Tangenti in Laguna

Il Corriere della Sera: “Politica e affari, la rete su Venezia. Lavori per le dighe mobili anti acqua-alta. Accuse a un giudice e a un ex generale della Finanza. I pm: a Galan un milione l’anno. Fondi illeciti, arrestato il sindaco. Manette a 25. ‘Erano asserviti per anni al gruppo criminale'”.

La Repubblica: “Le tangenti di Venezia”, “Scandalo Mose, arrestato il sindaco Pd Orsoni. Le mazzette pilotate dal ‘sistema Galan’”, “Politici e magistrati a libro-paga. All’ex governatore forzista ‘stipendio’ di un milione l’anno”.
La foto a centro ritrae Galan e Orsoni insieme, nel corso di una manifestazione ufficiale.
A centro pagina, in evidenza, il richiamo all’intervista al presidente dell’autorità anticorruzione: “Cantone: mai più deroghe sugli appalti”.
Di spalla, l’intervento di Barack Obama ieri in Polonia: “Cara Europa, la libertà non è garantita per sempre”.
In taglio basso: “India, l’albero della vergogna”, “Un’altra ragazzina violentata e poi impiccata”.

La Stampa si presenta oggi in edicola avvolta da una copertina dedicata alla Giornata mondiale dell’Ambiente. Foto di Michelle Obama e Bill Gates, che hanno concesso al quotidiano due interviste su questa scadenza.
La prima pagina del giornale è dedicata invece all’indagine Mose: “La Tangentopoli di Venezia, ‘A Galan un milione l’anno’”, “Lavori per il Mose, c’è il sindaco Orsoni (Pd) tra i 35 arrestati”.
A centro pagina, foto dalla cena dei leader del G7 ieri sera a Bruxelles sotto il titolo: “Obama: a Kiev la nuova Solidarnosc”.

Il Fatto: “Gondole & mazzette. Ne hanno presi altri 35”.
In taglio basso: “L’Anticorruzione slitta di un mese e Cantone resta solo”.

Il Sole 24 Ore: “Dal 2001 perse 120 mila fabbriche”. “Rapporto del Centro studi Confindustria sul rischio declino dell’industria: oltre 1,1 milioni di occupati in meno. Pesenti: manifattura vuol dire lavoro”. “Squinzi: destino non ineluttabile, ora condizioni per una svolta”. Di spalla: “Inchiesta Mose a Venezia: 35 arresti, c’è anche il sindaco”. “Chiesta la custodia per Galan, Orsoni ai domiciliari. In carcere Meneguzzo (Palladio), Milanese tra i 100 indagati”. A centro pagina: “Allarme della Corte dei Conti: Italia schiacciata dalle tasse”.
E poi: “Bce pronta per il taglio dei tassi. Sul tavolo anche il tasso negativo sui depositi delle banche”. “Dopo mesi di rinvii, Mario Draghi dovrebbe dare oggi il via alla manovra anti-deflazione”.

L’Unità: “Venezia affonda nelle tangenti. Bufera sul Mose: domiciliari per il sindaco Orsoni (Pd), chiesto l’arresto per Galan (FI). In manette 35, 100 gli indagati. Le accuse: dal finanziamento illecito alla corruzione. Grillo attacca. Il Pd: fare pulizia”.
A centro pagina: “La crisi ha cancellato 120 mila fabbriche. Persi un milioni di posti. La produzione industriale è crollata del 25,5 per cento”.
A fondo pagina: “Tagli, la Rai valuta il ricorso. Tarantola in Vigilanza: 150 milioni in meno sono un problema per l’azienda”.

Il Giornale: “Cornuti e mazziati. Maxi retata a Venezia per tangenti: ci sono anche il sindaco Pd e l’azzurro Galan. Dal Mose all’Expo: oltre al danno delle ruberie c’è la beffa dei lavori mai conclusi”. E poi: “Crolla la produzione industriale: ci supera persino il Brasile”. A centro pagina: “Ncd perde i pezzi, Alfano la testa. Si dimette il senatore Naccarato. Angelino furioso per l’incontro Cicchitto-Fini”. Di spalla un articolo di Vittorio Feltri: “Così l’ospedale del Papa lascia i malati liberi di morire”. Feltri si riferisce all’ospedale Policlinico Gemelli di Roma, e fa riferimento ad un convegno sull’eutanasia che si terrà oggi a Firenze.

