COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

Se Renzi fosse andato tra le fiamme libanesi invece che nella “neo rinascimentale” Riad. 

C’è un incendio del quale in Europa si occupa soltanto Macron: è l’incendio libanese. Da buon aspirante macroniano il nostro ex Presidente del Consiglio avrebbe potuto precedere il suo punto di riferimento politico-culturale e andare a parlare di rinascimento tra le fiamme libanesi invece che nei salotti ricchi ma sempre tribali di Riad. Non penso che arrivando in un Paese come il Libano, dove i profughi siriani sono ridotti a pariah peggio che gli immigrati nel Golfo, avrebbe parlato di invidia per il costo del lavoro locale. Avrebbe potuto piuttosto visitare i resti del municipio incendiato di Tripoli e vedere le ville dei miliardari tripolini assalite da una folla inferocita. Da un anno i libanesi fanno la fame, la loro valuta precipita, ma il presidente Aoun e il suo alleato che controlla il governo, Hezbollah, lasciano il Paese in balia degli eventi economici, disastrosi.

Il disegno dei polarizzatori gli sarebbe apparso chiaro, come è apparso chiaro a Macron. La polarizzazione in Libano sta tentando di distruggere l’unico esempio di rinascimento possibile nel mondo arabo, il modello libanese della democrazia inclusiva, con una nuova alleanza, quella indicata quasi alla perfezione da Macron, che ha detto:” Il sistema libanese è in stallo a causa della diabolica alleanza tra corruzione e terrore”. Questa alleanza non va cercata tanto in chi ha aizzato la folla di Tripoli: troppo facile aizzare i disperati. Il problema è capire perché sono disperati, perché il Paese del benessere economico senza risorse del suolo e del sottosuolo, il Libano, sia ridotto alla fame. Questo è il frutto di un altro accordo tra corruzione e terrorismo, quello che anima il governo libanese, guidato dal presidente Aoun e da Hezbollah. Ecco l’intesa corruzione-terrorismo. Questa intesa ha un’agenda: fare del Libano il trampolino della penetrazione khomeinista fino al Mediterraneo con il sostegno dei cristiani in nome dell’alleanza delle minoranze (religiose), cioè cristiani identitaristi e sciiti khomeinisti.

A Tripoli così il presidente Renzi avrebbe visto il volto orrendo del nichilismo. Il nichilismo di chi, gettato nella disperazione, accetterà di farsi usare da questo o quello, magari anche da Erdogan, ma per un motivo semplice: perché non ha più nulla in cui credere. Tra morti di Covid e morti di fame, con la capitale distrutta dal nitrato d’ammonio, in cosa dvrebbero credere?

Il duo al potere ha ridotto il Libano a una poltiglia di disperazione e fame: può sorprendere che la gente si lasci usare per sfogare rabbia e disperazione? E’ lo stesso nichilismo che sta riportando in auge l’Isis in altre terre. Ma per non essere nichilisti ansiosi di distruggere questi nostri vicini in cosa dovrebbero sperare? La visita di Renzi, come quella imminente di Macron, avrebbe indicato una strada: basta con la resistenza della distruzione offerta da Hezbollah, noi vi offriamo un partenariato di civiltà. Un grande Paese come l’Iran, l’antica Persia, depositaria di cultura e sapienza millenarie, ha da offrire solo sangue e macerie a Libano, Siria, Yemen, Iraq? E la ripulsa di questa prospettiva di morte viene forse dai salotti “neo-rinascimentali” di Bin Salman, il mandante di delitti in stile pre-islamico? No, presidente Renzi. Il solo modo per sconfiggere il nichilismo e chiamarlo con il suo nome è offrire un partenariato culturale e di civiltà. 

Se il presidente Renzi, fedele alleato degli Stati Uniti di Biden e emulo di Macron, avesse anticipato il suo mentore e modello e avesse fatto questo viaggio, avrebbe reso un servizio non solo all’Italia, ridandole una politica estera degna di questo nome a differenza degli attuali gestori di una Farnesina in balia di ogni antagonismo ideologico,  ma anche all’America di Biden, prospettando una soluzione meno pacchiana di quelle di cui  parla Bin Salman. Il viaggio di Renzi è parso trumpiano, fosse andato in Libano sarebbe stato davvero bideniano. Il futuro della pace multilaterale non è nel mettere Orazi contro Curiazi, ma definire un perimetro, quello del Mediterraneo Orientale, nel quale nessuno può illudersi di conquistare militarmente l’Islam e nessuno può candidarsi a reggicoda delle milizie più forti. I grandi soggetti possono essere però chiamati a un incontro di civiltà, rinunciando agli opposti espansionismi. E’ questo il vero negoziato che serve, non un inesistente rinascimento saudita. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *