Diktat e ultimatum sull’Iva: il governo cerca le risorse

Corriere della Sera: “Iva, un miliardo per il rinvio”, “Il Tesoro: trovate le risorse per far slittare l’aumento di 3 mesi. Il premier ad Alfano: niente diktat”, “Idem in bilico per la palestra, oggi Letta decide sulle dimissioni”.

A centro pagina, il Datagate: “Mosca, l’Ecuador: la ‘talpa’ in fuga”, “Snowden arrivato ieri a Mosca grazie all’aiuto di Assange”.

In prima anche le notizie dal Sudafrica: “Con il fiato sospeso per Nelson Mandela in condizioni critiche”.

 

La Repubblica: “Solo un miliardo per il lavoro”, “Vertice a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio, Saccomanni e Giovannini: poche risorse a disposizione. Mercoledì il provvedimento al Cdm”, “Pronto il piano per i giovani. Letta: sull’Iva non accetto diktat”.

A centro pagina, la vicenda ‘Datagate’: “Snowden sulle orme di Assange, fuga a Mosca, poi l’Ecuador”.

In taglio basso: “Il governo scarica la Idem, dimissioni a un passo”.

In prima anche la sentenza attesa del tribunale di Milano: “Processo Ruby, Berlusconi pronto all’offensiva tv”.

 

La Stampa: “I sindacati: patto con Letta”, “Oggi a Palazzo Chigi vertice con le tre confederazioni”, “Bonanni: ‘Sì ai tagli alla spesa pubblica in cambio di meno tasse sul lavoro’. Il premier: basta diktat dal Pdl. Gelo con la Idem, si decide sulle dimissioni”.

In prima, sotto il titolo “Il giorno del giudizio”: “Processo Ruby, da tre donne il verdetto su Berlusconi”.

Sotto la testata: “Datagate, la ‘talpa’ fugge a Mosca e chiede asilo all’Ecuador”.

Dal Sudafrica: “Il presidente Zuma: Mandela in fin di vita”.

In prima anche “La doppia strage sul Gran Zebrù”, “Due cordate di scalatori precipitano a distanza di quattro ore: morti sei alpinisti”.

 

Il Giornale scrive che il governo ha “otto giorni di vita” e titola: “La prima bugia di Letta”, “Il premier scarica il barile sull’Iva: ‘L’aumento? Deciso da Berlusconi’. Ma il decreto è di Monti”, “La ministra Idem licenziata in diretta tv: ben le sta”.

 

 

L’Unità: “Non si può aumentare l’Iva”, “Letta: imposta decisa dal Pdl ma troveremo una soluzione. Probabile stop di tre mesi”.

In prima il richiamo ad una intervista al ministro del Lavoro Giovannini: “Ecco il mio piano per rilanciare il lavoro”.

In taglio basso: “Processo Ruby: oggi il verdetto sul Cavaliere”.

 

Iva, economia.

 

In una intervista ieri alla trasmissione “Mezz’ora” di Lucia Annunziata, il presidente del Consiglio Letta, come racconta La Stampa, ha replicato agli attacchi del Pdl: “Sono fiducioso che troveremo una soluzione sull’Iva, ma niente diktat, non conviene a nessuno”, “Non è che io voglio aumentare l’Iva. L’Iva aumenta perché è già stato deciso nella prima metà del 2011, è già nel bilancio dello Stato”.

Anche sul Corriere: “Letta e l’aumento dell’Iva: deciso quando c’era Berlusconi”, “La replica ad Alfano: i diktat non servono, troveremo la soluzione”. Di fianco, sullo stesso quotidiano, ci si occupa del piano del ministro dell’Economia Saccomanni per il rinvio dell’aumento di 1 punto di Iva che scatterebbe il 1 luglio: i tecnici del ministero sarebbero riusciti a recuperare i fondi (circa 1 miliardo) per sostenere il rinvio. E sulla stessa pagina un’analisi di Sergio Rizzo: “Con 8 miliardi si elimina pure l’Imu: basta tagliare l’1% della spesa pubblica”.

Sulla prima pagina de Il Giornale, l’editoriale del direttore Alessandro Sallusti accusa il presidente del Consiglio di aver detto la sua prima bugia, quando ha affermato che ad innalzare l’Iva è stato il governo Berlusconi: “peccato non sia vero. L’aumento dell’Iva è stato varato dal tassatore Monti, come noto a chiunque. Un colpo di caldo, una gaffe? Non creso. Penso che Letta sia semplicemente in difficoltà e abbia deciso di unirsi ai seminatori di zizzania per confondere un po’ le acque. Sa che entro otto giorni, come chiesto dal Pdl, deve annullare l’aumento della tassa (previsto per il primo luglio) o andare a casa, come ribadito anche sabato da Alfano”. Perché “che le casse siano vuote da tempo, Letta lo sapeva bene anche il giorno che accettò di entrare a Palazzo Chigi”.

