Monti bis?

IL Corriere della Sera: “Così la corruzione frena l’Italia. E’ come una tassa del 20 per centosugli investimenti stranieri”. Il quotidiano parla dei “dati del ministro Severino: ‘Se blocchiamo l’illegalità la ricchezza crescerà del 2-4 per cento”. Sulla politica: “Ora è scontro politico sul Monti bis. Bersani: siamo pronti a governare”.

La Repubblica: “Monti: no al bis. Il Pd: tocca a noi. Bersani: il governo non lo fanno i banchieri. Ma Casini punta sul premier”. Un sondaggio Demos in prima, così sintetizzato: l’Italia promuove il Professore, ma boccia il governo tecnico”.

La Stampa: “Monti bis, è subito scontro. Il premier: dopo di me un altro leader. Grilli: dal patrimonio pubblico 15-20 milioni l’anno. Hollande: piano da 30 miliardi. Casini: ancora lui dopo il voto. Alfano: si candidi. Bersani: noi al governo”.

Il Giornale: “Monti scarica Casini. Il leader Udc: ‘Dopo il prof c’è ancora il prof’. Lui lo gela: ‘Mi fece fuori dalla Commissione Ue per piazzare Buttiglione’.”. Monti ieri a Cernobbio ha raccontato quello che gli disse Berlusconi quando, nel 2004, nominò Rocco Buttiglione alla Commissione europea. Alessandro Sallusti, nel suo editoriale in prima pagina, ricorda anche che “Rocco Buttiglione scalzò d’ufficio Mario Monti, ma combinò tanti e tali casini (con la minuscola) che non riuscì neanche ad insediarsi, primo caso nella storia europea, nel governo di Bruxelles”.
Ancora sulla prima de Il Giornale: “Alfano: se vuole tornare a Palazzo Chigi il premier stavolta deve farsi eleggere”.

L’Unità: “‘Decide l’Italia, non le banche'”, parole del segretario del Pd Bersani che ieri ha chiuso la festa del Pd. “Siamo pronti a guidare il governo. La sfida della cittadinanza e della Costituente europea”. Il quotidiano pubblica integralmente l’intervento di Bersani, e lo titola così: “Faremo le primarie per parlare al Paese, non al nostro interno”.

Monti, partiti

“Noi diciamo da qui, all’Europa e al mondo, davanti a mesi cruciali, che garantiremo la stabilità del governo Monti”, ha detto Bersani sottolineando però che “tuttavia parliamo senza ambiguità della prospettiva delle elezioni, sempre naturalmente che Moody’s o Standard & Poors non ce le aboliscano sostituendole con una consultazione tra banchieri”. E poi: “Noi consideriamo la credibilità e il rigore che Monti ha mostrato davanti al mondo un punto di non ritorno, ma vogliamo metterci dentro più lavoro, più uguaglianza, più diritti”.
Un “dietro le quinte” del Corriere della Sera interpreta così il pensiero di Bersani: di Monti ci si può fidare, è leale, ma “ci sono circoli imprenditoriali e salotti finanziari che preferiscono che la politica sia screditata per fare quello che vogliono”. Bersani non accetterebbe quindi “l’aut aut o agenda Monti o niente”. E’ convinto che dall’azione del governo in carica occorra partire, ma pensa che sia necessario superarne i limiti sociali. E’ inevitabile che le primarie si leghino alla scelta “agenda Monti sì, agenda Monti no”. Ma nel Pd si sarebbe insinuato un altro sospetto, ovvero che si dica Monti bis per andare invece verso la grande coalizione. Quando a sponsorizzare la proposta del Monti bis è il leader Udc Casini, secondo alcuni si tratterebbe di un “‘inciucio'” che nulla ha a che fare con un governo affidato anche nella prossima legislatura all’attuale premier.
La Repubblica riferisce le parole pronunciate da Monti alla platea di Cernobbio: “Mi rifiuto di pensare che in una grande nazione democratica come l’Italia non si possa eleggere un leader in grado di guidare il Paese”. Il Presidente del Consiglio ha ribadito che “l’esperienza del governo tecnico è transitoria” ma poi, secondo il quotidiano, ha aperto uno “spiraglio”, allorché ha detto: “Sono sicuro che non sarà limitata nel tempo l’esperienza di una maggiore penetrazione dei saperi e delle competenze professionali, con la conoscenza del quadro internazionale, nella politica”. Insomma, chi verrà dopo i tecnici non dovrà abbassare il livello di competenza del governo e non dovrà riprendere a trascurare l’Europa. Su La Stampa si evidenzia come un Monti bis agiti tanto il Pd che il Pdl. Il segretario Pdl Angelino Alfano insiste: chi vuole Monti dovrà trovarlo sulla scheda elettorale, perché in democrazia governa chi vince le elezioni. Secondo il quotidiano Bersani è convinto che il Monti bis sia un tentativo per sbarrargli la strada verso Palazzo Chigi, anche se vincerà le elezioni. Il Cavaliere invece pensa che il leader Udc punti su Monti per avere più possibilità di salire al Quirinale.

