Il QE di Draghi: 60 miliardi al mese

Il Corriere della Sera: “Mille miliardi: la scossa di Draghi all’Europa”. “Da marzo maxi acquisto di titoli anche pubblici per 18 mesi. L’80 per cento dei rischi a carico degli istituti centrali dei Paesi. Salgono le Borse, euro e spread ai minimi”. “Più ampio del previsto il piano della Bce per rilanciare l’economia. Unanimità sulle misure, no tedesco sui tempi”.
A centro pagina: “Ucraina, combattimenti durissimi”, a partire dalle notizie di colpi di mortaio contro un autobus a Donetsk.
Accanto: “Nel Pd accuse e veleni sul caso dei 101 anti Prodi”. “Fassina: Renzi guidò la fronda. Guerini: sciocchezze”.

La Repubblica: “All’Europa 60 miliardi al mese”, “La spinta di Draghi per favorire la ripresa: ‘Acquisto di bond almeno fino a settembre 2016’. Rischio default quasi tutto sulle banche nazionali. Euro giù, su le Borse. Vertice Renzi-Merkel”.
Sulla corsa al Quirinale: “Colle, il 29 il candidato pd. Fassina: Il premier guidò i 101”.
A centro pagina: “‘Terroristi tra i migranti’. L’allarme di Gentiloni”, “Bufera sul ministro, che poi frena”.
In taglio basso, un’intervista allo scrittore israeliano Abraham. B. Yehoshua: “Yehoshua, appello all’Italia: ‘Sostenete la Palestina, solo così ci sarà la pace'”.
A destra, un intervento di Ian McEwan: “Senza libertà di parola la democrazia è una finzione”, “Non è nemica della religione, grazie a lei Parigi e Londra sono piene di moschee”.

La Stampa: “Bce, scossa da oltre 1000 miliardi”, “La Banca centrale comprerà 60 miliardi di titoli al mese fino a settembre del 2016”, “Tensione nel Pd. Fassina a Renzi: tu a capo dei 101. Slitta la riforma costituzionale”.
La foto a centro pagina è per quattro teatri italiani: La Scala a Milano, l’Opera di Roma, il Regio di Torino e La Fenice di Venezia. Il titolo: “Teatri: il ministero punisce i più virtuosi”, “La classifica della qualità (usata per distribuire i finanziamenti) penalizza Torino e Venezia, ma premia Roma”.
Di spalla a destra: “Non ci sono fondi: rinviato il pacchetto anti terrorismo”.
Sotto la testata: “Primo Levi e la lettera inedita: l’Olocausto spiegato a una bambina”, “‘Piuttosto che di crudeltà, accuserei i tedeschi di allora soprattutto di egoismo, di indifferenza, e soprattutto di ignoranza volontaria, perché chi voleva conoscere la verità poteva conoscerla e farla conoscere'”.

Il Sole 24 Ore: “Bce oltre le attese: 1140 miliardi sul Qe. Si parte con 60 miliardi al mese per comprare titoli di Stato fino a settembre 2016 e fino a quando l’inflazione risalirà”. “Euro ai minimi da 11 anni, bene Borse e spread”. “In caso di perdite, Francoforte condividerà solo il 20 per cento: l’80 per cento è sulle banche centrali nazionali”. “‘Ora i governi facciano le riforme'”.
In alto: “Pd sempre più spaccato, Italicum verso il sì”. “Fassina contro Renzi: fu il capo dei 101 contro Prodi. Replica dei renziani: sciocchezze”.
Di fianco: “Spunta la sanatoria per i sindaci”. “Riforma della pubblica amministrazione”. Si tratterebbe di un emendamento presentato in Senato, dove si sta esaminando la “legge Madia”.

