L’incontro tra il Papa e Castro

Il Corriere della sera: “Migranti, i limiti Ue all’Italia”. “Le condizioni di Bruxelles per dividere gli extracomunitari tra tutti gli Stati membri”. “Squadre di tecnici stranieri e centri di raccolta per identificare i profughi”.
In alto: “Raul Castro in Vaticano: ‘con un Papa così potrei tornare cattolico’”.
A centro pagina: “Rimborsi ridotti ai pensionati. ‘Il debito non deve aumentare'”.
E poi, sulla riforma della scuola: “Boschi, lite con i sindacati”.
A fondo pagina: “Confessa il violentatore della tassista. Roma, fermato un giovane di30 anni. Le colleghe della vittima: abbiamo paura”.
L’editoriale è firmato da Pierluigi Battista: “Il cattivo silenzio sulla Siria”.
In prima anche un articolo sulle elezioni britanniche: “Blair: ora virare al centro. L’ex leader attacca la linea laburista”.

La Repubblica: “Ecco il piano delle Tlc, banda ultralarga all’Enel ‘Telecom non basta più’”, “Il governo: riportare le reti infrastrutturali sotto il controllo pubblico”, “Rimborso pensioni, la Ue avverte l’Italia: a rischio deficit flessibile”.
In grande evidenza una foto dell’incontro tra Raul Castro e il Papa: “Il grazie di Castro a papa Francesco: ‘Con lei posso diventare cattolico’”.
A centro pagina: “Migranti, obbligo di asilo solo per i primi ventimila”.
Poi la polemica sulla scuola e le parole del ministro delle Riforme: “Boschi: la scuola non è dei sindacati. La Cgil: disprezza la democrazia”.
Sulla colonna a destra, un intervento dell’ex premier britannico Tony Blair: “Più coraggio e compassione, la sinistra riparta dal centro”, “Se vogliamo vincere ascoltiamo le imprese e soprattutto i lavoratori”.

La Stampa, con grande foto di Raul Castro con il Papa: “Castro: con questo Papa torno cattolico”, “Il presidente cubano un’ora con Francesco, poi da Renzi: che sbaglio considerarci terroristi”.
In apertura a sinistra: “Bruxelles dice sì allo sconto all’Italia sui conti pubblici”, “Le concessioni sono subordinate alla soluzione del caso-pensioni”, “Ammessa la correzione da 2 miliardi anziché da 8”.
A centro pagina: “Migranti, prime quote Ue: ‘Ne accogliamo 40 mila’”, “Intervista al segretario della Nato Stoltenberg: pronti a fare la nostra parte in Libia contro gli scafisti”. E un intervento della presidente della Camera Laura Boldrini: “’Andare oltre l’emergenza’”.
Un’altra intervista richiamata in prima pagina è quella al presidente dell’Afghanistan Mohammad Ashraf Ghani: “’Italiani, non abbandonateci’”, “’Il 2015 sarà decisivo. Siamo attaccati su più fronti, ma resistiamo. On permetteremo all’Isis di insediarsi’”.
Sulla scuola e il ministro delle Riforme Boschi: “’Non funziona la scuola in mano ai sindacati’. E’ scontro con la Cgil. Ma il caso conferma la ‘svolta aggressiva’ del ministro”.
A fondo pagina: “Le ex centrali nucleari aprono al pubblico”, “Fra una settimana, già tutto esaurito”. Di Mario Tozzi.

Il Fatto: “Rom, fatti e pregiudizi”, “Chi sono davvero? Da secoli vivono in fuga, accusati in passato di portare la peste. Oggi di furti e rapimenti. Viaggio in due realtà opposte: a Roma in centinaia campano tra i rifiuti. A Torino hanno ristrutturato case, lavorano e studiano. In Europa sono 14 milioni, in Italia solo 140 mila (40 mila nei campi)”.
Ancora sul caso delle liste in Campania per la candidatura di Vincenzo de Luca alla carica di presidente della Regione: “De Luca riconosce gli impresentabili: ‘Non ho controllato: quelli sporchi non votateli’”.
Sulle comunali di questo fine settimana: “Affluenza in calo. Bolzano fa -8%”, “A Ortisei non riescono a eleggere il sindaco”.
Sull’incontro di Castro con il Papa: “Raul Castro vede la luce: ‘Ridivento cattolico’”.