L’Unità scrive che le probabilità che lo stop all’umanto Iva per tre mesi sono molto alte, “visto che ad ipotizzare questa strada è stato il viceministro dell’Economia Stefano Fassina”, ma “preoccupa il silenzio (d’obbligo?) di Fabrizio Saccomanni, che sulla questione finora non ha fatto chiarezza”. Insomma, “il Tesoro non si sbottona”, ma è noto che mercoledì il ministro poserà sul tavolo del consiglio dei ministri diverse opzioni con relative coperture: e “spetterà ai ministri fare una scelta politica”.

Sulla prima pagina del Corriere, segnaliamo un editoriale firmato da Alberto Alesina e Francesco Giavazzi dedicato a questi temi. Si ricorda che il Consiglio europeo di giovedì chiuderà la procedura di infrazione per deficit eccessivo aperta sull’Italia nel 2009: il rientro fra i Paesi virtuosi “avverrà a fronte del nostro impegno a mantenere d’ora in avanti il deficit al di sotto del 3%. E’ inutile che Berlusconi continui a chieder di sfondare unilateralmente questo vincolo: i mercati reagirebbero con preoccupazione e il costo del debito pubblico salirebbe, peggiorando la situazione anziché migliorarla”. Tuttavia i due economisti sottolineano come il governo stia “tergiversando”: “senza una svolta radicale della politica economica capace di innescare un po’ di crescita, il 3% non lo rispetteremo neppure quest’anno”. E’ inutile illudersi che chiusa la procedura di infrazione si apriranno più spazi: questo accadrà solo se l’economia tornerà a crescere e sarebbe necessario presentare q Bruxelles “un piano credibile di riduzioni di imposte e tagli alla spesa. Diciamo 50 miliardi di minori tasse sul lavoro da varare immediatamente, e altrettanti di minori spese spalmate su un triennio e approvate dal Parlamento con procedure d’urgenza prima di sottoporle a Bruxelles”. All’Europa dovremmo chiedere di concederci di superare per due anni la soglia del 3% in cambio di un piano credibile di tagli di spese, come peraltro già concesso a Francia e Spagna. Poi nessun aumento dell’Iva. E’ un piano molto diverso dallo sfondamento unilaterale senza un un programma di rientro”.

La Stampa intervista il segretario Cisl Raffale Bonanni, il cui pensiero viene così riassunto nel titolo: “Si tagli pure la spesa pubblica ma in accordo con noi”. Cosa chiederete oggi al governo? “Il primo problema sono le tasse. I consumi sono al lumicino perché la gente è stata caricata come muli. Ora, capisco l’operazione iva e Imu, ma il problema vero è che bisogna dimezzare le tasse sui lavoratori, diminuire quelle sulle pensioni e anche diminuirle fortemente su chi investe”. Bonanni insiste anche sulla lotta all’evasione fiscale, che serve a finanziare queste scelte. Siete disponibili ad un taglio della spesa pubblica? “Senz’altro. Ma il governo lo deve stabilire insieme a noi, visto che finora la spending review è stata lineare perché la classe politica non tocca mai i suoi capisaldi. Lo Stato deve costare meno ma essere più efficiente”. Tagliare la spesa pubblica significa anche che si possono toccare i dipendenti? “Meno di quelli che ci sono non è possibile. Sono quindici anni che non i fa il turnover”.

 

 

Politica

 

Una lettera di Romano Prodi compare oggi sulla prima del Corriere della Sera: anche ieri il quotidiano era tornato a parlare di un possibile coinvolgimento dell’ex premier nella vita del Pd, dando conto di contatti che Matteo Renzi o il suo entourage avrebbe tenuto con Prodi. “Caro direttore -scrive Prodi- vorrei rispondere ai tanti riferimenti che, anche sul vostro giornale, sono apparsi riguardo a mie presunte posizioni relative alla vita interna del Partito Democratico e al mio possibile sostegno a questo o quel protagonista. Ribadisco che ho definitivamente lasciato la vita politica italiana”. Prodi conferma di non aver ritirato la tessera del Pd, di averlo fatto “senza polemiche”: Pd, “il cui rinnovamento e rafforzamento sono tuttavia essenziali al futuro della nostra democrazia”. Ricorda di aver detto al giornalista del Corriere “my game is over”, “che tradotto in italiano significa che la mia gara è finita”: “una gara riguardo alla quale posso elencare tante sfide vittoriose, tra le quali non mi fa certo dispiacere ricordare le due elezioni politiche nazionali del 1996 e del 2006. Riflettendo su tutto ciò voglio infine augurarmi che, anche chi è stato sconfitto nei due confronti diretti, possa meditare sul fatto che non dovrebbe essere solo la mia gara a una fine”.

Sullo stesso quotidiano: “D’Alema apre la fondazione ai renziani”. Si parla di “rivoluzione” a ItalianiEuropei: dentro parlamentari di tutte le correnti. E il costituzionalista Augusto Barbera, ancora sul Corriere, interviene sul dibattito apertosi dopo l’intervista a Gianroberto Casaleggio pubblicata dall’inserto sulla ‘Lettura’: “La democrazia diretta non sostituisce i partiti. Troppi fanatici sul web”.

