Italia’”. È una riforma che “uccide le banche popolari”, “svende” il sistema del credito cooperativo, “i fondi e gli speculatori avranno mano libera”.

Magistratura

Luigi Ferrarella sul Corriere dà conto delle parole del premier Renzi, che su Facebook ha scritto “basta allo strapotere delle correnti che oggi sono più forti in magistratura che non nei partiti”, e ricorda che Renzi “ha confermato come sottosegretario alla Giustizia” Cosimo Ferri, “il capo di una delle più forti correnti” della magistratura, Magistratura Indipendente, mentre al ministero della Giustizia ci sono “altrettanti big” di un’altra forte corrente, quella “di sinistra”. Si ricorda anche che “come viceministro della Giustizia” il governo ha “un avvocato (parlamentare) punto di riferimento degli avvocati delle Camere Penali”. E poi si legge: “Se Renzi può fare il surf sul principio di non contraddizione è anche perché lo miracolano settori della magistratura che più ricadono nella trappola della guerra santa su qualche giorno e più fanno dimenticare la strumentalità del premier nello stabilire, fin dalla slide pubblicitaria della scorsa estate, lo sviante nesso tra ‘meno ferie ai magistrati’ e ‘più giustizia ai cittadini'”.

Egitto

Sul Messaggero Azzurra Meringolo: “Egitto, sangue sull’anniversario di Tahir”. “Scontri in piazza. 15 morti, 35 feriti”. “Scontri nella ricorrenza della rivoluzione che portò alla fine di Mubarak”. “Almeno 15 i morti. Contestato il presidente Al Sisi”. “Tra le vittime una nota attivista che deponeva fiori ai caduti. Accuse alla polizia. Il governo dà la colpa ai Fratelli Musulmani”. L’attivista si chiamava Shaimaa Al Shabagh ed era una attivista socialista. Si legge anche che i manifestanti non erano che poche centinaia, contro la maggioranza degli egiziani ancora “in balia della (pur calante) Sisi-mania”.

Sul Corriere: “Shaima colpita in strada al Cairo. Diciassette morti 4 anni dopo Tahrir”. “Spari contro il corteo dei socialisti”. “Poi gli scontri tra polizia e Fratelli Musulmani”.

Rapimenti

Sul Corriere si discute di rapimenti e riscatti. Oggi il ministro Gentiloni risponde ad Anna Bulgari, rapita insieme al figlio dall’Anonima Sarda nel 1983. Dice: “Non spetta a me giudicare la linea di condotta seguita oltre trenta anni fa dalle autorità e dalla magistratura”, esprime solidarietà, e dice che “il terrorismo islamico non è l’anonima sequestri e non si combatte nello stesso modo”, che il governo italiano ha sempre seguito la stessa linea, “combattere il terrorismo” ma anche “salvare le vite”, e che le attività per salvare vite “non possono che essere riservate”.
Lo stesso quotidiano intervista la figlia di Anna Bulgari: “‘La busta con l’orecchio di mio fratello. Lasciati soli, pagammo noi il riscatto’. La figlia di Anna Bulgari: ‘I negoziati li feci io. Da Craxi e Scalfaro neanche una telefonata’”.

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