Cambio profundo in Spagna

Il Corriere della Sera apre con le parole del ministro delle Riforme istituzionali, all’indomani della vittoria del referendum in Irlanda sui matrimoni gay: “’Unioni civili, la legge dopo il voto’. Il passo di Boschi. E Berlusconi apre”, “Oggi in Vaticano la riflessione su gay e divorziati”.
Poi un titolo per le elezioni regionali e il Pd: “Renzi: vinciamo, poi cambio il Pd”.
A centro pagina il titolo in grande evidenza per le elezioni in Spagna: “La protesta scuote la Spagna”, “Liste anti austerity legate a Podemos avanti a Barcellona. Polonia, balzo populista”, “E Atene spaventa i creditori. Niente soldi per i debiti. Varoufakis: abbiamo già dato”.
La foto è per il red carpet del Festival di Cannes: “Disfatta italiana a Cannes. La Francia si prende tutto”.
A fondo pagina, la notizia della morte di John Nash: “Il genio della matematica ucciso dal caso”, “John Nash muore in taxi con la moglie. Premio Nobel, fu Beutiful Mind (e icona pop)”.

La Repubblica: “Atene. Finiti i soldi, non paghiamo i debiti, incubo Grexit nella Ue”, “’Casse vuote, non possiamo versare 1,6 miliardi al Fmi’. Schaeuble: devono rispettare gli impegni al 100 per cento”.
A centro pagina: “Terremoto elettorale in Spagna, a Podemos Barcellona e Madrid”, “E in Polonia vince il populista di destra Duda”.
Sulla politica e le elezioni regionali del prossimo 31 maggio: “Renzi: alle Regionali basta anche un 4 a 3. Berlusconi va da Fazio”.
A fondo pagina, le parole dell’arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin: “’Nozze gay, ora la Chiesa cambi’”. E il richiamo ad un’intervista del quotidiano all’ex capogruppo Pd Roberto Speranza, che dice: “I Pacs non bastano”.
La foto è per il Festival di Cannes e per Emmanuelle Bercot, che ha vinto migliore attrice, insieme alla regista Maiwenn: “Cannes delude l’Italia, la Palma va ai francesi”.
Sulla colonna a destra: “L’assurda morte di Beautiful mind”, “Il Nobel della matematica John Nash e la moglie vittime di un incidente in taxi”.

La Stampa: “La Grecia alla Ue: non pagheremo”, “I ministri delle Finanze e dell’Interno: ‘I soldi sono finiti, le nostre casse sono vuote’. Berlino: nessun piano alternativo, gli impegni vanno rispettati. Gli scenari possibili”.
E il quotidiano offre ai lettori uno “speciale Brexit”: “Cosa succede se il Regno Unito esce dall’Europa?”. Con un contributo di Enrico Letta, che propone di rilanciare “un’Europa a due velocità”.
A centro pagina, grande foto per le elezioni in Spagna: esultano i supporter della lista appoggiata da Podemos a Barcellona. Il titolo: “Madrid e Barcellona, rivoluzione Podemos”, “Exploit del movimento anti-austerità nel voto locale in Spagna. E in Polonia vince il candidato euroscettico”.
A fondo pagina: “Cannes, la Grande amarezza del cinema italiano”, “Stravince la Francia: Palma d’oro ad Audiard. Nessun premio a Sorrentino, Moretti e Garrone”.

Il Messaggero: “Grecia, soldi finiti: trema l’euro”, “La mossa di Atene: non restituiremo i prestiti con scadenza a giugno al Fondo monetario. Varoufakis: ‘Se usciamo finisce la moneta’. Ma si spera ancora in un’intesa in extremis”.
Sulle elezioni in Spagna: “Spagna, vola Podemos ma il Pp è primo. In Polonia trionfa l’euroscettico Duda”.
A centro pagina, sulla politica italiana: “Berlusconi in tv: non ho eredi. Renzi: un successo anche il 4-3”, “per la Boschi l’esito delle regionali non condizionerà l’esecutivo”.
In evidenza a centro pagina anche la foto di John Nash con la moglie: “Addio Nash, matematico Nobel celebrato da ‘A beautiful mind’”.
A fondo pagina: “Il gioco del Lotto all’asta per 700 milioni”.

