Il caso Etruria

La Repubblica: “’Sfiducia alla Boschi’. Lei: non mollo”, “La richiesta delle opposizioni dopo lo scandalo delle banche. Il ministro sfida M5S: contiamoci”.

Francesco Bei racconta “il caso”: “Il premier in trincea, ‘Ma quali favori…’”.

Più in basso: Rimborsi, via libera dalla Ue, ‘Ma non siano aiuti di Stato’”, “Allarme di Draghi sui prestiti deteriorati”.

E un’analisi di Massimo Riva: “Lo scaricabarile”.

La rubrica “Il punto” di Stefano Folli torna sulle ripercussioni delle elezioni regionali in Francia: “La lezione della Francia”.

In prima, con foto del presidente Usa: “Obama: ‘Annienteremo i capi dell’Is, l’Italia e gli alleati pronti a fare di più’”.

E il “retroscena” di Annalisa Cuzzocrea: “’Ma non cambia l’impegno militare’”.

Da segnalare anche la lettera dei ministri degli Esteri italiano e britannico, Gentiloni e Hammond: “’Roma e Londra assieme per migliorare l’Unione’”.

Di spalla a destra: “Il male oscuro dell’Europa e la solitudine di Angela”, “No al tetto per i profughi, la Merkel dà battaglia ai duri del suo partito”, di Angelo Bolaffi.

Sul tema immigrazione, i dati del Terzo Rapporto Carta in collaborazione con Demos, commentati da Ilvo Diamanti: “La sindrome dell’assedio”.

A fondo pagina: “L’elefante indiano si porta a casa lo stile Pininfarina per 150 milioni”.

E la scomparsa di Armando Cossutta: “Morto Cossutta, il più filosovietico tra i leader comunisti”.

Infine, l’inchiesta dell’inviata a Trapani Alessandra Zinti: “I bed& breakfast dell’ex vescovo finanziati coi soldi dell’otto per mille”.

La Stampa: “Migranti, l’Ue avverte l’Italia, ‘Impronte anche con la forza’”, “Bruxelles critica il ritardo nell’apertura dei centri di identificazione: ‘Operativo solo uno su due’”, “Obama e la lotta all’Isis: ‘Roma sta facendo di più, gli alleati la seguano’”.

Poi, sul congresso della Cdu: “Merkel riconquista il partito: ‘Accoglieremo i rifugiati’”, “Trionfa la linea della Cancelliera che ferma la fronda, ‘Controlli anche ai confini e misure per ridurne il numero’”.

A centro pagina, foto di una Ferrari-Pininfarina e di un’Alfa per raccontare “il destino incrociato di due marchi storici dell’industria automobilistica italiana”: “Pininfarina indiana” e “’L’Alfa tornerà in Fi’”.

Sulla questione banche: “Risparmio, maneggiare con cura”, di Francesco Manacorda e “Le rischiose commissioni d’inchiesta”, di Marcello Sorgi.

In prima anche un titolo per Cossutta: “Addio a Cossutta, fondò Rifondazione”, “Aveva 89 anni, fu l’anima ‘filosovietica’ del Pci”, di Fabio Martini.

Di spalla a destra: “Stop a seimila assunzioni. Domani medici in sciopero”, “Garantite solo le urgenze”.

E “la storia” raccontata da Cagliari da Nicola Pinna: “Il chirurgo finisce il turno. Salta il trapianto”.

Il Corriere della sera: “Banca Etruria, vertici indagati per il dissesto. L’accusa dei pm: c’è stato conflitto di interessi.

In alto anche: “Boschi, la madre: mai preso un euro”.

L’editoriale, firmato da Paolo Mieli: “L’errore del fronte anti Le Pen”.

A centro pagina: “Bruxelles: polizia europea ai confini e impronte prese anche con la forza”.

Accanto: “Obama: colpiamo duro l’Isis con l’Italia e gli altri alleati”. “Gli Usa al Califfato: non potete nascondervi”.

