Finanziaria, braccio di ferro con l’Ue

Il Corriere della Sera: “Moody’s dà un po’ di fiducia”. “L’agenzia di rating elogia la spinta sulle riforme”. “La nota sul Def passa in Senato per un soffio”. “Renzi sfida Bruxelles sulla legge di stabilità, c’è il rischio della bocciatura”. Il quotidiano intervista José Manuel Barroso: “‘Siete stati vicini all’abisso ma la colpa non è della Merkel”.
In alto: “Paura e morti in Toscana per il maltempo”. Da segnalare anche un “corsivo” di Aldo Cazzullo (“La rabbia boomerang”) dedicato alla visita di Grillo a Genova e alle contestazioni.
A fondo pagina: “Le condanne definitive non sono più un tabù. Si possono annullare se la norma viene dichiarata incostituzionale. Centinaia di scarcercati”.
L’editoriale, firmato da Daniele Manca, è dedicato alle vicende di Luxottica.

La Repubblica: “Arriva la legge sulle unioni civili, ma solo per i gay”, “Il governo presenterà subito un provvedimento”, “Sì alle adozioni se un genitore è biologico”, “Polemica in Forza Italia per Luxuria da Berlusconi”.
La foto in prima raffigura le contestazioni a Beppe Grillo a Genova: “A Genova i volontari contro Grillo. Alluvione in Toscana, due morti”.
La colonna a destra rinvia alla pagina delle “Idee” con un intervento di Timothy Garton Ash: “Cara America, era meglio eleggere Hillary Clitnon”, “Obama bravo in politica interna, deludente all’estero. E’ diventato presidente troppo presto?”.
In taglio basso: “Manovra, battaglia con l’Europa, ma Moody’s promuove le riforme”.
E il caso Ebola, con le lettere di alcuni delegati di Terra Madre proposti da Carlo Petrini: “Ebola, lettere dal fronte del virus”.

La Stampa: “Manovra, l’Ue avverte l’Italia”, “Padoan: correzione del deficit solo dello 0,1%. Bruxelles: rischio bocciatura”, “Ipotesi d aumento delle tasse sui fondi pensione. Moody’s: bilancio solido, il Paese avrà più tempo per le riforme”.
Sotto la testata: “Maremma sott’acqua. Morte due donne intrappolate nell’auto”, “Napolitano: a Genova basta inerzie”.
E “il caso”: “’Zitto e vieni a spalare’. Grillo trova i suoi vaffa”, dell’inviato a Genova Teodoro Chiarelli.
In prima, un’analisi di Luigi La Spina: “Sui temi etici la Chiesa batte la politica”.

Il Fatto: “Finanziaria elettorale”, “Renzi: 18 miliardi di tasse in meno, soprattutto alle imprese. Ma non è chiaro dove si taglia”, “Mancano metà delle coperture, così cresce il deficit sperando nella lotta all’evasione”, “Ecobonus, Tfr in busta paga, 80 euro prorogati: tutto sembra pronto per il voto”.
A centro pagina: “Genova, dopo il fango la beffa: sconto di un giorno su Equitalia”, “Alluvione, la scadenza delle cartelle esattoriali differita ‘al successivo 14 ottobre’”.
A centro pagina anche la contestazione a Genova al leader 5 Stelle: “Beppe Grillo contestato: ‘Accetto i fischi. I ritardi sono del premier’”.
In taglio basso, il richiamo ad un’intervista a Vladimir Luxuria: “’Io con B. nel salone del bunga bunga’”.
E il caso “grandi opere”: “Expo, a 200 giorni dal via ne hanno arrestato un altro”.

Il Sole 24 Ore: “Manovra, tagli per 13 miliardi e meno tasse per le imprese”. “Oggi il sì. Tfr in busta paga, fondi pensioni nel mirino. Regioni in rivolta. Moody’s: bene le riforme”. “Squinzi: soddisfazione per le misure annunciate”.
In alto: “Germania, crolla la fiducia. Pil verso la recessione”. L’editoriale è firmato da Carlo Bastasin: “La scatola nera dell’economia tedesca”.
Di spalla: “Italia e Cina firmano accordi per otto miliardi”.
A centro pagina: “Anche Arvedi in campo per l’Ilva. L’operazione con investitori esteri già impegnati a Taranto”. “Presentata una manifestazione di interesse per gli asset. Gnudi: vendita a inizio 2015”.
A fondo pagina: “Le sentenze non sono più intoccabili”.