Il Giornale: “Berlusconi oltre i partiti”, “La rivoluzione del Cavaliere”, “Il leader di Forza Italia per la prima volta da Fazio: bisogna superare i vecchi modelli politici. L’erede? Non lo vedo, spero che arrivi presto. I magistrati mi hanno imposto di non andare in tv”.
A centro pagina: “La F1 rinnega se stessa: basta donne”, “Montecarlo, maschi al posto delle ‘ombrelline’”.
E un titolo sui “volantini offensivi” che sarebbero stati diffusi in un volantinaggio ad Expo: “Pure Expo diventa una vetrina per i musulmani”, “I volantini offensivi: ‘Gesù è servo di Allah’”.

Grecia

Su La Stampa, a pagina 2: “’Non rimborsiamo le rate all’Fmi’. La Grecia spaventa i mercati”, “I ministri Varoufakis e Voutsis: ‘Casse vuote, se usciamo noi crolla tutta l’eurozona’. Duro il tedesco Schauble: ‘Non c’è programma alternativo, impegni da rispettare”.
E sulla stessa pagina, in un’analisi di Francesco Spini, si legge che “L’Italia vanta crediti per 40 miliardi. Le banche private solo per 800 milioni”. Tonia Mastrobuoni, inviata a Berlino del quotidiano, spiega “Cosa succede se Atene non paga”: “nella migliore delle ipotesi ci sarà un salvataggio, ma creerà problemi alla Germania, che rischia una crisi politica. Senza intesa andrà in bancarotta, tornerà alla dracma o a una valuta parallela. Meno gravi gli effetti sull’euro”.
Il Corriere, pagina 2: “Atene: senza di noi la fine dell’euro”, “L’azzardo di Varoufakis. E il ministro degli Interni avverte: il governo non rimborserà il Fondo monetario a giugno”.
La Repubblica, pagina 2: “Atene sul baratro: ‘Abbiamo finito i soldi’. L’Europa trema per lo spettro del default”, “Il governo ellenico: ‘Non stiamo bleffando (sic.), la liquidità in cassa è terminata e senza accordo non paghiamo 1,6 miliardi al Fondo monetario. Schaeuble: ‘Tsipras rispetti gli impegni al 100%’”.
E l’analisi di Andrea Bonanni: “Cronaca di una bancarotta annunciata. E il silenzio delle cancellerie nasconde la sfiducia nella Commissione Juncker”. Ricorda Bonanni che all’ultimo vertice di Riga, la scorsa settimana, il premier greco Tsipras ha avuto un incontro con Hollande e Merkel al quale il presidente della Commissione Ue non è stato invitato: l’incontro è andato malissimo e Tsipras si è visto di fatto consegnare un ultimatum che gli impone di accettare tutte le condizioni dei creditori entro la fine di maggio. L’assenza di Juncker al colloquio è stata interpretata dai più come un gesto di sfiducia di Berlino e Parigi nei confronti della Commissione, considerata troppo morbida e conciliante nei confronti di Atene.
Il quotidiano intervista Daniel Gros, economista e direttore del Center for Economic policy studies di Bruxelles, secondo cui la situazione è “inquietante”: “temo un Fmi inflessibile e la Merkel che si defila”.
Sul Corriere, “gli scenari”, di Giuliana Ferraino: “La strategia dei creditori: alla fine la Grecia cederà in cambio di nuovi aiuti”. E di fianco, a pagina 3, Maria Serena Natale scrive del “fuoco amico su Tsipras dall’ala estrema del suo partito”: non è un caso che le dichiarazioni che tanto hanno allarmato l’Europa siano arrivate nel week end del congresso della sinistra radicale ad Atene.
Daniel Gros viene intervistato anche da Il Messaggero e dice: “Probabile che sia una scelta tattica, ma si rischia l’assalto alle banche”. Gros sottolinea che a parlare è stato soprattutto il ministro dell’Interno greco. E comunque, “anche senza di lui si sapeva che la Grecia non è in grado di pagare”. Una tattica per far pressione sull’Ue? “Queste esternazioni indicano la verità: non ci sono più soldi; e sono la conferma che, in caso di scelta, lo Stato greco paga i creditori interni, cioè i pensionati e i pubblici dipendenti e non i creditori esterni, le istituzioni internazionali”. E ora quali saranno le conseguenze? “Fino al giorno in cui scade la rata, non succede niente sul piano ufficiale. Ma sul piano del comportamento dei risparmiatori, all’inizio della nuova settimana potrebbe scatenarsi una corsa al ritiro dei depositi”.
A pagina 3 de Il Messaggero: “La spinta degli Usa, preoccupati per le ricadute geopolitiche”, “Fa paura l’ipotesi di un indebolimento nel Mediterraneo che potrebbe creare caos sul fianco sud-est europeo”, di Anna Guaita, da New York.