A fondo pagina: “Svolta Pininfarina: arrivano gli indiani”:

Il Fatto: “Avevamo una banca”, “nel dissesto della Popolare dell’Etruria le colpe della vigilanza e del mondo renziano”, “Quattro ragioni per cui il caos bancario è un grosso problema per il governo”. E vengono così elencate: “1. L’uomo di Renzi offrì una poltrona all’ex sindaco Pd decisivo per l’affare dei soci del papà Tiziano”, “2. Bankitalia ordina ai magistrati: i reati commessi dal nostro commissario non sono reati”, “3. La Finanza indaga sulle operazioni sospette di De Benedetti sui titoli delle popolari prima della riforma”, “4. Mozione di sfiducia dei Cinque Stelle contro la ministra Boschi: Fi, Lega e Sinistra ci pensano”.

E l’editoriale del direttore Marco Travaglio: “La banca del buco”.

A centro pagina: “Mediaset-Sky, botta Antitrust. Rai, i fondi neri di ‘Scarface’”, “Cartello sui diritti del calcio, arresti per gli appalti di Viale Mazzini”.

Sulle elezioni francesi: “Non basta uno stop a fermare la Le Pen: obiettivo Eliseo” e “Il piano Fn per sedurre i socialisti delusi”.

Il Giornale: “Banche-De Benedetti, vertice dai Pm”. “Confermata l’indagine sugli acquisti sospetti dell’Ingegnere di azioni delle Popolari”. “Caso Etruria: la Boschi sfida il Parlamento”.

A centro pagina, con foto di Di Battista, Letta, Saviano e Travaglio: “’Se l’avesse fatto Berlusconi’… La sinistra scopre il doppiopesismo”.

A centro pagina: “Un altro terrorista arrivato su un barcone. Fermato un clandestino a Pozzallo. E ora l’Europa si sveglia. ‘L’Italia schedi gli immigrati anche con l’uso della forza’”.

A fondo pagina: “La tentazione di Marchionne: l’Alfa Romeo in formula uno”:

Il Sole 24 ore: “Petrolio sotto i 35 dollari. Borse in calo, Milano -2,4 per cento”. “Il greggio di avvicina ai minimi da 11 anni, poi recupera. In un anno e mezzo perso il 50 per cento”. “Colpiti i titoli energetici, bancari e automobilistici”.

A centro pagina: “Banche, ecco come scatta l’arbitrato. Tre inchieste su Banca Etruria. Renzi irritato con Vegas: chi deve vigilare vigili”. “Sì all’emendamento sulla tutela ‘caso per caso’. Boschi a M5S:sfiduciatemi se avete i numeri”.

In alto: “Pininfarina ceduta agli indiani di Mahindra”. “Il titolo crolla in Borsa”.

Draghi

La Stampa, pagina 6: “Draghi: ‘Per le banche è finito il tempo dei salvataggi pubblici’”, “Il presidente della Bce: i prestiti incagliati mettono a rischio la ripresa. Bruxelles: ma una soluzione può arrivare dalle fusioni degli istituti”. E si citano ancora le parole di Draghi: “La riforma italiana dei fallimenti è positiva perché dimezzerà la durata media delle procedure”, “Il governo deve creare le condizioni per un rapido smaltimento dei crediti deteriorati”.

La Repubblica, pagina 6: “Draghi: ‘Allarme prestiti deteriorati, bisogna smaltirli più rapidamente’”, “’Bce pronta a fare di più, ma troppa esitazione nelle riforme. In Italia c’è chi vuole una Bankitalia finanziatrice’”.