 

Venezia

Ancora una volta, scrive La Repubblica, una grande opera d’Italia in costruzione, il Mose, “diventa un ricettacolo di tangenti”. Ai domiciliari il sindaco Giorgio Orsoni, eletto con il centrosinistra e ora accusato di aver ricevuto “contributi illeciti dal Consorzio Venezia Nuova (il concessionario del ministero delle Infrastrutture per la realizzazione del Mose, ndr.) alle comunali del 2010”, l’assessore regionale Renato Chisso (FI), il generale in pensione della Guardia di Finanza Emilio Spaziante. Il gip ha chiesto la custodia cautelare anche per l’eurodeputata uscente di FI Lia Sartori e per Giancarlo Galan, ex presidente della Regione Veneto attuale parlamentare di Forza Italia, sul quale, essendo deputato, dovrà pronunciarsi la Camera. I magistrati hanno definito l’inchiesta ‘peggio di Tangentopoli’. Il Fatto riferisce le parole pronunciate ieri dal Procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio in conferenza stampa in Procura: “Avendo trattato Tangentopoli anni fa posso dire che gran parte della corruzione scoperta oggi è simile e molti dei protagonisti sono gli stessi. Ma questo è un sistema molto più sofisticato”, “gli elementi in comune di questa vicenda con il passato sono una spartizione equivalente di risorse tra le varie forze politiche di destra e di sinistra e la constatazione che la madre della corruzione, anni fa come oggi, non è solo l’avidità umana, ma appunto la complessità delle leggi. Se devi bussare a cento porte invocando cento leggi diverse per ottenere un provvedimento è quasi inevitabile che qualcuna resti chiusa e qualcuno ti venga a dire che devi imparare ad oliarla”, “voglio ricordare quanto scrissi già 15 anni fa: una delle cause della corruzione deriva dalla farraginosità delle leggi, dal numero delle leggi e dalla loro incomprensibilità, e da una diffusione delle competenze che rende difficile individuare le varie responsabilità”.

La Stampa ricorda che il sindaco Orsoni è accusato di finanziamento illecito per la campagna elettorale del 2010 e che tra gli indagati c’è anche l’ex parlamentare Marco Milanese, un tempo vicino all’ex ministro Tremonti: al fine di influire sulla concessione di finanziamenti del Mose avrebbe intascato dal presidente del Consorzio Venezia nuova la somma di 500 mila euro.
Nella pagina di fianco, su Galan: “’Dai corruttori stipendio di un milione a Galan’”: i giudici scrivono che Galan avrebbe accelerato l’iter regionale in cambio di uno ‘stipendio’ annuo del valore di 1 milione di euro tra il 2005 e il 2011, suo ultimo anno a Palazzo Baldi. A raccogliere la cifra sarebbe stato il suo assessore Renato Chisso, ora agli arresti. Il quotidiano scrive che il grande “reo confesso” di questa vicenda è Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani costruzioni, finito nel mirino anche delle indagini su Expo, su cui aveva una commessa per 65 milioni di euro. Il “grande vecchio” sarebbe invece Giovanni Mazzacurati, alla guida del Consorzio Venezia Nuova e liquidato l’anno scorso dalla società pubblica con 7 milioni di euro. Si era attrezzato, secondo quanto riferisce La Stampa, per un ‘controspionaggio’ per intercettare le inchieste che lo riguardavamo. Questo è, secondo il quotidiano, l’aspetto più inquietante dell’indagine e che si riassume nell’arresto del generale di copro d’armata Emilio Spaziante, un passato nei servizi segreti, fino a due mesi fa numero due della Guardia di Finanza.

Il Fatto sottolinea che le indagini sono state condotte dalla Guardia di Finanza e che proprio per questo l’operazione “fa onore alle Fiamme Gialle”, visto che coinvolge due pesi massimi del passato del Corpo.

