Il patto è rotto

Il Corriere della Sera: “Forza Italia nel caos, patto rotto”. “Fitto chiede di azzerare i vertici, no di Berlusconi. Toti: asse con il premier non più vincolante”. “Renzi ai suoi: abbiamo i numeri e stiamo distruggendo il loro gruppo al Senato”.
In alto: “La Bce interviene e scuote la Grecia: ‘Saranno sospesi i finanziamenti'”.
L’editoriale è firmato da Francesco Giavazzi: “Invisibili trame contro l’euro”.
A centro pagina la situazione in Medio Oriente: “Dopo la morte del pilota bruciato vivo”. “Esecuzioni e raid. L’ira di Amman sugli integralisti”.
A fondo pagina: “Benzinaio uccide il ladro, il Paese è con lui”. “‘Volevo aiutare la commessa’. È indagato, anni fa decorato per aver salvato una donna”.
E poi: “Majorana nel 59 era vivo. Il fisico che spariì nel 38” sarebbe stato in realtà in Venezuela.

La Repubblica: “Caos Forza Italia, addio Patto”. “Renzi: andiamo avanti da soli”. “Berlusconi frena: deciderò di volta in volta”. “Fitto attacca: azzerare i vertici”.
A centro pagina: “Schiaffo Bce e Tsipras. ‘Atene viola gli accordi, i suoi bond non sono più garanzia di liquidità'”. “L’ultimatum di Draghi è il titolo di un articolo di Federico Fubini”.
Di spalla: “La Giordania bombarda l’Is. ‘I terroristi vanno crocifissi'”. “Impiccata la kamikaze”. “La trappola dell’orrore” è il titolo di un commento di Gilles Kepel.
In alto: “Majorana, il mistero in tribunale. ‘Era vivo in Venezuela nel 1955′”.

La Stampa: “‘Salta il patto delle riforme’. Il Pd a Berlusconi: meglio così”. “Bufera in Forza Italia, il leader contestato per il patto del Nazareno”. “E Renzi pensa a un ministero per il sud”.
E poi: “L’Europa oggi aggiorna le stime per l’Italia: il deficit cala al 2,6 per cento”.
Il titolo di apertua è per una intervista al vicepresidente Usa: “Biden: E’ stato Putin a creare il caos. Ora aiutiamo Kiev”.
In prima anche: “La Giordania scatena la vendetta. ‘Morte ai cannibali dell’Isis”.
Una foto racconta “l’attesa della grande nevicata” sulla Penisola.

Il Giornale: “Liberi tutti”. “Forza Italia si slega dal patto sulle riforme”. “Renzi fa lo spaccone ma è appeso a sette senatori”. “Berlusconi ai suoi: rinnovamento necessario, ma non dividiamoci più”.
A centro pagina: “Il nuovo medioevo dei barbari islamici. Non solo terroristi, anche gli islamici moderati ‘minacciano’ crocifissioni”.
“E del piano italiano anti-terrorismo non c’è traccia”, scrive il quotidiano in un altro articolo.

Il Fatto quotidiano: “Prima applaudono Mattarella, poi bloccano l’anticorruzione”. Si tratta de “l’ennesimo rinvio del pacchetto contro le tangenti che vaga in parlamento da due anni”, rinvio votato da “Pd, FI, Ncd e centristi”, che avevano “applaudito 42 volte” il Presidente, anche quando aveva “denunciato il malaffare (‘Divora le risorse dei cittadini’)”.
A centro pagina: “Fine Nazareno? Sì, forse, anzi no”. “Un’altra giornata in altalena per il grande inciucio tra Renzi e Berlusconi”.
Nell’editoriale oggi Marco Travaglio, fresco direttore, annuncia “il giornale che siamo e che saremo”.
In alto: “La Bce annuncia: ‘Le banche greche non potranno più usare i bond come garanzia per ottenere liquidità’. E’ la prima minaccia dell’Europa finanziaria a Tsipras”.