Il Giornale: “Scoperto il tesoro italiano. Il Credit Suisse certifica: siamo terzi al mondo per ricchezza mediana privata. Ma l’Europa continua a terrorizzarci e ci avverte: Renzi non può tagliare le tasse”. “Senato: il governo sui conti salvo per un voto”.
A centro pagina: “Del Vecchio e le aziende famiglia. Corsa a salvare il nostro capitalismo”.
E poi: “A Genova tasse rinviate. Di un giorno. Il prefetto ‘concede’ 24 ore di proroga per i pagamenti. Fischi e insulti a Grillo”.

Finanziaria, Europa

La Stampa scrive che è in corso un “braccio di ferro” tra Italia e Ue sui conti: si torna alle cifre originali del Documento di Economia e Finanze, visto che il ministro dell’Economia Padoan ha ribadito che nella Legge di Stabilità che il governo deve inviare questa sera alla Commissione Ue il miglioramento del deficit strutturale -calcolato al netto di ciclo e delle ‘una tantum’- sarà solo dello 0,1%. “Siamo lontani -scrive il quotidiano- dallo 0,5% di correzione annua richiesta dalle regole”, ma “il ministro Padoan garantisce il rispetto del 3%, incolpa la crisi, poi giura che ‘siamo nelle regole e usiamo la flessibilità al loro interno’”. Insomma, “la matassa torna ad ingarbugliarsi”, sottolinea La Stampa e non è un caso se ieri il presidente del Consiglio ha chiamato il presidente designato della Commissione Ue Juncker: sembrava si fosse prossimi ad un’intesa, con Palazzo Chigi che sembrava intenzionata a compiere un piccolo sforzo in più (0,25%) ma l’ipotesi, ufficialmente, è caduta.
Il Corriere della Sera intervista Josè Manuel Barroso, che chiede all’Italia: “Chi ha creato il debito pubblico italiano? La signora Merkel?”. “Siamo stati molto vicini all’abisso anche con l’Italia. E con la Spagna e la Francia. L’Italia e la Francia erano sotto il severo scrutinio dei mercati in momenti estremamente drammatici”. E poi: “La Ue non ha imposto un bel niente e la Ue non è Bruxelles. Ma un’unione collettiva di governi”. Sull’Italia: “Aspetto di vedere nei dettagli il piano di stabilità fra poche ore”.
La Repubblica torna a chiamare in causa il presidente uscente della Commissione Ue Barroso: ieri Renzi avrebbe sentito al telefono tanto Barroso che Juncker. “Due telefonate molto diverse fra loro”, scrive il quotidiano sottolineando che quella con il presidente uscente è stata “burrascosa”, visto che Barroso avrebbe preannunciato ai ministri Ecofin una sonora bocciatura della Finanziaria italiana. Barroso avrebbe chiesto che la manovra da 30 miliardi -quasi tutti per lo sviluppo- che verrà oggi approvata dal Consiglio dei ministri incorporasse 8 miliardi di risanamento: si tratta di un taglio del deficit strutturale pari allo 0,5%. In quelle stesse ore il futuro vicepresidente della Commissione Ue Katainen avrebbe fatto sapere a Padoan che si sarebbe accontentato di una correzione del deficit 2015 dello 0,25%. In sintesi, secondo il quotidiano, il primo giudizio sulla legge di stabilità verrà dato il 29 ottobre da Barroso, che boccerà la finanziaria. Poi entrerà in carica la nuova Commissione Juncker: si tratterebbe per il presidente del Consiglio italiano anche di far pressione sul presidente dell’Assemblea di Strasburgo Schulz per accelerare il voto dell’Europarlamento sulla nuova squadra di Juncker.
