Allarme Ue: l’Italia può contagiare l’Europa.

Il Corriere della Sera: “L’Europa avverte l’Italia. L’allarme di Bruxelles: c’è ancora il pericolo contagio. Il debito pubblico sale a 130 %. Ma per Bot, spread e Borse un giorno di fiducia”. A centro pagina: “D’Alema: falsità su di me. Pd e Pdl lo difendono: veleni nella corsa al Colle”.

 

La Repubblica: “Quirinale, il Pdl apre all’ipotesi Bersani. Pd, scontro su Renzi”. Il titolo più grande è: “Ue: Italia a rischio contagio. Ma la Borsa vola e lo spread scende sotto quota 300. Il Fondo monetarioo denuncia: intollerabili 200 milioni di disoccupati. L’allarme di Confindustria: imprese in piazza”.

 

La Stampa: “Bindi avverte Bersani, ‘Niente baratti sul Colle’. Grandi elettori, Renzi accusa: boicottato dal partito. La replica: falsità. Rabbia del sindaco per l’esclusione dalle votazioni per il Quirinale”. A centro pagina “Napoli, la guerriglia della Ztl. Commercianti in piazza, scontri con la polizia, il sindaco: c’è dietro la camorra”. Di spalla una intervista al Presidente di Confindustria: “L’allarme di Squinzi: ‘Senza un governo non ci sarà ripresa’. L’Europa: Italia, rischio contagio”.

 

Il Sole 24 Ore: “Squinzi: senza governo, ripresa a rischio. Produzione in calo a febbraio e anche a marzo continuerà la frenata. Allarme del Presidente di Confindustria: lo stallo costa un punto di Pil, un Esecutivo subito. ‘Sui debiti Pa ci aspettavamo un po’ più di coraggio’”. A centro pagina: “Allarme Ue: possibile contagio dall’Italia”.

 

L’Unità: “Bersani: il governo si farà. Il leader Pd: la responsabilità dei ritardi non è mia. I saggi: sì alla Convenzione sulle riforme”. In evidenza a centro pagina, con foto: “Napoli, la rivolta contro il sindaco”.

 

Libero:”Faida a sinistra per il Quirinale. Prima vittima: D’Alema”. A centro pagina si parla di una “eredità di Monti: Imu per sempre. E il debito pubblico sfonda ogni record”.

 

Il Giornale: “Ingroia, vai a lavorare. Il Csm: no all’incarico in Sicilia, gli tocca Aosta. I napoletani ‘licenziano’ De Magistris”. “E Fini non vuole mollare l’ufficio a Montecitorio”.

 

Il Fatto: “Nuova stangata: Monti lascia un conto da 22 miliardi. Documento del governo conferma i peggiori sospetti: dal 2015 macheranno almeno 15 miliardi l’anno, più i 7 necessari per il 2013. E, se il nuovo esecutivo abbassera l’Imu il salasso aumenterà ancora”.

 

Contagio

 

Ieri a Bruxelles la Commissione Europea ha illustrato l’analisi “macro” che misura la pressione congiunturale degli Stati membri: “L’allarme dell’Ue sul debito italiano, ‘rischio contagio’”, titola La Stampa, “altolà dell’Europa all’Italia, torna il rischio del contagio” per La Repubblica. Nell’analisi si legge: “Il rischio di contagio economico e finanziario al resto dell’area Euro rimane consistente nel caso in cui riprendessero con intensità le turbolenze dei mercati finanziari sul debito sovrano dell’Italia”. Il Corriere sottolinea che Bruxelles ha indicato ancora come via maestra, accanto al taglio del debito pubblico, un fisco favorevole alla crescita. Va pur sottolineato che, nell’esaminare i Paesi che ancora soffrono di squilibri macroeconomici, la Commissione ha sferzato sì l’Italia, giudicando però anche “molto probabile” la sua uscita dalla procedura di inflazione per deficit eccessivo a maggio.