Spagna

La Stampa, pagina 5: “Spagna, terremoto Podemos. Prese Madrid e Barcellona”, “La candidata del movimento anti-austerità vince nel capoluogo catalano. Nella capitale può governare con i socialisti”. E si riferiscono le parole del leader di Podemos, Pablo Iglesias: “finito il bipartitismo”.
Sulla stessa pagina il reportage da Madrid: “Nella quartiere degli ‘indignados’, ‘Notte storica, cambieremo il Paese’”.
Il Corriere dedica attenzione a tre donne che sono state protagoniste di questa tornata elettorale: Manuela Carmena (avvocato del lavoro, 71 anni, al suo debutto con Podemos a Madrid, “nel suo programma aiuti sociali e moralità”), Ada Colau (41 anni, leader della lista civica ‘Barcelona en Comù’, sostenuta da Podemos, attivista popolare per la difesa degli sfrattati), Rita Barbera (66 anni, del Partito popolare, sindaco di Valencia dal 1991, ora ha perso la maggioranza assoluta e dovrà probabilmente negoziare con la formazione Ciudadanos).
“Spagna, Podemos fa tremare i Popolari”, titola a pagina 13 Il Messaggero spiegando che si è trattato di un “terremoto elettorale” per le amministrative.
Secondo il Corriere “lo scenario peggiore per il premier in carica è trasformare l’altro sconfitto di ieri in un vincitore”. Si parla del segretario socialista Pedro Sanchez, che ha “fermato l’emorragia di voti”, ha riconquistato il governo della “comunidad” della Extremadura e non ha assistito ad un drammatico travaso di voti verso Podemos nel senso che “la macchina organizzativa” del partito ha retto. In vista della sfida nazionale di novembre ora il Psoe dovrà spostare il confronto con Podemos sulla capacità di governo.
Il titolo dell’articolo di Andrea Nicastro: “In Spagna sfondano i partiti anti austerity. L’ondata arriva a Barcellona e Madrid. Successo di Podemos: primo nel capoluogo catalano, la capitale resta in bilico. Tracollo del bipartitismo”.
La Repubblica, pagina 12: “Terremoto elettorale in Spagna. Podemos prende Madrid e Barcellona”, “I popolari sono ancora il primo partito ma con un netto calo di consensi. Socialisti al 25%. Esordio positivo per Ciudadanos”. Il quotidiano intervista lo scrittore Javier Cercas, che dice: “Ma io non mi fido, la crisi non si batte con il populismo”. Dalle urne esce una frammentazione, gli si fa notare. Cercas sottolinea che “può anche essere il voto amministrativo che favorisce gli esperimenti: puntare su nuove forze a livello locale non è come cambiare il governo del Paese”. Insomma il bipartitismo non è morto? “Lo stiamo dando per sepolto troppo presto. La gente ha ragione ad arrabbiarsi con i partiti tradizionali: per la crisi che abbiamo vissuto e ancora stentiamo a superare”.

Polonia

Il Corriere, pagina 6: “Un populista di destra guiderà la Polonia”, “Al ballottaggio vittoria a sorpresa di Duda contro il presidente uscente, l’europeista Komorowski. Segnale d’allarme per i liberali al governo in vista delle politiche. E Kaczynski sona il gran ritorno”. Duda, ricorda il quotidiano, “collaborò a lungo con Lech Kaczynski, ucciso nel disastro di Smolensk del 2010”.
La Stampa: “La Polonia all’euroscettico Duda”, “Il populista 43enne all’esordio in politica in testa nelle elezioni con il 53% dei voti. Il capo dello Stato, il liberale Bronislaw Komorowski, ammette la scommessa”
La Repubblica: “Vince l’ultradestra, il nazionalista Duda nuovo presidente. Schiaffo all’Europa”, “Al delfino di Kaczynski il 53% dei voti. Sconfitto l’uscente Komorowsli che iniziò a fare politica con Solidarnosc”.
Regionali, partiti, politica

