Rapiti dalle milizie libiche

La Repubblica: “Paura in Libia, rapiti dalle milizie 4 tecnici italiani”, “Lavorano al gasdotto, presi al ritorno dalla Tunisia. Gentiloni: ‘Non è una rappresaglia contro di noi ma confermo che è pericoloso restare nel Paese”.

In prima una foto di Lucia Borsellino con Rosario Crocetta. Il quotidiano li intervista entrambi, ma il richiamo è per le parole della Borsellino: “La verità della Borsellino: così crocetta m’ha tradito”.

A centro pagina: “Orrore a Pesaro: 17enne sgozzato in un bosco”.

A fondo pagina, una sentenza della Cassazione: “Non serve più la chirurgia per cambiare sesso all’anagrafe”.

Sulla colonna a sinistra un editoriale di Massimo Cacciari: “Germani gigante d’Europa senza auctoritas”.

A destra il reportage di Jenner Meletti: “Viaggio nel Po, il fiume scomparso”, £Tra Piacenza e Mantova il caldo record lo ha quasi prosciugato”.

La Stampa: “Silenzio sugli italiani rapiti in Libia”, “Rientravano dalla Tunisia, forse in mano alle milizie tribali. Gentiloni: pericoloso restare”, “A sessanta chilometri da Tripoli: sono dipendenti della ditta Bonatti, che lavora con l’industria petrolifera”.

L’editoriale sulla prima colonna è firmato da Domenico Quirico: “Occidente disattento e pavido”.

Sull’immigrazione e l’Ue: “Immigrati, da Italia e Grecia solo 32mila da ridistribuire”, “Ne mancano cinquemila rispetto all’obiettivo. Renzi ad Alfano: sostituire il prefetto di Treviso”.

A centro pagina la foto di Elio Fiorucci: “Addio a Fiorucci, l’uomo che ci vestì di colori”, “Lo stilista è morto a 80 anni nella sua casa di Milano. Fu il paladino della moda democratica”.

Sulla colonna a destra, la sentenza della Cassazione: “’All’anagrafe per cambiare sesso non serve l’intervento’”.

E un intervento di Massimo Russo: “Premiamo le scuole e gli atenei migliori”.

Il Fatto: “Montecitorio, lo strano salasso del guardaroba”, “Dibattito alla Camera sui costi interni. Nonostante la rinuncia a Palazzo Marini, l’assemblea dei deputati resta fuori controllo. Ci sono i vitalizi (395 milioni) e il personale (194,9), ma si sprecano soldi anche per posta, informatica e magazzini”.

Sui 4 italiani rapiti in Libia: “Eni, il cane a sei zampe con un piede in due staffe”, “Sono dei tecnici della Bonatti, che si occupa di impianti per l’estrazione del greggio. Si teme una rivendicazione dell’Isis. Il colosso petrolifero è l’unica azienda che è stata capace di rimanere nel Paese in preda a faide fra fazioni islamiche e tribali”.

Il grande titolo che campeggia più in basso è però dedicato al piano di Renzi sulle tasse: “Tasse, il piano non esiste”, “Le coperture non ci sono, i dettagli neppure. Perché sabato Renzi ha improvvisato”, “Gli esperti del governo lavoravano a progetti diversi da quello annunciato”, “Le risorse? Pochi miliardi di spending review già occupati per evitare l’aumento dell’Iva. L’impatto sui Comuni? Misterioso, Palazzo Chigi ancora non sa se vuole tagliare i fondi o dare il potere di imporre nuove imposte. L’ex ministro Giovannini: ‘Operazione inutile’”.

“Fisco per fiasco” è il titolo dell’editoriale del direttore Marco Travaglio.

Sul caso del governatore della Sicilia: “La bobina di Crocetta e il mistero del fruscio”:

Libia

Sono tutti tecnici della ditta Bonatti i 4 italiani rapiti in Libia: Salvatore Failla di Carlentini (Siracusa), Fausto Piano di Capoterra (Cagliari) , Gino Pollicardo di Monterosso (La Spezia), Filippo Calcagno di Piazza Armerina (Enna).

