Cosa accade sul caso Regeni?

Il Corriere della Sera, con foto di una famiglia che fugge tra le macerie di una casa in Siria: “Terrore e morte nell’ospedale colpito dai missili”, “Siria, ‘Sbalzati con le flebo in vena’”. Ne scrive Lorenzo Cremonesi, che si trova a Gaziantep, nel Sud della Turchia.

Su “Casa Bianca & Cremlino” l’analisi di Massimo Gaggi: “I calcoli (sbagliati) di Obama”.

A centro pagina: “Unioni civili, l’intesa non c’è”, “Fallisce la trattativa nel Pd. Zanda: inevitabile la norma taglia emendamenti”, “In Senato. Oggi votazione in Aula. E la Consulta con una sentenza potrebbe anticipare la legge”.

“E Boschi media senza i ‘gradi’”, scrive nel retroscena Maria Teresa Meli dando conto della riunione dei senatori Pd ieri con il ministro.

Più in basso: “La carica dei duecento video M5S e il candidato per Roma” (sono oltre 200 i video inviati dai candidati alle “comunarie” per scegliere gli aspiranti consiglieri comunali).

Sull’intervento ieri del presidente Bce ieri alla Commissione Affari monetari del Parlamento europeo: “Draghi pronto ad agire ancora, ‘Ma meno tasse e investimenti’”. Di Danilo Taino.

A fondo pagina le parole dello scrittore algerino da poco premiato in Francia come miglior giornalista dell’anno, Kamel Daoud: “’Impossibile scrivere di Islam, mi ritiro’”.

Sul caso Regeni: “Nomi e appunti nel pc di Regeni”, di Fiorenza Sarzanini.

Il fondo di Enrico Marro è dedicato alle pensioni di reversibilità e al possibile intervento del governo: “Pensioni, la verità e i rischi” .

La Repubblica: “Siria, strage negli ospedali”, “Cinque nel mirino, bombardate anche due scuole. Accuse a Mosca, Assad: colpa degli Usa. Bambini tra le oltre 50 vittime. Medici senza frontiere: raid deliberati, ci hanno lasciati soli”.

Poi l’inchiesta sull’omicidio Regeni: “L’ultimo rapporto di Regeni: ‘Cresce il malcontento’”.

Da Milano scrive Zita Dazzi: “Milano, gli imam a lezione di rispetto delle donne”.

A centro pagina le foto di giovani ricercatori italiani premiati dall’Europa: “La meglio gioventù tra l’Italia e la fuga”.

Sul presidente Bce: “Draghi: Bce pronta ad agire a marzo ma niente ritocchi ai salvataggi bancari”.

Sulla Germania e la cancelliera Merkel: “I giorni più lunghi di Merkiavelli”, di Angelo Bolaffi.

Di Brexit parla l’ex premier britannico Tony Blair in una intervista di Enrico Franceschini e John Lloyd: “Grave una Brexit ma Renzi fa bene a volere meno austerity nella Ue’”.

A fondo pagina: “L’auto-riforma delle intercettazioni, ‘Privacy, distruggete quelle inutili’”. Si tratta di una direttiva del procuratore di Torino Armando Spataro, di cui scrive Liana Milella.

Sulle municipali a Roma: “Roma, la carica video dei candidati M5S”.

Sotto la testata: “Francesco tra gli indios, ‘Voi sfruttati, perdono’”.

Sulla colonna a destra, “Le idee”: “La solitudine di Pilato, la modernità iniziò così”, “L’arte laica del dubbio e il processo a Gesù: duemila anni di mistero”, di Ezio Mauro.

La Stampa, con foto di una bimba siriana piangente, in braccio alla madre: “Siria, bombe su ospedali e scuole”, “Almeno 50 morti: scambi di accuse Usa-Russia. L’Arabia saudita simula l’invasione”.

Più in basso: “Giulio a Londra aveva lavorato per un’azienda di intelligence”, Fondata da un ex funzionario coinvolto nel Watergate. Nuova pista al Cairo”.