La Repubblica, pagina 6: “Renzi: è vittoria pure un 4-3. In bilico Liguria e Campania. Salvini: sarò io l’anti-premier”, “Il leader del Pd corregge il precedente pronostico del 6-1. Alfano attacca il capo della Lega: inadatto a guidare il Paese”.
E sulla presenza di Berlusconi ieri alla trasmissione “Che tempo che fa”: “Silvio da Fazio: è show-malinconia. ‘L’erede? Non si fa vivo’”.
Su La Stampa: “Il Berlusconi eterno: un leader dopo di me? Non s’è fatto vivo”, “Il capo di Forza Italia da Fazio: contro i comunisti, i ‘giornaloni’, gli alleati traditori”.
Sul Corriere: “Berlusconi nel salotto di Fazio: una convention per il mio erede”, “’Sono incandidabile: conoscete la mia età, però nessuno si è fatto vivo’”. A fondo pagina: “Il no di Marina, la tentazione di Barbara e per ora Mara (Carfagna, ndr.) prende tempo. Sul successore è già guerra fra frazioni”.
Su Il Giornale: “’Il mio erede non c’è: si faccia vivo presto’”, “Berlusconi per la prima volta nel salotto di Fazio: ‘Renzi e Salvini sempre in tv, a me è stato imposto di non andarci. Grillo non è più un pericolo, la sua storia è finita’”.
E alla pagina precedente, sulle elezioni regionali: “Dal sogno 7-0 alla speranza 4-3. Per Renzi è un brusco risveglio”, “Il premier fino a pochi giorni fa pensava a un trionfo facile alle elezioni e non voleva lasciare nemmeno le briciole ai rivali. Ora teme di perdere anche Liguria e Campania”.
Il Corriere: “I calcoli di Renzi sul voto: ‘Penso che vinceremo e cambierò anche il Pd’”, “’Un 4-e sarebbe un successo, ma andrà meglio’”. Secondo il quotidiano il premier “insegue un sogno”, ovvero il 6-1 alle elezioni regionali. Ma “anche un 5 a 2 sarebbe un’ottimo risultato, visto che se ‘fosse un 4-3 sarebbe comunque una vittoria per il Pd. Ma credo che andrà meglio'”, come ha detto ieri il premier intervistato dal Secolo XIX. Secondo il quotidiano milanese Renzi sta già pensando intanto a cambiare lo Statuto del Pd con l’obiettivo di “introdurre regole di funzionamento del movimento più efficienti e più rapide, più adatte proprio ad un partito di governo che nel 2018 punterà a ‘governare da solo'”, e dunque di mettere mano al “funzionamento degli organi principali, alle regole con cui si prendono le decisioni, modificare la vita interna, centrale e periferica, del partito, introducendo schemi che facilitino l’adozione rapida di decisioni, anche con l’adesione generale di un principio di maggioranza che avrebbe indubbie ricadute sulla vita parlamentare”.
Secondo Il Giornale Renzi “ora teme di perdere anche Liguria e Campania”. “Era partito con toni trionfalistici che dovevano ringalluzzire la truppa, del genere: vincere e vinceremo, non vogliamo lasciare neppure le briciole a nessuno. Via via però il cammino s’è andato lastricando di ostacoli e buche: alcune scelte si sono rivelate errori madornali, altre si sono dimostrate ripiegamenti obbligati e scivolosi (vedi Campania)”. Il quotidiano ricoda che un 4-3 non sarebbe una vittoria perché “si parte da un 5-2, con quattro Regioni intoccabili ‘roccheforti rosse’ (Liguria, Toscana, Marche e Umbria) e una, la Puglia, nella quale il centrodestra si è presentato ultradiviso, praticamente in versione harakiri”. Secondo il quotidiano Renzi si sarebbe accorto di essere in difficoltà “persino nelle Marche e in Puglia”.
Irlanda, il referendum e noi

