Per il Pd è il giorno del duello:
comunque ultimo treno per cambiare

Il ballottaggio Bersani – Renzi è la conclusione di una sfida che potrebbe modificare, ha già modificato, il corso delle cose nella sinistra e nel centrosinistra italiano, potrebbe far nascere oggi quel Partito democratico, che si era presentato nel 2007 come destinato a non essere soltanto la somma delle vicende residue di formazioni politiche del passato. Il condizionale però è d’obbligo perché la sfida di Renzi ha dato una grande scossa, ma non ha rovesciato i rapporti di forza. Quella del sindaco di Firenze è una bella pagina, sicuramente da ricordare. E io personalmente confermerò il mio voto per lui, in questo secondo turno, (io personalmente, come alcuni dei collaboratori e fondatori di questa rivista, altri invece no, scelgono Bersani) anche se capisco le ragioni di chi sceglie diversamente e le incertezze di tutti. La vittoria del segretario è scontata: il margine che separa i contendenti non è e non era colmabile, poiché da una parte vi è chi sta attualmente alla guida della macchina del partito e rappresenta il grosso delle componenti che ne fanno parte, cui vanno aggiunti i voti che, in larga misura, confluiranno dagli altri candidati usciti di scena al primo turno; e dall’altra vi è un outsider, certo non disarmato, bene attrezzato e abile, che ha lanciato la sfida del cambiamento, ma che non ha avuto il tempo e i mezzi per la lunga marcia che lo avrebbe potuto portare al successo.

Abbiamo già detto in queste settimane che Renzi rappresenta meglio il profilo che il Pd avrebbe dovuto avere fin dall’inizio, mentre Bersani si trova nel ruolo dell’erede della sinistra che viene dalla nota storia Pci-Pds-Ds-Popolari e Margherita. I sondaggi hanno mostrato come lo sfidante abbia un potenziale di affermazione nell’elettorato di centro e di destra maggiore del suo avversario. E allora perché tante incertezze, tra lui e Bersani, da parte di chi, come diversi nostri collaboratori, vorrebbe inaugurare una nuova stagione riformista?

Per tre ragioni: in primo luogo perché Bersani sta un po’ stretto nella parte di rappresentante della continuità con la vecchia guardia, è stato lento nello scrollarsi di dosso le vecchie lealtà e dipendenze, ma infine lo ha fatto, con qualche garbo, ma lo ha fatto. Vero che lo ha fatto anche sotto la spinta della sfida di Renzi, ma è stato coraggioso dall’approfittarne per schierare volti nuovi e per promettere, con qualche riserva, di non ripresentare i vecchi; per essere chiari, altri al posto suo avrebbero straperso; in secondo luogo perché Bersani appare per molti versi più solido nel ruolo di possibile premier; l’esperienza che ha alle spalle, nonostante tutto, lo fa apparire più affidabile in una fase tempestosa, mentre Renzi non ha avuto davvero il tempo di far intravedere una squadra di governo e tanto meno un programma. Credo che ne sarebbe capace, ma obiettivamente non si è visto abbastanza per potergli accreditare anche questo merito. La terza ragione delle incertezze è che, come abbiamo già scritto qui, è incerta anche la vera posta di queste primarie: il candidato premier? Ma con quale legge elettorale? In realtà potremmo trovarci alle prossime elezioni politiche di fronte a un meccanismo assai confuso e con tratti proporzionalisti, a causa dei quali il premier dovrebbe essere scelto da una coalizione più larga rispetto a quella che partecipava a queste primarie. Dunque si vota per un candidato premier che potrebbe essere poi soltanto un candidato leader a guidare un gruppo per la formazione di un governo guidato da un altro.

E perché allora propongo personalmente di votare per Renzi? Perché, scontato l’esito del risultato, a favore di Bersani, temo che se la vittoria sarà schiacciante, questa avventura verrà archiviata e la storia della sinistra continuerà a macinare il suo corso consueto, quello di essere guidata da un partito che per la sua stessa natura è incapace di vincere le elezioni da solo. E di governare mettendo al governo come premier il suo leader. Un forte risultato di Renzi, invece sopra il quaranta per cento, non potrà e non dovrà essere messo da parte. Il vincitore dovrà spostare la barra del timone in direzione di un coraggioso riformismo. Un’occasione come questa, con una destra sgretolata e senza guida, non si ripresenterà mai più. Se Bersani non chiamerà il suo sfidante a un’alleanza strategica, per il cambiamento, “adesso”, sara’ poi inevitabilmente travolto.

