Berlusconi in prova ai servizi sociali

Il Corriere della Sera: “Berlusconi può ancora fare politica”. “Le condizioni: decoro, rispetto delle istituzioni, assistenza ai disabili”. La vignetta di Giannelli mostra l’ex premier in divisa da infermiere accolto da anziani che cantano ‘Meno male che Silvio c’è’.

A centro pagina: “Kiev attacca i filorussi con carri armati e aerei. Sostegno dall’America”.

 

La Repubblica: “Berlusconi, pena di 7 giorni”, “Ai servizi sociali 4 ore a settimana per 10 mesi, potrà andare a Roma e fare campagna elettorale. La Cassazione rinvia la sentenza su Dell’Utri al 9 maggio: slitta anche l’estradizione dal Libano”.

A centro pagina, foto di militari ucraini sotto il titolo: “Kiev al contrattacco, guerra civile in Ucraina”.

In taglio basso, la lettera di Piero Geymonat: “Io, nipote di deportato, offeso dalle parodie di Grillo”.

 

La Stampa: “Servizi sociali per 4 ore, la pena di Berlusconi”, “’Animazione’ per gli anziani una volta a settimana. A Roma da martedì a giovedì per fare attività politica”.

Sotto la testata, ancora la vicenda degli embrioni scambiati per un esposto della donna che non è rimasta incinta: “’Se gli embrioni sono miei devono restituirmi i gemelli. Niente mi separerà da loro’”, dice in un’intervista al quotidiano.

A centro pagina la foto di barricate dei filorussi in Ucraina: “Offensiva di Kiev: quattro morti. L’Ucraina verso la guerra civile”.

In taglio basso: “Nomine, Piazza Affari boccia Finmeccanica”, “Il titolo perde il 5,2%. Meglio Eni ed Enel”.

 

Il Fatto, su Berlusconi: “Finisce in un centro anziani”, “’Pericoloso ma può recuperare’”.

E poi ci si occupa delle “vere vittime”: “Imbarazzo nella casa di riposo: ‘Ma perché proprio noi?’”.

In taglio basso, sulla spending review: “Renzi scippa il canone Rai per finanziare gli 80 euro”.

Sulle nomine nelle società pubbliche: “Dal commercialista all’avvocato: nei Cda tutti i Matteo boys”.

 

Il Giornale: “Berlusconi ai servizi sociali. Potrà fare comizi e partecipare ai talk show”. Il titolo più grande è: “La balla degli 80 euro”, ovvero “Renzi fa i trucchi”. “L’Istat svela che il beneficio in busta paga sarò solo tra 40 e 65 euro”. “Bankitalia dà la sveglia al governo: nel 2015 soldi finiti”.

 

L’Unità: “Berlusconi condannato a 4 ore”. “Forza Italia esulta. D’Alema: un povero sarebbe in galera”. A centro pagina: “Marcegaglia promossa chiude la fabbrica”. “La neopresidente Eni ‘traferisce’ lo stabilimento di Sesto San Giovanni. Gli operai: ci liquida”. In prima anche le dichiarazioni di ieri di Beppe Grillo: “Niente scuse agli ebrei. ‘Il portavoce è stupido’”.

 

Il Sole 24 Ore: “I nuovi venti di guerra spaventano i mercati”. L’editoriale è firmato da Adriana Cerretelli e si riferisce a decisioni prese ieri al Parlamento europeo: “Dall’Europa passo avanti sui salvataggi delle banche”. A centro pagina il Def e l’economia italiana: “Pareggio rinviato di un anno”. Di spalla Berlusconi e i servizi sociali.

 

Berlusconi

La decisione del Tribunale di sorveglianza di Milano di concedere l’affidamento in prova ai servizi sociali di Berlusconi presso il centro anziani e disabili “fondazione Sacra Famiglia” di Cesano Boscone viene ampiamente commentata dai quotidiani. La Stampa scrive che per lui sarà un po’ come un “tuffo nel passato”, visto che aveva iniziato la sua carriera come “animatore” su lussuose navi da crociera. Il centro anziani è in periferia di Milano e Berlusconi dovrà passarci quattro ore a settimana e il quotidiano fa notare che Cesano Boscone è anche il paese d’origine di Massimo Tartaglia, l’uomo che nel 2009 lo colpì con una statuetta del Duomo di Milano. La Stampa intervista il parroco di questa località, Don Luigi Caldera: “Qui vedrà il disagio e magari incontrerà anche Tartaglia”. Il quotidiano scrive anche che Berlusconi potrebbe trasformare questo obbligo in un’occasione d’oro, visto che potrà fare campagna elettorale. E nella pagina di fianco, un retroscena sottolinea come la sua condizione potrebbe trasformarsi in uno “spot elettorale per fare breccia negli over 60”. Tuttavia a tormentarlo sarebbe l’idea del colloquio mensile con l’assistente sociale, “cioè la chiacchierata che servirà a misurare il suo tasso di pentimento”. L’inviato a Cesano Boscone, Michele Brambilla, racconta “lo stupore nell’istituto”, dove si commenta: “Sarà un vero caos. Ne avremmo fatto a meno” (“Pazienti e volontari presi in contropiede: ‘Viene pure Apicella?’”).