Intanto ieri il governo ha approvato il Documento di economia e finanza: il Corriere spiega che le previsioni convermano il pareggio di bilancio strutturale nel 2013, ma anche che il rapporto debito-Pil nel 2013 sfonderà la quota 130 per cento per poi cominciare una lenta discesa fino al 117 per cento nel 2017. Il Pil calerà dell’1,3 per invertire la tendenza nei prossimi 4 anni, con stime volutamente prudenziali. Nell’illustrarlo Monti ha sottolineato che “occorre continuare nel rigore e non cercare scorciatoie populiste”. Il ministro dell’economia Grilli ha precisato che “i saldi del documento non tengono conto di una eventuale abolizione dell’Imu, che vale 11 miliardi l’anno. Se questo avverrà per motivi politici e populisti, ha fatto capire il ministro, per non scardinare i conti bisognerà trovare una compensazione”.

Libero titola: “L’eredità del professore, avremo l’Imu in eterno”, “in campagna elettorale, per non sparire dietro a Cav e Pd, favoleggiava di ridurre l’imposta. Ora avverte: se verrà tagliata saranno guai. Alla faccia della coerenza”.

 

Squinzi

 

Intervista su La Stampa al Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi: “Se ascoltassi quello che vuole la base degli imprenditori, senza filtri, venerdì a Torino dovrei organizzare una nuova marcia dei quarantamila coinvolgendo anche i nostri dipendenti che ormai la pensano come noi. Ma non lo faremo. Sia per senso di responsabilità in un momento così difficile per il Paese, sia perché oggi manca una interlocutore che invece serve con la massima urgenza, un governo cui rivolgersi”. Il titolo della intervista: “La politica la smetta con i veti. Senza governo non c’è ripresa”.

Il Sole 24 Ore dà rilievo alle parole di Squinzi, in vista di un convegno dei piccoli imprenditori di Confindustria che si tiene domani a Torino. Ieri Squinzi ha parlato alla fiera del mobile ed ha detto, tra l’altro, che il fatto che il Paese non sia stato governato in modo adeguato “ci è costato un punto di Pil”, aggiungendo: “Il calo della domanda è dovuto al fatto che la politica del governo Monti si sia incentrata sul prelievo fiscale. Inoltre non abbiamo fatto molto per la crescita, un problema che potrebbe riguardare anche l’Europa. Sul decreto con cui il governo ha varato la prima tranche di pagamenti dei debiti della PA per 40 miliardi in due anni: “Non è quello che ci aspettavamo”, anche se “va nella direzione giusta”. E per il Presidente di Confindustria, la situazione “non può continuare per molto tempo senza sfociare in esplosioni sociali violente”. Sulla stessa pagina, si dà conto della dichiarazione rilasciata ieri dall’imprenditore Diego Della Valle, che ha fatto appello a tutti gli imprenditori che gestiscono gruppi in salute: “Destiniamo l’1 per cento degli utili a progetti di solidarietà a sostegno del territorio in cui le stesse imprese operano”. Il patron di Tod’s ha detto che il suo gruppo già dalla settimana prossima si dedicherà a questa iniziativa, che potrebbe portare all’immissione sul territorio (in questo caso le Marche) di circa 2 milioni di euro.

Se ne parla anche su Il Giornale: “L’idea choc di Della Valle: ‘la finanza aiuti i poveri’”. Si riferisce ampiamente delle accuse alla classe politica che “sta dimostrando la più grande irresponsabilità”, poiché “da 40 giorni stanno discutendo su come tenere le loro sedie”. Dei parlamentari grillini ha detto che “sono un apribottiglie” e “viste le facce che lì hanno sostituito il danno non è troppo”. Ed ha concluso il suo intervento “stigmatizzando i vecchi che fanno da tappo ai giovani preparati”.

La Repubblica intervista il vicepresidente di Confindustria Aurelio Regina, che parla di un “grido di dolore collettivo” delle imprese: “C’è chi chiede addirittura di scendere in piazza per essere ascoltato. Chi immagina iniziative eclatanti. Non possiamo più escludere nulla. Servono provvedimenti urgenti per ridare fiducia a chi sta pensando di chiudere la propria attività. Serve un governo”. Va sottolineato che tanto Squinzi nelle sue dichiarazioni che Regina considerano come una sciagura l’ipotesi di elezioni anticipate.