Il Fatto: “Nello scontro tra Visco, Vegas e governo, la Bce prova a non schierarsi”, “Consob si difende e attacca Via Nazionale e Palazzo Chigi”. Secondo Stefano Feltri, “tra le righe un messaggio c’è” nelle parole di Draghi: “’risolvere (gergo tecnico per dire sciogliere un istituto di credito, cercando di salvare quel poco che resta di buono) le banche più fragili è parte di un processo di ‘riduzione dell’eccesso di indebitamento’ che è necessario per la ripresa. Salvare le banche con i soldi pubblici -come si è sempre fatto nella storia italiana- significa rimandare problemi e pesare sui conti pubblici già pesanti (per questo Draghi ha dedicato il suo intervento a Nino Andreatta, responsabile nel 1981 del ‘divorzio’ tra Banca d’Italia e tesoro sulla gestione del debito pubblico). Mentre oggi c’è bisogno di pulizia nei bilanci: ‘Consistenze elevate di prestiti deteriorati comprimono l’offerta di credito per varie ragioni: assorbono risorse e capacità operativa, immobilizzano il capitale bancario in impieghi improduttivi e riducono la redditività delle banche, gravando sulla loro capacità di generare capitale internamente’. Soprattutto per le piccole imprese che vivono di credito bancario”, chiosa Feltri.

Etruria

La Stampa, a pagina 6, dà conto dell’inchiesta della procura di Arezzo nei confronti degli ex vertici della Banca Popolare Etruria: “Conflitti d’interesse e prestiti facili. Indagati gli ex vertici di Etruria”, “L’aumento di capitale giudicato insufficiente da Bankitalia. La Popolare in crisi già dal 2102: tre i filoni dell’inchiesta”. La situazione dei conti -scrive Gianluca Paolucci- era già deteriorata nel 2012, quando la banca varò un aumento di capitale da 100 milioni di euro insufficiente. Situazione patrimoniale deteriorata che è alla base della contestazione del reato di ostacolo alla vigilanza: non riguarda solo la rappresentazione scorretta della reale situazione dell’istituto, ma anche l’operazione immobiliare fatta nel 2012 sugli immobili del gruppo. Ceduti al consorzio Palazzo della Fonte: tra prestiti a soci di Palazzo della Fonte e garanzie alle banche che finanziano il consorzio, alla fine il rischio resta in capo alla banca. Che paga anche le spese di manutenzione e servizi. La banca avrebbe finanziato indirettamente con 10,2 milioni alcuni dei soci: 2,5 milioni sono finiti alla Farmainvest, 3,9 milioni alla Mineco Real Estate di Matteo Minelli, produttore di birra amato da Renzi.

La Repubblica intervista il direttore di una filiale di Banca Etruria del centro Italia (con garanzia dell’anonimato). Dice: “Caccia all’uomo per vendere i bond, cercavamo clienti anche in ospedale”, Volevo salvarli ma non potevo dire il vero: li mandai dalle associazioni”, “Dovevamo informarli ma non lo facevamo. Molti di loro non sapevano neanche cosa stavano firmando”, “Dopo gli avvisi furono fatte cose vergognose: dicevamo che era una formalità e facevamo firmare di nuovo”.

Di fianco, intervista a Rossano Soldini, tra metà 2007 e ottobre 2009 membro del consiglio di amministrazione di Banca Etruria: “Nel 2009 denunciai Etruria a Bankitalia, nelle loro riunioni era già tutto già deciso”, “Comandava un gruppo ristretto, non sapevamo cosa deliberavano”, “Cominciai a litigare: non mi sembrava corretto che i consiglieri si fossero concessi crediti per 185 milioni”, “Nella mia azienda ci sono quattro dipendenti che hanno perso tutti i loro risparmi e ora sono alla canna del gas”.