Il Sole 24 Ore. “Stop di Bce e Berlino al piano di Tsipras”. “Il premier greco ai vertici Ue: lavoriamo per un accordo”. “Draghi taglia la liquidità alle banche greche. Merkel: nessuna marcia indietro sull’austerità”.
“La spallata di Syriza e le ragioni di un’intesa” è il titolo dell’editoriale di Carlo Bastasin.
Di spalla: “Le nuove stime per il 2015 della Commissione”. “Bruxelles: per l’Italia crescita ferma a +0,6 per cento, il deficit cala a 2,6”. “Fitch: la rapida elezione di Mattarella aiuta le riforme, ma la ripresa è fragile”.
A centro pagina: “Enel, il 5 o 6 per cento in Borsa entro febbraio”. “L’obiettivo del governo è incassare almeno 2 miliardi e rispondere alle richieste degli investitori esteri”.

Patto del Nazareno

Sul Corriere: “Il Patto non è più vincolante”. “Nella giornata in cui Fitto chiede di azzerare i vertici del partito, Toti parla di fine dell’intesa con Renzi. Ma sulle riforme nulla è deciso”. Si citano le frasi di Paolo Romani (“Convinti della necessità delle riforme, voteremo di volta in volta le proposte del governo. Voteremo solo ciò che è utile per il Paese”) e di Toti (“Non siamo kamikaze, il cammino delle riforme proseguirà. Non ci sentiremo impegnati ad accettare tutto quello che ci verrà proposto”).

Su La Repubblica si cita Renzi tra virgolette, che dice “‘Toti che vuole prendere il posto di Verdini, Verdini che tiene sul patto, Brunetta contro tutti e Fitto che sogna di prendersi il centrodestra’. Perciò meglio che si faccia chiarezza, dice Renzi mostrandosi come al solito sicuro di far girare la ruota dalla sua parte. ‘Vogliamo far esplodere quelle contraddizioni. Come? Confermando l’accordo sull’Italicum punto per punto, senza accettare però condizioni o subire ricatti’. Dopo la rottura del patto del Nazareno, Lotti, il vicesegretario Lorenzo Guerini e l’ufficiale di collegamento con le Camere Ettore Rosato riscrivono le maggioranze possibili sapendo che potrebbero essere più ballerine, perché finora Forza Italia è stata indispensabile per assorbire gli strappi dei dissidenti dem. Con tutti i mezzi: voti, uscite strategiche dall’aula nei momenti di difficoltà, emendamenti studiati ad arte”.
Un altro articolo sul quotidiano romano: “Salta il patto del Nazareno. Forza Italia: per noi è rotto. Pd: meglio così, avanti da soli”. “La sinistra dem: ora nuove modifiche. No della Boschi. Alfano: Con noi la maggioranza c’è. Da martedì in Aula”. Si citano le parole di Lotti: “Contenti loro, contenti tutti. Ognuno per la sua strada, è meglio per tutti. Per noi, sicuramente”.

La Stampa fa i conti e spiega che “le riforme sono nelle mani di Ncd. Il partito di Angelino Alfano può di diventare l’ago della bilancia nel percorso di revisione costituzionale, anche se rischia di essere irrilevante per l’Italicum”. L’Italicum deve essere votato alla Camera, dove “il sostegno dei berlusconiani è assolutamente inutile”, vista la maggioranza su cui può contare Renzi.

Repubblica intervista Renato Brunetta (“Premier sleale, ora rivedremo anche il voto sulla legge elettorale”) e Roberto Speranza (“Sembra una ritorsione. L’Italicum? Si può cambiare”). In realtà Speranza dice che “non c’è nulla di immutabile”.