Su Il Giornale si legge che la legge di Stabilità “rischia di essere rispedita a Roma perché la legge sarà giudicata anche alla luce dell’aggiustamento strutturale di ‘almeno lo 0,7% del Pil’ che nelle nuove previsioni del governo non c’è”. Ci sarebbe “uno scarto di mezzo punto percentuale tra gli impegni e quanto l’Ue si aspettava e questo sarà considerata ‘una seria violazione’ delle raccomandazioni che, secondo la fonte della Commissione, potrebbe portare a ‘all’apertura di una procedura di infrazione’ contro l’Italia per debito eccessivo. A preoccupare è il passaggio della correzione del Def dove il governo dice che non è ‘né fattibile né auspicabile’ la riduzione del debito nella misura prevista dai patti”. Intanto “un sostegno importante al governo è arrivato dall’agenzia di rating Moody’s secondo la quale gli ‘accelerati’ sforzi di riforma dell’Italia e la ‘forte posizione di bilancio’ del Paese stanno bilanciando il possibile impatto della recessione sul rating, che resterà su Baa2. Per il 2014 l’agenzia ha previsto un calo del Pil dello 0,3%, più 0,5% nel 2015”
Sul Corriere Massimo Franco scrive che “è possibile” che l’allarme su un no di Bruxelles sia eccessivo, e ricorda che se viene dato per scontato per la Francia, per il nostro Paese nel governo “si pensa tuttora che i margini siano meno stringenti”, ma scrive anche che “traspare una mal celata irritazione” di Roma nei confronti di Bruxelles, e che nel colloquio di qualche giorno fa Renzi e Juncker non si sarebbero trovati “in piena sintonia”. Ieri Renzi ha detto che “tutto il mondo capisce che la crescita è una priorità”, e solo in Europa c’è ancora qualcuno che non lo ha capito. Ma è un “‘qualcuno'” che ha “ancora un potere di interdizione”, ricorda Franco.
Il Sole 24 Ore scrive che la Germania è “sull’orlo della recessione” e che il governo ha tagliato le stime di crescita per questo e per il prossimo anno. “Per l’Esecutivo il calo è solo temporaneo. ‘La politica economica non cambierà'”. Lo ha detto Sigmar Gabriel, presentando ieri i dati. Gabriel ha spiegato che sono soprattutto fattori esterni (debolezza dell’Euro e sanzioni alla Russia) i responsabili del calo ed ha aggiunto che un aumento del debito tedesco non aiuterebbe altri Paesi, come Italia, Spagna, Grecia, Francia. Ma è la produzione industriale di tutta l’Eurozona ad essere in calo dell’1,8 per cento.
Carlo Bastasin firma l’editoriale sul quotidiano di Confindustria, e spiega che “l’incertezza che ha colpito le esportazioni del Mittelstand, il settore delle medie imprese con scarsa propensione all’apertura del capitale, si è ripercossa sul proprio primario canale di finanziamento, quello che passa dalle Sparkassen, le Casse di risparmio, fino alle Landesbanken. Si tratta degli stessi istituti di credito dai quali in passato era originato l’accumulo di attività tossiche nel sistema bancario tedesco, addirittura precedente alla crisi di Lehman. Per anni, per tutelare questi istituti poco trasparenti, Berlino ha frenato ogni accordo con i partner sui sistemi di supervisione e risoluzione comune delle banche europee. Da allora le Sparkassen sono rimaste una ‘scatola nera’ legata non solo alle imprese, ma attraverso le Landesbanken anche al sistema dei partiti e dei governi regionali”. Le Sparkasse sono rimaste “scatola nera” anche con l’Unione bancaria, visto che i tedeschi sono riusciti ad ottenere l’esclusione di quasi tutte dalla supervisione comune. Ma ora che l’economia si ferma si pone il problema della “incerta capitalizzazione di istituti che si affidano a un sistema oscuro di riserve silenziose”.