In apertura a sinistra: “Unioni civili, l’accordo non c’è e la legge rischia”, “Boschi tratta poi si arrende: avanti così. Forza Italia: voto largo senza le adozioni”, “Nel Pd resta la spaccatura con i cattolici”.

Sull’economia: “Le parole di Draghi rilanciano le Borse”, “’Tasse giù, più investimenti’. Pensioni, il caso reversibilità”.

Sulle primarie Usa: “La sinistra non capisce Sanders”, scrive Riccardo Barenghi.

Poi più in basso un “reportage nelle chiese” di Gabriele Martini: “’Ama chi vuoi’, ‘No, devi guarire’”, “Cosa consiglia un sacerdote a un uomo o una donna che gli confidi di essere omosessuale, e magari di volere una famiglia? Non c’è un’unica risposta, i preti sono divisi. Fra chi dice che ‘i diritti degli eterosessuali vanno estesi a tutti’ e chi invita a curarsi”.

E “il racconto”: “Due mamme e due papà, ecco le famiglie dei figli condivisi”, “Un sito fa incontrare coppie gay che vogliono procreare, ‘Il bambino? Fortunato, avrà quattro genitori”. Di Maria Corbi.

Sopra la testata: “Predappio. Soldi pubblici per il museo su Mussolini”.

E la “messa in Chiapas” del Papa: “Francesco chiede scusa agli indios”.

Il Fatto: “Renzi pigliatutto”, “Il nuovo Cencelli. Inchiesta del ‘Fatto’: così il premier in 2 anni s’è preso l’Italia”, “Tutti gli amici piazzati nei gangli dello Stato e dell’economia. Poltrona per poltrona”.

Il titolo sotto la testata: “Ricordate i furbetti a casa, il caso Smog e i rifugiati molestatori? Tutte bufale”, “Patacche di Capodanno. Sotto titoli e annunci, niente”, “La legge Madia sulla Pubblica amministrazione che prevederebbe la norma caccia-assenteisti non esiste. L’allarme inquinamento non ha prodotto nulla. E pure i richiedenti asilo sospettati di aver aggredito le donne a Colonia l’ultima notte dell’anno (con polemiche xenofobe) sono solo 3 su 59”. Ne scrive Daniela Ranieri.

A centro pagina: “Siria, con la scusa dell’Isis bombardano 5 ospedali”, “Bombe su Medici senza Frontiere”.

Sul caso Regeni, un’intervista allo scrittore egiziano Ala al-Aswani: “Regeni e gli altri, al Cairo basta una t-shirt sbagliata per finire male’”.

Libero: “Così tagliano le pensioni alle vedove”, “Reversibilità nel mirino”, “Il governo vuole agganciarle all’Isee: si terrebbe conto di reddito familiare, casa di proprietà, risparmi e assicurazioni sulla vita. Risultato? Molti sopravvissuti al coniuge perderebbero il diritto all’assegno”.

E al tema è dedicato l’editoriale del direttore Maurizio Belpietro: “Più tasse e più debito. E Renzi per far cassa saccheggia i contributi”.

E, più in basso: “Draghi ci mette il carico: ‘I Btp non sono più sicuri’”.

Sulle unioni civili, con vignetta di Benny che trasforma Renzi in un canguro con in pancia la senatrice Cirinnà: “Arriva il ‘canguro’ per blindare le adozioni gay”, “Saltano gli emendamenti”.

Più in basso: “’Vilipendio dei giudici’: indagato Salvini”, “Matteo come Silvio: parla di ‘magistratura schifezza’ e finisce nei guai”, scrive Matteo Pandini.

Sul tema “Giustizia all’italiana”: “Cosentino: in cella da 820 giorni, mai interrogato”.

