“Not as required”

Oggi quasi tutti i quotidiani dedicano il titolo di apertura all’incidente al traghetto Norman Atlantic. Nel momento in cui scriviamo circa 180 persone sono ancora sulla nave, per essere trasportate nei porti italiani – specialmente in Puglia.
In evidenza anche altre due fatti di cronaca: l’aereo malese partito dall’Indonesia che si è inabissato poco dopo il decollo, e l’incidente tra due rimorchiatori nei pressi del porto di Ravenna, che ha causato due morti.

Corriere della Sera: “Terrore in mare: “Salvateci”. “Rogo su un traghetto italiano in Grecia con 478 persone, drammatica corsa contro il tempo. Gli elicotteri della Marina sul ponte avvolto dal fumo. La nave rimorchiata verso la Puglia”. La nave “ha avuto via libera nonostante 4 anomalie”, scrive a centro pagina il quotidiano.
A centro pagina un articolo di Marzio Breda: “Clio Napolitano, così preparo il ritorno a casa”.

La Repubblica: “Prigionieri del traghetto in fiamme”. “Una notte senza fine in balia del mare”, “La lite con Atene e quel cavo spezzato”, “Come sul Titanic, moriamo di freddo” e “Perché quella nave andava fermata”.
A centro pagina: “Malesia, il cielo maledetto. Scompare un altro aereo”.
In taglio basso: “La solitudine del cittadino, si fida solo di papa Francesco”: si tratta della indagine Demos commentata da Ilvo Diamanti.

La Stampa: “Prigionieri del traghetto in fiamme”. “Una battaglia disperata contro il fuoco e la burrasca” e “Vi prego, fate presto, il calore ci fonde le scarpe”.
Poi: “Aerei malesi. Maledizione senza fine”.
Sulla politica: “Jobs Act. Si riapre la questione degli statali”. Editoriale di Federico Geremicca: “Le insidie dell’ampia maggioranza”. Sotto: “L’Isis ruba la Storia per finanziare la Jihad”.

Il Messaggero: “L’inferno dei naufraghi”. “300 ancora a bordo, nella notte rimorchiato a Brindisi”.
A fondo pagina l’incidente di Ravenna: “Collissione in mare tra mercantili, due le vittime”.

Il Fatto Quotidiano: “Non so se ce la faremo”.

Il Giornale: “Le leggi anti-italiane dell’Europa” è il titolo più grande, a centro pagina. Il titolo di apertura è: “Sbarchi, poliziotti contro Alfano” e “Come topi sulla nave”. Editoriale di Salvatore Tramontano: “Renzi e la paura di tirare il calcio di rigore”.

Il Sole 24 Ore: “Fisco, casa, lavoro, pensioni: ecco le cento novità del 2015”