Unioni civili

Scrive La Repubblica alle pagine 2 e 3 che il disegno di legge del governo sulle unioni civili verrà copiato nei suoi aspetti essenziali dal modello in vigore in Germania dal 2001: molto simile al matrimonio tranne che per due aspetti essenziali, ovvero che non si chiamerà matrimonio e non si potranno adottare bambini esterni alla coppia. Il testo dovrebbe arrivare al Consiglio dei ministri entro la fine del mese. L’ultimo ostacolo, interno alla maggioranza, ovvero il Nuovo Centrodestra, sarebbe stato superato nel week-end: lavorando alla legge di Stabilità sarebbe stato trovato infatti mezzo miliardo di euro da destinare agli sgravi fiscali da destinare alle famiglie numerose, “una sorta di quoziente familiare, da sempre cavallo di battaglia de Ncd”. E “così si è consumata questa sorta di patto tra Matteo e Angelino” Alfano che, in cambio dell’assenso alle unioni civili, potrà “sbandierare” i soldi alle famiglie tradizionali con molti figli. Per quel che riguarda le obiezioni possibili dei vescovi, la mediazione è che l’adozione del bambino sarà possibile solo se uno dei due genitori è quello biologico: un partner potrà adottare il figlio naturale dell’altro, niente affidamento di bambini esterni alla coppia.
Alla pagina seguente si scrive che la cena ad Arcore con Berlusconi di Vladimir Luxuria (non manca la foto-selfie di Berlusconi tra Francesca Pascale e Luxuria) ha fatto “esplodere Forza Italia”: deputati e senatori in Transatlantico in rivolta, Raffaele Fitto che dice “sogno un partito che si riunisca, discuta, faccia proposte. Invece, su tutto, dobbiamo ogni giorno apprendere la linea da retroscena, o da conoscenti, o da persone di famiglia”.
La Stampa: “Berlusconi sposa le unioni gay”, “Cena con Luxuria, spiraglio alle adozioni omo. Fitto furioso: apprendiamo tutto da persone di famiglia?”.
Il Fatto intervista Luxuria, che dice: “Ho visto la sala del Bunga e stretto un patto”, “mi ha detto che è contrario al matrimonio omosessuale, perché matrimonio deriva dal latino matrimonium, mater più munus (dovere) ma è favorevole alla proposta di Renzi che si rifà alle unioni civili alla tedesca che contemplano le adozioni all’interno della coppia omosessuale e quando la madre biologica muore il figlio non viene tolto, ribadendo che il bambino ha il diritto di vivere nel contesto in cui è cresciuto”. Insomma, il Patto del Nazareno si arricchirà di un nuovo file, sistemati anche Gasparri e Fioroni dall’altro? “E’ un accordo di civiltà -risponde Luxuria- Il Pd è spaccato, la proposta senza Fi non passerebbe: bisogna superare l’ostacolo della pensione di reversibilità che vede Brunetta contrario, lo dice la Gelmini”.
Europa quotidiano offre il parere di tre “sondaggisti” come Roberto Weber, Paolo Natale ed Antonio Noto. Il primo dice che gli italiani “sono in linea di massima ‘a favore delle unioni civili e contro il matrimonio gay. E contro l’adozione per le coppie omosessuali'”. Anche per Natale “se si facesse un referendum sul tema probabilmente vincerebbero ancora i no”, ma è cambiato il “piano dei vissuti” individuali e collettivi. Anche Antonio Noto: “Negli ultimi dieci anni lo stile di vita degli italiani è cambiato in modo trasversale rispetto all’orientamento politico. C’entrano ormai poco le categorie tradizionali. C’è uno sguardo diverso nei confronti delle coppie omosessuali e del loro vissuto”.
Il Sole 24 Ore: “Luxuria a cena ad Arcore. ‘E’ nata un’amicizia’”. Stamattina Luxuria, con un tweet, scrive: “Sono andata a parlare di unioni e ho provocato divorzi in Forza Italia. E’ colpa mia?”.

Genova

Sul Sole 24 Ore Stefano Folli scrive che “nel fango di Genova sembra affondare anche il populismo di Beppe Grillo”, che però puà “risorgere” con “altre sembianze” con “la storia del referendum per l’uscita dell’Italia dalla moneta unica”, preso a prestito da Farage. E Renzi, “cui non manca un’efficace vocazione populista, sulla questione dell’Europa combatte una battaglia faticosa e difficile” e nei prossimi mesi potrebbe diventare centrale, specie se la recessione non si ferma.
Su Europa quotidiano Fabrizio Rondolino scrive che “Grillismo e renzismo nascono dall’implosione delle classi dirigenti della Seconda repubblica, paralizzate dall’inefficienza e dall’autoreferenzialità”. Ma dall’arrivo di Renzi al governo, “Grillo, continuando ad irridere Renzi, si è posizionato da sé nell’angolo vociante dei gufi”, e dopo ieri a Genova “è diventato un politicante: cioè uno che parla, parla, parla e poi non fa niente. Uno che si esibisce di fronte alle telecamere”. Renzi a Genova non è andato, e non perché ne avesse paura. Perché “crede – e vuol dimostrare – che il compito di un uomo di governo non è ‘fare passerella’, ma agire”.
E poi