La Stampa, pagina 2: “Rapiti quattro italiani in Libia. Gentiloni: non è una ritorsione”, “I tecnici della ditta Bonatti di Parma catturati vicino a Mellitah. L’ipotesi di un’azione di miliziani tribali. Il ministro esclude rappresaglie per il ruolo dell’Italia nella crisi libica” (per il suo appoggio in sede delle Nazioni Unite al governo di unità nazionale che si sta tentando di formare, come si legge nell’articolo di Grazia Longo e Lao Petrilli). LA procura di Roma ha aperto un fascicolo per sequestro di persona a scopo di terrorismo, ma non si esclude la pista del rapimento a scopo di estorsione con la regia di bande criminali comuni o di milizie locali che vogliono finanziare la propria guerra contro la miriade di fazioni rivali che si contendono il controllo del Paese. Senza dimenticare poi l’avanzata dell’Isis, che ha rapito anche tre cristiani copti di Sirte, città che è uno snodo petrolifero centrale e che è da tempo nelle mani dei jihadisti. Secondo fonti di Al Jazeera potrebbe trattarsi di miliziani vicini a Jeish al Qabali: sono ostili a Fajir Lybia, la milizia islamista che controlla il governo non riconosciuto dalla comunità internazionale di Tripoli. Quanto all’altro governo -riconosciuto- quello di Tobruk, ha fatto sapere di ignorare quale gruppo ci sia dietro e ha condannato il rapimento come “lontano dall’etica dei libici”.

Sulla stessa pagina|: “Mellitah, la cassaforte dell’energia assediata dalla guerra civile”, “L’impianto fornisce gas a Libia e Italia attraverso il gasdotto Greenstream. Da qui si alimentano tutte le centrali elettriche della regione” (di Maurizio Molinari). E alla pagina seguente: “Blitz jihadista o estorsione. Tutte le piste sono aperte”, “Nell’area del sequestro imperversano milizie islamiste e criminali”.

E il Retroscena: “L’Italia vuole tenere aperta la porta a Tripoli: ‘Anche le milizie islamiche al negoziato’”. E si ricorda che oggi l’inviato speciale del segretario generale Onu per la Libia, Bernardino Leòn, sarà a Roma per incontrare il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni: “discuterà il piano di pace fra le fazioni”, ricorda Maurizio Molinari. Fra le ipotesi valutate anche in sede europea c’è l’adozione di sanzioni nei confronti dei “falchi” dei leader islamisti di Fajir Lybia, che hanno spinto il Consiglio locale a bocciare il piano dell’Onu per una conciliazione tra i due governi. Il piano era stato accettato infatti dal governo di Tobruk e da tribù e clan di Misurata, ma le milizie islamiche di Tripoli hanno espresso parere contrario. Insomma, il piano non aveva avuto accoglienza negativa da altri leader di Tripoli. Ci sono perplessità, però sull’ipotesi di sanzioni “ad personam” e l’Italia punterebbe soprattutto a tenere la porta aperta al governo di Tripoli, per non escluderla del tutto.

Su La Repubblica, pagina 2: “Paura per 4 italiani rapiti dalle tribù islamiste: ‘Non è una ritorsione’”, “I tecnici della Bonatti sequestrati a Mellitah, l’ansia di Gentiloni. Sono due siciliani, un sardo e un ligure”.

E il “retroscena” di Carlo Bonini: “La rabbia del governo: ‘La loro azienda li ha mandati allo sbaraglio’”.

A pagina 4 “lo scenario” è firmato da Renzo Guolo: “Libia, governi e milizie in guerra, così l’Is va alla conquista di Tripoli”, “Accettata da Al Thani (che guida il governo di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale e appoggiato dall’Egitto, ndr.) e respinta da Al Hassi (che guida il governo di Tripoli ed è un esponente dei Fratelli musulmani, appoggiato da Turchia e Qatar, ndr.), l’intesa negoziata dall’inviato Onu Leòn ha prodotto nuove divisioni che ostacolano un esecutivo di unità e favoriscono l’offensiva degli uomini in nero”.

Il Fatto: “Il sequestro dei 4 italiani tra Isis, milizie e riscatti”, “I tecnici rapiti in un’area di combattimenti tribali. Timori per possibili rivendicazioni jihadiste”. E a pagina 13: “Di lotta e di governo. Il greggio dell’Eni è ancora per tutti”, “Grazie ai rapporti mantenuti dopo l’uccisione di Gheddafi la compagnia è rimasta la sola a estrarre l’oro nero””Fra Tobruk e Tripoli”, “Il colosso energetico rifornisce sia il governo riconosciuto che quello nella capitale”.