Il Fatto: “Il Nazareno ingrassa B. 500 milioni in 15 giorni”, “A gennaio Renzi e il Caimano allargano il Patto al governo e al Colle. E subito Mediaset, Mediolanum & C. volano in Borsa. Il pregiudicato ha la chiave della maggioranza: colpi di spugna su bilanci falsi e reati fiscali, e addio legge sul conflitto di interessi”.
Un’elaborazione fotografica ritrae un Berlusconi-Mussolini a fianco di un Renzi-Hitler sotto il titolo: “Comprereste un Quirinale usato da questi due uomini?”.
Ancora a centro pagina: “Una manina passa al ‘Foglio’ la lista nera degli anti-inciucio”, “Panico Pd per la caccia al dissidente. Fassina: ‘Matteo capo dei 101 traditori di Prodi’. Minoranza contro la Finocchiaro. Flick: ‘Accordo nuovo, l’esecutivo ha bisogno di un’altra fiducia’”.
In taglio basso: “Draghi, mille miliardi di schiaffi alla deflazione”, “La Germania non blocca l’operazione di Quantitative easing. Euforia nei mercati, crolla il cambio dell’euro con il dollaro, benefici per chi esporta. Acquisti ‘almeno sino al settembre 2016′”.
In prima il richiamo ad una lunga intervista di Francesca Borri ad un personaggio che viene presentato come uno dei leader dell’organizzazione terroristica islamista Al Nusra e di cui si offrono solo due iniziali, “M. M.”. Dice: “‘Colpiremo l’Europa, ce lo chiede il Profeta’”.

Il Giornale: “Pd di spie e traditori. Fassina svela: fu Renzi a organizzare l’agguato dei 101 a Prodi. E una senatrice in Parlamento ammette: ‘Il mio partito è alla frutta’”.
In alto: “Dall’Europa arrivano mille miliadi. Ecco come approfittarne (e guadagnare)”.
A centro pagina. “‘Rischio terroristi tra gli immigrati’. Anche il governo lo ammette”.
E poi: “Confermato il nostro scoop: ‘Rapito medico in Libia’. Aperta un’indagine”.

Bce

Ieri il presidente della Bce Draghi ha annunciato l’atteso piano di acquisto di titoli di Stato da parte della Bce. Si tratterà di acquisti per 60 miliardi al mese, fino a settembre 2016 e se necessario anche oltre. L’obiettivo è far risalire l’inflazione attorno al 2 per cento.

Sul Corriere, Danilo Taino commenta la decisione della Bce e la definisce “piano potente di lotta alla deflazione, con una portata che ha impressionato gli osservatori”, una “operazione importante” non solo per gli effetti che potrà avere sull’economia ma “forse soprattutto” perché “afferma in via definitiva l’indipendenza della Banca centrale europea dai governi, anche da quello tedesco”. “Da oggi la Bce è più simile alla Fed”, scrive Taino. Altrettanto importante il “passo laterale” compiuto da Angela Merkel, che “non è d’accordo con la scelta della Bce” e sa che il suo partito e gran parte del Parlamento di Berlino sono pure contrario ma “ha ritenuto che l’indipendenza della Banca centrale fosse un bene superiore all’interesse politico immediato”.
Il Corriere intervista Thomas Piketty, che dice che con l’operazione decisa ieri il bilancio della Bce dovrebbe risalire a circa 3000 miliardi, livello già raggiunto nel 2012, ovvero circa il 30 per cento del Pil della zona euro e circa il 3 per cento del totale degli attivi finanziari detenuti nella stessa zona euro. “Serve ben di più di una banca centrale per salvare l’Ue”.
Sullo stesso quotidiano una intervista all’Ad di Unicredit, Federico Ghizzoni: “L’effetto sull’economia non può essere immediato”, dice, nel senso che “saranno decisivi il piano di investimenti della Ue e le scelte dei governi nazionali per rilanciare la crescita”.

La Repubblica, a pagina 2, spiega la “concessione ai tedeschi” sul fronte del “risk-sharing”, ovvero la condivisione del rischio della spesa, ricadrà solo per il 20% sulla Bce stessa, mentre il restante farà capo alle banche centrali nazionali.
Federico Fubini su La Repubblica: “Bundesbank evita la solidarietà ma cede sul peso dell’intervento”. Dove si riferisce dei dubbi e dei timori espressi in questi mesi dal governatore di Bankitalia Ignazio Visco sulla soluzione che poi si è scelta. Solo pochi giorni fa, in una intervista al quotidiano tedesco Welt am Sonntag aveva detto: “Sarebbe saggio mantenere le procedure di tutti i nostri interventi di politica monetaria. Il rischio andrebbe condiviso in tutta l’area nel suo complesso”. Visco, scrive Fubini, “incassa una parziale vittoria, perché gli interventi sui titoli di Stato valgono in tutto oltre 900 miliardi, quasi il doppio del previsto. Ma, per altri aspetti, il compromesso portato e difeso da Draghi va in senso opposto alle posizioni di Banca d’Italia. Il rischio di perdite sul debito dei vari Paesi messo in comune alla Bce è quasi nullo: in teoria è circa l’8% sul debito totale dei 19 Paesi coinvolti, ma non è più del 35 o 4% se si contano solo i titoli dei Paesi con rating più basso. Tutto il teorico rischio di insolvenza è stato rinchiuso nei silos nazionali, non c’è condivisione di bilancio. Il messaggio è che quei default possano davvero avvenire. La Bundesbank è riuscita segregare tutti i bond sovrani più vulnerabili entro le rispettive banche centrali. Il segnale ai mercati che persino la Bce non si fida del debito italiano è implicito ma potente, e Visco a Francoforte non può aver fatto a meno di sottolinearlo”.