Il Giornale: “Rapina di Stato. Renzi si tiene le pensioni”. “Il governo non restituirà i soldi. E vuole tagliare per sempre gli assegni sopra i 2mila euro”. E poi: “L’ennesima truffa della Ue: il piano sull’immigrazione è un bluff”.
L’editoriale, firmato da Alessandro Sallusti: “Il partito Repubblicano parla all’Italia che non vota più”, sulla idea di Berlusconi di rifondare il suo partito. Sulla campagna elettorale anche un articolo dal titolo: “Il Cavaliere infiamma le elezioni e punta su Umbria e Liguria”.
A centro pagina da segnalare: “Botte da orbi in Confindustria”. “Corsa per la successione a Squinzi. Nel primo test del nuovo corso i piccoli sgambettano Roma e Milano”.
In prima anche: “Castro incontra Bergoglio e pensa alla conversione”.

Il Sole 24 ore: “Immobili, coniugi, contributi: le trappole del ‘nuovo’ 730”. “Le segnalazioni di professionisti e Caf sull’inserimento di dati non aggiornati nei modelli delle Entrate”. “Per intermediari e contribuenti necessari maggiori controlli sui quadri”.
A centro pagina: “Rate non pagate a livelli record”. “Secondo il rapporto Unirec i crediti da recuperare sono quadruplicati rispetto al 2007”. “Superata quota 56 miliardi. Quasi il 90 per cento pesa sulle famiglie”.
E poi: “Il dilemma delle pensioni: diritti o conti in ordine?”. “Le sentenze della Corte costituzionale”.

