Il giorno della Memoria. (E di Mussolini)

Il Corriere della Sera affida l’editoriale ad Angelo Panebianco, che si occupa della guerra in Mali: “Il mal d’Africa degli europei. Parigi isolata in Mali”. Il titolo più grande è per le parole di ieri mattina di Berlusconi (“Berlusconi, polemica sul fascismo. ‘Fece anche cose buone’. Poi recisa: fu una dittatura”. In alto si parla di Mps e in particolare dell’acquisto di Antonveneta: “’Ecco il patto illecito con Santander’”, “l’inchiesta sui conti truccati per far salire il prezzo di Antonveneta”.

La Repubblica: “Berlusconi: Mussolini fece bene. Frase shock fa il giro del mondo. Gli ebrei: ‘una vergogna’. Bersani: ‘indecente’”. Sotto, un commento di Gad Lerner (“Fuori dall’Europa”).

Su Mps, il quotidiano scrive di “altri 7 miliardi a rischio”: “Così Mussari ingannò Draghi”. Accanto, la notizia di due senzatetto morti ieri carbonizzati in un tunnel a Roma.

La Stampa: “Berlusconi rivaluta Mussolini, lo sdegno della comunità ebraica”. “’Fece anche cose buone’, poi il dietrofront”. Accanto, la strage in discoteca in Brasile. 239 ragazzi morti per un incendio. A centro pagina: “Mps, altre operazioni sospette”. “Si indaga sui movimenti con broker esteri. Il 6 febbraio Cda sui derivati: impatto di almeno 550 milioni”.

Il Giornale: “Mps, bancomat della sinistra”, “Fuori il bottino”. “Spese folli e soldi ai politici: il documento che svela il buco della banca rossa”. “Caro Bersani, ‘sbrana’ i ‘padroni’ del Monte: sono tutti Pd”. Il titolo di apertura è per la visita fatta da Monti ieri nelle zone terremotate dell’Emilia. “I terremotati contestano Monti. ‘Vergognati, buffone’”. A centro pagina, sulle parole di Berlusconi ieri: “La verità sul Duce che gli anti Cav negano”. Secondo il quotidiano “la storia gli dà ragione”, per “welfare e bonifiche”, e la polemica è “pretestuosa”.
Il giorno della Memoria

Il Corriere della Sera racconta lo scompiglio creato dall’arrivo di Berlusconi, ospite senza invito alla cerimonia di inaugurazione del Memoriale della Shoah, costruito all’interno della Stazione Centrale di Milano, al binario 21, laddove, tra il dicembre del ’43 e il gennaio ’45 partirono i deportati ebrei diretti ai campi di sterminio. In verità, come spiega il quotidiano, nelle ultime settimane si erano intensificate le richieste di partecipazione dei politici e candidati, tanto che la Fondazione aveva ammonito: “La giornata ha un significato troppo profondo e non può in alcun modo trasformarsi in un appuntamento pre elettorale”. Ma le richieste sono state tante e, tra gli ospiti inattesi, sono arrivati anche il candidato alla Regione Lombardia Roberto Maroni e il suo sfidante centrista Gabriele Albertini. Ma l’arrivo di Berlusconi ha creato più problemi, anche di tipo organizzativo, anche perché intendeva sedersi in prima fila, dove sedeva Mario Monti. La foto del quotidiano lo ha peraltro immortalato assopito, durante la cerimonia. Cosa ha detto, esattamente? Il Corriere spiega che i cronisti gli avevano chiesto un commento alle parole pronunciate dalla cancelliera Angela Merkel alla vigilia del Giorno della Memoria della Shoah: “La Germania -aveva affermato la Merkel- ha una responsibilità perenne per i crimini del nazionalsocialismo, per le vittime della Seconda Guerra mondiale e, soprattutto, per l’Olocausto”. Il commenti di Silvio Berlusconi: “L’Italia non ha le stesse responsabilità della Germania. Ci fu, da parte nostra, una connivenza che, all’inizio, non fu completamente consapevole. Il fatto delle leggi razziali è la peggior colpa di un leader, Mussolini, che, per altri versi, aveva invece fatto bene”, “E’ difficile adesso mettersi nei panni di chi decise allora e, certamente, il governo di allora, nel timore che la potenza tedesca si concretizzasse in una vittoria generale, preferì essere alleato alla Germania di Hitler piuttosto che contrapporvisi”. In precedenza Berlusconi aveva spiegato di aver voluto esser presente alla cerimonia perché “il Memoriale è un luogo da far visitare a tutti i giovani, perché le vicende che documenta non si posano più ripetere”. La reazione del presidente delle Comunità ebraiche Renzo Gattegna è stata pressoché immediata, poiché ha definito le parole di Berlusconi “superficiali ed inopportune” e “laddove lasciano intendere che l’Italia abbia deciso di perseguitare e sterminare i propri ebrei per compiacere un alleato potente, sono destituite di senso morale e di fondamento storico”. Nel pomeriggio Berlusconi precisa: “Le mie analisi storiche sono sempre state fondate sulla condanna delle dittature. Rivendico anche il mio ruolo di amico storico di Israele, unico presidio di libertà e di democrazia nel Medio Oriente”.