Anche sul Sole, Morya Longo si sofferma sulla ripartizione del rischio per l’operazione: la Bce da marzo 2015 a settembre 2016 stamperà moneta e con questi soldi comprerà sul mercato titoli di Stato di tutti i paesi dell’eurozona. Per evitare che sia la Bce ad assumersi il rischio di un eventuale default di uno Stato europeo, che si ripartirebbe su tutti i Paesi d’Europa, Germania compresa, Draghi ha annunciato che gli acquisti saranno fatti in concreto dalle varie banche centrali nazionali. I btp italiani insomma saranno acquistati dalla Banca centrale italiana e solo in minima parte dalla Bce. Se l’Italia andasse in default, a pagare il conto sarebbe Bankitalia. La motivazione di questa ripartizione è chiara, mentre secondo Longo “non sono affatto chiare le sue conseguenze”. Si citano Alberto Gallo, di Royal Bank of Scotland, che dice che “la ripartizione dei rischi rende più agevole l’aumento di importo del Qe qualora ce ne fosse bisogno”, e Franco Bruni, che dice pure “non si tratta di un grave problema perché la moneta creata è fungibile in tutti i Paesi”, mentre secondo gli analisti di Barclays la decisione “può ridurre l’efficacia del Qe”, soprattutto per i Paesi periferici.

Su Il Giornale, Marcello Zacché scrive che “per l’Italia significa ritrovarsi sul gobbo, di qui al settembre 2016, il rischio su circa 100 miliardi di Btp, che corrispondono all’80 per cento dell’intero ammontare di acquisti destinato al debito italiano pro quota sul peso nel capitale Bce. Il qui pro quo era pensare che la Bce si accollasse il 100 per cento del rischio”, perché questo sarebbe stato fare una manovra equivalente a quella di emissione surrettizia di 1000 miliardi di eurobond, “strumento che non esiste, avversato dai tedeschi come il peggiore dei mali”.

Sul Sole, Carlo Bastasin spiega che “non è affatto detto che ogni banca centrale acquisti solo titoli del proprio Paese né che la proporzione tra titoli sia fissa”.
Sullo stesso quotidiano Donato Masciandaro commenta: “La parita alle colombe, ai falchi un gol”, dove il “gol” dei falchi è proprio quello sulla gestione delle eventuali perdite.

La Stampa, con Tonia Mastrobuoni, (“Bce: 60 miliardi di titoli al mese. Draghi: avanti fino a settembre 2016”) scrive che è stato quasi tutto al di sopra delle aspettative, come dicono gli analisti. La cifra è superiore a quella di cui avevano parlato una miriade di economisti e giornalisti. Le insidie: la scelta è quella di acquistare in proporzione alla quota di capitale delle banche centrali: la Germania, il Paese che ne ha meno bisogno, sarà dunque il maggior beneficiario del quantitative easing. L’Italia sarebbe secondo alcuni penalizzata perché la sua quota della Bce è relativamente bassa rispetto all’ammontare del debito pubblico. A fondo pagina, descrivendo “il personaggio” Draghi: “E il banchiere riesce a strappare il sì dei tedeschi”, “In cambio evita di parlare di politiche di bilancio”.