 

Quirinale

 

La Repubblica scrive che Pierlugi Bersani “si è messo in testa di accelerare al massimo, per chiudere la partita del Quirinale prima che gli sfugga di mano”. I contatti con il Pdl proseguono, l’obiettivo sarebbe quello di arrivare all’elezione del Capo dello Stato al primo scrutinio. Ed il quotidiano parla di “svolta di Berlusconi per il Colle”: il quotidiano scrive che il Pdl accarezza l’idea di lasciare eleggere Bersani alla carica di capo dello Stato, per aprire poi la strada ad un governo di larghe convergenze. Si riferiscono così le parole che lo stesso Berlusconi avrebbe pronunciato: “Dal colloquio avuto con Pierluigi ho avuto la sensazione che non escluda affatto di finire lui stesso al Colle. E a quel punto, vi dirò, potrebbe addirittura servire per sbloccare la situazione”. Tra le considerazioni del Cavaliere si riferisce anche quella improntata ad un certo pessimismo: “Non mi attendo nulla di buono. Bersani mi è parso assai fragile, non so fino a che punto sia in grado di garantire la compattezza dei suoi”.

Su Libero: “L’idea proibita di Bersani: farsi eleggere al Quirinale”, “il segretario Pd non accetta la sconfitta e tenta il rilancio: potrebbe provare a salire lui stesso al Colle, con l’appoggio del Pdl. Ma nel partito frenano”. Sullo stesso quotidiano, in riferimento alle notizie pubblicate ieri dal Corriere della Sera su un ruolo che Massimo D’Alema avrebbe avuto nella vicenda relativa all’Austrostada Serravalle, si scrive: “A sinistra è partita la faida per il Colle”. Per il direttore Belpietro, la partita del Quirinale fa sì che gli sgambetti e gli agguati siano la regola: “Ma non è che, una volta bruciati tutti i candidati, la carta coperta che il segretario Pd ha in serbo per il Colle si chiami Pierluigi Bersani?”. E un altro articolo del quotidiano porta questo titolo: “Fuoco giudiziario contro D’Alema”, “spunta un interrogatorio in cui l’architetto Sarno, uomo chiave delle indagini sulla Serravalle, rivela: ‘Penati mi ha detto che Max lo obbligò a comprare le azioni dell’Austrada’. Il primo smentisce, il secondo querela”. E si sottolinea che il Pdl, con l’ex ministro Matteoli, considera un “agguato” una “polpetta avvelenata” queste rivelazioni su D’Alema.

Da segnalare una intervista al Corriere della Sera di Fabrizio Cicchitto, che per il Quirinale vede “due possibilità”: Gianni Letta e Luciano Violante.

 

 

Renzi-Bersani

 

Il Fatto scrive che Pierlugi Bersani ha chiamato il presidente della Regione Enrico Rossi, per affrontare il ‘caso Renzi’. Nessuna imposizione, ‘sono fatti che devono restare dentro i confini regionali’, ha detto il leader del centrosinistra a risolvere le cose ‘al meglio’. Rossi avrebbe posto tre condizioni a Renzi: di essere sostenuto unaninemente dal gruppo regionale del Pd, che Monaci (il presidente del consiglio regionale) rinunciasse ad andare a Roma, e di non essere sostenuto dal Pdl. Ma già la prima condizione è venuta presto meno, perché il gruppo regionale del Pd si è spaccato, e a maggioranza ha votato no all’ipotesi di Renzi tra i grandi elettori.

La Repubblica intervista il governatore Rossi: “Presidente, l’ha chiamata Bersani?”. “Smentisco nel modo più assoluto. Posso garantire che Bersani si è sempre tenuto fuori da tutta questa vicenda. Ci siamo sentiti sabato scorso e lui è stato chiarissimo. Mi ha detto che ogni decisione era rinviata a livello regionale e, giustamente a mio parere, se ne è lavato le mani”. Come spiega allora che i consiglieri che fanno riferimento a Franceschini abbiano tutti votato contro? “Quei voti sono mancati in effetti. Ma poco fa Franceschini mi ha chiamato per dirmi di non aver fatto nessuna telefonata, e che anche per lui la vicenda è tutta di valenza regionale”. Poi aggiunge: “Sono dispiaciuto per Renzi, perché so che a questa cosa teneva molto, e mi secca che il Pd toscano abbia dato una idea di divisione e di chiusura. Sarebbe stato auspicabile che una volta posta pubblicamente la questione, avesse un esito diverso. Ma l’operazione era tutt’altro che facile, si trattava di interrompere una prassi rispettata da sempre. Renzi sarebbe stata la prima eccezione in assoluto. Era logico consultare prima Monaci (il presidente del consiglio regionale, ndr) lo imponevano rispetto e correttezza. Il gruppo si è diviso e ha prevalso la linea istituzionale”.