Se ne occupa su L’Unità Marco Olivetti, con una lunga analisi: “La Costituzione di Casaleggio”, “L’idea di contrapporre la democrazia diretta alla democrazia rappresentativa è antica, ma ha dato vita a soluzioni autoritarie”.

Su La Repubblica: “Appello dei renziani al sindaco: devi candidarti”, “Matteo resiste: ‘non è ancora il momento’. E Prodi: ‘Io non sosterrò nessuno'”.

Il Giornale intervista il cardinale CamilloRuini: “E’ grazie ai cattolici -dice- se l’Italia ha evitato l aderiva sull’etica”. E sull’impegno dei credenti: “Se non avessero contato dalla fine della Dc la legislazione italiana sarebbe stata diversa”, “i cattolici in politica ci sono anche oggi e sono tutt’altro che irrilevanti”.

 

 

Internazionale

 

 

Su La Stampa si dà conto della fuga da Hong Kong dell’ex tecnico Cia Edward Snowden, atterrato a Mosca: sono gli uomini di Assange, il fondatore di Wikileaks, a dettare i ritmi della sua fuga, ancor prima che inizi il dibattito sull’estradizione. La prova del coinvolgimento del gruppo di Assange è la giornalista Sarah Harrison stretta collaboratrice del fondatore di Wikileaks. La ‘talpa’ del Datagate è arrivata nel Paese di Putin senza visto russo e senza visto russo -per evitare uno scandalo diplomatico- ne uscirà probabilmente oggi per raggiungere Quito in Ecuador, via Cuba. Un “retroscena” dagli Usa descrive “Sponsor e Paesi amici. La rete che sfida Obama”: l’ex giudice spagnolo Baltasar Garzon fornisce assistenza legale a Snowden; il presidente russo Putin avrebbe autorizzato il volo via Mosca, anche se dice di essere all’oscuro della vicenda; il successore di Chavez, Nicola Maduro, potrebbe concedere asilo politico in Venezuela. Snowden “gode di una protezione totale” e “Wikileaks “conta quanto gli Stati”, scrive La Stampa.

Anche sul Corriere: “La rete di Assange soccorre Ed. Wikileaks torna in prima linea”. E, ancora sul Corriere: “Mosca aiuta Snowden a fuggire in Ecuador”, “Casa Bianca furiosa con Hong Kong e Russia. Il contractor partirà oggi per Cuba”: questo perché la compagnia russa Aeroflot non ha un collegamento diretto con l’Ecuador.

Torna a parlare di Turchia l’Unità, con una intera pagina: sarebbero più di due milioni finora le persone scese in piazza per la protesta contro il primo ministro Erdogan. Il quotidiano intervista una avvocatessa dell’Ordine di Istanbul, Ozden Ihtiyar: “Abbiamo difeso ragazzi terrorizzati dalla polizia”, racconta. E di fianco, intervista ad un medico otorinolaringoiatra di Smirne che lavora per l’Università di Baskent ed ha prestato soccorso ai feriti: “Anche noi dottori siamo finiti dietro le sbarre”.

Sulla prima de La Repubblica un’analisi di Moses Naim: “Dalla Turchia al Brasile, il filo che unisce la protesta”. Dove si legge delle caratteristiche comuni che accomunano o hanno accomunato la Tunisia, il Cile, la Turchia, il Brasile: “piccoli incidenti” diventano “grandi”; “i governi reagiscono male”; “le proteste non hanno capi né una catena di comando”; “non c’è qualcuno con cui negoziare” e la natura “informale, spontanea, collettiva e caotica delle proteste, disorienta i governi”; “è impossibile prevedere le conseguenze delle proteste”; “la prosperità non compra la stabilità. La principale sorpresa di queste proteste di piazza è che sono avvenute in Paesi di successo, dal punto di vista economico”. E allora cosa spiega le proteste? Naim rimanda, fra l’altro, ad un libero di Samuel Hungtington: “Ordinamento politico e mutamento sociale”, dove si spiega che nelle società che sperimentano trasformazioni rapide, la domanda di servizi pubblici cresce a velocità più sostenuta della capacità che hanno i governi di soddisfarla.

Su La Stampa ci si occupa del “rischio contagio” in relazione al conflitto siriano: “Israele riscopre la paura nel Golan”: ribelli siriani e soldati di Assad si combattono vicino al confine. “E i kibbutz preparano le difese”. Venti giorni fa i 360 caschi blu austriaci hanno deciso, dopo essere stati raggiunti dalle granate, di fare i bagagli: sono già partiti i primi 60. Si racconta anche il dramma dell’esercito israeliano : “’Siamo in un vicolo cieco, che vinca l’asse sciita o gli jihadisti, potremmo rimpiangere Assad”

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