Il Manifesto, con foto di macerie in Siria: “Intervento chirurgico”, “Quattro ospedali colpiti dai raid. L’Onu: almeno cinquanta le vittime civili tra Aleppo e Idlib, nel nord della Siria. Rasa al suolo clinica di Medici senza Frontiere. Ankara, mentre bombarda, punta il dito sulla Russia. Mosca non commenta. Reciproche accuse tra Usa e Assad. Telefonata inconcludente tra Obama e Putin”.

A centro pagina: “Ddl Cirinnà al voto, niente accordo nel Pd. Sul ring il super canguro”.

Sul caso delle pensioni di reversibilità, intervista al presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd): “Le parole di Poletti non bastano: il governo cambi la delega dove parla si pensioni”.

Sulla Bce: “La ricetta di Draghi: ‘Meno tasse, più investimenti’”.

Sul vertice del Paesi del Gruppo di Visegrad: “Al vertice di Praga i falchi dell’Est accusano Atene”.

A fondo pagina, il caso Regeni: “Il dovere di pubblicare”, di Tommaso Di Francesco. L’articolo fa il punto sui rapporti tra il quotidiano e il giovane ricercatore, che aveva pubblicato sotto pseudonimo; e risponde alle polemiche sollevate sulla decisione di pubblicarlo dopo la sua morte.

Di fianco:“Verità per Giulio Regeni”. “Il Cairo depista ancora. E Renzi resta in silenzio”.

Sulla visita del Papa in Messico: “Il papa chiede perdono agli indios: vittime dell’esclusione sociale”.

Siria sotto le bombe

Il Corriere, pagina 2: “Siria, bombe su scuola e ospedali. Dito puntato su Assad e i jet russi”, “L’Onu: oltre 50 vittime. Mosca replica: colpiamo solo i terroristi. Merkel apre a una no fly zone”. A pagina 3: “L’inferno dal cielo sui feriti di Ma’arat, ‘Sbalzati in aria con le flebo in vena’”, “Sale operatorie sventrate dai primi due missili, poi la strage anche sui soccorritori”. Ne scrive Lorenzo Cremonesi.

E il commento di Massimo Gaggi: “E Putin approfitta dei calcoli (sbagliati) di Obama”, “Il silenzio di Barack. Due le ragioni: la disattenzione dell’opinione pubblica Usa concentrata sulle presidenziali e l’assenza di opzioni praticabili”.

La Stampa: “Bombe su ospedali e scuole in Siria. Anche bambini tra le 50 vittime”, “Turchia e Usa accusano la Russia. La replica di Mosca: propaganda, non avete prove. Il Cremlino annuncia che non fermerà i raid su Aleppo. De Mistura vola a Damasco”.

E a pagina 9 il “retroscena” di Giordano Stabile: “Le grandi manovre dell’Arabia saudita per preparare l’attacco ad Assad”, “Migliaia di uomini e mezzi al confine con la Giordania. E gli F15 sono già in Turchia”.

La Repubblica: “Scuole e ospedali bombardati in Siria. Uccisi donne e bambini”, “Cinquanta morti. Nel mirino anche una struttura Msf. Scambi di accuse- Tregua sempre più lontana”, scrive Fabio Scuto a pagina 2. E in basso, in un’intervista, Joanne Liu, presidente internazionale di Medici Senza Frontiere, dice: “Raid su morti e feriti, ma i potenti tacciono”.

A pagina 3 una intera pagina compilata da Giampaolo Caldanu e Vincenzo Nigro: “’Come una guerra mondiale in miniatura’”, “Per molti analisti il conflitto ha ormai raggiunto dimensioni globali: intorno al destino di questo Paese si decide ormai il futuro del Medio oriente”. E una disamina sui vari capitoli del dossier: le forze in campo (“Arabia saudita e Iran, uno scontro per procura”); le milizie (“Lo spettro del Califfo che spaventa l’Occidente”), la diplomazia (“Stati Uniti e Russia padroni del negoziato”), le conseguenze (“Il fiume di profughi mette in scacco l’Europa”).

