Egitto: tra medici e studenti, i primi cenni di cedimento per la Fratellanza

Da Reset-Dialogues on Civilizations

«Nelle elezioni sindacali i Fratelli musulmani hanno perso perché tutti i lavoratori maggiormente sindacalizzati hanno fatto sentire la loro voce. È successo in particolare nei sindacati dei medici, dei farmacisti e dei giornalisti». È il commento a Reset.it di Khaled Ali, ex candidato alle presidenziali e direttore del Centro per i diritti economici e sociali (Ecesr), ai risultati delle recenti elezioni all’interno delle rappresentanze dei lavoratori. E così, mentre la longa manus degli islamisti raggiunge il governo, con il rimpasto della scorsa settimana, e mette a repentaglio l’indipendenza della magistratura, i Fratelli musulmani perdono la loro tradizionale roccaforte nei sindacati, il luogo dove erano stati cooptati da Mubarak poiché esclusi dalle altre istituzioni pubbliche.

Dai sindacati al movimento operaio: il ridimensionamento degli islamisti

Sorprendentemente la Fratellanza non ha ottenuto un buon risultato neppure tra le rappresentanze studentesche, dove pure, subito dopo le rivolte, avevano prevalso candidati islamisti moderati e salafiti. È il caso dell’Università di Alessandria dove i delegati della Fratellanza sono passati da un controllo di oltre l’80% delle rappresentanze sindacali nelle facoltà scientifiche ad una minoranza. I Fratelli musulmani hanno mantenuto però la maggioranza nei sindacati studenteschi dell’Università di Al-Ahzar, centro dell’Islam sunnita in Egitto. «Hanno vinto i candidati che hanno fatto campagna elettorale sulla giustizia sociale, indipendenti e non politicizzati», ha proseguito Khaled Ali. «Tuttavia, bisogna diffidare dalle usurpazioni della Fratellanza, spesso dietro candidati indipendenti si nascondono uomini del vecchio regime con una certa esperienza, che vengono cooptati dagli stessi islamisti all’interno dei movimenti sindacali», aggiunge Khaled Ali. «È pur vero che la società inizia a reagire all’invasione della Fratellanza nelle principali istituzioni», conclude l’attivista.

Le rivolte del 2011 hanno rivitalizzato il movimento operaio egiziano. Gli scioperi in tutto il Paese sono raddoppiati dopo l’elezione del presidente islamista Mohammed Morsi. I lavoratori egiziani si aspettavano che oltre a «libertà e pane» arrivasse finalmente la «giustizia sociale». Ma non è andata così. Lo confermano i risultati presenti proprio nel documento del Centro per i diritti economici e sociali (Ecesr). Dei 3817 scioperi del 2012, la maggior parte ha avuto luogo dopo l’elezione che ha visto trionfare i Fratelli musulmani. «Tra luglio e dicembre, si sono svolti in media 452 scioperi al mese, mentre nei primi tre mesi del 2013 abbiamo raggiunto l’incredibile media di 700 scioperi al mese», ci spiega Nadim Mansour, giovane dirigente del centro di Talaat Harb, nel cuore del Cairo. «Esiste poi una chiara distinzione tra le proteste per difendere i diritti dei lavoratori o per manifestare l’opposizione al presidente e al suo governo», si legge nel report. La maggior parte delle proteste ha interessato per il 35% il settore pubblico, mentre un 5,8% ha coinvolto le amministrazioni pubbliche e il 10 aziende private. L’altra metà delle contestazioni ha interessato cittadini comuni contro l’aumento dei prezzi, la mancanza di benzina e di elettricità.

Sit-in e proteste: i lavoratori egiziani si riorganizzano in un contesto di odio politico 

Riguardo ai metodi di protesta, si è passati da scioperi e sit-in fino a più innovative veglie notturne, marce e manifestazioni con il blocco di strade e mezzi pubblici. «In alcuni casi, gli operai hanno fatto ricorso a scioperi della fame, all’occupazione di edifici pubblici e minacce di suicidio per le pessime condizioni di vita», continua Nadim. Ma una delle proteste che più ha segnato le strade del Cairo ha interessato le forze di polizia. «Nei mesi in cui i poliziotti hanno deciso di incrociare le braccia per i loro bassi salari, era molto difficile camminare per strada e si avvertiva un clima di estremo caos», ha aggiunto Nadia, una volontaria del Centro. Proprio la richiesta di aumenti salariali era l’obiettivo del 36% dei lavoratori. Mentre un quinto dei contestatori è composto da disoccupati o lavoratori a tempo determinato in attesa di regolarizzazione. «Non solo, molti hanno iniziato a protestare per la corruzione dei loro capi, maltrattamenti e incapacità organizzativa dei manager o contro la chiusura di negozi e fabbriche, registriamo un incremento significativo nella richiesta di diritti e nella consapevolezza che questi diritti devono essere conquistati», prosegue Nadim. Il Centro vicino ai movimenti socialisti egiziani, che non hanno trovato ancora rappresentanza politica nelle istituzioni, rimprovera al governo di non aver presentato una legge per i sindacati indipendenti nonostante una prima bozza fosse stata già predisposta dall’ex ministro del lavoro, Ahmed Al-Borai. «Ma si è preferito rimpiazzare esponenti del vecchio regime con affiliati ai Fratelli musulmani», denuncia il documento. Inoltre, il governo non ha ancora portato il salario minimo a 1200 ghinee (150 euro circa) nonostante quanto previsto da una sentenza del 2011.

«Lavoriamo per chiarire i diritti sindacali dei lavoratori che vengono da noi per chiedere consulenza», ci spiega ancora Nadim. «Per questo abbiamo creato la Federazione egiziana per i sindacati indipendenti che serve proprio a fornire conoscenze a chi non ne ha sui diritti sindacali», prosegue il ricercatore. «Un caso di cui ci siamo occupati nei mesi scorsi riguarda due milioni di pescatori egiziani. Stiamo aiutando a rifondare il loro sindacato da zero», conclude.

Ma a conferma dell’alta tensione sociale e della rabbia montante contro la Fratellanza, un episodio inquietante ha avuto luogo nella città del Delta del Nilo, Zagazig. Un gruppo inferocito di abitanti del villaggio di El-Qataweya ha fatto irruzione della casa di Rabie Lasheen. La folla ha gettato i mobili dall’abitazione e appiccato un fuoco a tre autovetture all’esterno. Ha poi ucciso il figlio del politico, Youssef. La vittima era accusata di aver sparato ad un uomo di 28 anni che aveva insultato suo padre perché apparteneva alla Fratellanza. Non è la prima volta che questo avviene nella regione operaia e contadina di Sharqeya, nella totale assenza di polizia.

Tra tensioni e minacce, i Fratelli Musulmani continuano nelle politiche di liberalizzazione economica, ma perdono per strada parte della loro base sociale. I lavoratori sindacalizzati sono però ancora alla ricerca di una valida alternativa.

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