PS – Quanto alla disputa sulle regole, il rischio di una rissa capace di rovinare il successo di partecipazione, non depone a favore della segreteria, che è apparsa troppo preoccupata e difensiva nei confronti di una minaccia “esterna”. Che si tema un’ondata di elettori “esterni” che “inquinano” il voto è una idea che squalifica chi la pronuncia: solo a dirla appare come una sciocchezza che si dissolve nel vuoto. Non è quello il modo in cui si vincono le elezioni? Con ondate di “esterni”, ovvero di voti nuovi. Le trincee e i “respingimenti” sono argomenti che spingeranno più di uno a votare per lo sfidante.

  1. Non è un problema di persone o di personale politico.
    Nè una questione di vecchio e nuovo,di usato sicuro o di rottamazione.
    Semplicemente,come è giusto che sia,sono in ballo scelte politiche decisamente diverse.
    Bersani,l’usato sicuro,assicura una buona continuità con molte delle scelte del passato,con molti dei protagonisti già visti all’opera,da Casini a Tabacci allo stesso Vendola.
    Assicura anche una egemonia delle posizioni CGIL che ingessano gli equilibri attuali e di fatto ci condannano al declino.
    Al centro della politica dello schieramento eterogeneo che si sta coagulando intorno al buon Bersani c’è l’antica regola del tassa e spendi,che ritiene possibile e doveroso fondare la crescita sull’aumento della spesa pubblica e che quindi non è né economicamente né moralmente interessata ad abbassare la pressione fiscale che attanaglia i ceti produttivi del paese.
    E non saranno certo la chimerica lotta all’evasione o la mitizzata e inutile patrimoniale gli strumenti utili a consentire un seppur graduale sollievo da una tassazione economicamente depressiva e potenzialmente foriera di eccessivi controlli e ingerenze nella vita dei cittadini.
    Renzi incarna certamente un’altra politica.
    È di destra ? Non lo so,né mi interessa dare un’etichetta novecentesca al profondo cambiamento che questo paese prima o poi dovrà attraversare.
    Posso solo dire,guardando peraltro proprio alla storia del secolo scorso, che il nostro paese non ha mai avuto l’opportunità di sperimentare un ciclo politico di riformismo riformatore,di laburismo blairiano che provasse a modernizzarlo,a snellirne la bardatura burocratica,a valorizzare il merito e la concorrenza.
    Anche il grande,grandissimo problema della corruzione italiana verrebbe subito ridimensionato da un sano,corretto e condiviso orientamento al merito, sia nel lavoro che nella scuola.
    In Italia c’è corruzione perché le opportunità sono poche,controllate e distribuite in modo poco trasparente da ristretti circoli politici,economici,finanziari,i quali dipendono praticamente in tutto dalle sovvenzioni dello stato e della partitocrazia.
    Liberiamoci dallo statalismo e dalle chiusure di monopoli controllati e controllori e vedrete che quasi per incanto anche la corruzione si scioglierà come neve al sole.
    Per me questo progetto appena accennato non è né di destra né di sinistra : è semplicemente un percorso inevitabile se si vuole tenere il passo della storia.
    Se Renzi ha catalizzato tanta attenzione e ha orientato verso una sua idea di PD tanti elettori estranei alla tradizione,diciamo pure,cattocomunista è perché i tempi sono maturi per costruire anche in Italia non il solito pateracchio di sinistra e centro con o senza trattino,ma finalmente una grande forza democratica e riformatrice di cambiamento e modernizzazione.
    I cittadini sono piú avanti delle forze politiche,che in questo momento funzionano da freno e gabbia,impauriti di dover cambiare pelle e perdere privilegi e prerogative.
    Vorrei un PD laburista e liberale,perché no LIBLAB,come si diceva negli anni settanta,quando purtroppo si perse per invidie e reciproche diffidenze la grande occasione di federare una sinistra non piú comunista,non piú socialista ma appunto laburista e liberale di massa.

      • In Italia queste sono da sempre posizioni minoritarie a sinistra,lo sappiamo.
        Il 40% pro Renzi è però un risultato molto superiore alle attese che fa davvero ben sperare per il futuro.
        Ha ragione lui quando dice che qui non si tratta di fare correnti o di fare inciuci ,ma di qui si può partire sul serio per costruire quella forza riformatrice e modernizzante che gente come noi sogna da più di trent’anni.
        Buon lavoro,dunque!

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