“Scontro nel Sinodo tra i cardinali”, titola La Repubblica dando conto anche oggi delle reazioni alla Relatio post disceptationem presentata ieri dal cardinale Peter Erdo: “dopo la relazione, conservatori all’attacco su separati e omosessuali”. In taglio basso si dà conto del punto di vista dell’ex presidente della Cei Camillo Ruini: “Ruini sui risposati: ‘No alla comunione, il diritto divino non si può cambiare’”.
“La crociata del pensiero monista” è il titolo di un’analisi del direttore di Reset Giancarlo Bosetti che compare alle pagine R2 della cultura di Repubblica. A Milano si tengono in questi giorni le lezioni dedicate al pluralismo delle culture promosso da Reset-Dialogues on Civilizations. Scrive Bosetti: “Il pluralismo culturale, caro a Isaiah Berlin, che ne è stato il più noto sostenitore, è una prospettiva filosofica e politica che ha dei nemici, i quali aiutano a capire la natura e la portata della sfida. A questi nemici lo stesso Berlin ha dato un nome: sono i ‘monisti’, i tenaci difensori di una philosophia perennis, per i quali la storia del pensiero è sempre alla ricerca dell’unica risposta vera a tutte le domande. I monisti sono fedeli a un unico sistema di valori, il ‘mio’, quello ereditato. Peccato però che tanti e diversi si possano intitolare quel ‘noi’ e farci sopra interminabili guerre”.
Su Il Giornale Marcello Zacché commenta la vicenda Luxottica, il ruolo del capitalismo familiare, e ricorda che l’azienda perlomento “è quotata in Borsa”. Non così la Esselunga di Bernardo Caprotti, “uno che ha inventato l’Esselunga quando le strade di Milano erano ancora una lunga teoria di botteghe alimentari. Un genio assoluto che però, a 89 anni, non riesce ancora a trovare una soluzione per il futuro: prima ha introdotto i figli, poi ci ha ripensato e, dopo una battaglia di carte bollate, li ha di nuovo estromessi. Che succederà di a Esselunga nel dopo Caprotti?”. Il nostro Paese è pieno di imprese familiari, che spesso si trovano o si troveranno di fronte al problema della successione: “Ferrero, Armani, Esselunga, Benetton o la stessa Fininvest (che attraverso Mondadori controlla, tra l’altro, il 37 per cento del Giornale) per fare qualche nome”.
Sul Corriere della Sera Giovanni Bianconi spiega la decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sulla base della quale “se un condannato sta scontando una pena definitiva inflitta in base a una norma successivamente dichiarata incostituzionale, la condanna dev’essere annullata o rivista; e se non ci sono altre ragioni per restare dentro il detenuto deve uscire di galera. Non serve nemmeno che sia lui a chiederlo: tocca al pubblico ministero procedere d’ufficio”. E “il massimo organo giurisdizionale chiarisce che l’ambito del verdetto non si ferma al singolo caso di nullità per il quale era stato proposto il ricorso; da quella vicenda (un problema di prevalenza della recidiva sulle attenuanti), si estende all’altra causa di incostituzionalità della legge antidroga Fini-Giovanardi sancita a inizio 2014, all’aggravante della clandestinità abolita nel 2010 e a ogni altra decisione passata e futura della Consulta che abrogasse una legge per la quale un condannato è detenuto”. Per i giuristi “era quasi un tabù”, la “cosiddetta ‘intangibilità del giudicato’, irriformabile anche di fronte a una violazione della Costituzione. Già qualche sentenza lo aveva intaccato, e adesso le Sezioni unite lo hanno definitivamente abbattuto”.

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