Crocetta

L’intervista a Lucia Borsellino, già assessore alla Sanità della giunta del presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta, occupa due intere pagine su La Repubblica. Borsellino si era dimessa dall’incarico a fine giugno. La scorsa settimana L’Espresso ha pubblicato un’intercettazione in cui Matteo Tutino, medico di Crocetta e primario dell’ospedale Villa Sofia (arrestato nei mesi scorsi con l’accusa di truffa al servizio sanitario), al telefono con lo stesso Crocetta avrebbe auspicato l’eliminazione di Lucia Borsellino, figlia di Paolo, il magistrato ucciso nel 1992 (“come il padre”). La Procura di Palermo ha smentito più volte l’esistenza di quella intercettazione. L’intervista viene sintetizzata così nei titoli: “’Tramavano sulla sanità. Crocetta mi taceva tutto, isolata dal primo giorno, ecco perché lascio’”, “L’ex assessore: ho trovato un coacervo di interessi, fallito il fronte comune che serviva per sconfiggerlo”. Borsellino rivendica una serie di successi: “stiamo proseguendo nel programma di riqualificazione della spesa sanitaria”, “siamo riusciti a ridurre i ricoveri impropri e a mettere in piedi la rimodulazione della rete sanitaria con il sì di tutti i sindaci ad eccezione di quelli della provincia di Enna”. Lascia per via dell’intercettazione pubblicata da L’Espresso? Borsellino: “No, ho cominciato a maturare questa decisione da alcuni mesi”. Sapeva di quella intercettazione? “No, assolutamente. Quello che avevo da dire sul clima di diffidenza e ostilità l’ho già riferito agli organi inquirenti”. Quindi la percezione di un clima di ostilità non è recente? Borsellino: “Fin dal primo giorno ho avuto ben chiaro che nei miei confronti c’era un clima di ostilità e di diffidenza”. Perché? “Io ho lavorato da dirigente generale, capo del dipartimento attività sanitaria, con il precedente governo. E poi nel novembre 2012 sono diventata assessore. Ecco: sembrava che dovessi sempre dimostrare una qualche forma di lealtà a questo esecutivo”. Dice ancora “io gli occhi non li ho mai chiusi. Per esempio ho bloccato l’affidamento a un privato della Banca dei tessuti proposta dall’ospedale Villa Sofia. Una procedura che andava contro le norme: bisognava fare un bando di evidenza pubblica”. Poi c’è la questione delle nomine dei dirigenti delle Asp e Tutino, chiede il cronista, aveva un elenco che sottopose al presidente Crocetta a sua insaputa? “Diciamo che c’erano cose di cui io, l’assessore, non ero a conoscenza”, “Alla luce di quanto emerge, era il presidente che non mi parlava di tutto”, “ho appreso dai giornali che lui sapeva che il dottor Tutino parlava male di me e questo lui non me lo ha mai detto”.

Alle pagine seguenti, lo stesso Crocetta, intervistato dal quotidiano, dice: “Io Lucia l’ho protetta come lei neanche sa. L’attacco Pd? Non lascio, difendo la democrazia”. Al confronto “il caso Boffo” era “roba per ragazzini”, dice Crocetta. Ribadisce che è “una bufala” quell’intercettazione: “qualcuno è stato tratto in inganno in buona fede. Il cronista dice che altre intercettazioni rivelano un’ingerenza sulle scelte del governo siciliano del dottor Tutino e di Mario Sampieri, ex commissario dell’ospedale Villa Sofia, alle spalle della Borsellino. Risponde Crocetta: “Tutino e Sampieri potevano incontrarsi e parlare liberamente. Ma non hanno mai deciso un bel niente. Sa quanta gente c’è che va in giro ad accreditarsi a mio nome?”, “Non ho mai tenuto conto delle indicazioni di Tutino e Sampieri. Vuole un esempio? Il nome sponsorizzato da Sampieri e Tutino (sui papabili come manager di aziende sanitarie, ndr.), il dottor Muscarnera, è stato escluso per mancanza di titoli”.

Il Fatto: “L’intercettazione, il fruscio e le mille versioni di Crocetta”, “Ultima indiscrezione: il nastro sarebbe in un fascicolo di Caltanissetta sui rapporti tra i magistrati palermitani e il dottor Tutino. Ma nessuno conferma”. Il quotidiano ricorda che lo stesso Crocetta ieri aveva ipotizzato che si trattasse di un’intercettazione ambientale, pur sottolineando che si tratta “di una delle tante minchiate che mi hanno riferito come ipotesi”. Scrive Il Fatto che per la quarta volta la procura di Palermo, con l’aggiunto Leonardo Agueci, ha smentito: “sono pensieri di Crocetta, agli atti in nostro possesso non risultano registrazioni ambientali o telefoniche, non esiste quella intercettazione”. “Minchiate, appunto, e vecchi rancori”, chiosa Il Fatto ricordando che ieri Crocetta era tornato a descrivere l’identità del giornalista autore dell’articolo su L’Espresso (Piero Messina, da lui licenziato insieme ad altri venti dall’ufficio stampa della Regione Sicilia).