Migranti, Libia, Nato

La Stampa dedica le pagine 2 e 3 all’emergenza migranti: “’Ridistribuire 40 mila migranti’. Prime ipotesi di quote dalla Ue”, “Juncker vuole un segnale concreto entro luglio. Paesi dell’est contrari”. Spiega il corrispondente da Bruxelles Marco Zatterin che il presidente della Commissione Ue Juncker vuole ad ogni costo che il suo esecutivo proponga ai governi un sistema di quote per ripartire, su base obbligatoria, i migranti che sono giunti in Europa e che ne hanno diritto. Insiste per un meccanismo temporaneo di emergenza (articolo 78.3 dei trattati Ue) da definire entro giugno, in vista del varo di un analogo sistema dall’anno prossimo, questa volta definitivo. Per il 2015 l’idea ruota intorno a un pacchetto da 20 mila migranti più 20 mila asilanti da distribuire.
Sul Corriere Fiorenza Sarzanini scrive che “c’è una vera e propria clausola che l’Italia dovrà accettare prima del via libera alla distribuzione dei profughi in tutti gli Stati europei”, una “condizione preliminare che “prevede l’invio in Italia di commissioni internazionali per il fotosegnalamento degli stranieri e la creazione sul nostro territorio di centri di smistamento dove i migranti dovranno rimanere fino al completamento della procedura per l’accertamento dell’identità. Solo se questa parte del progetto diventerà operativa, verrà avviato l’esame della proposta per far diventare obbligatoria e non volontaria l’accoglienza da parte dei 28 Paesi e per una revisione del Trattato di Dublino”. Altro aspetto, scrive il Corriere, riguarda “centri di accoglienza che l’Italia dovrà impegnarsi a creare e dove i migranti dovranno rimanere fino al termine della procedura per l’accertamento dell’identità o, nel caso dei richiedenti asilo, fino a che non sarà verificata l’esistenza dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato. Si tratta evidentemente di una proposta che di fatto prevede lo stato di custodia di queste persone in modo che non lascino l’Italia per spostarsi in altri Stati. Nella relazione i tecnici impegnano l’Unione Europea a uno stanziamento di 60 milioni di euro per contribuire all’allestimento delle strutture e al mantenimento degli stranieri. Al di là della congruità della cifra, il piano messo a punto dal ministro Angelino Alfano la scorsa settimana al termine dell’incontro con governatori e sindaci già prevede l’allestimento di centri di smistamento in ogni Regione, ma le regole non sono così rigide e soprattutto non è prevista alcuna supervisione straniera. E dunque anche in questo caso bisognerà vedere quale sarà la controproposta messa a punto dagli sherpa italiani” .
Su Il Giornale si legge che “naturalmente la narrazione giornalistica di queste ore sembra indulgere a un ottimismo eccessivo. E il rischio che la svolta si trasformi in un bluff è elevatissimo”, perché “riguarderebbe solo il 20%-30% circa di chi sbarca, ovvero quelli che hanno realmente i requisiti per l’asilo”, e poi “bisognerà osservare con attenzione se i criteri di distribuzione resteranno quelli iniziali o ci saranno correzioni” in corso. Infine, “se pure il Piano venisse approvato dalla Commissione dovrebbe poi passare il vaglio del Consiglio. E lì inizia il calvario”.
Su La Repubblica, pagina 10: “Migranti, il piano Ue all’Onu, ma l’obbligo di accoglienza sarà solo per i primi ventimila”, “Mercoledì il voto delle quote per suddividere gli arrivi tra Stati membri. E oggi Mogherini presenta al Palazzo di Vetro gli interventi decisi da Bruxelles”. Spiega il quotidiano che l’alto rappresentante della politica estera Ue Federica Mogherini illustrerà al Consiglio di Sicurezza Onu la drammatica situazione dei migranti nel Mediterraneo e la decisione del Consiglio europeo di condurre una missione per la distruzione delle barche usate dai trafficanti di esseri umani. L’obiettivo è quindi ottenere una risoluzione Onu che autorizzi l’intervento delle forze europee nelle acque territoriali libiche e possibilmente anche nei porti che vengono utilizzati come base di partenza dalle carrette del mare. Non sarà facile perché ci sono resistenze soprattutto per le missioni aeree per la distruzione delle imbarcazioni.
La Stampa intervista il segretario della Nato Stoltenberg, norvegese, ex primo ministro laburista : “Se sarà necessario la Nato pronta a fare la sua parte in Libia”, con un ruolo di sostegno alla missione in Libia che Ue e Onu stanno valutando per cercare di bloccare il flusso di migranti attraverso il Mediterraneo. “Appoggiamo ogni sforzo per una soluzione politica”, dice Stoltenberg, però “non c’è stata alcuna richiesta di un nostro coinvolgimento”. L’intervista non verte solo su questo tema, ma spazia per arrivare fino al conflitto russo-ucraino- “La Russia -dice- cerca di ristabilire una sfera di influenza intorno ai suoi confini. Non è un fatto nuovo. L’Ucraina è un fatto serio anche perché fa parte di uno schema. Lo abbiamo visto in Moldova, Transnistria, nella violazione territoriale in Georgia”.
Su La Repubblica il reportage di Pietro Del Re da Ceuta, enclave spagnola in Marocco, da cui è partito Abu, il ragazzo ivoriano di 8 anni, nascosto in una valigia: “Ceuta, nel quartiere più pericoloso di Spagna, tra i clandestini disperati come il piccolo Abu”. Nel barrio Principe oggi neanche la Guardia Civil osa avventurarsi e un attivista spiega: “Qui è morta la speranza, anzitutto per colpa dell’apartheid di cui siamo vittime. Nel nostro quartiere la povertà funesta l’80% della popolazione, l’abbandono scolastico raggiunge il 90 per cento”, “la gente non parla neanche lo spagnolo ma un locale dialetto arabo”, “la situazione è totalmente sfuggita di mano alle autorità, creando le condizioni ideali per il narcotraffico e adesso per il jihadismo”.