Secondo Piercarlo Padoan, citato dal Corriere, “la ripartizione del rischi negli acquisti di titoli pubblici” con l’80 per cento a carico delle banche nazionali va bene, nel senso che “poteva non esserci alcuna mutualizzazione”,

Pd, Quirinale

La Stampa, pagina 6: “Fassina, l’attacco più feroce a Renzi: ‘Tu a capo dei 101 traditori di Prodi’”, “E Bindi: ‘Matteo disse: ‘Romano non ce l’ha fatta’ prima del risultato ufficiale. Intanto la riforma costituzionale slitta a dopo l’elezione del capo dello Stato”. È Francesca Schianchi a raccogliere le voci di due esponenti della minoranza Pd sui classici divani del Transatlantico. “Confabulano fitto fitto” e l’oggetto della loro conversazione è l’annuncio del collega Stefano Fassina, che ha preannunciato: una parte del Pd non voterà la legge elettorale. I due sospirano e dicono: “Non puoi continuamente minacciare sfracelli”. Sono tentati da dichiarazioni meno belligeranti. Secondo la Schianchi lo stato della minoranza Pd è quella di un “caleidoscopio di posizioni diverse fra loro”. Tanto che pure l’altra, pesante dichiarazione di Fassina, secondo cui Renzi sarebbe stato due anni fa a capo dei 101 franchi tiratoti di Prodi, viene accolta da alcuni esponenti della minoranza come un’esagerazione che sarebbe stato prudente non dire, soprattutto in questa fase. Altri commenti sono più cauti, ma di sostanziale accordo con Fassina. Alfredo D’Attorre dice: “Non ho elementi di certezza, ma certo Renzi non ha lavorato per la candidatura di Prodi”. Rosy Bindi ride: “Io non lo so, ma so che Renzi disse da Firenze ‘Prodi non ce l’ha fatta’ prima del risultato ufficiale”. L’ex segretario Pd Bersani tende a smorzare: “È l’opinione di Fassina”, “ma con il voto segreto puoi fare ipotesi che poi vengono smentite. L’ho gà detto: allora c’era chi non voleva Prodi, chi non voleva Bersani, e si sono saldati. Ora andiamo avanti, l’importante è che quella cosa non la facciamo più”.

Su La Repubblica, pagina 11: “Pd, rissa su Italicum e 101. Fassina: fu Renzi a guidarli. Nuovo Senato dopo il Colle”, “Frenata sulla riforma costituzionale, niente voto entro gennaio. Bersani: per il Quirinale no alla minestra preparata con la destra”. E si riferiscono in un articolo le sue parole: “Io  -dice Bersani – ho subito la slealtà, ma preferisco subire la slealtà che praticarla. Chiedo solo che non si pensi di poter preparare una minestra con la destra e farla bere di forza al Pd. Al netto di questo ci sarà assoluta lealtà”.
Ne scrive Goffredo De Marchis: “Matteo apre a Pierluigi: ‘Giovedì il nome, decidiamo insieme'”. L’obiettivo del premier-segretario secondo De Marchi è “sminare il Pd”: “in sei giorni Matteo Renzi cerca l’impresa di ricucire il partito di cui è segretario, un partito spaccato e sull’orlo di una crisi di nervi, ma che ha ben 450 grandi elettori decisivi per l’elezione del Presidente della Repubblica”. Incontrando ieri la delegazione che farà gli incontri con gli altri partiti, tra martedì e mercoledì della prossima settimana, avrebbe detto: “Il nome del Quirinale lo voglio e lo devo concordare con la minoranza. Per me il metodo non cambia, anche dopo lo scontro sull’Italicum”.
Il quotidiano intervista Gianni Cuperlo, sinistra dem: “Cuperlo al leader: ‘Muta noi democratici nella balena centrista che guarda a destra”. Forza Italia è entrata in maggioranza? “Lo chiedo io. Mai contestato il principio che le riforme si fanno assieme, ma qui si dice che da quell’accordo deriverebbe la scelta sul Quirinale e non solo. Serve chiarezza”. Sulla legge elettorale: “Le proposte fatte potevano migliorare i testi sia dell’Italicum che del futuro Senato. Invece si è abbassata la saracinesca e le sole correzioni sono transitate dal famoso patto”. Non legittimate in questo modo l’accusa di essere un partito nel partito? “A parte che il primo a dotarsi di un partito nel partito è stato il premier, io so che esiste un’alternativa all’idea di partito di Renzi e ad alcune sue scelte di governo. Questo pluralismo è l’anima del Pd e non può che avere lo scopo di cambiare quell’idea di partito e quelle scelte”. Cercate la rivincita sul congresso che avete perso? “Per me il congresso è finito un anno fa. Sostengo il governo, Renzi è il mio segretario e credo di dovergli la lealtà di chi difende e argomenta le proprie idee. Se rinunciamo a questo, perdiamo tutti”. Del Pd dice: “Voglio capire che partito è” perché, tornando all’Italicum, la novità non è che “spinge verso due grandi partiti”, ma il fatto che “uno dei due con il 13% dei voti non ha alcuna chance di vittoria. Allora delle due l’una. O Berlusconi consegna i suoi a una resa preventiva, oppure si immagina che il partito della Nazione debba risolversi in una balena centrista relegando ai margini chi non si omologa”.