Giulio Regeni, ucciso in Egitto

Su La Repubblica Giuliano Foschini descrive “il perfetto equivoco in sessanta righe, scritte in perfetto inglese. Una mail inviata a metà gennaio alla sua professoressa, Maha Abdelrahman, nella quale, preparando la sua tesi finale di marzo, Giulio Regeni raccontava cosa fosse successo nella riunione di sindacati dell’11 dicembre. ‘Un malcontento molto diffuso tra i lavoratori ma che fino a oggi stentava a prendere forme in iniziative concrete’, scrive Giulio proprio in quei giorni, il 14 gennaio, nella sua analisi sull’agenzia di stampa Nena News. A condannare a morte Giulio potrebbe quindi esser stata la sua bravura. Le sue precise analisi accademiche sulla situazione sociale e accademica dell’Egitto potrebbero, infatti, essere finite sulle scrivanie sbagliate: quelle, per esempio, di qualche servizio di sicurezza occidentale. E le comunicazioni, forse intercettate dagli egiziani, scambiate per un lavoro che invece non erano: non quelle di un ricercatore universitario, ma di un analista di intelligence”. Regeni da tempo lavorava come analista: “tant’è che ad Oxford, come ha raccontato ieri il sito del Fatto quotidiano- dal 2013 al 2014 aveva avuto un contratto di consulenza con la Oxford Analytica, una compagnia specializzata in ‘analisi globale’ per multinazionali, istituti finanziari e governi. Ed è innegabile che, in Egitto come in tutti i Paesi del Medio Oriente, le università occidentali vengano viste come possibili basi d’appoggio delle intelligence straniere. Così come risulta che alcune delle docenti di Regeni abbiano rapporti con grandi agenzie di sicurezza private”.

Il Fatto dà conto delle dichiarazioni dell’ambasciatore egiziano Helmy (“Nessun arresto della polizia, errate le ricostruzioni dei media”), poi passa in rassegna le ipotesi formulate fin qui, da quella che fosse una “spia” del controspionaggio italiano Aise, passando per la “pericolosità” delle ricerche di Regeni sui sindacati egiziani, per arrivare alla ipotesi che qualcuno dei suoi contatti lo abbia “tradito” facendo il suo nome come soggetto pericoloso perché in contatto con ambienti ostili al regime.

Sul Corriere della Sera, articolo di Fiorenza Sarzanini: “Il computer con l’archivio di Giulio e quell’ultima mail a metà gennaio”, “L’ipotesi che sia stato tradito. Verifiche sul ruolo nella società di analisi inglese”. Si legge quindi che Regeni aveva “un vero e proprio archivio con numeri di telefono di dissidenti e sindacalisti egiziani”. Scrive più avanti Sarzanini che Regeni “per la sua capacità di approfondimento era molto apprezzato nel mondo universitario, ma non solo. Da settembre 2013 aveva lavorato per un anno con una società di consulenza inglese, la ‘Oxford analytica’, specializzata in ‘analisi globale’ per multinazionali, istituti finanziari e governi. L’azienda è stata fondata nel 1975 da David Young -ex assistente di Henry Kissinger ed ex membro del National Security Council statunitense- e nel suo board ha l’ex sottosegretario di Stato Usa John Negroponte e l’ex capo dei servizi segreti inglesi Colin McCole”, “in precedenza aveva avuto un’esperienza di tre mesi al Cairo, come esperto dell’Agenzia Onu per la cooperazione industriale. Quanto basta per capire quanto fosse ampia la sua sfera di relazioni e per quale motivo Regeni possa essere stati tradito da qualcuno che aveva accesso al suo lavoro e a sua insaputa abbia poi sfruttato e utilizzato il frutto dell’attività che svolgeva per ‘venderlo’ a un apparato di intelligence”.

