Jihadismo in Alto Adige

La Repubblica apre con il caso De Luca e in particolare con le parole di Guglielmo Manna, marito del giudice Anna Scognamiglio, in una intercettazione: “’Se De Luca non mi nomina perde la Regione’”, “Le intercettazioni del marito della giudice indagata. Pd diviso, il ministro Orlando: io non l’avrei scelto”.

“Lo scaricabarile del governatore” è il titolo del commento di Stefano Folli.

In grande evidenza la foto del mullah Krekar, in relazione all’operazione antiterrorismo compiuta ieri: “La rete europea del terrore, sette terroristi arrestati in Italia”, “’Progettavano attentati’”.

In basso, le parole di Berlusconi, ieri ospite di Bruno Vespa: “’Renzi mi ha tradito sulla Severino’. Il premier: solita bugia di Berlusconi”.

A fondo pagina: “Milano, 4 coltellate a ebreo in strada”, “Aggredito da giovane incapucciato, la paura della comunità”.

E una vicenda di cronaca giudiziaria relativa al Lazio: “Sanità, la truffa dei ticket falsi, nel Lazio uno scandalo da centro milioni. Coinvolti ospedali e cliniche private”.

Sulla colonna a destra: “Siria, la fuga dei nostri nemici così uguali a noi”, di David Grossman.

E “il racconto” di Adriano Sofri: “Sinjar, la vendetta dei curdi contro il Califfo”.

La Stampa: “La centrale europea dei jihadisti arruolava combattenti dall’Italia”, Minacce dalla Norvegia: ‘Il mullah Krekar progettava un attentato’. 13 arresti, il reclutatore a Merano”. Poi le notizie dal Libano: “Tre kamikaze anti Hezbollah a Beirut: oltre 40 morti. L’Isis rivendica”.

Più in basso: “Milano, ebreo ortodosso accoltellato. Nove fendenti da un incappucciato”, “E’ un quarantenne, genero di un rabbino afghano. L’episodio ricorda le aggressioni di Gerusalemme”.

La foto a centro pagina di pasticceri che trasportano una torta nuziale: “Crollano i matrimoni, boom di convivenze”.

In apertura a sinistra: “L’America avverte Roma: ‘Iran, sanzioni ancora attive’”. Ne scrive Paolo Mastrolilli da New York.

Sulla colonna a destra: “Caso De Luca, il marito della giudice: ‘Ora incasso’”, “Silenzio di Renzi”.

Poi un commento di Mattia Feltri: “Se il bollino vale solo per Israele”.

Sulla crisi dei rifugiati: “Cambia il vento: anche la Svezia è meno generosa”.

Il Corriere della sera: “Accoltellato ebreo, paura a Milano. Era in abiti tipici degli ultraortodossi. Il timore della Comunità che sia una emulazione dell’Intifada. L’aggressione davanti a una pizzeria kosher. L’assalitore aveva un passamontagna. Il movente non è ancora chiaro”.

A centro pagina, con foto, la notizia degli arresti di presunti jihadisti in Italia: “Il mullah e i jihadisti pronti a colpire”.

A fianco, sulla politica interna: “’Legge Severino nel Nazareno’. Duello tra Berlusconi e Renzi. Il premier: una barzelletta che non fa ridere”.

Nella parte alta della prima pagina il quotidiano si occupa del vertice di Malta: “Migranti, Juncker si sfoga: ‘Così finiamo nel 2101”.

Il Giornale: “Renzi come Schettino. Esplode il caso De Luca e il premier abbandona la nave per fare passarella all’estero. Il Cavaliere: ecco cosa c’era davvero nel patto del Nazareno”.

A centro pagina: “Incubo Intifada a Milano. Ebreo accoltellato per strada. Attentato inquietante”.

Il Fatto: “Renzi incastrato da De Luca: se lo caccia, il governo rischia”, “L’ostaggio. Attivissimo contro Marino, il premier ignora le bugie del governatore”.

Le intercettazioni: “’Se io non faccio il Dg, tu non fai il presidente’” (è Manna a parlare, in una intercettazione con l’avvocato Brancaccio, ndr.).

E ancora sul caso De Luca: “Amici suoi. Nei Vincenzo-boys c’è anche il giudice del futuro processo”.