Su La Repubblica: “La svolta dell’Irlanda spiazza il Vaticano. Summit sulle coppie gay”, “Oggi l’incontro su famiglia, omosessuali e divorziati. La Chiesa apre il confronto in vista del Sinodo”.
E in un reportage da Dublino Enrico Franceschini scrive della “sfida di Dublino in festa”, mentre l’arcivescovo Diarmuid Martin, arcivescovo della città, ammette “non possiamo rispondere a quanto è accaduto con una negazione della realtà”, “penso anch’io si tratti di una rivoluzione sociale”, “mi chiedo, molti dei giovani che hanno votato ‘sì’ sono usciti da 12 anni di sistema scolastico cattolico. Cosa significa questo? Significa che esiste una grande sfida per la Chiesa, se vuole fare sentire il proprio messaggio alla gente”.
E alle pagine seguenti: “Unioni civili, sfida al Senato, 4000 emendamenti contro. Bonino: fermi da vent’anni”, “Effetto-Irlanda sul governo. Boschi: sprint dopo le urne. Berlusconi apre, ma dai suoi e Ncd valanga di modifiche”. E il quotidiano intervista l’ex capogruppo Pd Roberto Speranza, che dice: “La società è più avanti, il Pd ignori i conservatori e punti sui matrimoni gay”.
Il Corriere: “La Chiesa dopo il referendum: dobbiamo fare i conti con la realtà”. Dove si dà conto delle parole dell’arcivescovo di Dublino, Martin: “Dobbiamo renderci conto di quale sia la realtà e smettere di negare l’evidenza”. “Noi della Chiesa dobbiamo prendere atto del fatto che la maggior parte di coloro che hanno votato sì hanno trascorso 12 anni nelle nostre scuole cattoliche. La sfida adesso è capire come comunicare il nostro messaggio alla popolazione”.
Sullo stesso quotidiano: “La riflessione in Vaticano. La possibile apertura a un codice dei diritti. Per le gerarchie ecclesiastiche non è tempo di barricate”. Non si parla esplicitamente del voto irlandese ma della preparazione del Sinodo sulla famiglia e dei testi che stanno arrivando a Roma per la preparazione del documento su questo Sinodo. Si cita il documento inviato dai vescovi tedeschi, che spiegano la legislazione sulle unioni civili in Germania e scrivono che “i fedeli si aspettano che ogni persona, indipendentemente dal suo orientamento sessuale, venga accettata dalla Chiesa come dalla società e che nelle parrocchie venga creato un clima di stima nei confronti di chiunque”.
La Stampa intervista il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini, che dice: “Le unioni civili saranno approvate entro fine anno”, “non ci sono più alibi”.
E sulla stessa pagina, un’intervista a Monsignore Domenico Mogavero, vescovo odi Mazara del Vallo: “La Chiesa non può interferire. Le coppie gay non vanno ignorate”, “Gli omosessuali non sono malatati”.
Sul Sole 24 ore spazio al divorzio breve, perché da domani entrano in vigore le nuove disposizioni che accorgiano da tre anni a sei mesi il tempo di attesa tra la separazione e il divorzio. Prevista la possibilità di separarsi in Comune e con la negoziazione assistita dagli avvocati. Il quotidiano offre anche una inchiesta su quante ex coppie potrebbero presentarsi davanti ai tribunali per sfruttare la norma. “Un impegno imponente per un settore della giustizia notevolmente in difficoltà”, scrive il quotidiano.

E poi

Su La Repubblica le “mappe” di Ilvio Diamanti: “L’ascensore sociale funziona al contrario, ora il ceto medio si sente classe operaia”, “La percezione della crisi è ancora molto forte, gli italiani non si fidano più del futuro. Dati rovesciati rispetto al 2008: oltre la metà della popolazione si colloca tra i ceti popolari”.
La Stampa, pagina 12: “Il Pentagono accusa l’Iraq: ‘Non vuole lottare con l’Isis’”, “Le forze speciali Usa contro Obama: ci lasci combattere a Ramadi”.
La Repubblica, pagina 15: “Il Pentagono accusa: ‘L’esercito dell’Iraq non combatte l’Is’”, “Le critiche del ministro della Difesa americano Carter. Massacri a Palmira: i miliziani uccidono 400 persone”.
Sul Corriere si è aperto un dibattito sul trasformismo. Ne aveva scritto Ernesto Galli della Loggia, richiamando l’Italia degli ultimi decenni dell’Ottocento per parlare della società odierna; aveva risposto Michele Salvati (“Se il trasformismo fa bene alle rifome”), citando – per affermare che “potrebbe averla detta Renzi” in un linguaggio più moderno – la frase di Depretis che avrebbe coniato il termine (“Se l’attuale governo soddisfa gli elettori non vedo cosa ci sia di male se esso viene sostenuto da ceti sociali e da politici che in passato avevano appoggiato governi di diverso colore”). Oggi torna ad intervenire Galli della Loggia per dire che non c’è nulla di male se gli elettori cambiano idea. E che il vero tema che accomuna l’oggi agli anni dal 1876 in poi è la debolezza dei partiti, il vuoto che viene riempito da “personalità” capaci e “volitive” e che è un “ottimismo della volontà un po’ troppo volenteroso” pensare che questo possa favorire quel “processo riformatore” che immagina Salvati. Il titolo: “Il trasformismo? Non governa. I trasformisti cercano il potere”.

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