Su La Stampa un articolo di Alessandra Rizzo da Londra: “Regeni a Londra lavorò per un’azienda di intelligence”, “E’ stata fondata da un ex funzionario Usa implicato nel Watergate” (il riferimento è a Young). Regeni aveva vissuto per dieci anni Nel regno Unito e il gruppo “Oxford Analytica” analizza tendenze politiche ed economiche su scala globale per enti privati, agenzie e ben cinquanta governi, “una specie di privatizzazione di altissimo livello della raccolta di intelligence”, “Dal settembre 2013 al settembre 2014, Giulio aveva lavorato alla produzione del ‘Daily Brief’, una decina di articolo pubblicati ogni giorno sugli eventi principali e mandata a una lista di clienti d’élite”.

A pagina 11: “Spunta una nuova pista: quella degli stessi sindacati”, “Giulio fu fotografato in una riunione interna: potrebbero averlo scambiato per una spia del regime egiziano”. Ne scrive Francesco Grignetti.

Sulla stessa pagina, un “retroscena” di Guido Ruotolo: “Ucciso come spia o in una faida di potere”, “Il ricercatore in un gioco più grande di lui”.

Il “retroscena” di Carlo Bonini su La Repubblica: “’Complotto contro Al Sisi’, la pista dell’asse Roma-Cairo che non convince gli Usa”, “L’ipotesi che Regeni sia stato vittima di uno scontro tra apparati del regime accreditata anche in Italia, I dubbi dell’intelligence anglo-americana”, “la tesi è che il presidente sarebbe stato colpito per le sue scelte strategiche in economia” (si cita a tal proposito l’accordo con Eni per lo sfruttamento di Zhor, il più grande giacimento di gas mai scoperto nel Mediterraneo, che avrebbe dato all’Egitto l’indipendenza economica).

“Fin qui non c’è nessuna verità nel caso Regeni”, esordisce in un commento Giuseppe Acconcia su Il Manifesto. Ma dopo giorni di indagini è emerso tutto un quadro di relazioni tra il ricercatore italiano al Cairo e i suoi amici: “non è solo Giulio ad essere coinvolto in questo crimine orribile. Ci sono tante altre persone, inclusi suoi colleghi ricercatori che lavoravano sugli stessi temi”, ovvero i sindacati indipendenti e i movimenti alternativi, “tutti loro potrebbero essere stati controllati”.

Acconcia sottolinea come la notte in cui Regeni è sparito alcuni dei suoi amici egiziani abbiano cominciato a twittare ‘Where is Giulio?’. Ma dopo pochi minuti tutti i tweet sono spariti perché si è deciso, con l’ambasciata italiana, di procedere secondo le consuetudini egiziane relative ai desaparecidos e di avviare le ricerche in modo informale, facendo pressione sulle autorità locali. E’ esemplificativo del clima di spavento e preoccupazione che probabilmente la cerchia di amici di Giulio viveva: “è possibile che si sia trattato di una semplice sottovalutazione del rischio, che coinvolge -come è stato scritto- anche le responsabilità dell’Università inglese in materia di risk assessment sui temi della ricerca del dottorando”. Se davvero fosse stato sospettato dagli egiziani di essere una “spia”, perché non è stata perquisita la sua casa, perché non è stato sequestrato il suo computer? Al momento dell’arresto, secondo Acconcia, devono essere emersi elementi indiziari contro Regeni che hanno fatto insospettire i poliziotti: forse il suo accento, forse i suoi numeri sul cellulare.

Su La Repubblica, intervista al professor Stefano Allievi, uno dei massimi esperti di Islam, docente di sociologia all’Università di Padova, che spiega: “Perché noi intellettuali chiediamo giustizia”. Ha sottoscritto l’appello lanciato dagli accademici britannici e sottoscritto da oltre 4500 esperti di tutto il mondo per chiedere la verità su Regeni: “la ricerca non deve seguire le vie della politica né quelle della diplomazia, non parla il loro linguaggio”, “la ricerca è indipendente e racconta quello che accade”, dice, parlando di Regeni.

A tal proposito ricordiamo che Reset.it ha sottoscritto l’appello lanciato dai docenti dell’Università Milano Bicocca per chiedere chiarezza sulla morte di Regeni.

