COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

I miracoli di chi gestiva le cause dei santi

Voglio chiarire subito che qui non intendo esprimermi sul cardinale Becciu, ma su come stampa e certi ambienti ecclesiali hanno reagito, o agito, solo in considerazione di alcuni dettagli di questa vicenda. Per stampa intendo quei giornali che hanno ampiamente valutato le conseguenze e il significato del caso, ma ignorato i dettagli, modalità strana per chi valuta un tutto. Per ambienti ecclesiali intendo quelli “rigidi”, per i quali se si cede su un dettaglio verrà giù tutto il palazzo, ma in questo caso hanno sorvolato sui dettagli, il che per loro dovrebbe voler dire far crollare il palazzo. Dunque ometto il grosso di questa vicenda, mi limito a dettagli che ritengo importanti per capire le categorie di giudizio non del Papa, ma nostre e di un vecchio cattolicesimo che oggi si atteggia a nuovo. E lo faccio per un motivo preciso: mi sono convinto che queste “collateralità” indichino un attacco preventivo all’enciclica “Fratelli tutti” ed a quel che significa per me, per chiunque di noi, per il mondo di oggi e di domani. Dunque sono costretto a parlare di un caso che non vorrei trattare in sé, ma come spia di fattori politici, teologici e politici.  

Che Sua Eminenza Giovanni Angelo Becciu non sia un santo lo riterranno anche i suoi difensori. Questo non credo sorprenda, ma io all’inizio mi sono ugualmente sorpreso, perché mi è sembrato che lui, già prefetto per le cause dei santi, compisse in questi giorni due grandi miracoli, dei quali io vedevo le prove documentali. 

Ritengo di conoscere l’Italia e gli italiani, e di conseguenza -anche se un po’ meno- gli stessi cattolici e ritengo che uno dei problemi più diffusi tra di noi, e probabilmente tra di loro che sono gran parte di noi, sia il giustizialismo. Sappiamo tutti, noi italiani, il peso delle registrazioni e della loro divulgazione, come sappiamo tutti che gli avvisi di garanzia non sono una garanzia neanche per niente, ma una condanna anticipata. Io su questo mi sono sempre sentito a disagio come italiano, perché ritengo il garantismo un “valore non negoziabile”. Guardiamo al caso recente del professor Tridico. Lui, che non è un cardinale, non ha giurato fedeltà a nessuno,  è in un ordine tutto diverso come “civil servant” e di certo non ha commesso alcun reato, ma il coro di critiche è stato unanime: anche chi aveva proposto e ideato il decreto dal quale origina il suo aumento di stipendio lo ha criticato per quello stesso aumento. Livello della politica attuale, livello dell’attuale populismo?    

Contemporaneamente nel caso, certamente complesso e forse non del tutto noto, del cardinale Giovanni Angelo Becciu spicca un garantismo che a me, garantista, lascia a dir poco perplesso. Perplesso perché il garantismo riguarda i reati, non la fiducia. A differenza del professor Tridico qui si parla di un cardinale, non di un civil servant: dunque parliamo di chi ha sposato la Chiesa, che oggi dovrebbe essere la Chiesa dei poveri, e giurato obbedienza al papa, che oggi è Francesco. Allora per spiegarmi in termini a tutti accessibili sulla differenza faccio un esempio non sul tema di fondo, ma sui menzionati dettagli: anche per un uomo sposato come me avere un flirt  non è reato, ma non c’è bisogno di una condanna per indurre mia moglie a ritenere che quel flirt fosse una tresca che ha spezzato il rapporto di fiducia che regola e definisce la nostra unione. Poi, certo, potrebbe perdonarmi, accettare la mia descrizione del caso come stupido flirt, ma anche questo perdono diventerà più difficile se uscisse fuori che i flirt sono tanti. 

Ora, se molti italiani e quindi anche molti cattolici, nelle ore in cui biasimano Tridico e ne chiedono le dimissioni incuranti del fatto che nessuno gli imputa un reato, ritenessero che solo un reato, tipo stupro, giustificherebbe la reazione di mia moglie, io sarei sorpreso. E da garantista non riterrei questo garantismo.