Anche La Repubblica sottolinea come Berlusconi avrebbe percepito la decisione del tribunale di sorveglianza come “un’umiliazione”, almeno al primo impatto (“ho combattuto vent’anni per difendere la libertà e ora perdo la mia, finisco ai servizi civili”, avrebbe detto). Poi si sarebbe ripreso, tuffandosi nella nuova campagna elettorale (“ho ancora tanto da dare ai nostri elettori e al Paese”). E per il quotidiano ora “il voto del 25 maggio si trasformerà in un referendum. Ancora una volta. Dalla parte di Berlusconi o contro Berlusconi”. Si ricorda poi che nel provvedimento del Tribunale di sorveglianza si fa riferimento al comportamento che il condannato terrà durante questi mesi, ma anche alle “pendenze” che lo riguardano, ovvero altri processi in corso: entro l’estate infatti dovrebbe arrivare la sentenza in appello per il Rubygate. Se si superassero i quattro anni di pena (ne rischia sette per concussione e prostituzione minorile), il provvedimento di ieri verrebbe revocato per l’esecuzione di una nuova pena e Berlusconi potrebbe finire agli arresti domiciliari.

Alle pagine successive, su La Repubblica, il racconto dell’inviato nel centro anziani e disabili con settecento ospiti, di cui molti malati di Alzheimer. E un’intervista all’ex pm -ora senatore Pd- Felice Casson, che dice: “Giudici teneri, con un altro cittadino sarebbero stati più rigidi”, “Ha prevalso la ragion di Stato”.

Anche Il Fatto ha un inviato a Cesano Boscone: la sua cronaca evidenzia “preoccupazione e sconcerto” tra gli ospiti della casa di cura (“’Perché proprio a noi? Sapete cosa significa creare serenità in questo ambiente? Al massimo potrà imboccare qualcuno’”, “’B. sarà inutile anche qui, come all’Italia’”). Il titolo più polemico de Il Fatto è quello dell’articolo di Gianni Barbacetto: “Per 7 milioni di frode bastano quattro ore con gli anziani”. E poi, in riferimento alle precisazioni contenute nell’ordinanza del Tribunale di sorveglianza: “’Scemata pericolosità sociale’, ma se diffama i giudici finisce ai domiciliari”. E un’intervista allo psichiatra Luigi Cancrini: “Così forse capirà di non essere immortale”. E sulla reazione dello stesso Berlusconi, un articolo di Fabrizio D’Esposito: “’Sono innocente, così mi umiliano’”, “Lo sfogo di Berlusconi: ‘Ma di cosa devo rieducarmi io che ho ricevuto la migliore educazione possibile da mia madre?’. Intanto, però, ora vuole giocarsi la partita delle Europee: l’agibilità c’è”.

 

Sul Corriere Massimo Franco (“Le rughe del potere”) scrive che che le restrizioni a cui sarà sottoposto Berlusconi “difficilmente potranno essere considerate tali da limitare quella che con espressione burocratica viene definita ‘agibilità politica’. E se otterrà un risultato deludente, magari potrà recriminare perché è incandidabile dopo la condanna per frode fiscale; ma non per la decisione comunicata ieri dai giudici”.

E, più avanti: “A rivelare il ridimensionamento del Cavaliere, o ex tale, non sono gli attacchi residui contro di lui, ma l’asse con Matteo Renzi. Il fatto che il segretario del Pd e presidente del Consiglio lo abbia incontrato due volte, stabilendo un’intesa istituzionale prima impensabile, dice due cose. La prima è che la vecchia sinistra non ha né il potere né la convinzione per continuare l’ostracismo contro di lui: nemmeno dopo le condanne. La seconda è che Renzi si sente abbastanza forte da poter usare Berlusconi per i suoi piani politici: prima per far cadere Enrico Letta, ora per le riforme.

La differenza rispetto al passato è che un tempo il fondatore di Forza Italia dettava l’agenda al Paese, agli alleati e all’opposizione. Ora, invece, è costretto a condividerla o addirittura a sentirsela imporre da qualcuno che appare più moderno di lui; e in possesso di alcune delle doti e dei difetti sui quali ha costruito a lungo i propri consensi”. Insomma, ne emerge “un’immagine di Berlusconi un po’ malinconica, dolorante dietro l’eterno sorriso, in verità sempre più tirato”.

Anche sul Sole il commento firmato da Stefano Folli si sofferma sul “declino”: “In  fondo il ‘patto’ rispolverato l’altra sera non è più tra eguali, fra due capi-partito detentori di una forza all’incirca equivalente. Ovvio che Renzi ha ancora bisogno dei voti berlusconiani per far passare le sue riforme. Ma è evidente che il manico del coltello lo ha oggi in mano l’attuale inquilino di Palazzo Chigi. Berlusconi può limitare i danni, può cercare e magari trovare qualche protezione in casa del suo avversario-alleato, ma il suo ruolo non è più egemone. I fili li sta tirando l’altro”.

 

Mara Carfagna, intervistata dal Corriere della Sera, parla della situazione interna al suo partito: “’Forza Italia non diventi una scatola piena di rancori’”. Carfagna non si è candidata alle elezioni europee (“Ritengo giusto non candidarmi”, “sento l’obbligo di correre non per me ma per il partito”), spiega di aver tetato di trattenere Bonaiuti, e dice che “il partito è in difficoltà e c’è bisogno che ognuno di noi avverta il senso della responsabilità”.

 

Sul Sole 24 Ore: “Il leader di FI cerca il rilancio nella corsa per le europee”, “domani le liste elettorali”.

 

Riforme

Il Fatto titola: “Italicum all’ultimo respiro”. Si scrive che sul Senato regge l’accordo con Forza Italia e il Pd farà battaglia sugli emendamenti. Ma per quel che riguarda la legge elettorale, il quotidiano riferisce le parole della senatrice Pd Anna Finocchiaro, che ha fatto sapere che la Commissione Affari costituzionali del Senato, da lei presieduta, esaminerà l’Italicum “quando avremo finito l’esame delle riforme costituzionali”. Secondo il quotidiano la Finocchiaro ha così ufficializzato quel che Renzi e Berlusconi avrebbero deciso nell’incontro di lunedì sera, “che poi nella convinzione di molti senatori Pd (anche renziani) si traduce nel fatto che l’Italicum è morto”. Perché dopo le Europee, se Forza Italia crolla, ci si chiede per quale ragione Berlusconi dovrebbe votare una legge che lo penalizza.

Su La Repubblica: “L’allarme di Berlusconi, ‘Bisogna cambiare l’Italicum’. Renzi frena: non si vota ora”, “Il Cavaliere fa i conti con l’implosione forzista e il rischio di diventare terzo partito”. E un’intervista a Roberto D’Alimonte, che è stato tra gli ispiratori, inizialmente, dell’Italicum. Dice: “Un errore far saltare la legge elettorale”, “non si fanno le riforme elettorali valutando di mese in mese la convenienza”. A Berlusconi non converrebbe più? “Chi dice questo alla luce dei sondaggi di oggi -risponde D’Alimonte- dimentica che il ballottaggio previsto dall’Italicum avviene non tra partiti bensì tra coalizioni. E mettendo insieme le stime di voto di Forza Italia, Nuovo Centrodestra e Lega, la coalizione di destra è ancora seconda”, “comunque l’Italicum conviene a Renzi perché potrebbe arrivare al 37% dei voti”.

 

Economia

Ieri è partita la comunicazione diretta alla Commissione europea e firmata dal ministro dell’economia Padoan per informare i vertici comunitari che l’Italia ha rinviato di un anno, nel Documento di Economia e Finanza appena varato dal Governo, il pareggio strutturale di bilancio dal 2015 al 2016. La conferma – come scrive Il Sole 24 Ore – arriva direttamente dal ministo Pier Carlo Padoan, ieri ascoltato dalle commissioni Bilancio di Camera e Senato. “’Il governo – ha detto ancora Padoan – si impegna a rispettare il piano di rientro del debito con il raggiungimento dell’ obiettivo pieno nel 2016 e sostanziale nel 2015′. Il rapporto debito Pil ‘inizierà a scendere nel 2015. La regola sul debito sarebbe quindi rispettata nello scenario programmatico’”.

Ieri sono stati ascoltati in Parlamento anche i vertici di Istat e Bankitalia, e le critiche al Def sono evidenziate soprattutto da Avvenire e da Il Giornale, che scrive, citando il presidente dell’Istat Golini: “Con gli sconti Irpef che il governo si appresta ad approvare ‘il guadagno medio annuo per beneficiario è pari a 714 euro per le famiglie più povere’ del primo quintile. Si oscilla da massimo 796 euro all’anno (poco più di 65 euro al mese) per le famiglie più povere a 451 euro all’anno (poco meno di 40 euro al mese) per le famiglie più ricche. ‘Solo il 9,5% della spesa totale per l’intervento – ha sottolineato l’Istat – viene erogato alle famiglie appartenenti al quinto di reddito più povero’”. Il titolo del quotidiano è: “L’Istat svela il trucco di Renzi. Lo sgravio di 80 euri è la metà”.