Sullo stesso quotidiano, un “retroscena”: “Nel Pd l’ora della resa dei conti, ritorna l’incubo della scissione”. Sulla vicenda della sua bocciatura come grande elettore per il Capo dello Stato, Renzi ha raccontato di una telefonata che gli sarebbe stata fatta dal presidente della regione Emilia Romagna Errani (“Non è giusto che tu vada a Roma, gli avrebbe detto”). Il quotidiano racconta che i parlamentari che fanno riferimento a Renzi rilanciavano l’idea di una separazione dal Pd, e che nel mondo renziano non si placa la bufera, anche perché nelle Marche sono stati scelti i grandi elettori silurando Vittoriano Sollazzi, presidente del consiglio regionale, candidato naturale alla platea della seduta parlamentare comune: è un renziano doc, ma il Pd gli sarebbe avrebbe preferito il capogruppo regionale.

 

Su La Repubblica un commento di Gianlugi Pellegrino (“L’autogol sul sindaco”) spiega che la Costituzione dà mandato alle Regioni di integrare la composizione parlamentare con uomini e donne che rappresentino il territorio e siano espressione anche delle minoranze: “ridurre tutto questo ad un mero incarico degli eletti in regione con le rispettive etichette di appartenenza, senza alcuna altra valutazione, è sicuramente ammissibile sul piano formale ma interpreta in modo deteriore lo spirito della scelta costituzionale”. Si tratta per Pellegrino di un “errore politico”, perché una scelta diversa avrebbe dimostrato sul campo “quanto veri siano i propositi di ‘cambiamento’ che ogni giorno proprio il segretario va promettendo”.

 

Su Il Sole 24 Ore, l’analisi di Stefano Folli, in riferimento alla scadenza per l’elezione del nuovo capo dello Stato: “Manca una settimana all’ora della verità, e il Pd tende a lacerarsi”: Scrive Folli: “Ha ragione Romano Prodi: nella gara del Quirinale vince chi subisce meno veti. Non conta tanto l’ampiezza del consenso, quanto la capacità di ridurre l’area dei dissensi e delle inimicizie”. Folli cita il caso di Emma Bonino, che nei sondaggi è sempre al primo posto: eppure, o forse proprio per questo, i partiti sono molto diffidenti nei suoi confronti. L’analista considera questo un esempio significativo dello scollamento tra politica e senso comune, come corollario allo stallo delle decisioni. Quanto alle trattative sotto traccia, per Folli esiste una secca alternativa: “o il capo dello Stato viene eletto entro le prime tre votazioni con la maggioranza dei due terzi (quindi sulla base di un patto leale tra Pd e Pdl) o si entra in un tunnel dove può accadere di tutto. E può un Pd profondamente lacerato, come dimostra l’esplosione del contrasto tra Renzi e il vertice bersaniano, essere in grado di onorare un accordo con il centrodestra senza frantumarsi?

Da segnalare una intervista a Rosy Bindi, su La Stampa. “Quando leggo che dovremmo fare un

governo che vive grazie al fatto che un po’ di senatori del Pdl escono dall’aula e che magari poi arriva qualche voto grillino mi viene da dire che stiamo dando a Berlusconi le chiavi del nostro cosiddetto governo del cambiamento”. E sul Quirinale: “Sono d’accordo, nessun baratto. Ma questo deve valere anche per noi: nessuno scambio improprio, nemmeno per ottenere il ‘si parta’ per il cosiddetto governo di minoranza”.

Su La Repubblica si dà conto di una simulazione approntata da due studiosi dei meccanismi elettorali (Antonio Agosta e Nicola D’Amelio) secondo cui anche se si fosse voptato con il Mattarellum , la governabilità sarebbe stata a rischio: il Pdl sarebbe emerso come primo partito, poiché avrebbe ottenuto 259 deputati. Il Pd si sarebbe fermato a 235, e 108 sarebbero stati attributi al Movimento 5 Stelle.