La Stampa: “Nel Pd il giallo del veto agli ex segretari sul Colle”, “E spunta l’ipotesi di un candidato di bandiera per i primi voti”. Carlo Bertini scrive: “In quel campo minato che è il Pd, il premier comincia ad accarezzare l’idea di indicare un candidato di bandiera per le prime tre votazioni in modo da poter contare i lealisti e i franchi tiratori da subito. Un modo per porre anche un argine a eventuali trappole ordite da dissidenti interni e opposizioni grilline che potrebbero saldarsi”.

Su Il Fatto: Grillo ora congela le Quirinarie: ‘Matteo tira fuori i nomi'”, “Il Movimento Cinque stelle cambia strategia, chiede al premier i candidati alla Presidenza della Repubblica, poi parola al web”, “A volere l’apertura è stato Casaleggio. Niente proposte pentastellate, ‘perché i nostri favoriti sarebbero stati tutti scartati come nel 2013′”.

Su La Repubblica: “Grillo abolisce le Quirinarie e lancia la sfida al premier: ‘Fuori i nomi, li voti la Rete'”, “Intervento sul blog insieme a Casaleggio. Malumore dei militanti. Fico: ‘Non si tratta, Renzi è un baro’. Ma i contatti continuano”.

Su Il Giornale: “Scatta la vendetta dei parassiti. ‘Renzi guidò i 101 anti Prodi’. Fassina fa la spia e getta altro veleno sul premier riaprendo la vecchia ferita del 2013. E la senatrice civatiana Ricchiuti urla in Aula: ‘Ormai il mio partito è alla frutta’”. Sul quotidiano si dà conto del parere di “un esponente della minoranza bersaniana”, che spiega come “‘alcuni dei nostri dirigenti, compresi D’Alema e Bersani, sono condizionati dal rancore personale per Renzi che li ha messi all’angolo e gli ha tolto il controllo della Ditta’”, mentre altri “‘come Fassina o Civati o D’Attorre, sono drogati da visibilità: sanno che sparando su Renzi finiscono ogni giorno in tv e non possono farne a meno'”.
Un altro articolo sul quotidiano fa i conti della “galassia anti renziana”, che conterebbe su 234 voti in Parlamento: “E i ‘non Nazareni’ preparano l’agguato in Aula. Convergere sul Professore per contarsi: ecco il piano di fronda democrat, fittiani, ex M5S, e Sel. Così le opposizioni vogliono ribaltare la partita del Quirinale”.
Ma un altro articolo nelle pagine successive spiega: “Altro che Prof, è Amato il jolly su cui puntano i dissidenti Pd. Il dottor Sottile è saldamente in corsa anche se gli italiani non lo sopportano. Grillo e Casaleggio provano a rientrare in partita. ‘Renzi, ora dacci i nomi'”.

Il Sole 24 Ore: “‘Fu Renzi il capo dei 101 contro Prodi. L’attacco di Fassina al premier. Ma Bersani: questa non è la mia opinione, lealtà al partito”. “Bindi durissima: Matteo sulle ginocchia di Berlusconi al Nazareno. Il premier evita le repliche ma i suoi: sciocchezze”.
Da segnalare sul Sole un intervento del senatore Pd Miguer Gotor, che spiega ai lettori del quotidiano quali sono i punti che non condivide della proposta di riforma elettorale in discussione, rispondendo a un articolo di ieri di Fabrizio Forquet. “Legge elettorale squilibrata a favore dei ‘nominati'”, il titolo.