Il Giornale: “Terremoto tangenti a Venezia: arrestato il sindaco Pd Orsoni. Per la Procura 25 milioni di euro destinati al Mose sono finiti nelle casse dei partiti. Richiesta di custodia cautelare per l’azzurro Galan, 35 in manette e oltre 100 indagati”. Il quotidiano ricorda che l’inchiesta è partita tre anni fa dalla procura di Venezia. “Si era scoperto che almeno 20-25 milioni di Euro destinati alla realizzazione del Mose, il gigantesco sistema di dighe mobili che salverà Venezia dall’acqua alta, avevano preso la via della Svizzera e di San Marino”. Un “gruppetto di manager e imprenditori, in testa l’ex superdirigente della Mantovani Piergiorgio Baita, il colosso delle costruzioni già pizzicato per gli appalti dell’Expo di Milano, aveva messo da parte un tesoretto di fondi neri per foraggiare la politica”.

Il Corriere offre un ritratto di Piergiorgio Orsoni, “il professore cattolico con il palazzo nobiliare che preoccupa il Pd”. Battè Brunetta nel 2010, il suo coinvolgimento sorprese molti. Gianfranco Bettin dice “la sua onestà non è in discussione. Però ha comunque fatto una cretinata, bella grossa”, accettando i contributi di una “impresa che ha diviso la città”.
Un altro articolo del quotidiano milanese si occupa di Giancarlo Galan: “Lavori in casa e stipendio. ‘A Galan consegnavano un milione di euro l’anno. I pm: soldi in consiglio all’ex governatore di Forza Italia”. E, in un altro articolo: “Giancarlo, doge per quindici anni, che diceva ‘il Nordest sono io'”.

La Repubblica intervista l’ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari: “Troppi soldi e niente controlli, era inevitabile che spuntassero le tangenti”. Spiega: “Se una grande opera pubblica come questa, che alla fine verrà a costare circa sette miliardi di euro, non so se rendo l’idea, viene fatta decidendo che chi la fa è un concessionario unico, che può seguire l’opera e realizzarla in tutte le sue fasi praticamente senza mai ricorrere a una gara di trasparenza pubblica, che può strafottersene per venti anni e passa di una serie di posizioni che vengono periodicamente dal Consiglio comunale e da altri organi amministrativi, che può spendere al di là di ogni controllo, si crea una situazione poco chiara e poco trasparente”. Racconta ancora Cacciari: “L’ultimo capitolo è stata la riunione del ‘comitatone’, 22 novembre 2006, presieduto da Romano Prodi. Dopo due anni di intenso dibattito condotto in prima persona dal sottoscritto, come sindaco di Venezia, io presentai un’amplissima documentazione e una relazione nella quale ricordavo le perplessità, uso un eufemismo, sulla conduzione di un’opera di questa mole attraverso al procedura di un concessionario unico, e ricordavo che c’era stato un solo giudizio di impatto ambientale, uno solo, ed era stato negativo”.
Scrive Gian Antonio Stella sul Corriere che “l’affare del Mose è esemplare. Perché c’è dentro tutto”, dallo “spaccio dell’emergenza”, dei “lavori da fare a tutti i costi”, dei tempi rapidi. E “di fretta in fretta sono passati 31 anni, nove volte di più di quelli bastati alla Cina per fare il ponte di Donghai, che coi suoi 32 chilometri a 8 corsie sul mare collega Shanghai alle isole Yangshan”. È nato un concessionario unico, il Consorzio Venezia Nuova che, dopo tre decenni passati senza lo straccio di una concorrenza e dopo essere stato così pesantemente coinvolto negli scandali coi suoi massimi dirigenti, giura oggi d’essere estraneo alle brutte cose e pretende di presentarsi come una verginella al primo appuntamento, c’è dentro il “rapporto insano tra la cattiva politica e il cattivo business”, “il continuo rincaro delle spese” per cui l’opera, che “doveva costare un miliardo e trecento milioni di euro attuali”, oggi “ha sfondato i cinque miliardi e non è detto che ne basteranno sei”. Stella ricorda che “non c’è Grande Evento, da anni, che non sia infettato dalla corruzione. E dopo ogni arresto, lagne su lagne. E tutti a chiedersi come sia possibile, come mai non cambi mai niente, perché proprio qui e bla bla bla… Poi, passata la tempesta di sabbia, appena si posa la polvere, le leggi che parevano ur-gen-tis-si-me vengono rinviate dal lunedì al martedì, poi alla settimana dopo, poi al mese seguente, poi all’autunno e da lì all’estate successiva…”.