Leggendo gli articoli relativi al caso Becciu, che ha sposato la Chiesa e giurato fedeltà al Vangelo e  obbedienza al papa, essendo refrattario alla cosiddetta questione della corruzione e annessi, non ho fatto ricerche sui tanti personaggi citati, sulle società coinvolte, né mi sono interessato alle  diverse ipotesi di reato che si possono o non si possono immaginare. Mi sono soffermato su un dettaglio. Quasi ovunque, ad esempio, è scritto che in qualche nunziatura lontana, Cuba, Angola, Egitto, dove è stato nunzio il Becciu, ci si è avvalsi dell’opera del fratello dell’attuale cardinale per rifare gli infissi. Questo ho capito che lo ha definito veritiero lo stesso cardinale, aggiungendo sul caso cubano: “Ma scusi non conoscevo nessun altro era ovvio usassi la ditta di mio fratello. Poi i lavori non li ho nemmeno terminati io, ma il nunzio che mi è succeduto. Che è stato talmente contento del servizio che, quando è stato spedito nella nunziatura egiziana, lo ha richiamato”. Non dirò che questo sembra un mondo senza falegnami, dirò che non mi interessa cercare il reato,   ma il possibile fatto culturale. Leggendo abbiamo appreso che i fratelli del cardinale sono tanti, non c’è  solo il falegname citato. Anche l’ONG di un altro fratello ha ricevuto sostegni. E di questo il fatto più sconcertante, per me, è che l’ultimo bonifico è stata inviato alla diocesi e da questa non ancora inoltrato alla ONG in questione. Da quanto tempo? Lo si sa? Se quella ONG aveva bisogno di aiuti per i bisognosi perché non darle ancora i soldi ottenuti per le sue opere? Può essere che il cardinale non conoscesse altri bravi falegnami e non conoscesse ONG più  meritevoli. Certo, può essere, ma quei soldi servivano per gli assistiti, io mi sarei allora aspettato che il cardinale telefonasse per chiedere perché  tenerli sul conto diocesano, non per rivendicare che ancora non stati stati inviati alla ONG del fratello. Come si vede non chiedo si cerchi il reato,  ma di valutare la “visione”. Quello che poco si fa. Torniamo all’esempio di marito e moglie:  anch’io, tornato da un viaggio di lavoro appassionante in Brasile, avrei tutti i diritti di questo mondo a chiamare un’architetta che ho conosciuto a Copacabana per studiare un nuovo arredo della nostra stanza da letto. Nelle attuali condizioni non sarebbe questo a mandarci falliti, né commetterei reati: ma se mia moglie mi dicesse che non vuol più vedermi potrei rispondere che manderebbe a monte un matrimonio per alcune centinaia di euro?  

Dietro questi dettagli non si trova la causa vera del caso Becciu, ma si vede un miracolo: un popolo e una stampa intrisi di giustizialismo si concentrano sulla necessità di attestare i presunti reati prima di procedere, trascurando totalmente il senso culturale, di cosa sia la fiducia, il senso culturale di questo. Ho fatto l’esempio di moglie e marito, tengo a ribadirlo,  perché un cardinale non è un dirigente del ministero del lavoro, altrimenti non si capirebbe perché vesta di rosso porpora… Ma non basta: molti mi hanno detto “Riccardo, siamo in un mondo dove qualcuno si è fatto ristrutturare l’attico a spese di una fondazione”, e che fondazione… Lo so, ma non credo che abbia fatto bene e proprio per questo credo doveroso per chi valuta capire se ci possa essere una cultura diffusa, e quale. Tutto questo diventa più grave se chi valuta o ecclesialmente capisce poi segue la citata visione, cioè ritiene che se si cedesse su un dettaglio, ad esempio nella amplissima e complessa questione detta del “fine vita”, poi verrebbe giù tutto il palazzo. Allora perché non posso chiamare  l’architetta conosciuta a Copacabana per arredare la stanza da letto e visto che questo non costituisce un reato… Ma questo non è l’unico miracolo che abbiamo visto svolgersi accanto al dipanarsi di questo caso. 

E’ un fatto che da quando siamo diventati in gran parte giustizialisti siamo diventati anche leaderisti. Il leaderismo giustizialista è stato apprezzato da tanti nella cultura delle “punizioni esemplari”. Quante volte sentiamo dire che occorre “una punizione esemplare”.  Eppure mentre questa deriva persiste la causa del “doloroso” disordine che certamente c’è in Vaticano e che non è certo attenuato da questa vicenda viene imputata all’ “irascibilità del papa”. Io sono sicuro che Francesco non ha deciso per i motivi che qui cito. Ne sono certo e pur sapendo che posso sbagliare, come spesso mi accade, non credo di sbagliarmi dicendo questo. Ma chi ritiene che siamo davanti a cattiveria, o a condotte non chiare, poteva spiegarci anche come mai nella notte del fatto il cardinale ha così  tanto voluto rilasciare un’intervista, pubblicata non su carta ovviamente ma on line, all’una di notte. Ovviamente la notarono in tanti. Eppure il giorno dopo ha tenuto una conferenza stampa. 

 

Io non credo che il garantismo sia forma e non sarei disponibile a soprassedere neanche per un papa che apprezzo in modo particolare. Per valutare il suo tasso di accettazione del dissenso abbiamo anche troppi elementi. Anche per valutare i suoi errori nello scegliere abbiamo buona letteratura. Ma qui le ragioni della valutazione compiuta sul caso specifico non la conosciamo, ma conosciamo quel che conosciamo per valutare le nostre valutazioni. In definitiva direi che sono sicuro che i dettagli che ho qui citato non sono quelli che hanno mosso Francesco, ma se davanti a questo   si invoca l’accertamento del reato  e lo si fa su una stampa intrisa di giustizialismo e da opinionisti cattolici ( e anche non cattolici) intrisi di leaderismo e di teorie per cui se si cede su un dettaglio crolla l’intero palazzo e ciò accade a ridosso di un evento epocale come la firma della prima enciclica sulla fratellanza in un’epoca di nazionalismi malati, di guerre di religione, di odii razziali, di cultura dello scarto, di catastrofi ambientali che cancellano popoli e culture, io mi convinco di altro, a cui all’inizio non avevo pensato: il garantismo non c’entra, l’antileaderismo non c’entra. C’entra che l’epoca illiberale ha bisogno di ledere Pietro se Pietro sa ribadire che Gesù è il Messia e quindi gli uomini sono tutti a immagine e somiglianza di Dio. Nell’epoca illiberale il pluralismo è il nemico pubblico, numero uno. Se si riconosce  che le diversità sono parte del progetto divino tutti i fondamentalismi, religiosi ed economici, vanno in crisi. Così mi convinco  che in questo non ci sia nessun miracolo, ma un allarme.

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