Sul Corriere Francesco Verderami firma un “retroscena” sul patto del Nazareno e Berlusconi, che “ha rotto lo specchio che avrebbe dovuto magicamente trasformare la proiezione dei suoi desideri in realtà”, la “fine di un incantesimo”. Verderami attribuisce a Berlusconi questa frase, a proposito del Quirinale: “Il patto – dice Berlusconi – è che non si sarebbe proceduto oltre se io non fossi stato d’accordo sulla scelta’. Non c’è dubbio che abbia commesso degli errori nella trattativa, come sostiene Gianni Letta, secondo cui ‘non ci si siede al tavolo con un solo nome’. Però alla vigilia del voto in Senato sulla legge elettorale – quando Renzi aveva estremo bisogno di Forza Italia – la vicesegretaria del Pd Serracchiani disse in un’intervista radiofonica che ‘il prossimo presidente della Repubblica lo voteremo insieme a Berlusconi’. Le cose sono andate diversamente”. Ma oggi, “un anno dopo a Berlusconi è chiaro che quel patto non era la sua ‘legittimazione’. Era una gabbia da cui ora è difficile uscire. Infatti ha rotto lo specchio, non il patto”.

Il Corriere intervista Giuliano Amato: “‘È venuta fuori la verità su di me. Non ero impopolare per il Colle'”. L’intervista è di Aldo Cazzullo

Grecia, Bce

Su La Repubblica Federico Fubini ricorda che la Banca centrale europea presta denaro alle altre banche dell’area euro “solo in base a regole precise: in cambio di questi finanziamenti queste ultime devono portare in garanzia a Francoforte delle obbligazioni (di solito titoli di Stato) di qualità almeno accettabile. Se quei titoli sono classificati come ‘spazzatura’ (formalmente ‘non investment grade’) perché sono emessi da governi in insolvenza o vicino ad essa la Bce può accettarli solo a condizioni molto precise”. Insomma: la Bce può accettarli solo se il governo che li ha emessi “accetta quella che – fino a ieri – è stata la troika”.

Sul Sole Donato Masciandaro (“La tela di Penelope della Bce”) scrive che la Bce, come Penelope, fa di giorno quello che disfa di notte: di giorno, con la politica monetaria, “prova ad aggiustare il meccanismo che lega il credito alla crescita”, mentre di notte con “la politica di vigilanza, cerca di distruggerlo”. “È fondamentale che la politica di vigilanza – all’opposto della politica monetaria – non sia congiunturale”, dice Masciandaro, perché altrimenti rischia di accentuare il ciclo economico negativo.

Sul Corriere si dà conto degli incontri di ieri di Tsipras, che ha incontrato i vertici delle istituzioni europee e poi il presidente francese Hollande, ed ha chiesto ancora “tempo per elaborare un piano di rilancio dell’economia del suo Paese, sprofondata nella recessione dopo le misure di austerità imposte dalla troika composta da Commissione europea, Bce e Fondo monetario di Washington in cambio dei prestiti di salvataggio”. Juncker e Tusk “gli hanno anticipato la linea rigida della cancelliera tedesca Angela Merkel, disponibile alla trattativa se viene garantito il rispetto dei principali impegni presi dal precedente premier greco di centrodestra”.