Papa, Castro

Su La Repubblica: “Castro un’ora dal Papa, ‘Se Francesco continua così tornerò alla Chiesa cattolica’”,”I presidente cubano in Vaticano. Bergoglio andrà sull’isola a settembre. Incontro con Renzi: ‘Ottimi rapporti’. Sui diritti umani: ‘Niente uso politico’”. E Norberto Fuentes, scrittore cubano per anni vicino a Castro e poi in esilio dal 1996 scrive, in riferimento a Raul, che “dietro quella pecorella smarrita” ci sono “ le mosse di un politico abile”. “Una notte -racconta- a casa mia davanti a una bottiglia di rum Raùl disse: ‘Se la Rivoluzione me lo chiede, sono disposto a fare la comunione”.
Su La Stampa: “Castro al Papa: ‘A Cuba errori sui diritti umani’”, “In Vaticano l’incontro del presidente Raùl con Francesco. ‘Se continua a parlare così tornerò nella Chiesa cattolica’”. E Mimmo Candito racconta “il personaggio” e scrive: “Da Fidel a Raùl, la seconda Revoluciòn. Il dialogo con la Chiesa si fa ad alta voce”, “Il primo si fece ‘legittimare’ da Wojtyla, il secondo le dà un ruolo politico”.
Sul Corriere una intervista a monsignor Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato e artefice dell’incontro. “Così il Vaticano ha saputo abbattere l’ultimo muro”, il titolo.
Dice che la visita di Bergoglio a L’Avana durerà “due giorni pieni”. Dice anche che gli è piaciuta una dichiarazione del ministro degli esteri cubano che ha detto che ha detto che Cuba è pronta a sottoscrivere tutti i discorsi fatti dal Papa in tema di povertà e disuguaglianza.

De Luca

Su Il Fatto, pagina 2, ancora il caso della lista del candidato governatore della Campania: “De Luca: ‘Non votate i miei impresentabili’”. Il quotidiano descrive il “mea culpa” di De Luca: “’Non ho potuto controllare tutti i nomi in corsa’. Neanche quello del figlio d’arte col papà nel Msi”. Ci si riferisce, in questo caso, Diego Manna, figlio dell’ex deputato missino ed ex consigliere comunale di Napoli Angelo Manna.
Il Corriere parla di Adriano Tilgher “uno degli ultimi grandi capi dell’estrema destra italiana e leader del Fronte nazionale”, 67 anni, “fondatore insieme a Stefano Delle Chiaie di Avanguardia nazionale, inquisito per le stragi del treno Italicus e della stazione di Bologna, cinque anni di carcere, deve anche difendersi dall’accusa di ‘ricostituzione del partito fascista’”. “Candida Vincenzo De Leo, che a Casal di Principe è segretario del Fronte nazionale, nella lista «Campania in Rete», una lista civica che appoggia De Luca”. Dice che “De Luca, come dimostrano anche le sue vicende all’interno del Partito democratico, è chiaramente un uomo che spacca, lacera, che cerca di rompere gli schemi. Adesso forse sta un po’ esagerando, ma poi vedremo meglio di che si tratta… Ciò che però politicamente interessa a noi è proprio questa voglia di spaccare gli schemi: perché è quello che vogliamo fare noi. Infrangere, ribellarci, lottare insieme… Sì, con De Luca è un gioco che sì può fare…”

Forza Italia

Sul Corriere una intervista al capogruppo azzurro a Palazzo Madama Paolo Romani: “Sul Senato sbagliato rompere. Siamo decisivi con i numeri e possiamo tornare centrali”. Il quotidiano scrive che è “un appello al suo partito ma soprattutto al buon senso”. “Non vorrei che il mio partito si frantumasse prima ancora di aver preso una posizione ragionata e meditata”, dice.
Su Il Giornale Alessandro Sallusti scrive dello “scetticismo” di Alfano e Salvini sulla idea di Berlusconi di far nascere un “partito Repubblicano” sulle ceneri di FI e della alleanza di centrodestra, e scrive che la proposta di Berlusconi non deve piacere tanto agli alleati e ai “colonnelli di Forza Italia” ma agli elettori, a “quel cinquanta per cento di italiani politicamente dormienti”che non vogliono “accasarsi né con Renzi né con Grillo né con Salvini né con questa Forza Italia”.

Banda ultralarga

Su La Repubblica, alle pagine 2 e 3 “il piano” del governo sulla banda ultralarga: “Il governo affida all’Enel le chiavi del progetto sulla banda ultralarga. Telecom messa all’angolo”, “Il gruppo pubblico dell’energia pronto a utilizzare la grande rete dei cavi elettrici per portare la fibra ottica nelle case. E Renzi lavora anche al polo delle torri tv”. Scrive Claudio Tito: “Restituire al controllo pubblico le grandi reti infrastrutturali di comunicazioni, a cominciare da quella futura della banda ultralarga. Per il governo il piano che stanzia 6,5 miliardi in cinque anni per la fibra ottica si sta trasformando in una grande occasione. Riaffermare il ruolo statale nelle ‘autostrade telematiche strategiche’. Attraverso l’Enel, colosso elettrico controllato appunto dal Tesoro. Entro maggio, infatti, l’esecutivo dovrà determinare modalità e quantificazione degli incentivi per costruire la nuova rete”. Nei report del governo si sottolinea come Enel possa già contare su una ramificazione capillare. Si tratterebbe per il governo di un primo passo per una ristrutturazione complessiva del settore delle Tlc: che comprenderà anche le reti per le trasmissioni tv, a cominciare dalle antenne. E per quel che riguarda le cosiddette “torri” che furono al centro dell’Opa fallita della berlusconiana Ei Towers verso Rai Way, la linea è anche in questo caso non perdere il controllo pubblico. L’intenzione è quella di provare a costituire una nuova società che metta insieme le “antenne” tv in una sorta di consorzio che possa agire anche da ente regolatore. In quel caso parteciperebbero Rai way, Ei Towers e le torri di Wind, che di recente sono passate nelle mani della spagnola Abertis. Il controllo pubblico potrebbe essere agevolato dalla presenza di Cassa Depositi e Prestiti. Ma per il momento !è solo un progetto”, scrive Tito.

Scuola

Un’intera pagina de La Repubblica è dedicata allo scontro sulla scuola e alle parole del ministro delle Riforme: “Boschi: ‘La scuola non è dei sindacati’. ‘Non possiamo lasciarla solo nelle loro mani’. La Cgil insorge: ‘Questo è disprezzo della democrazia’. Fassina: ‘Parla come la Gelmini’. Il ministro attacca Berlusconi e Brunetta replica: ‘Troppo potere a chi ha studiato poco’”. Il quotidiano intervista la segretaria Cisl Anna Maria Furlan, che dice: “Il governo sbaglia, lo hanno detto le piazze, ora deve convocarci, da soli non si riforma”, “Non si cambia un Paese arroccandosi sull’autosufficienza. Serve un piano di assunzione in tre anni di tutti i precari”. Spiega la Furlan: “Visti i risultati dello sciopero del 5 maggio, c’è poco da delegittimare: le piazze piene hanno detto che il problema della scuola non sono i sindacati, ma le scelte sbagliate del governo”.
La Stampa: “’No a una scuola in mano ai sindacati’”, “Boschi parla della riforma: ‘Non è un prendere o lasciare’. Ma poi va all’attacco. Ira Cgil: ‘Arroganza e disprezzo della democrazia’. Ma anche la Cisl mostra fastidio”. Sulla stessa pagina Fabio Martini descrive il “personaggio” di Maria Elena Boschi: “La metamorfosi studiata della ‘fatina’ con la clava. ‘Si combatte per vincere’”, “Boschi è diventata di lotta e di governo”.
A commentare le parole del ministro Boschi è, tra l’altro, l’editorialista de La Repubblica Stefano Folli. Quando il ministro dice che la scuola non può funzionare in mano ai sindacati. Si tratta di un tema per la campagna elettorale regionale, “emblematico della fisionomia che il Pd verrà ad assumere nel prossimo futuro. Il ‘renzismo’ non può permettersi di cedere di fronte alla logica sindacale. In fondo il laburista Miliband ha perso in Gran Bretagna anche perché ha riproposto la vecchia visione sindacato-centrica” da cui si era affrancato Tony Blair.

Pensioni

Sul Corriere: “Pensioni, rimborsi (parziali) una tantum”. Si legge che “entro la settimana” il governo “varerà un decreto sulle pensioni per assecondare la sentenza della Corte costituzionale che ha cancellato il blocco della perequazione delle pensioni degli anni 2012-2013”. Il decreto sarà basato su “progressività e temporaneità”, ovvero la restituzione sarà “modulata in base al valore dell’assegno: avrà di più chi è titolare di un reddito più basso e meno, via via, chi lo ha più alto. Le percentuali di restituzione della perequazione non sono state ancora decise, i tecnici ci stanno ancora lavorando”.
«Lavoreremo per rispettare sia la sentenza che gli impegni verso i partner europei», spiegano al Tesoro, con una soluzione «compatibile con l’obiettivo programmatico del 2,6%» per non scardinare la manovra di bilancio già predisposta. «Se si dovesse ripristinare totalmente l’indicizzazione, l’Italia si troverebbe a violare simultaneamente il vincolo del 3%, l’aggiustamento strutturale e la regola del debito. Quest’ultimo, che sta iniziando a scendere, ricomincerebbe a salire, e la Commissione ci metterebbe immediatamente in procedura d’infrazione, sia per il deficit che per il debito. Con conseguenze per noi gravissime» ha detto Padoan al Messaggero .
Sul Messaggero Francesco Grillo si chiede se sia “ragionevole” che un Paese continui “a spendere – nonostante vent’anni di riforme – cinque volte di più in pensioni di quanto non investa nello sviluppo del capitale umano”. Grillo riprende la sentenza della Corte costituzionale e nota – come ha fatto Prodi ieri sullo stesso quotidiano –che nella sentenza si parla di “ragionevolezza” e di “equità” della norma Monti-Fornero, ,mentre “in nessuna parte di questa sentenza si parla – ed è un aspetto di fondamentale importanza che nessuno sembra aver notato – di ‘diritti acquisiti’”. Dunque “potrebbe essere legittimo il tentativo del ministro dell’economia Padoan di attenuare le conseguenze di una decisione che ha il difetto di essere immediatamente valida e retroattiva”, e “sarebbe ancora meglio mettere subito in agenda un intervento complessivo di ripensamento della spesa per prestazioni sociali”. Grillo si sofferma anche sulla arretratezza nel nostro Paese di moderni sistemi di welfare.
Su La Stampa, un’intervista a Luigi Di Maio, esponente di punta del M5S e vicepresidente della Camera: “Sì, parlo col Pd ma il reddito di cittadinanza dev’essere di 780 euro”, “Su tutto il resto discutiamo, anche sulle coperture”.
E Mattia Feltri sulla stessa pagina descrive “l’eterna farsa del dialogo tra grillini e democratici”, “Le distanze restano tantissime, anche quando (forse) si parlano”.
Su La Repubblica: “Sel e grillini: ‘Ci sono i voti per dire sì al reddito minimo’. E nasce un fronte al Senato”, “Di Maio sfida il Pd: ‘Boschi e Speranza sono d’accordo? Approviamolo’. Le proposte della sinistra dem e i contatti con i 5 Stelle attraverso Libera”. E sul tema, due interviste: il sottosegretario all’economia Paola De Micheli (“Misure selettive per sconfiggere la povertà. No alle paghette”, “La proposta M5S è poco rigorosa, spero discutano”) e il direttore del Centre for Policy Studies di Bruxelles Daniel Gros (“progetti giusti ma riformare il vostro welfare è impossibile”)
Per tornare alle pensioni, sul Sole (“Gioco di oneri tra giudici e legislatori”) si ricorda che “la fase di accumulo dei contributi previdenziali e quella successiva, di erogazione delle prestazioni pensionistiche, sono fasi di lunga durata, misurabili in termini di decennia”, e dunque il fatto che ci siano variazioni normative “appare natural”. E si ricorda che la stessa Consulta lo ha affermato: “non è affatto interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata…”. Quanto alle pensioni oggi in godimento, la Corte ha ricordato che un peggioramento dell’assegno può essere legittimato dalla “necessità di assicurare un equilibrato andamento del bilancio…”, “volta a ovviare ‘all’insorgenza di notevoli difficoltà finanziarie… che avrebbero potuto riflettersi sulla capacità stessa di effettuare in futuro prestazioni pensionistiche a tutti gli aventi diritto’” .

Confindustria

Su Il Giornale si raccontano le “botte da orbi” in Confindustria a partire dall’esito della assemblea privata degli industriali la scorsa settimana, che ha nominato il nuovo Consiglio generale, ovvero l’organo voluto da Squinzi per governare la Confederazione. “Il Consiglio Generale, nominato ogni due anni, si compone di 178 membri, di cui però solo 20 eletti dai 1.451 membri dell’assemblea generale. La maggior parte degli altri (100) è assegnata di diritto alle associazioni di territorio e, in parte minore, di settore attraverso un meccanismo che assegna più seggi alle territoriali più forti in termini di aziende e di contributi”. Alla prima prova elettiva però sono “finiti in fuori gioco alcuni nomi che già circolavano per il dopo Squinzi”, tra i quali il presidente di Assolombarda Rocca, e quello della associazione romana Regina. “Da notare che tra i ribelli si sono trovate importanti associazioni come le maggiori del Nord-Est, Vicenza e Treviso, il resto del Veneto, Friuli, Liguria, Marche, Umbria. Il segnale lanciato è preciso: Assolombarda e i suoi alleati non sono più gli ‘azionisti di maggioranza’ in viale dell’Astronomia”.

Labour

Su La Repubblica due pagine sulla Gran Bretagna, all’indomani della sconfitta dei laburisti di Ed Miliband. A pagina 13 una grande foto di Chuka Umunna, 36 anni, origini nigeriane, avvocato. Un emergente all’interno del Labour. Ha contribuito al dibattito su temi sociali sia all’interno del partito che scrivendo su vari giornali. E’ in Parlamento dal 2010 ed è attualmente ministro ombra per gli Affari e l’innovazione: “Un leader per i laburisti, spunta la stella di Umunna, ‘l’Obama britannico’”, “Dopo l’addio di Ed Miliband, molti pretendenti. Il favorito è un avvocato 36enne di origini nigeriane”. E alle stesse pagine un intervento di Tony Blair: “Dobbiamo imparare dalla sconfitta, per vincere ripartiamo dal centro”, “Non riconquisteremo la Scozia diventando più di sinistra”, “Sull’immigrazione siamo per le regole, ma non per i pregiudizi: niente indulgenze nei confronti dell’Ukip”, “Il Paese ha votato i conservatori senza volerli davvero, da qui la discrepanza tra i risultati e i sondaggi”, “Molte soluzioni trascendono i confini tra sinistra e destra, dobbiamo sentirci a nostro agio con questo”.
Sul Corriere: “Tony Blair fustiga il Labour: ‘Torni un partito centrista’. E scatta la corsa al vertice”. Dove si dà anche conto delle opinioni di Peter Mandelson, che dagli studi della Bbc ha detto tra l’altro: “Occorre impedire che i capi dei sindacati abusino della loro posizione”. Il riferimento era alla battaglia tra Ed e David Miliband per la leadership del partito. Il secondo, sostenuto da Blair, non era amato dalle Unions, e fu sconfitto.

E poi

Dopo le parole di commiato dalla direzione del Corriere della Sera di Feruccio De Bortoli, che ha sottolineato come con il tempo abbia imparato che i giornali devono essere “scomodi e temuti per poter svolgere un’utile funzione civile”, Su Il Fatto l’ex direttore Antonio Padellaro racconta il suo “Corriere segreto”, ovvero “Vent’anni dentro il quotidiano di via Solferino: la direzione di Spadolini, il periodo duro degli anni Settanta: il coinvolgimento con la loggia di Licio Gelli, la rinascita con Cavallari e Stille”. “Il giorno in cui entrai in punta dei piedi in via Solferino 28 a Milano non mi sembrò affatto un giornale scomodo, ma una cattedrale dove si celebrava ogni giorno una solenne messa cantata, e guai a steccare”, scrive Padellaro. E poi: “Una mattina del 1981 arrivai con l’elenco degli iscritti alla P2. Il direttore Di Bella: ‘Chi c’è dentro?’. Sputati il rospo: ‘Anche tu’. Seguì un silenzio che mi parve eterno. Di Bella: ‘Scrivete tutto’. Nel pomeriggio si dimise’”.

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