LA GUERRA DEI TRENT'ANNI

Lo Sguardo

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Italia 2013. Il tempo del lavoro

Sopravvissuta alla fine dei tempi la partitocrazia italiana arruola addirittura prestigiose leve. Mario Monti, censore costumato di un’ebbra e priapica seconda Repubblica, sostenuto da chi ha manovrato la prima e incaricato di convertire l’Italia al verbo europeo, “sale” in politica a difesa del suo operato, e lo fa a fianco dei diretti discendenti della Democrazia Cristiana.

Il che significa non soltanto che un anno e due mesi non sono stati sufficienti a somministrare al paese la panacea di alcune riforme che – Merkel o non Merkel – andranno poste in atto, ma che, addirittura, per mettere in moto una macchina del cambiamento che fino al novembre del 2011 sembrava in partenza l’ “uomo nuovo” dei vecchi poteri tenterà di sfidare a viso aperto quei gruppi che dal post-tangentopoli hanno amministrato, con alterne fortune, il paese.

Le dimissioni-lancio del Professore sanciscono perciò l’avvio di una terza Repubblica che, confermato il ritorno in campo di Berlusconi, ha già dato il via a un formicolare di alleanze, strappi, spallate e tradimenti, nella grande corsa per siglare la prima legislatura e porre le basi, chissà, di un nuovo ciclo politico.

Ma se la nave dei partiti fende ora acque al di là della seconda Repubblica lo stesso non si può dire della costellazione ideologica sotto la quale le coalizioni hanno avuto i natali. Al di là degli eterni giochi di palazzo la nuova parola-chiave del paese è agenda, un gerundivo latino che letteralmente vuol dire “le cose da porre in atto”; ma è anche un diario di bordo, un quaderno impaginato dal tempo, un taccuino da riempire di idee e iniziative, in cui non trovano spazio proclami, costruzioni escatologiche e sofisticherie varie.

L’ agenda proietta quindi lo scenario politico in una dimensione temporale nuova: un ritmo, un respiro, uno scandire dell’azione intorno alla quale il paese può e dovrà ricoordinare una pluralità di visioni; un tempo nuovo, che armonizzi quelle voci che fino a ieri si sono soltanto accavallate.

In ciò il breve passaggio di testimone dai politici ai tecnocrati ha lasciato segni indelebili, modificando, diffrangendo e rimodulando lo scorrimento del tempo politico: dalle secolari, onnistoriche pagine dei “programmi” si è approdati alle stringate colonne delle agende – digitali, per di più, con documenti pressoché informali emanati su blog, decisive dichiarazioni diffuse via twitter, ad un ritmo e una velocità inconcepibili per la democrazia  tutta catodica, degli ultimi vent’anni, che strisciava viceversa al ritmo lento delle promesse mancate.

Sembra averlo capito, insieme a Monti – che lo predica fin dal principio e ora lo twitta addirittura – il solo PD, che non solamente ha puntato molto sul sistema delle primarie – capace, al di là dei singoli meccanismi, di dotare il partito di una ritmicità intrinseca – ma è anche riuscito a tradurre in termini futuribili la tradizione da cui proviene. Così, nel vuoto ormai epocale di un’agenda-Berlusconi e nel confuso reazionarismo delle forze radicali, si oppone concretamente al tempo di Monti solo un’agenda-Bersani.

Come ha recentemente notato Eugenio Scalfari, si tratta di due liste di azioni per certi versi sovrapponibili, segno che nel nuovo corso politiche di destra e di sinistra sono davvero meno incompatibili di ieri; ma ancor prima frutto del fatto che l’agenda-Monti, probabilmente redatta da Pietro Ichino, porta con sé un’immagine della “nuova” Italia che il Partito Democratico, ha negli ultimi tempi contribuito a svezzare, e ha poi ripudiato nel momento in cui ha bocciato il “rottamatore” Renzi e consolidato l’alleanza con SeL.

Ma nelle due agende – come, appunto, nello scontro tra le due anime del PD alle primarie – un grande, enorme tema di divergenza c’è, ed è nuovamente il lavoro: quel lavoro che del tempo è da sempre stato parente stretto; quel lavoro che determina, scandisce, batte il tempo della società. Comunque vada, il cammino che conduce alla terza Repubblica trova la sua prima tappa obbligata nel primo articolo della Costituzione. L’Italia è una Repubblica (ri)fondata sul lavoro: già, ma quale?

Contemporaneamente alla sua “salita” in politica Monti ha reso esplicite le dichiarazioni degli scorsi mesi, indicando in Vendola ma soprattutto in Fassina, oramai unico responsabile economico dei Democratici, i fautori di una politica del lavoro di un altro tempo. Una politica, sostiene il Professore, tesa a difendere l’oggi e lo ieri e che – per riprendere Ichino – confonde la salvaguardia e il futuro del lavoro con la salvezza del posto di lavoro. La convinzione di Monti è quella che il paese abbia bisogno di modificare il passo; ancora una volta: di accelerare il ritmo, rimodulare lo sforzo, adeguando il suo tempo interno a una flessibilità di portata continentale e affidando la regolarità degli ingranaggi a una serie di contrappesi capaci di evitare, a parer suo, la deriva del lavoro a tempo nel tempo della precarietà.

Una visione dinamica, quella montiana, che ha senz’altro le sue ragioni e che lo stesso PD, per non ricadere in un anacronismo, dovrà poter assimilare in tempi brevi; ma anche una prospettiva che rischia, come rischiava a suo tempo Ichino, di perpetrare l’errore “leibniziano” di chi architetta un’ “armonia prestabilita” del Continente senza tenere in conto l’andamento e il passo sostenibili dai singoli componenti, e in particolare dei tempi fisiologici di un mondo del lavoro, quello italiano, immobile – questo è chiaro – ma concepito e maturato in sincronia con un sistema di piccola impresa, traino del paese, che non trova analogie in Europa.

La vera sfida della nuova legislatura, e forse della prossima Repubblica, sarà quindi quella di comprendere quale identità, ma soprattutto quale tempo ridare all’Italia mediante una riconfigurazione del suo sforzo collettivo nel lavoro; una sfida alla quale dovranno prender parte tutte le forze in campo, e che richiederà una comprensione lucida, chiara, delle dinamiche intestine e delle reali condizioni del paese, ma soprattutto da un differente, rimodulato e consapevole senso del tempo.

Simone Guidi | @twsguidi

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