Sul Sole Carlo Bastasin spiega che i governi europei respingono la richiesta greca di revisione degli accordi anche perché in questo modo “dimostrano che anche le promesse degli altri partiti euro-scettici – radicali o populisti a seconda dei punti di vista – sono irrealistiche. Per molti leader, dalla Francia alla Finlandia, dalla Spagna alla Germania, è una questione di sopravvivenza politica dimostrare che le regole europee andranno rispettate da chiunque governi, a cominciare da Syriza”. Secondo Bastasin nell’incontro di ieri tra il ministro delle Finanze greco Varoufakis e i vertici Bcd “il linguaggio sembra essere stato invece conciliante, Varoufakis ha promesso di rispettare le regole mentre cerca una soluzione con i partner sul debito. Il governo dispone ancora di risorse fino a giugno, ma chiede alla Bce di non abbandonare le banche e di costruire un contratto-ponte per un paio di settimane. La Bce, esposta a una responsabilità politica non sua, ha chiesto che Atene trovi un accordo con l’Eurogruppo entro il 16 febbraio”.
Sullo stesso quotidiano si spiega che la decisione della Bce di sospendere di fatto il finanziamento alle banche greche, visto che il programma scade il 28 febbraio e “il nuovo Governo ha dichiarato ripetutamente di non volerlo rinnovare”, è una decisione che “aumenta la pressione su Atene perché negozi una nuova intesa con i partner europei, dato che a questo punto l’unico modo per le banche greche di ottenere liquidità è attraverso lo sportello di emergenza (Ela) della Banca centrale nazionale, e anche questo strumento può essere revocato dalla Bce con una maggioranza di due terzi. In questo caso, la Grecia potrebbe vedersi costretta all’uscita dall’euro”. Dall’incontro di ieri tra Draghi e Varoufakis, scrive il quotidiano “era subito emerso che la Bce intendeva limitare chiaramente le aspettative del Governo di Atene di poter ottenere concessioni e fondi dall’istituto di Francoforte in assenza di un accordo con i partner europei”,. Oggi Varoufakis da Schauble “riceverà probabilmente risposte ancora più dure e si sentirà ripetere che la Grecia deve anzi tutto rispettare gli impegni già presi”.

Isis

Su La Stampa, da segnalare un reportage di Maurizio Molinari nel villaggio di Ayy-Alkarek in Giordania, fra i familiari del pilota arso vivo dall’Is: “A casa del pilota lacrime e rabbia, ‘Sono cannibali, bruciamoli tutti’”. Re Abdullah ha ordinato un massiccio attacco con i jet contro le basi Isis a Mosul, in Iraq. Il sovrano ha chiamato il padre del pilota e gli ha detto: “Tuo figlio è come mio figlio”. “Sotto la tenda del lutto della famiglia Kaseasbeh nel villaggio beduino di Ayy Alkarek”, il padre, che invoca vendetta contro l’Isis “esprime la voglia di un Paese intero di reagire all’orrendo crimine”, scrive Molinari raccontando l’omaggio dei familiari e di una folla di sceicchi e leader della tribù Bararsheh. La gente grida: “Viva il re, morte a Daesh”. Poco lontano, Zaid al Sheik, leader tribale di Karek ormai 80enne, davanti alla folla tocca la bandiera con la stella hashemita e fa una solenne promessa: “Il figlio più giovane che ho diventerà pilota”. “Siamo tutti piloti, morte a Daesh”, rispondono in coro i manifestanti. In Giordania si esprime “la prima protesta di massa contro Isis avvenuta in un Paese arabo”: la popolazione tutta, nelle sue componenti beduina e palestinese, si stringe attorno al re: le tribù che sostengono la monarchia sono unite: “al momento – scrive Molinari – il più evidente risultato del re è aver salvato il regno dalla spallata del Califfo. Il rischio di un corto circuito con i leader beduini si è posto quando a inizio di gennaio il governo ha saputo della morte del pilota, tacendola alla famiglia ma trattando con Isis sullo scambio della terrorista” poi impiccata. La tribù ha avuto sentore di una doppia verità e il sospetto ha investito il re: “ma il rogo umano ha ricompattato popolo e corona, mettendo Abdullah nella condizione di essere il leader arabo a guidare l’offensiva contro il Califfo della Jihad”.

Su La Repubblica, Gilles Kepel scrive che anche l’Isis è costretto a “rinnovarsi nell’orrore”, con “una inventiva permanente dell’abominio”. Le decapitazioni, le crocifissioni, le cremazioni servono ” a “captare l’attenzione della Rete”, ma “può rivelarsi un’arma a doppio taglio”, “quell’orrore spinto all’estremo” può “diventare una trappola”. Le reazioni di condanna, il “sentimento di orrore” che pare le immagini abbiano provocato nel mondo musulmano potrebbero dimostrare che “il rilancio verso la barbarie” potrebbe essere fatale per l’Isis, anche in un contesto “dove i simpatizzanti per la loro causa sono numerosi”.
Su Repubblica Renzo Guolo cita la condanna di Al Azhar, “storico centro teologico del mondo sunnita”, che ha detto che quelli dell’Isis “non sono autentici credenti ma devianti religiosi”. Non ci si spinge fino a considerarli “non musulmani” ma li si condanna “come contrari alla lettera del messaggio divino”.