 

Il Fatto quotidiano, occupandosi del “totoquirinale”, ricorda che oggi, dalle 10 alle 21, tutti gli iscritti al Movimento 5 Stelle al 31 dicembre 2012 (calcolati in circa 350 mila) potranno proporre sul sito del Movimento il nome che vedrebbero bene al Colle. Al di là delle provocazioni possibili come la preferenza a “Topolino”, oggi ognuno propone chi vuole ma poi i dieci nomi più votati verranno rimessi sulla graticola due giorni prima del voto in Aula (presumibilmente martedì 16 aprile). Chi vince, sarà il nome che i parlamentari 5 Stelle metteranno nell’urna nel Parlamento riunito in seduta comune. E poiché non è scontato che ci sia l’accordo tra Berlusconi e Bersani, se si arrivasse alla quarta votazione, sarebbero i 5 Stelle a poter convergere su un nome che loro descrivono come “decente”, “profumato” proposto dai Democratici. L’identikit diffuso dal Movimento è quello di “uno che è stato preso a schiaffi dai partiti”, e qualcuno ci riconosce Romano Prodi.

Alla pagine R2 Diario de La Repubblica il Movimento di Beppe Grillo offre lo spunto per una riflessione sulle dirette via web imposte dal Movimento 5 Stelle: “Streaming, quando la trasparenza mette in crisi la politica” è il titolo di una analisi del direttore di Reset Giancarlo Bosetti. “Guardare sempre ‘dietro la tenda’ è un regalo della modernità, della democrazia, dei media, ma dobbiamo constatare che questo regalo è parziale: ci libera un po’ dalla condizione di pubblico escluso, ma influenza il nostro essere sociale in modi che non erano prevedibili. La mente si è formata, sin dai primi anni di vita, nella interazione sociale nella quale le separazioni nel tempo e nello spazio regolano il nostro giudizio su noi stessi”, la distinzione “tra il primo piano, lo spazio intermedi e il retroscena non funziona solo nella drammaturgia, ma anche nella vita ordinaria”. “Scoprire dal registratore nell’ufficio ovale che Nixon aveva ordinato all’FBi di sospendere le indagini sul Watergarte, servì a smascherare gli abusi del potere. Ma smantellare ogni riservatezza nell’azione diplomatica, nella vita politica e nei nostri rapporti quotidiani, può fare peggiorare il mondo”. E Giuliano Santoro si occupa della “retorica della trasparenza” di Grillo, con il corollario della visibilità permanente e degli streaming che si accendono e si spengono in base alle convenienze del momento”. “Si rivolge ad una congrega di corpi atomizzati destinati in caso di epurazione a spegnersi velocemente. Grillo parla ad una federazione di soggetti deboli che vive con l’incubo di tornare nell’ombra, uscendo dal cono di luce di cui il Capo è portare, e dalla quale i ‘trasparenti’ si fanno attraversare”. Filippo Ceccarelli racconta coe è tramontata la riservatezza dei potenti: nella prima Repubblica scoprire confessioni, rivelazioni o retroscena era una conquista, oggi bisogna difendersi dal flusso infinito di immagini e notizie che spesso sono solo “fuffa”.

 

E poi

 

Su Il Foglio ci si occupa di Kenan Malik, intellettuale islamico inglese, editorialista di testate di sinistra come il Guardian, già fondatore del movimento antirazzista in Gran Bretagna. A maggio l’autore di un libro sul caso Rushdie torna con un nuovo saggio dal titolo “Multiculturalism and its discontents”. Dice: “Sono di sinistra, a favore dell’immigrazione di massa a frontiere aperte. Ma credo che il multiculturalismo come processo politico sia stato disastroso. Anziché creare nazioni più uguali le ha rese più tribali e chiuse al confronto. Ricorda che “c’è una lunga e importante tradizione di critiche di sinistra al multiculturalismo, che è, “un linguaggio attraverso il quale vengono oggi propagate idee razziste. Il multiculturalismo pone le persone in una griglia etnica, creando confini fisici, culturali, immaginari”.

 

Prosegue oggi a Londra l’incontro di ministri degli esteri del G8. La Repubblica, alle pagine delle lettere e dei commenti, ospita un intervento del ministro degli esteri britannico William Hague. Chiederà ai suoi colleghi di concordare una dichiarazione politica “di portata storica” che affermi la comune volontà di porre fine agli stupri di guerra e all’impunità per questo crimin, riconoscendo la violenza sessuale come grave violazione della convenzione di Ginevra, l’aumento dei fondi e del sostegno a lungo termine alle vittime e il sostegno ad un nuovo Protocollo internazionale che definisce standard comuni per la raccolta delle prove utilizzabili in tribunale.

 

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