Sul Corriere è Fiorenza Sarzanini a parlare della inchiesta affidata al Nucleo Tributario della Guardia di Finanza. L’ex presidente di Banca Etruria Lorenzo Rosi e l’ex membro del cda Luciano Nataloni sono accusati dalla procura di Arezzo di aver sfruttato a fini personali il ruolo che avevano nell’istituto per godere di finanziamenti. “Ma i controlli dovranno anche stabilire come mai né Palazzo Koch, né la Consob misero in guardia dai rischi legati alle emissioni obbligazionarie, e questo nonostante siano state effettuate ben tre ispezioni tra dicembre 2012 e febbraio 2015”. Le indagini si riferiscono al 2013 e 2014, “quando vicepresidente era Pier Luigi Boschi, padre del ministro delle Riforme Maria Elena. In particolare nel dossier degli ispettori di Bankitalia veniva evidenziato come pratiche di finanziamento per 185 milioni si siano svolte in situazioni di «conflitto d’interesse» generando 18 milioni di perdite”. Rosi è al centro di polemiche anche in questi giorni: Fratelli d’Italia in Toscana sostiene che, dopo il commissariamento, l’ex presidente di Etruria è diventato socio della azienda che fa capo a Tiziano Renzi, papà del presidente del consiglio, scrive il quotidiano.

Il Fatto: Papà Renzi, l’affare outlet è tutto famiglia e Pd toscano”, “Il filo rosso. Il sindaco Dem del Comune dove è partita l’iniziativa sponsorizzata dal padre del premier ha venduto i suoi terreni alla cordata in cui entrò Rosi, l’ex di PopEtruria”. Scrivono Pierluigi Cardone e Gaia Scacciavillani che per capire come mai Tiziano Renzi, padre del premier, si sia trovato a fare il consulente di grandi affari immobiliari amministrate da Lorenzo Rosi, l’ex presidente della Banca Etruria, ora nel mirino di risparmiatori e magistratura, bisogna andare a Leccio, frazione del comune di Reggello, provincia di Firenze. Qui Tiziano Renzi è stato per anni segretario del partito e qui si è lavorato sodo dal 2009 per raddoppiare un outlet, il The Mall, nato sotto le insegne Gucci, che oggi fattura 17 milioni di euro. Un superaffare immobiliare, un business che ha attirato imprenditori di ogni tipo. A Reggello sono stati della partita Andrea Bacci, finanziatore della fondazione Big Bang e poi nominato da Renzi (figlio) alla testa di alcune partecipate fiorentine.

Sul Sole Guido Gentili invita a “maneggiare con cura” la inchiesta parlamentare sui pare esserci convergenza tra governo, maggioranza, opposizioni, organismi di vigilanza. “Di sicuro è meglio fare luce che provare a nascondere la polvere, o il fango, sotto i tappeti, tanto più se si tiene conto che la magistratura – è il caso di Banca Etruria – si sta già muovendo. Ma per cominciare bisognerebbe definire con assoluta precisione l’identità della Commissione parlamentare, perché a volte la si accosta alla parola ‘indagine’ ed altre volte al termine ‘inchiesta’”, e “sono due ipotesi molto diverse”. Gentili ricorda che si sta concludendo proprio una indagine conoscitiva sul sistema bancario italiano – in Commissione finanze al Senato – che ha accumulato un “notevole” patrimonio conoscitivo, a partire dai dati sulle sofferenze bancarie. E scrive che “una semplice Commissione d’indagine pare comunque inutile o buona solo, strumentalmente, per far frullare in aria l’idea che stavolta si va fino in fondo senza sconti che per chicchessia” mentre per quella Bicamerale di Inchiesta “serve una legge istitutiva” ed avrebbe gli stessi poteri della autorità giudiziaria e l’unico esempio “è quello sul caso Sindona, quando nel settembre 1979, dopo l’omicidio di Giorgio Ambrosoli”

Boschi, Renzi

Sul Sole 24 ore: “Dal M5S mozione contro Boschi. Il ministro: vedremo chi ha i voti”. Dove si legge che alla Camera è già stata depositata la mozione di sfiducia nei confronti del ministro Boschi. “Dubbi in Forza Italia sulla adesione alla iniziativa dei Cinquestelle. L’azzurro Matteoli: si rischia di avvantaggiare l’esecutivo”.