A centro pagina: “Renzi incastrato da Berlusconi: ‘Nel Nazareno, via la Severino’”, “L’ex Cavaliere svela a Porta a Porta la clausola più imbarazzante del misterioso patto con Pd. Poi fa uscire una smentita che però conferma tutto. Il premier se la cava con una battuta: ‘Una barzelletta delle sue’”.

Il Sole24 ore: “L’attesa sui tassi Usa pesa sulle Borse, corsa ai bond Ue. Btp ai minimi storici in asta, spread a quota 100. La probabile stretta monetaria Fed affonda tutti i listini. Dollaro in rialzo, giù le commodities”.

A centro pagina: “Tasse locali, caos sul salva-delibere. Sì alla sanatoria sulle decisioni su Imu-Tasi, Tari e Irpef approvate in 886 Comuni dopo il 30 luglio. Oggi il decreto con 80 milioni per il dopo Expo, fondi anche per il Giubileo”.

Di spalla la politica: “Berlusconi: nel patto del Nazareno c’era la modifica della Severino. Renzi: barzellette, mai promesso”.

In alto: “Salini sbarca negli Usa: acquisizione da 400 milioni”. “Rilevato il costruttore di strade Lane”.

Accanto, una intervista a Marco Tronchetti Provera: “Così riporterò Pirelli in Borsa”.

Jihad in Europa

La Repubblica dedica le prime quattro pagine all’operazione antiterrorismo compiuta ieri: “Jihad, la rete europea. ‘E a Merano facevano lezioni di terrorismo’”, “Diciassette arresti. ‘Progettavano attentati’. Lo Stato pagava la casa al capo della cellula italiana”. Se ne occupano Giuliano Foschini e Fabio Tonacci: “Tra Bolzano e Merano c’era una pericolosissima cellula terroristica islamica che negli ultimi cinque anni ha aiutato almeno dieci combattenti a raggiungere l’Is, con l’ambizioso obiettivo di instaurare anche nel Kurdistan iracheno lo Stato islamico. La cellula alto-atesina, sei curdi-iracheni e un kosovaro, era la filiale italiana della rete fondamentalista Rawti Shax (‘Nuovo corso’), nata dalle ceneri della diaspora di Ansar Al Islam e governata da una vecchia conoscenza dell’intelligence mondiale: il mullah Krekar, arrestato nel 2012 in Norvegia per minacce, ma lo stesso capace di dare direttive e disposizioni dal carcere di Oslo. E’ stata scoperta dagli uomini del reparto antiterrorismo dei carabinieri del Ros, guidati da Massimiliano Macilenti, al termine di una lunga indagine iniziata nel 2010 con il monitoraggio del sito www.jarchive.com di connotazione jihadista. Tra gli utenti figurava quel Nauroz Abdul Rahman, accusato ora di essere il capo dell’articolazione italiana di Rawti Shax e di tenere ‘lezioni’ di Guerra santa, che fino a ieri viveva in un grazioso appartamento nel quartiere residenziale di Merano ‘diventato’ -scrive il gip nell’ordinanza- luogo di riunioni segrete e crocevia di aspiranti jihadisti’. E per il quale Nauroz nemmeno paga l’affitto, grazie allo status di protezione sussidiaria ottenuto inventandosi di essere minacciato in Iraq da da Ansar Al Islam, cioè dalla sua stessa organizzazione. Un altro degli arrestati, Hasan Saman. Con cinque figli a carico, riceve un sussidio di 2.000 euro al mese e si stava per arruolare con le truppe di Al Baghdadi”, il capo dell’Isis. Sono 17 le ordinanze di custodia cautelare emesse dalla magistratura di Roma, sotto il coordinamento della Direzione nazionale antimafia guidata dal procuratore Franco Roberti, ed eseguite in collaborazione con Eurojust in Italia, Gran Bretagna, Norvegia, Finlandia e Svizzera. Fra i destinatari c’è anche il mullah Krekar e l’accusa è per tutti di associazione con finalità di terrorismo internazionale. E alle pagine 2 e 3 i due cronisti offrono una ricostruzione delle intercettazioni del gruppo: “’Prenderemo anche Roma, siamo destinati al martirio’”, “Le intercettazioni del gruppo in Alto Adige: ‘E’ buono morire per Allah. Non mi interessa di questo mondo, voglio tutto nell’aldilà’”. Il gruppo, secondo gli investigatori, aveva due obiettivi: uno a breve termine con la Jihad in Siria e l’altro a lungo termine, ovvero portare la guerra santa in Kurdistan. I compito principale della cellula italiana era quello di reclutare jihadisti da inviare in Siria. E sarebbero almeno 10 gli uomini partiti dall’Italia per arrivare in Siria. Molte delle energie vengono spese per progettare un attentato in Norvegia, per liberare il mullah Krekar, che è stato arrestato nel 2012.