Norman Atlantic
Il Corriere scrive che “negli ultimi sei mesi il Norman Atlantic è stato sottoposto a due ispezioni da parte di ‘Paris Mou’, l’organismo internazionale che si occupa dei controlli sulle imbarcazioni. In entrambi i casi sono stati rilevati problemi alle porte tagliafuoco. Nell’ultima verifica ha subito sei contestazioni, ma soltanto due sono state sanate. Gli esperti avevano concesso 14 giorni per mettersi in regola rispetto alle altre. Non c’è stato tempo. Ben prima della scadenza, il traghetto ha preso fuoco. E adesso bisognerà stabilire come mai, nonostante le carenze riscontrate, sia stato concesso il nulla osta all’operatività. Verificare se si trattava di anomalie non gravi o se invece possano aver pregiudicato la sicurezza. Un lavoro che sarà fatto dai magistrati e dagli esperti del ministero dei Trasporti analizzando i report degli analisti, ma anche le relazioni del Rina, il Registro navale italiano”. Il quotidiano cita Roberto Martinoli, amministratore delegato di Grandi Navi Veloci e presidente della commissione Corto Raggio di Confitarma, la Confindustria degli armatori, che ha noleggiato il traghetto qualche anno fa per la rotta Genova-Palermo: “‘È una buona nave, con dotazioni sofisticate e moderne. Non stiamo parlando di una carretta del mare. Non si è inclinato nonostante l’incendio nel garage e questo significa che ha un’ottima stabilità. Il rischio più grosso in queste avarie è l’inclinazione con lo spostamento del carico nella stiva, può avere conseguenze gravissime’. Molto meno sicuro dell’affidabilità del traghetto appare Mauro Pili, parlamentare sardo di Unidos che da tempo denuncia ‘il vergognoso traffico delle navi usate: Grecia e Sardegna, andata e ritorno’. Si scopre così che il Norman Atlantic in cinque anni ha cambiato tre volte nome”. “Pili ha presentato numerose interrogazioni per chiedere conto «delle altre navi che vanno e vengono dalla Grecia alla Sardegna, quelle che da Cagliari si spostano in Albania. Ci sono passaggi di proprietà da un armatore all’altro che avvengono nel giro di poche ore, affari oscuri sui quali non viene esercitato alcun controllo'”.
Anche su Il Fatto quotidiano si legge: “L’ultimo controllo: porte tagliafuoco malfunzionanti”. Si legge anche che “sono decine le navi e i traghetti di compagnie che effettuano il servizio passeggeri da porti italiani ad essere segnalate come problematiche. In alcuni casi le autorità hanno proceduto al fermo, decisione che può essere revocata dopo gli interventi di messa in sicurezza. Le ispezioni tecniche valutano lo stato dei sistemi di sicurezza, con particolare attenzione agli impianti antincendio e ai dispositivi di emergenza. L’organizzazione che cura i controlli, il Paris Mou, è stato creato nel 1982 ed è attualmente riconosciuto da decine di paesi. Si occupa della verifica delle navi straniere nei porti”.

