COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

Trump, i migranti e i gesti che proprio non convincono

Jessica Davis, Susan Oliver, Jamiel Shaw Sr.  Sono tre cittadini americani,   parenti di tre vittime innocenti, tutte e tre uccise da immigrati senza regolare visto di ingresso negli Stati Uniti d’America. Vittime di una violenza che bisogna vedere, conoscere e condannare. Come molte altre. Ma le altre vittime oggi non le possiamo citare. Perchè sono loro i tre che sono stati invitati dal presidente Trump ad assistere al suo discorso davanti al Congresso Americano. e al loro cospetto Trump ha voluto sollecitare la costituzione di un’agenzia per occuparsi di chi subisca violenze da immigrati senza regolare visto d’ingresso.

Il senso generale del discorso pronunciato da Donald Trump è dibattuto da molti in queste ore, e non sono pochi a richiamare la nostra attenzione sulla differenza tra i toni “morbidi” usati in dichiarazione precedenti il suo intervento, e la linea ferma ribadita nel discorso ufficiale, con “l’interessante” esposizione di un teorema per cui potrebbe entrare negli Stati Uniti solo chi ha i mezzi per permetterselo. Ma tra questi oggi, visto l’annuncio che tornerà il travel ban per alcuni paesi a maggioranza islamica, non potrebbe esserci il mito americano, Steve Jobs, figlio di immigrati siriani.

Nell’attesa dei fatti, la domanda obbligatoria oggi è questa: con gesti come quello dell’invito di ieri il presidente contribuisce a spegnare l’incendio creato dal volano “odio-paura” o lo aggrava? Il ritorno imminente del“muslim ban” , l’aver atteso fino a ieri per riconoscere che quella in atto nel suo paese è un’ondata inquietante di antisemitismo, contribuisce a rendere grave questa domanda.

L’odio nel corso della campagna elettorale è cresciuto non soltanto sul web, ma anche nella realtà, con i gruppi che incitano a odiare arrivati ben sopra quota 900. E allora il presidente non avrebbe fatto bene a chiamare ad assistere al suo discorso anche un dirigente di una delle tantissime istituzioni ebraiche colpite o minacciate, un musulmano, magari del Texas dove è stata bruciata una moschea, un parente di un nero ucciso senza motivo , o un parente di qualche vittima delle armi pesanti che girano troppo facilmente in America?

Si potrebbe sostenere che i “bianchi impauriti” hanno bisogno di essere “rassicurati” dall’ uomo che hanno votato. Ma Trump oggi è presidente degli Stati Uniti, non di un partito, e gli altri americani, di gruppi, comunità, o semplicemente come persone, non hanno diritto ad essere rassicurati?

Il timore è che un Trump oscillante tra “pragmatici” e “falchi” su questa materia non possa esserci. I valori che scelte “simboliche” rimandano possono contare più di “aperture” per ora ipotetiche. Ecco perché l’assistente accovacciata con i piedi su un divano della Casa Bianca mentre il presidente riceveva esponenti delle università afroamericane ha richiamato, giustamente, l’attenzione di tanti. Gli Stati Uniti sono un paese complesso, composito, da lì può venire una spinta essenziale a rafforzare le ragioni del vivere insieme. O una spallata.

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