A pagina 4 Carlo Bonini racconta “il personaggio” Krekar: “Pizzini e file Mp3, così il mullah Krekar guidava dal carcere la guerra all’Occidente”, “L’esule curdo era fuggito dall’Iraq verso la Norvegia che per legge non poteva estradarlo. Da anni le intelligence lo controllavano. Tradito dalle intercettazioni in carcere”. E’ nato nella città del Kurdistan iracheno Sulaymaniya nel ’56, ha avuto uno status di rifugiato politico revocato tredici anni fa: esule curdo nell’anno della prima guerra del Golfo del 1991, signore e padrone di Ansar al Islam, la dazione islamica curdo sunnita che, nel 20013, in coincidenza con l’invasione alleata dell’Iraq e lo sfaldamento del regime di Sadda, guarda ad Al Qaeda e Bin Laden come la strada maestra verso il califfato ed è pronta per questo a rovesciare tutta la sua violenza contro partiti e istituzioni curde, in una scia infinita di attacchi suicidi. Di più: è il chierico che, in quello stesso anno, trasforma la Norvegia, in cui si è rifugiato. In una prigione volontaria che gli risparmi la pena di morte che pende sulla sua testa in Kurdistan. Sulla stessa pagina, intervista a Raffaello Pantucci, esperto di terrorismo internazionale e direttore del Centro studi sulla sicurezza del think tank inglese Royal United Service Institute: “E’ una figura di collegamento tra vecchio e nuovo jihadismo”. E’ il fondatore del gruppo terroristico che agisce in Iraq, Ansar al Islam “e questo lo rende figura di riferimento del jihadismo europeo. Con lui è facile entrare in contatto e per il suo passato rappresenta una figura di collegamento tra vecchio e nuovo, Iraq e Europa. Non solo: è curdo. Noi siamo portati a pensare ai curdi come coloro che combattono lo Stato islamico. Ma sono sunniti e anche fra loro c’è chi subisce il fascino della jihad”.

Anche La Stampa dedica le prime tre pagine a questa inchiesta: “Dall’Italia la retata contro i jihadisti. Arrestati in Europa 13 terroristi”, “Sono curdi e un kosovaro. Il centro nevralgico in Alto Adige. La mente è un mullah norvegese”.

E a pagina 3 la descrizione del “personaggio” del mullah Krekar tracciato da Maurizio Molinari: “L’ossessione del mullah Krekar è conquistare la fiducia del Califfo”, “Dal 1991 uno Stato islamico nel Kurdistan iracheno”. Krekar, scrive Molinari, immagina lo Stato islamico 23 anni prima dell’Isis di Al Baghdadi, già nel 1991: vuole creare in Kurdistan un Emirato salafita, ha cioè un progetto ostile al nazionalismo curdo di Barzani e Talabani. Insomma, per lui l’Islam conta più dell’etnia curda. La convivenza con i leader dei peshmerga è impossibile e emigra in Norvegia, puntando a contagiare con la sua versione della Jihad la Diaspora curda in Europa. Un’operazione ambiziosa, riesce ad ottenere risorse finanziarie e umane grazie alle quali nel 2001 fa nascere nel Kurdistan iracheno “Ansar al Islam”, composto da circa 300 mujaheddin afghani, che giura fedeltà a Bin Laden. E nelle poche regioni curde che conquista, instaura un mini-Stato Islamico: vige la sharia più rigida, la musica è proibita, le bambine non possono studiare, i sacrari vengono distrutti. Saddam non li attacca: li sfrutta per indebolire il Kurdistan. E non stupisce quindi che quando Bush decide l’operazione “Iraq Freedom” nel 2003, l’organizzazione Ansar al-Islam sia tra i primi obiettivo. Il Pentagono di Rumsfeld lo considera “l’anello di congiunzione tra Saddam e Al Qaeda”.

Un reportage da Merano di Fabio Poletti, sulla stessa pagina, racconta invece chi sia Abdul Rahman Nauroz, arrestato ieri: “Nauroz, una vita invisibile a Merano per reclutare i martiri della guerra santa”, “Era il leader del gruppo, vestiva all’occidentale e faceva lavori saltuari”. “Diceva di essere un profugo curdo in attesa di riconoscimento”, racconta il custode degli stabili.

Sul Corriere Giovanni Bianconi – predendo spunto dalle intercettazioni – scrive di Ibrahim Jamal, iracheno transitato a Londra e poi arrivato in Italia, soprannominato Hitler dai suoi amici perché teneva le foto del fuhrer nella sua stanza. Una conversazione tra altri due presunti jihadisti: Il primo: “Hai visto le foto di Hitler?”. E l’altro, che è Nauroz: “No per Allah, quali?”. “Con un Kalashnikov sulle montagne del Kurdistan, l’ha postata su Facebook”. Risposta sconfortata: “Io cerco moglie ma non trovo niente”. La risposta: “Allah ci ama, per questo non ci ha offerto nessuna donna, così da permetterci di andare a giocare a calcio”, che secondo gli investigatori sarebbe il modo cifrato di parlare del jihad. Non si ha notizia di come l’abbia presa l’interlocutore che cercava moglie. In un’altra intercettazione lo stesso dice: “Non vado bene per niente eccetto che per il martirio, perché non ho né un moglie né dei figli. Cosa dovrei fare qui? E’ meglio andare lì e farmi saltare in aria. Tu credi negli attentati suicidi?”.

Secondo l’articolo del Sole, che cita le indagini, Nauroz era “particolarmente attivo” nel reclutamento, “grazie alle ‘lezioni’ che teneva nel proprio appartamento di Merano, luogo di riunioni segrete e crocevia di aspiranti jihadisti”.

Beirut

“L’ISis colpisce a Beirut, i kamikaze fanno quaranta vittime”, si legge sul Corriere della sera. Lorenzo Cremonesi scrive che ieri due violente esplosioni hanno colpito il quartiere Burj el Baraneh, controllato da Hezbollah, milizia che dal 2011 sostiene il regime di Assad in Siria. Due kamikaze si sono fatti saltare in aria uccidendo 40 persone e ferendone 180.

Il Sole: “L’ISis arriva a colpire Beirut, più di 40 morti in due attentati”. Si ricorda che tre anni fa, quando “il Paese aveva ancora un presidente, Michel Suleiman, tutti i partiti libanesi si erano impegnati a evitare qualsiasi interferenza o provocazione a fini interni del conflitto siriano”. Ma qualche mese dopo le forze di Hebzollah varcarono il confine in forze per sostenere il regime siriano. Una “scelta strategica” che ha dato respiro ad Assad ma ha indebolito il Libano. Il mandato di Suleiman è scaduto nel maggio scorso e da allora il Paese non riesce ad eleggere un nuovo presidente. Spetta a un cristiano, i contendenti sono Michel Aoun, oggi alleato degli sciiti filo-iraniani e siriani, e Samir Geagea, alleato dei sunniti filo sauditi ed anti siriani. Lo stesso parlamento che dovrebbe eleggere il presidente è scaduto da due anni.

Milano

Il Corriere della Sera: “Sei coltellate in strada. Ebreo con la kippah aggredito a Milano. Colpito alle spalle e al volto da un uomo incappucciato”. A colpirlo una persona sola, “forse di carnagione chiara e con i capelli biondi”, con il viso “parzialmente coperto da un passamontagna”. La vittima si chiama Nathan Graff, è un cittadino israeliano, genero di Hetzkia Levi, uno dei rabbini della comunità ebraica milanese. E’ accaduto a viale San Gimignano, uno dei quartieri più densamente abitati dalla comunità ebraica, e dove abita anche Graff. La moglie ha detto che è stata una agressione “pianificata e preparata, condotta sicuramente da un arabo”.

Sul Sole si legge che a chiamare i soccorsi è stata una donna, testimone dell’accoltellamento insieme a una bambina. Ha raccontato di aver sentito gridare “ti ammazzo” in italiano e di aver visto l’uomo perdere il cappuccio. Il quotidiano scrive che l’aggressione “non avrebbe elementi che possano far pensare a una matrice antisemita”.

Sul Giornale si legge: “Secondo la comunità ebraica del gesto sarebbero responsabili tre arabi, tra cui una forse una donna, che avrebbero sferrato al quarantenne dieci fendenti”. Secondo la polizia invece l’aggressore sarebbe uno e le coltellate quattro, tre più leggere alla schiena e una al volto, un taglio di sette centimetri.

Sul Corriere Pierluigi Battista scrive che l’ebreo colpito con sei coltellate da un uomo incappucciato a Milano allarma comunque, anche in mancanza di particolari più circostanziati, perché in Europa “sono stati colpiti supermercati kosher, scuole ebraiche, sinagoghe, luoghi di ritrovo, singoli ebrei braccati e assaliti per strada”. E dunque, anche in attesa di saperne di più, l’Italia “deve preoccuparsi, prendere atto che non esistono zone franche, soppesare le parole, capire che l’odio antiebraico, camuffato da odio antisionista, ha già provocato in Europa lutti atroci in questi ultimi anni”. Battista scrive che ogni accostamento tra i fatti di Milano e le dichiarazioni del presidente iraniano Rouhani su Israele, i sionisti e gli ebrei ”sarebbe arbitrario”, che sarebbe”vitima di una furia propagandistica davvero irresponsabile” chi lo sostenesse. E tuttavia Se Rouhani ha detto di “amare l’ebraismo” e di rispettare le “religioni monoteiste”, “apertura importante e significativa, quando anche in Europa gli ebrei vengono uccisi dai combattenti fondamentalisti dell’islamismo politico”, “non si possono rispettare gli ebrei e odiare il fatto che gli ebrei abbiano un loro Stato: lo Stato di Israele è lo Stato degli ebrei, che la comunità internazionale ha sancito con una risoluzione dell’Onu”, e dunque le parole del presidente iraniano, che “pure sembrerebbero prendere le distanze dal pregiudizio antiebraico, ricadono nello stesso pregiudizio che ha sempre impedito e continuerà ad impedire la possibilità di una soluzione pacifica dei conflitti nel Medio Oriente”.

Iran, Israele

Dopo l’intervista di ieri al presidente iraniano Rouhani, il Corriere intervista l’ambasciatore di Israele in Italia Naor Gilon. Dice che “ha usato la distinzione artificiosa tra ebrei e sionisti, una mistificazione che l’ex presidente Napolitano ha più volte definito come il nuovo antisemitismo” e infatti in analoghe interviste ai media francesi Rouhani “ha detto chiaramento che l’Iran non riconosce la ‘legittimità’ dello Stato di Israele”. “Rouhani lo dice in modo più sofisticato e diplomatico” e sa parlare all’Occidente “ma la sua è pura fiction”, dice. Auspica che in Italia e poi in Francia ci siano dichiarazioni pubbliche contro le parole del presidente iraniano su Israele.

Sulla stessa pagina una intervista a Roger Cohen, editorialista del New York Times. Si parla in particolare dell’accordo sul nucleare e sui rapporti con gli Usa. “Tanti errori reciproci. Ma Iran e Usa si parlano, ora tutto è possibile”.

De Luca

La Repubblica pubblica alle pagine 6 e 7 ampi stralci delle intercettazioni di Guglielmo Manna, marito del giudice Anna Scognamiglio che, ricorda il quotidiano, ha firmato due provvedimenti favorevoli al governatore De Luca sulla sospensione per effetto della legge Severino. Il primo verdetto del Tribunale civile è del 17 luglio, il secondo dell’11 settembre. “’O mi nomina direttore o lui perde la Regione’. Il ricatto a De Luca dal marito della giudice”, “Ecco i colloqui che profilano lo scambio tra sentenza anti-Severino e il posto al vertice Asl ambito da Manna. ‘Io ho rispettato i patti, ma non ho ricevuto. Voglio veder il piatto coperto’”. Le parole di Manna (aspira a diventare direttore generale della Sanità, parla in un’auto imbottita di cimici per intercettarlo con l’avvocato Gianfranco Brancaccio) il 20 agosto: “Ora voglio parlare con lui, e voglio sapere lui che cosa ne pensa, però voglio una risposta. Se mi dice ‘vedremo’, allora vedremo pure noi. E vediamo chi si fa male. Io non faccio il direttore generale e va bene, però tu non farai il presidente della Giunta regionale. Io perdo 5, tu perdi 100’”. 4 settembre, Manna al telefono con Anna Scognamiglio: si confrontano sulla seconda imminente pronuncia del Tribunale civile su un secondo ricorso contro la permanenza di De Luca alla presidenza della Regione per via della legge Severino. Manna: “Ma mo’ l’11 pure devi fare la sentenza, no?”. Scognamiglio: “l’11 devo fare l’altro pezzo, no? Ho un altro pezzo dell’ordinanza De Luca”. Manna: “Mmhh…”. Scognamiglio: “E che palle. E non finisce mai, sembra la storia infinita!”. Manna: “Eh sì, sembra un puzzle”. “Scognamiglio: “Quasi”. Scrivono Dario del Porto e Conchita Sannino, che firmano l’articolo: “Non risulta invece agli atti della procura di Roma la conversazione in cui la giudice direbbe al marito, dalla camera di consiglio: ‘E’ fatta’”. 20 agosto, Manna al telefono con l’avvocato Gianfranco Brancaccio, parla della nomina a direttore generale delle Asl campane, cui ambisce: “A questo punto io voglio giocare a carte chiare e dire ‘mia moglie è relatore’, peraltro non si sa se è collegiale o addirittura monocratica”. Poi, riferendosi alla moglie: “Infatti lei sta incazzata vicino a me, tutto a me mi tocca, sempre a me de Luca. ‘Tu piangi’, ho detto, ‘meno male’”. Poi aggiunge: “Adesso però voglio essere meno signore. Perché per carità mi rendo conto che Mastursi (il capo della segreteria politica di de Luca, poi dimessosi, ndr.) l’altra volta non si è sbilanciato molto, deve conoscere, sì ma che hanno capito, qui non stiamo facendo la beneficenza. Io la prima volta ho fatto il signore e ho controprestazionato il 17 luglio e voi niente. Però poi il 4 agosto avete fatto Postiglione (riferimento ad Antonio Postiglione, inviato da De Luca come commissario Asl di Salerno, mentre ha rinviato tutte le altre nomine, compresa quella cui ambiva Manna)”.

Su La Stampa se ne occupa Guido Rutolo: “Quell’incontro di Manna in regione: ‘Dobbiamo incassare quel che ci spetta’”, “Il marito della giudice e la trattativa per la sua nomina alla Sanità”. Ruotolo ricostruisce il contesto dell’inchiesta, che è legata alla questione delle nomine nella Sanità su cui si decideva ad agosto: “è questo il contesto dell’inchiesta della Procura di Roma che deve verificare se Guglielmo Manna, marito del giudice Anna Scognamiglio, ha minacciato De Luca di una decisione sfavorevole al congelamento della Severino se nono otteneva una nomina qualificata nel settore della sanità pubblica”. E si leggono brani di una intercettazione con la voce dello stesso De Luca che, al telefono con il suo consulente sulla sanità Enrico Coscioni, gli conferma che le nomine di fine agosto riguarderanno solo Salerno.

Anche su Il Fatto un articolo sulle parole pronunciate da Manna nell’auto con l’avvocato Brancaccio: “la trascrizione è agli atti dell’inchiesta della Procura di Roma che fa tremare De Luca, indagato per concussione per induzione insieme a Manna, Scognamiglio ed altre quattro persone -tra cui Brancaccio e Vetrano- protagoniste a vario titolo di una presunta ‘trattativa’: sentenze favorevoli subordinate a un incarico per Manna.

Sul Sole: “Il marito della giudice: ‘Se io perdo, lui è finito’. Le minacce ai legali di De Luca. Scognamiglio già trasferita in un’altra sezione del Tribunale”. Il quotidiano scrive di una mail con il suo curriculum vitae inviata da Guglielo Manna a Giuseppe Vetrano, collaboratore di De Luca in Regione. La mail viene spedita dall’indirizzo di posta elettronica della moglie pochi giorni prima delle decisione del tribunale su De Luca. Manna si aspetta che prima della decisione del tribunale, di cui è relatore la moglie, gli sia affidato l’incarico di direttore generale di una Asl. La Procura di Roma ieri ha fatto sapere che alcune intercettazioni pubblicate nei giorni scorsi con grande evidenza – come quelli in cui moglie e marito si scambiano i messaggio “abbiamo finito, è fatta” – non sono agli atti della indagine.

Sullo stesso quotidiano le dichiarazioni di De Luca: “Sappiamo che c’e un certo Manna che chiedeva incarichi alla mia segreteria. Ma noi subiamo una invasione di persone che si propongono. Cento, mille. Qualcuno voleva presentarsi e fare millantato credito. La mia lettura è questa: fra le centinaia di richieste di colloqui ci sarà certamente anche quella di Manna. Da lì in poi non so assolutamente niente”. Sulla sanità “è stato il campo di aggregazione di clientela politica più vasto” e “lì ho fatto pulizia”, “ho commissariato decine di strutture e riaperto l’albo dei direttori generali”.

Il Giornale: “Non so niente di niente’. E De Luca scarica tutto sul suo braccio destro”. “Il governatore continua a definirsi parte lesa. ‘Chi sbaglia con me è colpevole tre volte. E Mastursi non è Churchill’. Lunedì riferirà in Aula”. Il quotidiano dà conto anche di una telefonata di Fulvio Bonavitacola, vice di De Luca e suo alter ego, al capogruppo del Pd in Regione Mario Casillo. La telefonata è stata resa nota e tradotta dal vernacolo napoletano dalla agenzia Dire. Casillo aveva “aperto all’opposizione”, Bonavitacola gli dice “nun può ffà na cosa ‘e chesta a Enzo De Luca’, ‘no co ‘e cinq stell che cacan o cazz’”.

Sul Corriere viene intervistato il ministro della giustizia Orlando: “Orlando e il caso della Campania: avrei sostenuto un altro candidato”. “’Ma quando poi uno vince le primarie rappresenta tutti’”. Alla argomentazione che Marino si sarebbe dimesso per accuse molto meno gravi Orlando però risponde che “la vicenda del sindaco Marino non nasce certo dal problema del peculato”, che quello è stato “la goccia che ha fatto traboccare il vaso”. Parla anche delle sue perplessità sulla norma sul contante nella legge di stabilità ma ribadisce di avere un giudizio complessivo positivo sulla norma.

Severino e Nazareno

La Repubblica, sulle dichiarazioni di Berlusconi ieri a “Porta a porta”: “Berlusconi: ‘Renzi mi disse che cambiava la Severino’. Il premier: ‘E’ falso, mente’”, “Il leader di Fi: ‘Nel patto del Nazareno la modifica della legge per riabilitarmi. Il capo del governo lo gela: ‘Barzelletta che non fa ridere’”.

La Stampa: “Berlusconi: nel patto del Nazareno c’era la modifica della Legge Severino”, “La rivelazione. Ma il premier: ‘Si confonde’”. In serata, però, scrive Amedeo La Mattina, il Cavaliere ha giocato la carta della mezza smentita: da Palazzo Grazioli è infatti arrivata una dichiarazione della portavoce di Forza Italia Debora Bergamini. Berlusconi non si riferiva alla legge Severino ma “a una serie di accordi che comportavano la legittimazione reciproca. Erano quindi non compatibili con la persecuzione politico-giudiziaria di un leader espressioni di milioni di italiani”

Su Il Fatto: “Berlusconi confessa: ‘Nazareno per salvarmi’”, “Il patto con Renzi, poi saltato, e l’impegno a cambiare la legge Severino”.

Il Corriere intervista Renato Brunetta: “Parlai con Silvio, non c’erano solo le riforme”. Dice di non avere una testimonianza diretta dei colloqui tra Berlusconi e Renzi ma Berlusconi gli disse che i “contorni” del “patto del Nazareno” c’erano la riforma del bicameralismo, la legge elettorale, la delega fiscale con la soglia di non punibilità sotto il 3 per cento e la legge Severino, che si tentò di cambiare già durante il governo Letta ma “Letta disse di no”.

Sullo stesso quotidiano viene intervistato il vicesegretario Pd Guerini: “Io ero presente. Si discusse di legge elettorale”. Erano in quattro: Berlusconi, Renzi, Letta e Guerini. Non c’era “nel modo più assoluto” la promessa di agibilità politica per Berlusconi. Il patto era sulla riforma della Costituzione e la legge elettorale, “e qui ci fermiamo”.

Il Giornale racconta le parole di Berlusconi e spiega che – dopo la smentita di Renzi – è stato lo stesso leader azzurro a spiegare che “si riferiva a quegli ‘accordi politici’ che ‘comportavano evidentemente la legittimazione reciproca delle forze che avevano promosso il patto del Nazareno. Il patto era insomma ‘incompatibile con la persecuzione politico-giudiziaria di un leader espressione di milioni di italiani’”.

Sul Sole: “Nel patto del Nazareno modifiche alla Severino”. Anche il quotidiano di Confindustria spiega che le parole di Berlusconi da Vespa sono poi state oggetto di una nota ufficiale di Forza Italia “che di fatto smentisce il Cavaliere. Per Berlusconi il punto però è solo uno: ‘Renzi ha mancato di rispetto alla parola data – attacca l’ex premier – e questa è stata una cosa molto grave’. Berlusconi in sostanza accusa il premier di averlo tradito. E c’è tanto di personale in questo risentimento. Lo conferma il lapsus (fruediano?) del Cavaliere che nell’enunciare le virtù dei leader del centrodestra confonde Salvini con l’altro Matteo”.

E poi

Su La Repubblica, in una intervista, l’ex sindaco di Roma Francesco Rutelli dice: “Chi sarà il sindaco? Io stimo Marchini, verrà al mio incontro”, “Endorsement del’ex sindaco di Roma all’imprenditore per la corsa alla Capitale. ‘Ma faccia squadra. Sento spesso Renzi’”.

Sul Sole Attilio Geroni (“L’Europa resta divisa sull’emergenza migranti”) scrie che la Ue è più lacerata che mai e persino “l’intesa sui 160mila ricollocamenti diventa surreale di fronte all’imponenza dei flussi e alla disarmonia del consesso europeo, evidente anche al vertice di Malta. E fa dire al presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, che di questo passo la redistribuzione dei rifugiati dall’Italia e dalla Grecia si concluderà nel 2101”. “La realtà quotidiana dei numeri sta sovrastando Paesi organizzatissimi e tradizionalmente aperti all’accoglienza dei rifugiati; le opinioni pubbliche mostrano sempre più insofferenza e, nei casi peggiori, forme di intolleranza anche estrema”. Sintomo del “caos europeo” quello che accade in Germania, dove “perfino il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble ha criticato Angela Merkel parlando, a proposito dei profughi, di un ‘rischio valanga’ che può essere causato ‘da uno sciatore imprudente’”.

Sul Corriere: “Ue ancora divisa sul piano migranti”. Si dà conto delle sconfortate dichiarazioni di Juncker (di questo passo finiremo nel 2101). Si spiega che è stato varato un fondo fiduciario destinato ai Paesi dell’Unione africana, 1,8 miliardi che finanzieranno quei Paesi che si impegneranno “nel selezionare i profughi con diritto di chiedere asilo, riaccettare i migranti rimpatriati, combattere i trafficanti di esseri umani e bloccare le masse dirette in Europa alla ricerca di una vita migliore”. Un nuovo summit si farà a fine mese per “concordare direttamente con il presidente turco Erdogan” la concessione di circa 3 miliardi di euro “in cambio dell’impegno a trattenere i due milioni di profughi siriani e iracheni già in Turchia”. Qualche riserva è emersa sulla opportunità di finanziare la Turchia e Paesi africani criticati per le violazioni dei diritti umani e l’alto livello di corruzione.

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