Aveva incontrato Giulio Regeni lo scrittore egiziano Aka al-Aswani, che ha fatto parte del movimento “Kifaya” ed è autore di “Palazzo Yacoubian”. Ad intervistarlo è Il Fatto: “Una cosa è certa: questo brillante studioso con il quale avevo avuto una lunga e assai interessante discussione sulle ideologie, il marxismo e il liberalismo, è stato torturato. Una pratica che gli apparati di sicurezza dell’attuale regime utilizzano sistematicamente contro chi manifesta anche il minimo dissenso”, “Il terrorismo islamico è una scusa, il regime intende annichilire le richieste di condizioni economiche migliori da parte dei giovani”.

Il muro dell’Est

Sul Corriere: “Il Muro dell’Est”, “I quattro Paesi di Visegrad seguono Orbàn. Progettano una barriera e sfidano Berlino”. “La Grecia – ha detto il primo ministro ungherese Orbàn- ha fallito nella difesa dei confini di Schengen dall’immigrazione di massa, quindi dobbiamo attuare un piano B con la costruzione di un muro a Sud”. Ne scrive Maria Serena Natale.

Su La Stampa: “Orban: la Grecia non controlla, serve un muro in Macedonia”, “I Paesi dell’Est si riuniscono e il premier ungherese spinge per la linea dura, Nuove barriere e pressing per tagliare Atene fuori dallo spazio Schengen”. Ne dà conto Marco Zatterin da Bruxelles.

In basso, da Berlino: “Merkel pressata dal suo partito. Sui profughi cancelliera più sola”, “L’ala destra della Cdu fa approvare un documento che inasprisce le norme in materia di diritto d’asilo”.

Anche su La Repubblica: “Migranti, strappo di Orbàn. Merkel più sola”, “Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca: ‘Un muro alla frontiera greca’. Ue: ‘Noi con Atene’”.

Brexit, Ue

Su La Repubblica, un’intervista all’ex premier britannico Tony Blair: “L’Europa resti unita, così potrà battersi per crescita economica e innovazione”, “le conseguenze di una Brexit sarebbero molto gravi”, “Ai rifugiati non possiamo chiudere le porte, dobbiamo però essere sicuri che tra loro non ci siano estremisti”, i populismi “danno voce alle ansie dei cittadini: si affrontano solo con una posizione forte e chiara delle forze progressiste”, “concordo con Renzi sulle critiche all’austerità. Ma occorrono anche riforme per rendere più dinamica l’economia europea”.

Islam e noi.

Su La Repubblica, a pagina 4: “Imam a lezione di rispetto delle donne”, “A Milano primo corso di formazione per combattere maltrattamenti, discriminazioni e matrimoni combinati. ‘Tocca ai leader delle comunità capire chi chiede aiuto e insegnare a padri e mariti come comportarsi’”. Ne scrive Zita Dazzi.

Sulla stessa pagina la lettera di Kamel Daoud, scrittore algerino al centro delle polemiche dopo un articolo su Repubblica e poi su Le Monde sul caso delle violenze di Capodanno a Colonia (aveva denunciato ‘la miseria sessuale’ del ‘mondo di Allah’ e un gruppo di accademici lo ha accusato di usare clichés orientalisti e di contribuire a nutrire fantasie islamofobiche): “’Io, sotto accusa dopi fatti di Colonia per questo ora dico addio al giornalismo’”.

Il Corriere della Sera lo intervista: “Daoud dice addio al giornalismo. ‘E’ impossibile scrivere di Islam’”, “Dai musulmani in Algeria ai caffé parigini che mi accusano di islamofobia: solo insulti”, “L’Occidente dimentica che il rifugiato proviene da una trappola culturale che si riassume soprattutto nel suo rapporto con Dio e la donna”, “non basta accoglierlo dandogli dei documenti e un dormitorio. Bisogna offrire asilo al corpo ma anche convincere l’anima che deve cambiare”.

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