Un sondaggio Demos, illustrato da Ilvo Diamanti su La Repubblica, spiega che oltre la metà dei cittadini, ovvero il 52 per cento, valuta positivamente il presidente del Consiglio; una quota ancora più alta – il 55 per cento – esprime fiducia personale nei suoi riguardi. Al momento seguono nella classifica di gradimento Renzi (42,5), Montezemolo (39,8), Passera (36,6), Bonino (36,2), Fornero (35,9) Bersani (31,8), Di Pietro (28,9), Casini (28,9), Alfano (27,8), Vendola (27,2), Maroni (27,8), Grillo (27,7), Fini 23,9, Berlusconi 19,0, Bossi 9.5.
Diamanti spiega anche – ma mancano i dati – che la fiducia verso Monti non è tuttavia accompagnata da un sostegno alle principali riforme avviate dal governo, come pensioni, Imu e mercato del lavoro. Si tratterebbe di un gradimento verso Monti espresso “nonostante”: frutto cioè soprattutto della sfiducia verso gli altri leader e le forze politiche nazionali. La fiducia verso i partiti resterebbe al di sotto del 5, quella verso il Parlamento al 10 per cento. Al momento, secondo le stime fornite dal sondaggio, se oggi si dovesse andare a votare per le elezioni, il Pd sarebbe al 27, il Pdl al 19,8, il Movimento 5 Stelle sarebbe il terzo partito, con il 14,5 per cento. Udc e Italia dei Valori sarebbero entrambi al 7,8 per cento. Per quel che riguarda le primarie: Bersani al 43,5, Renzi al 27,7, Vendola al 21,6, Tabacci al 2,9.
Un altro sondaggio è quello dell’Osservatorio Tecné, pubblicato da L’Unità e relatiova alla partecipazione elettorale e alle stime per i partiti. Secondo il sondaggio il Pdl sarebbe al 18,2 per cento, il Pd al 26,9, 5 stelle al 12,5 per cento. Seguono Udc al 7, Idv al 6,8, Sel al 6,9. La Lega avrebbe il 2,8, Fli il 3,2.