Sul Corriere viene intervistata Stefania Agresti, madre di Maria Elena Boschi e moglie di Pier Luigi, ex vicepresidente di Banca Etruria. Chiede il giornalista: “Crede che attacchino suo marito Pier Luigi per colpire in realtà sua figlia Maria Elena e il governo di Renzi?”. Risposta: “Io non dovrei nemmeno parlare con lei, anzi non scriva niente per favore perché in famiglia abbiamo deciso che la linea è questa. Però certamente il nuovo fa paura…”. “Il premier in queste ore vi ha chiamato?”. “No, perché dovrebbe? Abbiamo ricevuto tantissimi messaggi di solidarietà dai nostri amici, dalla gente comune. È ciò che conta”. Dice, sull’inchiesta: “Io vi dico che avrete delle sorprese. Per fortuna c’è un’inchiesta, ci sono le carte e da quelle carte, vedrete, la verità verrà fuori. E la verità è che noi, in primis mio marito, non abbiamo mai preso un euro dalla banca. Altro che finanziamenti alle nostre attività!”.

Sul Giornale spazio al dibattito “cosa sarebbe successo” se al posto di Renzi ci fosse stato Berlusconi, a partire dalle parole di Alessandro Di Battista, intervistato domenica scorsa da Sky Rg 24: “Cosa avrebbero detto gli intellettuali di sinistra contro Berlusconi se lui avesse salvato una banca con un decreto ad hoc nella quale avevano interessi i suoi parenti?”. Il quotidiano cita anche “l’ex renziano della prima ora Pippo Civati” e poi Roberto Saviano “con la sua reprimenda: ‘La Leopolda è una riunione di vecchi arnesi affamati, resi più accettabili dalla giovane età e dall’essere venuti dopo Berlusconi, e il Pd un’accolita che difende i malversatori a scapito dei piccoli risparmiatori’”. E anche “l’ex premier Enrico Letta” che “per togliersi qualche macigno dalle scarpe, il 3 maggio afferma: ‘Non tollero la doppia morale. Se lo avesse fatto Berlusconi saremmo scesi tutti in piazza’, riferendosi all’Italicum”.

De Benedetti

Il Fatto, pagina 5: “Banche, De Benedetti nell’inchiesta sulle speculazioni”, “La Romed dell’Ingegnere guadagnò 600 mila euro sulle Popolari. L’ipotesi di ‘indicazioni da Bankitalia’. Indagano pm e Consob”. La domanda che pone Antonio Massari -e a cui starebbero cercando una risposta la Procura di Roma e la Consob- è la seguente: l’ingegnere Carlo de Benedetti, patron del gruppo Espresso e tra i padri fondatori del Pd, ebbe delle informazioni privilegiate sulla vendita delle azioni delle banche popolari, prima che il governo Renzi annunciasse che dieci di loro sarebbero state trasformate in Spa? E fu grazie a quelle informazioni privilegiate che investì fruttuosamente su quelle azioni?

Anche Il Giornale, che ieri aveva aperto con questa notizia, torna oggi sul tema: “Quelle azioni cresciute del 57% tra rumors, annunci e decreti. A inizio gennaio le prime voci dell’intervento del governo sulle Popolari. E in quei giorni i titoli volano: la Consob studia lo scenario che ha consentito il guadagno all’Ingegnere

Francia

Sul Sole Marco Moussanet (“Se Marine sbatte sul muro repubblicano”) scrive che in Francia “l’estrema destra fallisce l’obiettivo di conquistare almeno una regione” e Marine ha perso nel Nord “con un ritardo abissale” ma il Fn ottiene comunque 6.8 milioni di voti, 800 mila in più rispetto al 6 dicembre e 200 mila in più rispetto al 2012, triplica i suoi consiglieri regionali e soprattutto “conferma che per batterlo bisogna ricorrere al ‘patto repubblicano’, alla innaturale alleanza tra due avversari storici”