Grecia

Sul Sole, una pagina sulle elezioni in Grecia (“Grexit o non Grexit”): “La metamorfosi di Syriza, Tsipras sta già trattando. Il partito favorito dai sondaggi è in continua evoluzione tattica”. E poi un articolo di Yannos Papantoniou, ex ministro delle finanze: “Se la Grecia fa le riforme la Ue può essere dialogante. Solo i cambiamenti strutturali possono garantire la crescita”.

Sul Corriere una intervista a Evangelos Venizelos, ministro delle finanze con Papandreu: “Così l’austerità ha salvato la Grecia. La sinistra di Syriza? Solo seduttori menzogneri”. Dice che oggi il suo Paese ha il “miglior surplus strutturale d’Europa”, “meglio di Singapore”, e grazie alla ristrutturazione del debito concordata nel 2012 oggi l’80 per cento dei titoli greci è in mano a istituzioni pubbliche”. Su Syriza: “Democrazia e verità fanno fatica ad andare a braccetto”. Quando Syriza dice “vado in Europa, sbatto i pugni, mi ascolteranno”, è “malafede. Spero che i greci non debbano pagare troppo caro il voto di domenica”.

Francia

Su La Repubblica, due intere pagine dedicate alla Francia del dopo-Charlie. Attenzione per il ministro dell’Interno: “Francia, la sfida di Valls: ‘Basta con l’apartheid, contro l’estremismo ripopoliamo le banlieue’. Nuovo piano per combattere l’emarginazione. Sarkozy polemico: ‘È un paragone sbagliato'”. È Anais Ginori a firmare questa corrispondenza e, al tempo stesso a raccontare “la storia”: “Il sangue di Ahmed e i documenti, tutte le follie dei complotti 2.0”. Ahmed è il poliziotto che è stato ucciso durante l’assalto a Charlie Hebdo: non è morto perché nel video non c’è traccia di sangue, dicono le ricostruzioni parallele in Rete. Altra teoria: il terrorista Coulibaly nel supermercato kosher era ammanettato. Come ha denunciato la ministra dell’Istruzione Vallaud-Belkacem, un ragazzo su 5 crede alle tesi cospirazioniste.

E poi

“Nessuna tregua in Ucraina, strage sul bus”. “Colpi di mortaio su un mezzo civile nella roccaforte dei ribelli filorussi, si combatte in tutta la regione. Merkel ricorda anche la violazione dei confini europei in Crimea. ‘Inevitabili le sanzioni a Mosca’”. Le parti si accusano reciprocamente, “ma sembra difficile credere alla versione di Kiev”, scrive il Corriere della Sera, ovvero che “i separatisti avrebbero intenzionalmente mirato a un filobus in una zona da loro controllata e abitata quindi da ucraini russofoni della autoproclamata repubblica indipendente di Donetsk. Più probabile che un colpo delle truppe regolari destinato a una vicina officina militare abbia centrato il bersaglio sbagliato”.
Sullo stesso quotidiano un commento di Franco Venturini: “Ucraina, le bombe contro la diplomazia. Basta l’annuncio di un nuovo sforzo per la pace a far riaccendere i combattimenti. L’Europa è ancora alla ricerca di una linea comune: ma nessun accordo sarà possibile senza una schiarita tra Washington e Mosca”.

È morto il re saudita Abdullah. “L’annuncio della tv nella notte: monarca da 20 anni, aveva 91 anni. Filoamericano, era considerato un riformatore. Aveva dato il voto alle donne. La successione si annuncia problematica”, scrive Il Sole 24 Ore.

Su La Repubblica, un’intervista allo scrittore israeliano Abraham B. Yehoshua a pagina 23 (dove si legge che sul riconoscimento dello Stato di Palestina il Pd è “spaccato” e oggi la Camera non voterà su questo tema le mozioni, per una sorta di “tregua quirinalizia”, come scrive il quotidiano). Yehoshua dice: “Sostenete quello Stato. È l’unica via per arrivare alla pace”, “I palestinesi non vogliono un Califfato, ma solo il diritto di essere cittadini della propria Patria”, “Questo ormai dobbiamo concederlo, anche il 50-60% degli israeliani è d’accordo”, “Bloccare la costruzione di insediamenti è la prima elementare azione da compiere”.

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