Europa, democrazia, Bce

Al workshop di Cernobbio il presidente del Consiglio è tornato anche a parlare del piano antispread della Bce: “Abbiamo fatto inserire nell’arsenale Ue uno strumento per non far alzare lo spread dei Paesi più virtuosi. Non sarei però d’accordo ad offrire il petto a nuovi strali di condizionalità. Un conto è condividere, un conto perdere asimmetricamente la propria sovranità. In caso di aiuto, non arriverà a Roma la trojka”. Insomma: il nodo è sempre quello delle condizioni stringenti cui verrebbe legato l’intervento del Fondo Salva Stati. Il ministro dell’Economia Vittorio Grilli ha ieri precisato: “chiedere aiuto alla Bce non è un dramma, ma allo stato attuale non ne abbiamo bisogno”. Una attenzione particolare è sempre rivolta al Fondo Monetario Internazionale, considerato l’organismo più votato a imporre rigide condizioni. Se ne occupa il Corriere della Sera, dando conto anche della intenzione della Lega Nord di raccogliere le firme per un referendum sull’Euro. E sottolinea il quotidiano: “L’ultima sponda agli euroscettici l’ha offerta suo malgrado Christine Lagarde, direttrice del Fmi, nel momento in cui ha confermato, ieri, che il FMI è pronto a partecipare al piano di Draghi. Si tratterebbe non soltanto di un monitoraggio, ma di un pieno coinvolgimento nella realizzazione di un piano di intervento, con tanto di partecipazione all’acquisto di titoli di Stato. Viene quindi agitato tra i critici lo spettro del commissariamento sul modello greco.
Su La Repubblica un intervento del direttore di Die Welt, quotidiano tedesco, Thomas Schmid. Schmid torna sulla linea approvata dalla Bce di comprare titoli sovrani senza limiti, ma con condizioni stringenti sugli sforzi di riforma verificabili. I pericoli non possono dunque essere ignorati, secondo Schid, e vanno tutti nella stessa direzione, la “de-democratizzazione dell’Europa”. Mario Draghi, affrontando l’emergenza, ha usato una espressione infelice: ‘L’Euro è irreversibile’. “Simili parole bibliche dovrebbero essere evitate in Stati democratici, che vivono del principio della reversibilità e della possibilità di rivedere le scelte precedenti”. Commenta Schmid: “Forse capi di governo eletti possono rifugiarsi, in situazioni di emergenza, in simili parole, ma il presidente di una Banca centrale, che non  è stato eletto da nessun popolo sovrano, no”. Secondo il direttore della Welt sta cambiando l’architettura dalla Ue: “la Bce comincia ad assumere i connotati di un Direttorio europeo. Potrebbe divenire la governatrice segreta dell’Europa”.
Intanto il presidente del Consiglio ha annunciato da Cernobbio la convocazione a Roma di un vertice straordinario europeo sulle strategie di contrasto “al crescente populismo e ai fenomeni di rigetto della integrazione europea”. Il Corriere ricorda che la fronda degli euroscettici attraversa tutta l’Europa, da destra a sinistra: in Olanda si svolgono questa settimana le elezioni anticipate, e la destra xenofoba di Wilders invoca il ritorno al fiorino.

L’Unità titola: “Grillo e la Lega alleati: via l’Euro”. Si legge che Grillo ha proposto un referendum sulla moneta unica: “Voglio che siano gli italiani a decidere su temi fondamentali, e non delegare le decisioni sul loro futuro a un gruppo di banchieri e di politici. Il movimento 5 Stelle vuole la democrazia diretta. La voce deve tornare ai cittadini. Quando entrammo nell’Euro chi decise a nome loro?”.

Ancora sul Corriere intervista a Peter Diamond, premio Nobel per l’economia nel 2010 per i suoi studi sul mercato del lavoro. Dice che alla radice della nuova ondata di euroscetticismo c’è la disoccupazione, “il problema numero 1”. Secondo Diamond i partiti di governo e le istituzioni comunitarie sarebbero nelle condizioni di riassorbire queste spinte: l’Ue deve essere in grado di preservare ed incentivare la mobilità dei lavoratori da un Paese all’altro. Nello stesso tempo, gli europei dovrebbero abbandonare la strategia adottata quando è scoppiata la crisi del debito, perché il caso della Grecia è esemplare: non si aiuta un Paese gettandolo sul lastrico e la disperazione. Serve l’arma fiscale, servono investimenti pubblici in infrastrutture.