Sul Corriere Paolo Mieli si sofferma sugli errori del fronte anti Le Pen in Francia ricordando che oggi le cose “sono molto diverse dall’analogo scontro alle presidenziali del 2002 allorché Jacques Chirac ottenne al primo turno cinque milioni e 665 mila voti (contro i quattro e 800 mila di Jean-Marie Le Pen) e stravinse al secondo conquistandone venticinque milioni e 537 mila (contro i cinque e 525 mila del Front). Adesso Marine Le Pen ha ‘perso’ al Nord con il 42 per cento e sua nipote Marion al Sud (contro il potentissimo sindaco sarkozista di Nizza, Christian Estrosi) con oltre il 45”. Oggi quello di Marine Le Pen “non è più il partito di suo padre: conserva ancora tratti odiosi di insofferenza verso gli immigrati, ma si distingue per una legittima (ancorché non condivisibile) avversione nei confronti delle élite dominanti, dei poteri finanziari e dell’Europa. In ciò che rappresenta e per lo spirito diffuso nel suo elettorato, appare assai più simile al Movimento Cinque Stelle che alla Lega. Ancor più se si considera l’indisponibilità (che li fa diversi dai seguaci di Salvini) ad allearsi con il partito più prossimo: quello di Sarkozy in Francia, quello di Berlusconi in Italia”. É il movimento di Casaleggio “ad essere destinato a raccogliere il testimone di questa staffetta europea dei partiti anti-sistema” e sarebbe “incauto lasciare un partito di quelle proporzioni fuori dal recinto delle responsabilità, consentendogli di crescere senza doversi mai misurare con i concreti problemi di governo”, scrive Mieli, ricordando la scelta della Dc e dei centristi di “arrendersi” alla istituzione delle Regioni, che pure sapevano avrebbe portato alla assegnazione Toscana, Emilia e Umbria al Pci. Da quella scelta “il sistema uscì nel complesso più forte” il Pci da allora “ebbe atteggiamenti responsabili a fronte delle gravi fibrillazioni che negli anni Settanta avrebbero portato l’Italia sull’orlo di un infarto” e “la Dc rimase in sala di comando per un altro ventennio”.

Usa, Libia

La Repubblica: “Obama alza il tiro sull’Is, ‘L’Italia aumenta l’impegno’”, “Il presidente: ‘Non abbiamo mai colpito così duramente’. Poi il riconoscimento agli alleati. Oggi Kerry vola a Mosca”. Ne scrive Federico Rampini da New York. A pagina 11 il “retroscena” di Annalisa Cuzzocrea: “L’intesa con gli Usa dopo Parigi per fermare il contagio in Libia”, “Per la Difesa non cambia il ruolo in Siria e in Iraq, ma è sulla soluzione della crisi di Tripoli che Roma ha rafforzato la sintonia con la Casa Bianca. Anche per rispondere alle critiche di una reazione troppo timida contro il terrorismo”, “Contro Daesh l’Italia schiera quattro Tornado e due droni: una forza che non verrà modificata”, “Ma potremmo fornire sostegno alle forze libiche di stabilizzazione. Anche sul terreno”.

La Stampa: “L’elogio di Obama all’Italia: ‘Sta facendo di più contro l’Isis’”, “Il presidente americano rilancia dal Pentagono la guerra allo Stato islamico. ‘Stiamo eliminando i leader e i comandanti uno a uno, alla fine vinceremo noi’”. L’articolo da New York è firmato da Paolo Mastrolilli, mentre, sulla stessa pagina, Guido Ruotolo firma il “retroscena”: “Il piano di Roma per blindare Tripoli. Centinaia di carabinieri e forze speciali”, “Il generale Serra dovrò rendere sicura la capitale libica. Il nuovo governo di unità nazionale si insedierà a febbraio”.

E Maurizio Molinari spiega: “Le richieste americane. Più raid degli europei e truppe arabe in campo”, “Parigi è l’alleato più attivo, Berlino sta accelerando. Ma Washington preme soprattutto sui Paesi sunniti”.

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