Su Il Messaggero lo storico Giovanni Sabbatucci, commenta: “le leggi razziali furono emenate nell’ottobre 1938, parecchi mesi prima che fosse definitivamente stretta l’alleanza con la Germania nazista (maggio 1939). Inoltre, come ha sempre sostenuto Renzo De Felice, non vi fu alcuna pressione, diretta o indiretta, da parte di Hitler sul governo fascista: la decisione di lanciare la campagna antiebraica, Mussolini la prese da solo e a freddo”. Secondo Sabbatucci “concentrando l’attenzione critica sul biennio delle scelte fatali tra il ’38 e il ’40, si suggerisce (o esplicitamente, come fa Berlusconi) un’immagine edulcorata e banalizzata del regime fascista nel suo primo quindicennio di vita: l’immagine di un regime che ha fatto anche ‘cose buone’ (sul che si può convenire, ma non è questo il punto) e che quindi meriterebbe un giudizio meno severo di quello che gli viene abitualmente attribuito. Ora è appena il caso di ricordare che il fascismo si affermò nel primo dopoguerra attraverso l’uso sistematico della violenza squadristica; che conquistò il potere nel 1922 con una ben dosata miscela di forza e inganno; che si sbarazzò sistematicamente dei suoi avversari politici anche con il ricorso all’omicidio; che non appena fu in grado di farlo, abolì partiti ed elezioni e cancellò le pubbliche libertà; che inventò un modello di dittatura personale e di totalitarismo tendenziale poi imitato in tutta Europa, Germania compresa”.

La Repubblica intervista il ministro (e storico) Andrea Riccardi, anche lui presente ieri alla cerimonia del Memoriale a Milano: “non sono un esegeta di Berlusconi e quindi non saprei dire delle sue reali intenzioni. Forse però c’è ancora un pezzo d’Italia al quale può far piacere sentire sminuire le responsabilità di Mussolini”, “la Shoah non è stata mica un incidente di percorso del fascismo. Ha i suoi prodromi nelle leggi razziali del ’38, che a loro volta affondano le loro radici nella marcia su Roma del ’22”, “fu Hitler che all’inizio si ispirò a Mussolini, e non il contrario. e fu la volontà di potenza, e di sedersi al tavolo dei vincitori e non la soggezione, a spingere il Duce ad allearsi alla Germania”. Il retroscena de La Repubblica riassume così il pensiero e la sorpresa di Berlusconi per il clamore suscitato: sul fascismo ho detto soltanto quello che pensa la stragrande maggioranza degli italiani, ma nessuno può accusarmi di antisemitismo. Sullo srtesso quotidiano, intervista allo storico tedesco Michael Stuermer, intellettuale vicino ad Angela Merkel: “Parole repellenti e gravissime: in Germania, per un politico, l’uscita di scena sarebbe questione di pochi giorni”.

Su Il Giornale è lo storico Roberto Chiarini a firmare un’analisi dedicata al tema: “Dal piano di bonifiche al primo welfare. E il Duce cambiò l’Italia”, è il titolo. Poi si spiega: “Il Cavaliere ricorda l’eredità del regime e parla a quegli elettori che rifiutano il legame tra Resistenza e nascita della Repubblica”. “‘ un’opinione pubblica “non necessariamente nostalgica, ma non per questo disposta a far propria la ‘memoria rossa’, ossia la sua declinazione marcatamente progressista offerta dall’antifascismo militante”. Ma per il Cavaliere, si legge in un altro articolo de Il Giornale, la polemica suscitata è “solo una speculazione elettorale” e la sinistra “fa di tutto pur di non parlare di Mps”.
Mps

Il Corriere della Sera torna ad occuparsi dell’inchiesta sullo scandalo Monte dei Paschi di Siena e derivati. L’attenzione si concentra sul 2007, quando Santander acquistò la banca Antonveneta per 6,3 miliardi di euro e appena due mesi dopo riuscì a venderla a Mps per 9,3 miliardi di euro con un’aggiunta di oneri che fecero lievitare la cifra a 10,3 miliardi. Il quotidiano parla di un possibile patto tra acquirente e venditore per truccare i conti e far salire il prezzo di Antonveneta. Un accordo tra gli spagnoli del Santander e gli italiani del Monte Paschi per dividersi la ‘plusvalenza’ dell’affare. Secondo il quotidiano si apre una nuova fase di indagine e tra le persone che potrebbero essere ascoltate dagli inquirenti c’è anche l’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, che da vent’anni è responsabile per l’Italia di Santander. Los corso anno, indagando sui conti dello Ior, le Fiamme Gialle sequestrarono documenti nello studio Gotti Tedeschi che contenevano documenti sulle operazioni condotte da Santander nel nostro Paese. e nomi di consulenti che hanno affiancato l’istituto spagnolo e potrebbero aver avuto un ruolo nella vendita di Antonveneta: tra questi, Marco Cardia, avvocato che si occupò di alcuni aspetti della vendita di Antonveneta a Mps negli anni in cui suo padre, Lamberto, era alla guida della Consob.