Grecia

La Repubblica: “Rimborsati Bce e Fmi, sportelli bancari aperti. Atene prova a rialzarsi”, “ I 7 miliardi del prestito-ponte girati subito ai creditori. Ma i controlli dei capitali bloccano le aziende”. Scrive il quotidiano che molte aziende – con le mani legate dai controlli dei capitali- non possono più pagare i fornitori. E questi ultimi, visto lo stato di salute della Grecia, pretendono di essere pagati in anticipo al 100% e in contanti. Poco alla volta, insomma, il sistema si sta bloccando.

Sulla stessa pagina il “retroscena” di Ettore Livini: “Tsipras teme imboscate in Parlamento, rinviato il voto su pensioni e agricoltura”, “Difficoltà per i deputati di destra e di sinistra ad accettare i tagli delle agevolazioni fiscali ai contadini e la stretta sull’anzianità”.

A pagina 13 si dà conto dell’intervento di Dominique Strauss Kahn, già direttore del Fmi, sul suo blog: “Strauss Kahn ai tedeschi: ‘Varoufakis ha ragione”.

Segnaliamo anche, su La Repubblica, l’intervento di Massimo Cacciari, pubblicato in prima: “Germania gigante d’Europa senza auctoritas”, “E’ impensabile che Berlino possa affrontare la crisi greca se non alla luce della sua storia del dopoguerra” (si riferisce all’idea-guida della sua storia, almeno dal dopoguerra: il valore etico assoluto attribuito alla ‘serietà’ del proprio lavoro, che ha reso possibile la ricostruzione prima e la riunificazione poi, sempre in condizioni di sicurezza e stabilità finanziaria).

Tasse, governo

Il Fatto, pagina 4: “Fisco, dietro gli annunci non c’è ancora un piano”, “Renzi ha colto di sorpresa i suoi tecnici, che ora inseguono. Abolire la Tasi costa 6,5 miliardi. La spending review vale al massimo 7-8 già impegnati”, “Ma quali tagli”, “Si spera in Bruxelles e in una ‘crescita più robusta’. Tradotto: si farà a deficit”.

Alla pagina seguente, un’intervista ad Enrico Giovannini, già presidente Istat e poi ministro del Lavoro con il governo Letta. Dice che è “inutile detassare la casa” e che il governo “ignora i più poveri”. A proposito della “rivoluzione copernicana” da 50 miliardi promessa da Renzi , dice: “Abbiamo già avuto esperienze simili in passato, negli anni di Berlusconi 2001-2005, ma anche con il taglio del cuneo fiscale deciso dal governo Prodi: in situazioni di incertezza, questi tagli alle tasse non si trasformano interamente in domanda aggregata, consumi o investimenti. Proprio a causa dell’incertezza la propensione per il risparmio delle famiglie italiane è cresciuta appena il reddito disponibile è cresciuto e, nelle previsioni della Commissione Ue, questa tendenza continuerà per il 2015 e 2016 per l’Unione nel suo complesso”. Ridurre le tasse serve a poco? !La politica più efficace per la crescita è basata sugli investimenti. Non solo di capitale fisico, ma anche umano”. Perché la politica italiana ha l’ossessione della tassa sulla prima casa? Giovannini: “E’ un valore molto sentito dagli italiani ed è un intervento molto facile da realizzare. Al contrario di altri interventi infrastrutturali o di riforma della pubblica amministrazione, che hanno tempi più lunghi e una rendita politica incerta”.

Su La Stampa: “Tasse, Bersani attacca. Il premier: è la sinistra che sa soltanto perdere”, “La minoranza Pd: ‘Perché non parla di evasione?’. Ipotesi di escludere le case di lusso dalla manovra”.

La Repubblica: “La minoranza Pd: ‘Niente riforme’. Bersani: ‘Renzi come Berlusconi’”, “Sull’Imu l’ex leader contro il premier. I renziani: siete ossessionati da Silvio”. E alla pagina seguente, la “caccia alle coperture anti-tasse”: “Per cancellare la Tasi la manovra corre verso i 25 miliardi. Ipotesi deficit più alto”. Ne scrive Roberto Petrini.

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