Carisma e rivelazione, il segreto del Tele-evangelista

Pubblichiamo un brano del libro di Alessandro Lanni Avanti popoli! Piazze, tv, web: dove va l’Italia senza partiti (I libri di Reset – Marsilio).

 

Campione dell’infotainment, riesce a fare spettacolo facendo (contro)informazione e viceversa a dare “notizie” dal palco di un teatro. Per un verso, nel passaggio dai teatri alle piazze e alla rete non c’è senza soluzione di continuità, Grillo rimane lo stesso. Quel che è interessante è comprendere se il Grillo digitale, che ambisce a un nuovo modo di fare politica dal basso attraverso la rete, stia veramente sperimentando qualcosa di nuovo. A noi qui non interessa ricostruire la vita pubblica di Grillo, piuttosto mettere a fuoco come e perché nasca un “popolo di grillini”, di adepti del culto del genovese urlante, che ogni giorno legge e commenta quel che l’ex comico ha da dire.

Come hanno notato Massimo Russo e Vittorio Zambardino, il genere di comunicazione che Beppe Grillo ha messo in piedi in questi anni attraverso il suo blog di indiscutibile successo ha poco o nulla a che fare con la vocazione più autentica del web 2.0, ossia la partecipazione collettiva, orizzontale e dal basso, democratica nel senso che tutti sono più o meno sullo stesso piano e contribuiscono alla costruzione di contenuti, di discussioni a volte sterili e inconcludenti, ma sicuramente aperte e condivise. In una sintesi tanto efficace quanto dura, i due giornalisti descrivono come funziona in realtà la presenza on line del comico genovese: «La predicazione carismatica – nel senso che non ammette verifiche: chiunque, su altri blog, accenni a una critica viene stroncato da forme di squadrismo telematico a volte odiose – si trasforma qui in “informazione” e quindi in realtà-verità. Grillo e i suoi collaboratori e amici giornalisti sostituiscono il “pepe” della rivelazione all’onere della prova».

Tutt’altro che la moltiplicazione di nodi e di voci, qui c’è al centro un uomo solo che parla con la voce perennemente alterata e sopra le righe. Ogni giorno l’oracolo sentenzia e i fan al massimo possono commentare, numerosi, numerosissimi. E capita che Grillo più che rispondere e dialogare con i suoi interlocutori cancelli (lui o chi per lui) i commenti ritenuti non corrispondenti alla sua filosofia. «Grillo è un monologhista, un attaccante, un centravanti di sfondamento mentre la politica è un mondo fatto di sfumature, di grigi. Dirò di più: se Grillo comincia ad abbandonare i monologhi per iniziare ad argomentare perde». Così lo descrive uno che lo conosce da una vita, Antonio Ricci. È possibile una definizione migliore?

«Sono un monologhista» risponde ad Alessandro Giglioli dell’Espresso, che lo insegue senza successo per intervistarlo. Anche una forma di dialogo semplificata, come l’intervista di cui si conoscono già le domande, è rifiutata in virtù di una pretesa offesa. «Grillo – commenta il giornalista a margine della vicenda – ha una paura fottuta del confronto. […] Sa di non avere argomentazioni razionali forti per difendere le sue affermazioni a tutto tondo, sa che il confronto lo obbligherebbe a qualche sfumatura e sa che probabilmente le sfumature lo annienterebbero, visto che il suo successo è figlio della sua assertività». È proprio il blog, usato nella sua forma chiusa, verticale e “vecchia”, che consente a Grillo di non confrontarsi e di non-dibattere» e per certificare la sua natura di monologhista.

Carisma e rivelazione sono i tratti fondamentali di ogni populismo, che Grillo riesce a tradurre adattandoli al nuovo, potentissimo mezzo di comunicazione. Quell’indefinibile “non so che” capace di rendere attraente qualcuno e respingente qualcun’altro, il carisma, il fascino della parlantina grillesca coniugato con il verbo che disintermedia e spiega, che certifica, che offre risposte a domanda francamente indecidibili al momento: «Chi vincerà tra giornali di carta e on line? Leggete qui, sul mio blog e lo saprete». Il contatto tra leader e popolo è contatto diretto, im-mediato, senza filtri. La Verità fluisce alla maniera della teofania, il dio che si manifesta direttamente: Grillum diffusivum sui est.

Nel fenomeno-Grillo è all’opera quel cortocircuito tra richiamo al popolo, alla gente autentica contrapposta alla “vecchia politica” e alle élite, e il ruolo del capopopolo carismatico del vero interprete di quel che la gente ha a cuore. Togliere di mezzo i vecchi arnesi della politica significa, secondo Grillo, restituire voce al popolo. E ci vuole un condottiero per restituirgliela. In molti definiscono “anti-politica” questa contrapposizione al Palazzo. Ma «l’anti-politica nasce prima di Grillo», scrive Barbara Spinelli in un pezzo che mette in luce come le radici dei movimenti à la Grillo siano da ricercarsi anche nel disfacimento della classe politica italiana e l’impasto malsano che ha avuto con buona parte del giornalismo. Colpisce, scrive la Spinelli, l’indignazione che molti politici e giornalisti provano nei confronti di Grillo e se c’è una colpa a sinistra è quella di no aver denunciato a sufficienza e prima del comico la vera anti-politica.

Ma dato a Grillo quel che gli spetta nelle sue battaglie contro la mala politica, non bisogna nascondere il rischio che in una notte della ragione tutto diventi uguale. «Naturalmente – prosegue la Spinelli – tutte le ansie di redenzione hanno un lato oscuro, politico-religioso. E la contro-politica può diventare simile all’anti-politica che denuncia. Può generare populismo, e fantasticare un Popolo compatto, non più diviso in parti (dunque in partiti). Può mettere tutti sullo stesso piano: mafia, gravi corruzioni, e Burlando che evita la multa mostrando il tesserino di parlamentare» e conclude: «Quel che mi piace di meno in Grillo è il suo urlare, che per forza genera insulti. L’urlo – perfino quello dipinto da Munch – è qualcosa che non dà forza al pensiero». Ma non è facile separare l’urlo da quel che l’urlo ambisce a dire. A volte capita per davvero che il medium sia il messaggio.

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