Su La Repubblica ci si occupa della vicenda ricostruendola anche con l’aiuto di un anonimo banchiere torinese. E si spiega come Mps abbia tentato di ingrandirsi, in modo da poter competere con altri colossi come Unicredit. Erano gli anni delle fusioni, Mps tenta dapprima con Intesa San Paolo ma l’operazione non va in porto. Antonveneta rappresenta allora, nel 2007, “l’ultimo treno per diventare grandi nell’Italia post fusioni”. Santander capisce che Mps è interessata e alza il prezzo, che salirà a 10 miliardi e , con l’accollo dei debiti in pancia di Antonveneta sfiorerà i 17. Ma per tirar fuori quella montagna di soldi serve un aumento di capitale: nell’aprile del 2008 Mps ottiene un prestito di un miliardo di euro dalla banca americana JP Morgan. Ma come prestito, non possono certo entrare come capitale: i prestiti si restituiscono con gli interessi, i capitali si utilizzano e si rischiano insieme a quelli degli altri soci. Bankitalia nel 2008 ha un carteggio con Mps (che però è stato reso pubblico dalla Reuters solo nel 2012) in cui si chiede chiarezza affinché “l’operazione di rafforzamento da da 1 miliardo realizzi il pieno e definitivo trasferimento a terzi del rischio d’impresa”. In sostanza, chiosa il cronista, Bankitalia chiede che si tratti di un aumento di capitale vero e non di un debito che la banca deve restituire.

Antonio Vigni racconta a La Stampa la sua versione su Mps: è uno degli amministratori tirati in ballo in prima persona, essendo stato direttore generale dal 2006 al 2011. Dice: “Pensate a tutte le operazioni di cui si parla ora – dice agli amici -: erano già tutte lì quando siamo arrivati”. “Il riferimento, spiegano le persone a lui vicine, è a Santorini e Alexandria. Operazioni complesse, strutturate con veicoli esteri e riempiti di titoli problematici, finite nel mirino della magistratura che indaga, su questo filone, per le ipotesi di falso in bilancio e ostacolo alla vigilanza. Operazioni che stanno creando più di un problema anche alla banca, per via degli oneri che potrebbe dover sopportare a livello patrimoniale, che nascono tutte nella prima metà del decennio. ‘Noi queste operazioni le abbiamo trovate lì. Queste, Finsoe (la holding che controlla Unipol, dalla quale Montepaschi è uscita nella primavera del 2008, ndr) le abbiamo ereditate dalla passata gestione. Noi le abbiamo dovute gestire, le abbiamo ristrutturate, anche le altre banche hanno dentro cose simili’”. E ancora “Io non mi sono arricchito né sono scappato. Ho lavorato quarant’anni, sono figlio di contadini. Certo, ho una bella casa – ripete agli amici – ma solo questa, non sono né alle Bahamas né da altre parti. Se qualcun altro ha rubato? Non ci credo, non posso pensarlo. Forse può esserci qualcuno, non lo so…”

Alle pagine interne de la Repubblica, segnaliamo anche le analisi di Tito Boeri e Luigi Guiso: “Fondazioni, ecco i padroni fittizi che consegnano le banche ai partiti”. e si parla cioè del ruolo delle Fondazioni, la cui presenza negli istituti avrebbe dovuto essere a tempo. Poi ci sono rimaste per conto dei poteri politici, locali e non. Il caso Mps non è quindi l’anomalia di un sistema sano. E non meno del 30 per cento dei cda delle fondazioni è occupato da politici di professione.

E poi

Sulla prima del Corriere Giuseppe De Rita parla della “scomparsa dei cattolici” in queste elezioni. Il mondo cattolico, “partito per rilanciare una sua compatta presenza, si è frantumato in mille strade e liste elettorali”. Questa scelta – scrive il sociologo – è il risultato di un “tirare a campare” del mondo cattolico, che dice di “voler perseguire” il bene comune ma sembra “purtroppo vivere bene” nel “antropologico statalismo” della società italiana. Insomma: il mondo cattolico tira “un po’ a campare, promettendo che si mobiliterà se e quando saranno in pericolo i cosiddetti valori non negoziabili”.

La Stampa dedica due pagine alla “invasione dei grillini”. Il prossimo Parlamento aprirà le porte al movimento del comico, e il quotidiano spiega chi sono i capilista che verranno quasi sicuramente eletti, e che “dopo i proclami dovranno confrontarsi con questioni concrete”. Da Roma a Milano, da Torino a Bologna, da Napoli a Palermo a Firenze i candidati parlano dei loro programmi, tra Tav, Unione europea, corruzione, spese militari.

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