Grande attenzione sui quotidiani anche per le parole del Ministro della giustizia Paola Severino: “La crescita del reddito potrebbe essere superiore del 2-4 per cento grazie ad una efficace lotta alla corruzione”, che rappresenta “uno dei principali ostacoli allo sviluppo e all’attrazione degli investimenti, anche stranieri”. La Stampa riferisce che la Severino ha citato i dati della Banca mondiale, secondo cui “la corruzione rappresenta una tassa del 20% sugli investimenti esteri”. Altre cifre citate sono quelle del World economic forum, che piazza l’Italia al 97esimo posto per quel che concerne l’efficienza del sistema giudiziario. Se ne occupa ampiamente anche il Corriere della Sera, che riferisce i dati del rapporto Doing business 2012. L’Italia è al 158 posto su 183 economie esaminate, per quanto riguarda il tempo necessario alla giustizia civile a risolvere una controversia commerciale tra due imprese: in Italia per concludere un processo e ottenere una sentenza definitiva sono necessari 1210 giorni, a fronte dei 331 impiegati in Francia e i 394 in Germania.

Internazionale

L’Unità ricorda che domani torna a riunirsi la Commissione giustizia del Senato, per riprendere l’esame del Ddl anticorruzione, su cui pendono quelli che il quotidiano definisce i “veti incrociati” di Pdl e Lega: i due partiti chiedono di “snaturare” il provvedimento, eliminando nei fatti la parte penale, con la cancellazione del reato di corruzione tra privati o almeno vincolato alla querela di parte. Questo sarebbe il compromesso cui punterebbe il Pdl per togliere dal tavolo le intercettazioni e sbloccare la responsabilità civile dei magistrati. Al tema è dedicato, sempre su L’Unità, un intervento del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia: non tutto è ottimale nel provvedimento – secondo Ingroia (“E’ legittimo chiedersi, ad esempio, quale sia l’impatto della estensione della punibilità del concusso nel caso della concussione per induzione”), ma bisogna uscire dalla fase di stallo, dove prevalgono i veti incrociati, per riavvicinare i cittadini alla politica. Questa legge è importante, secondo Ingroia, quanto la riforma elettorale.

Il Corriere della Sera ha come inviato in Siria Lorenzo Cremonesi, che racconta come il conflitto maggiore che lacera la rivoluzione è quello tra secolaristi ed integralisti. “Così i guerriglieri siriani danno la caccia ai Qaedisti, ‘sono solo dei fanatici'”.
La Stampa riferisce della condanna a morte pronunciata nei confronti dell’ex vicepresidente iracheno, il sunnita Tariq Al Ashemi, accusato di omicidi politici tra il 2005 e il 2011. Da tempo accusava il premier sciita Al Maliki di autoritarismo. In Iraq, peraltro, lo scorso weekend ha visto una raffica di attentati con autobombe in tutto il Paese. Oltre 70 morti e 250 feriti.

E poi

La Stampa intervista il sociologo e filosofo Michael Walzer, voce autorevole della sinistra ebraica americana, in occasione della pubblicazione del suo nuovo libro “In God’s shadow”. Ha deciso di occuparsi della Bibbia, e spiega: “Vi lavoravo da 20 anni, applicando alla Bibbia la ‘teoria della ricezione’ tedesca, ovvero per comprendere come il testo è stato interpretato nei secoli. E’ uno sforzo per arrivare a definire cosa pensavano della politica gli autori della Bibbia”.
Il Corriere della Sera scrive che il quotidiano Maariv, considerato il “giornale dei laici”, travolto dai debiti e dal calo dei lettori, passerà ad un nuovo proprietario: il falco miliardario Shlomo Ben-Zvi, che già controlla un piccolo tabloid di orientamento religioso, decisamente a destra. A destra cioè del partito Likud. Un quotidiano apprezzato soprattutto dal movimento dei coloni.

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