Felice Casson, ex magistrato veneziano e ora senatore del Pd, intervistato da L’Unità, dice che “sono situazioni che si ripetono, l’intervento repressivo non basta”. Ricorda che da almeno un paio d’anni c’erano indagini, che “da quando sono in Senato abbiamo ripetutamente presentato interrogazioni e interpellanze” sul “vero bubbone” cioè il fatto che il “consorzio fosse concessionario unico di tutte le opere relative al Mose”, e che questo è avvenuto “contrariamente a tutte le indicazioni della Unione Europea”. Sul Pd dice che è compito del suo partito “vere nelle amministrazioni persone esenti da qualsiasi ombra e far valere le regole del suo statuto che sono più rigide di quelle del codice penale”.

Sul Corriere: “Ira del premier: dare poteri all’Anticorruzione. ‘Lavoro come un pazzo per convincere gli investori, ma il passato sembra voler tornare'”. Proprio mentre arrivavano le notizie sulla inchiesta sul Mose, racconta il quotidiano, il premier era a colloquio con Raffaele Cantone “per definire il problema legato al ruolo del commissario anticorruzione nella vicenda delicatissima dell’Expo”.

La Repubblica intervista proprio il presidente dell’autorità anticorruzione: “Ispettori con più poteri e nei casi di corruzione vanno revocati gli appalti”, dice, precisando che bisogna consentire all’Anac di fare “controlli più efficaci”. Spiegando cosa voglia intendere quando parla di ispezioni più efficaci sottolinea che si tratta “della verifica se i piani anti-corruzione e i piani di trasparenza sono partiti. Il nostro compito è questo. Applicare appieno la legge Severino”.

Per tornare al Corriere, Massimo Franco si sofferma sul fatto che le inchieste giudiziarie “stanno diventando il principale appiglio che il Movimento 5 Stelle vuole usare per boicottare le cosiddette Grandi Opere e delegittimare la coalizione di governo” e che “per quanto strumentale”, “il binomio larghe intese-malaffare è di facile presa”. Intanto ieri “Renzi è arrivato a Bruxelles per la riunione del G7, il gruppo dei Paesi più industrializzati, con alle spalle un risultato elettorale che in teoria dovrebbe offrirgli maggiore potere contrattuale e spazio di manovra”.

Secondo Il Giornale però “Renzi al G7 gioca in serie B: escluso dagli incontri chiave”, nel senso che “non è stato invitato alle celebrazioni dei 70 anni dello sbarco in Normandia dove i Grandi parleranno dei temi mondiali. I suoi fedelissimi furiosi con la Farnesina” . In Normandia ci sarà solo Napolitano

 

Produzione industriale

Sul Sole-24 Ore, Fabrizio Forquet commenta i dati sulla produzione industriale diffusi ieri dal Centro studi Confindustria e chiede di “mettere un freno alla garrula euforia che sembra essersi diffusa nel Paese – non da parte del premier – dopo il «40%» conquistato da Matteo Renzi alle elezioni europee”. Bene il consenso, ma i problemi restano, a partire dal “dato di una caduta di produzione in Italia del 25% dal 2000 ad oggi contro un incremento del 36% nel resto del mondo. Con picchi drammatici in quelli che erano i settori di punta dell’industria italiana, dal meno 48% del tessile al meno 52% degli autoveicoli”. La bassa crescita renderà ancora più complicato far tornare i conti, già quest’anno. Ma “una nuova manovra avrebbe un effetto ulteriormente depressivo sulla crescita facendo avvitare l’Italia in una spirale senza uscita. Va quindi evitata ad ogni costo. Tanto più che già la prossima legge di stabilità dovrà individuare per il prossimo anno coperture per almeno 15 miliardi solo per confermare il bonus di 80 euro e per finanziare spese inderogabili come le missioni internazionali”. Il rebus sembra “irrisolvibile”, e per questo “la fiducia può aiutare, l’euforia no”.