Anche sul Corriere Antonio Ferrari: “Arabi sconvolti. E uniti”. “Non stupisce”, scrive Ferrari, che “tutto il mondo arabo, a cominciare dai custodi religiosi regionali dell’Islam sunnita, sconvolto dalle modalità dell’esecuzione del pilota giordano, catturato dopo la caduta del suo aereo, abbia condiviso la decisione del re giordano Abdallah, in visita a Washington, di giustiziare immediatamente due jihadisti”.

Su Il Giornale, Fiamma Nirenstein: “Se alle atrocità antiche dell’Isis risponde la legge del taglione”. “Bruciano, decapitano, fanno a pezzi come nei secoli bui. Usano la paura come un’arma. E i moerati musulmani? Li pagano con la stessa moneta”. Nirenstein cita le parole dell’imam di Al Azhar Al Tayyeb, dal Corano: i terroristi “devono essere uccisi, crocifissi. Bisogna tagliare loro le mani e i piedi”.

Biden

La Stampa intervista il vicepresidente Usa Joe Biden. Si tratta di una intervista fatta insieme ad altri cinque giornali europei con cui il quotidiano torinese collabora. Sull’Ucraina: “Sono d’accordo sul fatto che stiamo vedendo un’escalation del conflitto militare in Ucraina”, e “fin dall’inizio, il conflitto è stato causato direttamente dall’aggressione russa”. “La Russia sta violando la sovranità e l’integrità territoriale ucraina, cioè le basi fondamentali dell’ordine internazionale dopo la Seconda Guerra Mondiale”.
E ancora: “Non c’è una soluzione militare a questa crisi, nonostante questo sia ovviamente quello che la Russia sta cercando di imporre. Noi non abbiamo interesse in una escalation e stiamo spingendo energicamente per il contrario”.
Sull’Isis e Assad: “Purtroppo, un accordo sulle armi chimiche non risolve tutti i problemi della Siria”. “Stiamo lavorando con varie forze, inclusi i leader iracheni dell’intero spettro etnico-settario, e oltre sessanta partner, per indebolire ed eventualmente sconfiggere l’Isis. Molti Paesi hanno dato contributi significativi. Tutti possiamo fare di più. Questi Paesi, non Assad, formano la nostra coalizione contro l’Isis. Non ci stiamo coordinando con Assad”.

E poi

Il Giornale racconta “la svolta leghista di Tosi”, sindaco di Verona nonché “primo sindaco leghista” ad annunciare un riconoscimento alle famiglie di fatto. Gli uffici dell’Anagrafe rilasceranno un attestato per il riconoscimento ‘delle famiglie anagrafiche unite da vincolo affettivo’ caratterizzate da una convivenza stabile e duratura”. Il sindaco ha spiegato che la possibilità è prevista da una legge del 1989. Tosi ha anche spiegato che la norma “permetterà ai conviventi di far valere i propri diritti, quale coppia, per ottenere informazioni sullo stato di salute del convivente, per l’assistenza in strutture sanitarie in caso di degenza o per l’accesso a documentazione presso le pubbliche amministrazioni”. “‘L’attestato inoltre – ha continuato Tosi – permetterà di fruire di agevolazioni per i servizi rivolti a coppie, giovani, genitori e anziani, per lo sport e il tempo libero, e di aver accesso ai servizi sociali e ad attività di sostegno e aiuto nell’educazione'”.
Anche sul Corriere: “Tosi apre alle coppie di fatto. Gelo di Salvini”.

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