Quanto alle coperture del Documento di economia e finanza, il quotidiano milanese scrive  che “a fare presenti i rischi sulle coperture ieri è stata Bankitalia”. “’Nel 2015 – ha spiegato il vicedirettore generale Luigi Federico Signorini – i risparmi di spesa indicati come valore massimo ottenibile dalla spending review non sarebbero sufficienti, da soli, a conseguire gli obiettivi programmatici, qualora dovessero finanziare lo sgravio dell’Irpef, evitare l`aumento di entrate appena menzionato e dare anche copertura agli esborsi connessi con programmi esistenti non inclusi nella legislazione vigente’. In altre parole, per via Nazionale, la spending review da sola non basta a coprire i tagli di Matteo Renzi”.

 

Sul Sole ci si sofferma sul voto al Parlamento europeo i per la nascita di un meccanismo unico di gestione delle crisi creditizie, “tassello dell’unione bancaria”.

Adriana Cerretelli commenta che “di più non ci si poteva aspettare dall’Europa che, investita nel 2008 dal ciclone del fallimento di Lehman Brothers, non ha saputo fare di meglio che chiudersi a riccio dentro i propri steccati nazionali”, e comunque “qualcosa è meglio di niente”.

Non ci sarà la garanzia europea sui depositi, che “si è persa per strada, non se ne parla nemmeno più: troppo europea, appunto”, ma è una “svolta indubbiamente rivoluzionaria la “sorveglianza unica affidata alla Bce”, anche se “partirà a fine anno ma a scartamento ridotto: limitata alle banche sistemiche, 130 su 6mila istituti di credito europei. E preceduta in questi mesi da stress test e valutazioni degli asset in portafoglio, che potrebbero tradursi in un fabbisogno di ricapitalizzazioni calcolato tra i 50 e i 600 miliardi”.

Ieri il Parlamento europeo “ha sbloccato la seconda gamba, il tormentato capitolo dei fallimenti bancari e della loro gestione ordinata. Senza meccanismi di risoluzione, sia pure para-europei, l’intera costruzione non avrebbe avuto quel minimo di credibilità necessario a salvarle la faccia.
Gli eurodeputati ci hanno provato, anche con caparbia, a puntare su una soluzione davvero europea. Hanno ottenuto qualcosa ma sostanzialmente sono andati a sbattere contro il muro dei rifiuti dell’Ecofin”.

 

Su L’Unità ci si propone di “scavare nei consigli di amministrazione” delle aziende si Stato, dove “vecchie volpi” si affiancano a “volti nuovi”, tra uomini “vicini a Renzi” come Campo dall’Orto alle Poste o l’ex tesoriere della Fondazione Open Alberto Bianchi, nominato nel cda di Enel, all’alfaniano e siciliano Salvatore Mancuso, alla “dalemiana Dassù in Finmeccanica.

 

Internazionale

Il reportage che La Repubblica offre ai lettori dall’Ucraina è firmato da Pietro Del Re, inviato a Donetsk, nell’Est del Paese: “Tra i ribelli dell’Est: ‘Kiev attacca, 4 morti, ora è guerra civile’”, “Via alle operazioni militari contro i filo-russi. Mosca: l’Onu condanni. Usa con gli ucraini”. E un’intervista al ministro degli Esteri tedesco Steinmeier, che avverte: “Putin deve fermarsi, ha violato il diritto”, “Basta con la politica di modificare i confini con l’uso della forza”.

“Tra gli insorti filorussi attaccati dai blindati ucraini” è anche l’inviata de La Stampa Michela Iaccarino (“’I fascisti di Kiev non ci batteranno’”). E un’intervista al ministro degli Esteri del Kosovo, Enver Hoxhaj, che respinge il paragone tra Crimea e Kosovo più volte avanzato dal presidente russo Putin (“nella Jugoslavia il Kosovo era uno Stato come Grecia, Slovenia, Montenegro, Bosnia, e come tutti questi Stati aspirava ad un’autonomia”).

Ancora su La Stampa, Maria Grazia Coggiola, da New Dehli, racconta “la rivincita degli ‘eunuchi’”, perché “la casta perduta diventa terzo sesso”. La Corte suprema ha deciso di riconoscere i diritti civili dei trans. Ma l’omosessualità resta reato. L’inviata racconta che coloro che non si sentono né uomini né donne e che gli indiani chiamano “hijra” erano rispettati e temuti dagli imperatori islamici, ma i colonizzatori li misero al bando.

 

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