 

Bce

Sul Corriere della Sera si parla della “altissima” attesa tra gli investitori per gli annunci che oggi farà il Presidente della Bce Mario Draghi. Il quotidiano spiega che il pacchetto di misure della Bce è “sostanzialmente pronto”, con misure come un ulteriore taglio dei tassi (tra 0,15 e 0,10 punti), e anche dei tassi sui depositi delle neanche, che arriverebbero ad interessi negativi. E poi, per “far ritornare il credito bancario alle famiglie e alle imprese”, la Bce pensa ad una nuova emissione di liquidità a favore delle banche (Ltro) in qualche modo condizionata alla concessione di prestiti alle imprese. Una conferma di operazioni precedenti, che hanno portato alle banche oltre 1000 miliardi di euro, usati però in passato per acquisto di titoli di stato. Stavolta l’importo sarà tra i 4 e i 6 miliardi. Infine, il rilancio delle cartolarizzazioni con arrivare all’acquisto dei titoli che impacchettano i prestiti di famiglie e imprese, per consentire alle banche di liberarsene per poter prestare di più.

Sul Sole-24 Ore, Carlo Del Benedetti firma un commento titolato “Il vero bazooka ancora non c’è”, e scrive come sia “incomprensibile come importanti banchieri centrali e riconosciuti economisti abbiano perso più di un anno di tempo prima di riconoscere un pericolo che, a voler vedere, era davanti agli occhi di tutti”, quello della deflazione. De Benedetti scrive che oggi l’attenzione è “giustamente concentrata su quello che Draghi dirà”, e che oggi “serve il bazooka per davvero, non le frecce”. Ma dice anche di temere che “il presidente Draghi si limiterà ad annunciare un ulteriore taglio dei tassi, associato a un nuovo Ltro e magari a prestiti alle banche subordinati al credito alle Pmi”, e che dunque “l’operazione anti-deflazione non funzionerà. Non perché queste non siano misure utili, ma perché serve una scossa all’economia europea di ben altre proporzioni. Sono convinto che Draghi lo sappia, ma resta il problema di una Germania che coi suoi fantasmi del passato legati all’inflazione continua a frenare misure a più ampio impatto”. Secondo De Benedetti “l’unica manovra che può smuovere l’economia europea dagli scogli su cui si è incagliata è l’acquisto di titoli americani per centinaia di miliardi, in modo da far scendere il tasso di cambio dell’euro che, ai valori attuali, è sostenibile solo dalla Germania”. Questa operazione renderebbe più competitive le esportazioni, e alzerebbe i prezzi in euro delle materie prime, dando “un po’ di spinta all’inflazione”. Magari non sarà oggi il momento della svolta ma – dice l’autore – prima o poi ci si arriverà.
Sullo stesso quotidiano Alessandro Merli scrive che le misure che potrebbe annunciare Draghi sono “un taglio dei tassi d’interesse ufficiali verso quota zero e tassi negativi sui depositi Bce delle banche” e scrive che si tratta “però di misure che i prezzi di mercato hanno in gran parte già scontato, con il movimento delle ultime settimane”. Dunque “molte attenzioni saranno quindi riservate anche alle parole di Draghi in conferenza stampa, per ricavarne una rassicurazione che, qualora l’inflazione dovesse continuare a rimanere sugli attuali livelli troppo bassi (come ormai prevedono molti economisti, almeno per il resto del 2014, e come sarà chiarito anche dalle nuove previsioni della Bce), il consiglio è pronto a ulteriori azioni, compreso l’acquisto di titoli, pubblici e privati”.

Su L’Unità: “È ora di misure radicali della Bce contro la deflazione. Oggi Draghi può usare le armi non convenzionali tante volte promesse per aiutare l’economia europea. Un ulteriore rinvio sarebbe dannoso”.

 

Rai e Alitalia

Sulla Rai L’Unità intervista Angelo Guglielmi, ex direttore di Rai 3: “‘Dalla Rai una drammatizzazione furbesca e insensata’”. “‘Posso capire la paura dei lavoratori, mi stupisce la reazione dei vertici: è assurdo sostenere che questo taglio possa far sprofondare la Rai'”. E ancora: “Ma come, con il 40 per cento di giovani disoccupati, questi scioperano? È ridicolo. C’è la percezione di perdere un protettore, e questo getta tutti nel panico”. “Nemmeno una famiglia che guadagna 1000 euro al mese pianterebbe un simile casino per un taglio del 5 per cento del budget”.

Il Corriere: “Tarantola al governo: tagli ai super compensi, ma niente svendite. La presidente: ci dicano che Rai vogliono”. Ieri il cda dell’azienda è stato ascoltato dalla Commissione di vigilanza Rai”. Secondo Il Giornale “la Tarantola dà l’ok al piano lacrime e sangue. E Floris resta nel fortino”.