Jobs Act, politica, Presidente

Sul Corriere si legge che “le parole di Matteo Renzi intervistato dal Quotidiano nazionale arrivano come una doccia fredda per buona parte del governo e una bella fetta del Partito democratico”. Il tema è se il decreto applicativo del Jobs Act sui licenziamenti si applichi agli statali, come sostenuto dal giuslavorista e senatore di Scelta Civica Pietro Ichino, e il premier ha detto: “Sarà il Parlamento a pronunciarsi su questo punto, sollevato da Ichino. Esiste giurisprudenza nell’uno e nell’altro senso, ma non sarà il governo a decidere”.
La riforma del pubblico impiego verrà discussa in febbraio, e le parole di Renzi “suonano quasi come una retromarcia rispetto a quanto sostenuto pure da Giuliano Poletti, ministro del Lavoro, che come la Madia aveva chiuso la discussione prima ancora di avviarla formalmente”, scrivee il quotidiano milanese. Stefano Fassina, “che guida il fronte degli oppositori al Jobs act , attacca direttamente il segretario del suo partito: ‘Fino a oggi nessuno aveva parlato di licenziamenti per motivi economici nella Pubblica amministrazione: ora Renzi usa la sponda di Ncd per portare avanti la sua linea. Questa è una scappatoia demagogica. Renzi scarica sulla pelle degli statali la carenza di investimenti e la mancata riorganizzazione del pubblico impiego. Così, però, si scatena una guerra tra poveri'”. Ichino dal canto suo ribadisce, come scrive il quotidiano milanese: “‘È semplicemente assurda l’esclusione dei nuovi assunti nella P.a. dalla nuova disciplina. Quando il governo ha deciso di non escludere dal campo di applicazione i nuovi assunti nel pubblico impiego erano presenti anche Poletti e Madia’. Poi ripete: ‘Il 23 dicembre il testo del documento conteneva il terzo comma dell’articolo 1 che escludeva l’applicazione per il pubblico impiego. Il 24 il Consiglio dei ministri ha approvato un testo del decreto nel quale quel comma non c’era più'”.
Su La Stampa si legge che “mentre infuriano le polemiche sul perimetro del Jobs Act limitato ai privati, Matteo Renzi apre sulla possibilità di estendere la riforma del lavoro anche agli statali. Il premier non entra nel merito, dice che deciderà il Parlamento nell’ambito della delega sulla pubblica amministrazione, ma fa capire che nuove regole del lavoro potranno riguardare anche i lavoratori pubblici”. Ma “nel caso di un ministero o di un comune, per esempio, quando scattano le ragioni ‘economico-organizzative’? Considerato, tra l’altro, che l’art. 33 del Testo unico per il pubblico impiego prevede già la possibilità della ‘messa in disponibilità’ di un dipendente laddove ci sia bisogno di diminuire il personale, all’80% di stipendio per due anni, in attesa di una ricollocazione altrove o, alla peggio, dell’uscita dall’amministrazione. Ipotesi che però, spiega il senatore Ichino, non si verifica mai. La domanda che si stanno facendo al ministero è insomma quale sia il perimetro, nel settore pubblico, entro cui si possano eventualmente applicare nuove regole”.
Sul tema Francesco Grillo firma un commento sul Messaggero: “Jobs act. Una vera riforma deve riguardare anche gli statali”, dove si analizzano “meriti e limiti” della riforma del lavoro.
Oggi Renzi terrà la conferenza stampa di fine anno. Scrive Federico Geremicca su La Stampa che “la polemica intorno alla estendibilità ai lavoratori pubblici delle norme contenute nel Jobs Act, insomma, ricorda troppo da vicino quelle sull’effettiva abolizione delle Province o sulla costruenda riforma della giustizia, per essere considerata episodica o casuale. Tra leggi approvate davvero, deleghe ancora da scrivere, riforme passate a metà e incertezza di interpretazione, l’arrembante azione dell’esecutivo a volte è sembrata sostituire al noto ottimismo della volontà l’inedita confusione dell’ottimismo: ma la sferzata è arrivata, una certa insopportabile inerzia è stata rimossa e i cittadini-elettori hanno apprezzato il pirotecnico attivismo del giovane premier, a giudicare dall’esito di diverse tornate elettorali”. Secondo Geremicca, in vista del voto per il Presidente della Repubblica, “la professione di ottimismo di Renzi sembra, al momento, un’escamotage di maniera: e non ci sarebbe da meravigliarsi se l’obiettivo di un Presidente ‘eletto con maggioranza ampia’ dovesse rapidamente cedere il passo ad una scelta più ristretta, di parte”.
La Stampa intervista il segretario della Lega Salvini: “Salvini: per fermare Renzi porto la Lega in piazza a Roma. ‘Berlusconi vuole al Colle uno che metta fine ai suoi guai giudiziari’ . ” ancora: “Lasciamo stare le marce e le manifestazioni oceaniche. Noi vogliamo che quel giorno l’Italia si fermi: commercianti, artigiani, piccoli imprenditori, professionisti, tassisti, agricoltori, esodati… Tutti quelli che producono e si fanno un mazzo così dovrebbero fermarsi per dire no, basta essere telecomandati, riprendiamoci il futuro che ci hanno rubato prima Monti, poi Letta e adesso Renzi”.
Su La Repubblica Stefano Folli (“Perché Prodi congela (per ora) la voglia di veto di Matteo e Silvio”). Dove si legge che Berlusconi sul nome del Professore ha “mantenuto un profilo basso”, ed evitato qualsiasi veto, e che “non sarebbe la prima volta” che – per una sorta di “eterogenesi dei fini”, il Parlamento si “ritrovi ad eleggere la figura meno gradita”, ovvero Prodi. “Ma è più probabile un altro sbocco”, e allora sia Renzi che Berlusconi dovranno “scoprire le carte”, e quel giorno entrerà in crisi in Patto del Nazareno oppure entrerà in crisi il Pd.
Sul Foglio Giuliano Ferrara ricorda che in Germania “i nomi dei presidenti si ricordano a stento. Eppure hanno i medesimi poteri del capo dello stato in Italia, i presidenti tedeschi”. E invoca in Italia “quel benedetto rilassamento delle sensibilità patologiche tipiche della nostra vecchia tradizione parlamentare. Fin quando il gioco dei partiti, in regime proporzionalista, alimentava l’instabilità dei governi, che si alternavano nella loro guida di anno in anno, fino ad allora il ruolo del capo dello stato al Quirinale era a suo modo decisivo, il suo potere di nomina del capo dell’esecutivo valeva oro, sebbene la maschera fosse quella più o meno notarile del primo magistrato d’Italia e tutore della carta costituzionale in senso simbolico. Ora tutto questo non ha più senso. Il capo dello stato diventa importante solo in condizioni di emergenza e di anomalia del processo politico, quando come avvenne con Scalfaro (malignamente) e poi con Napolitano (benignamente) dal Quirinale si assumono decisioni direttamente politiche, che mettono sotto protezione un governo anche non eletto dal popolo”.
Il Corriere offre un editoriale firmato da Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, dal titolo “Amnesia e illusioni di fine anno”, dove si legge che Expo ed Olimpiadi non potranno “imprimere da sole la spinta necessaria alla nostra economia” e che è “sbagliato continuare a premiare gli imprenditori che vivono di contatti con la politica” e non gli imprenditori che vivono di idee ed innovazione.

Internazionale

La Repubblica scrive della ipotesi allo studio in Israele che “potrebbe cambiare per sempre il volto, l’anima e la stessa ‘fabbrica sociale’ su cui si basa Israele. Parliamo della possibilità presa in esame da una ricerca commissionata dalle stesse Idf (Israel Defense Forces) di dover un giorno trasformare la leva obbligatoria in servizio volontario e quello che è stato per decenni l’’esercito di popolo’, crogiolo dell’integrazione delle varie correnti migratorie approdate in Israele, in un’armata professionale”. Un “cambiamento epocale” che per Israele non sarebbe “privo di incognite”.
La Stampa offre oggi un editoriale firmato da George Soros, intitolato “Perchè aiutare l’Ucraina”, dove si legge che invadendo il Paese “la Russia ha sferrato una sfida epocale ai valori e ai principi dell’Ue e al sistema di regole che ha mantenuto la pace in Europa dal 1945. Né i leader né i cittadini europei sono pienamente consapevoli della portata di questa sfida, tanto meno sanno come affrontarla. Il regime di Putin si fonda sulla forza, che si manifesta nella repressione in patria e nell’aggressione all’estero”.
Anche sul Corriere: “Israele, cade il tabù. Esercito di professionisti?”.
“Ultimo round per il Presidente della Grecia”, scrive il Corriere, soffermandosi sulla impasse del Parlamento di Atene, all’ultimo tentativo di eleggere il Capo dello Stato. Se non riuscirà ad eleggere Karolas Papoulias si andrà al voto, con Syriza in vantaggio nei sondaggi.

E poi

Su La Repubblica Ilvo Diamanti offre una indagine Demos dalla quale “wìemerge una nazione spaesata sfiancata da crisi, fisco e corruzione. Il quadro già negativo del 2013 peggiora ancora. Anche la magistratura in calo”. “La solitudine del cittadino, si fida solo del Papa”. Lo Stato ha la fiducia del 15 per cento dei cittadini, i partiti sono al 3 per cento, il Parlamento al 7. LA Ue al 27 per centop – era al 49 solo 4 anni fa. Il Presidente della Repubblica è sceso al 44 dal 71 del 2010, la magistratura è scesa al 33 per cento. Papa Francesco è apprezzato da 9 italiani su 10.
Su La Stampa, ma anche su altri quotidiani, le parole di ieri del Papa: “Francesco ai politici: ‘Pensate di più alla famiglia’”. Dove si legge che Francesco ha ricordato le “le famiglie in difficoltà, perché hanno perso l’armonia o piegate dalla crisi, dalla mancanza di lavoro, da malattie, dalla necessità di emigrare”. Il Papa si è definito “il nonno di tutti”.
Su Il Giornale si parla delle “leggi anti italiane dell’Europa” e si cita tra l’altro il “regolamento 1169 in vigore da dicembre, ha eliminato l’obbligo di indicare sui prodotti alimentari lo stabilimento di lavorazione. (…) Finte delocalizzazioni, prodotti alimentari senza certificato di provenienza, merci importate dal Terzo mondo a prezzi stracciati: l’elenco delle leggi anti-italiane approvate da Bruxelles è infinito. Provvedimenti che si fanno beffe delle nostre eccellenze produttive e che mettono in ginocchio la nostra economia”.

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