Su Alitalia, Il Corriere intervista il ministro Lupi che risponde a chi gli ha ricordato di esser stato nel 2008 contrario alla vendita di Alitalia ad Air France: “Resto convinto che quella alleanza sarebbe stata sbagliata, cosi come è stata sbagliata la cordata dei cosiddetti capitani coraggiosi. Il nostro errore, piuttosto, è stato un altro’. Quale? ‘Non avere mai fatto una politica integrata del trasporto e della mobilità e non avere considerato che dal 2009 il mercato è cambiato e si sono affacciati nuovi paesi, a partire da quelli orientali. Su questo abbiamo sbagliato”.

 

Internazionale

Nel dar conto del Vertice del G7 in corso a Bruxelles, La Stampa parla di “nuova Guerra fredda” e riassume così l’atteggiamento del presidente Usa: “Obama sfida Putin, ‘I ragazzi del Maidan eredi di Solidarnosc’”, “Il leader parla a Varsavia e si schiera con la piazza di Kiev: ‘Dalla Russia tattiche oscure’. Mosca: gli Usa sono aggressivi”. Obama ha riaffermato: “non riconosceremo mai l’occupazione della Crimea, un tratto di penna non legittima un furto”. Parlando della Polonia ha detto che è stata abbandonata in passato dai suoi amici: ma “non sarà mai lasciata sola”, ha detto parlando degli alleati Nato. E lo stesso vale – ha detto – per Romania, Estonia, Lettonia e Lituania. L’Ucraina non fa parte della Nato, mai eri ha ricevuto – ricorda La Stampa – altri 5 milioni di dollari in aiuti non letali per difendersi da Mosca, come gli apparecchi per la visione notturna.

La Repubblica riproduce l’intervento pronunciato ieri da Obama a Varsavia, dove ha ringraziato l’ex presidente e leader di Solidarnosc, Lech Walesa: qui, venticinque anni fa, in questo stesso giorno – ha ricordato Obama – “assistemmo ad una scena fino ad allora ritenuta impensabile. Qui, per la prima volta, si andò alle urne e il popolo di questa Nazione fece la sua scelta”, “i polacchi andarono alle urne a milioni e quando si contarono i voti si prese atto di una vittoria a valanga per la libertà”. E fu la fine del comunismo. Ieri Obama ha incontrato il neo-presidente ucraino Poroshenko ed anche a questo incontro ha fatto riferimento: “l’Ucraina deve essere libera di scegliere il proprio futuro da sola e per sé sola”, “gli ucraini sono i discendenti di Solidarnosc, uomini e donne come voi, che osarono lanciare una sfida a un regime fallito”.
Ma, sottolinea un “retroscena” da Bruxelles de La Repubblica, “il ricatto del gas divide Usa ed Europa”. Su La Stampa: “Schiaffo alla Russia, l’Europa accelera. Subito la partnership con l’Ucraina”, “l’accordo economico sarà firmato entro il 27 giugno”. La pagina di fianco recita: “La Casa Bianca investe su Renzi per cambiare l’austerity della Merkel”, “L’America vorrebbe l’Italia protagonista nella stabilizzazione del Mediterraneo”.

Su L’Unità, si parla della inchiesta del quotidiano Le Monde. Un “atto d’accusa pesantissimo” nei confronti del regime di Damasco e della “ipocrisia della comunità internazionale”. Le Monde avrebbe raccolto le prove documentali dell’uso da parte delle forze lealiste di armi chimiche contro la popolazione dall’ottobre 2013 ad oggi. Le autorità francesi, secondo il quotidiano, sarebbero in possesso da almeno quindi giorni di elementi che provano l’utilizzo del cloro da parte dell’esercito di Assad. Ma “l’Occidente non vuole vedere”.

Il Giornale ricorda la strage di piazza Tienanmen, dai 300 ai mille morti, 25 anni fa. “Il sogno di un’altra Tienanmen impossibile fino a che la Cina vola. Appena il 15 per cento dei giovani riconosce la foto simbolo della rivolta. Il regime è pieno di contraddizioni e conflitti: il benessere li nasconde”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *