Bersani, ultimo giorno di consultazioni

 

Il Corriere della Sera. “Bersani ancora senza intesa”, “no di Grillo. Alfano: il leader del Pd in un vicolo cieco”, “ultime ore prima di riferire a Napolitano, si sta arenando la trattativa con il centrodestra”.

 

La Stampa: “Il Pdl a Bersani: hai chiuso. Prende piede l’ipotesi di un esecutivo del Presidente”, scrive il quotidiano. “Niente sostegno al governo senza intesa sul Colle. Il leader Pd oggi da Napolitano. I Cinque Stelle: se fallisce l’incarico tocca a noi”. “Da Grillo nuovi insulti ai politici”.

 

La Repubblica: “Bersani-Pdl, battaglia sul Quirinale. Berlusconi stoppa la trattativa sul governo. Alfano: siamo in un vicolo cieco. Oggi il segretario da Napolitano: niente baratti”. “I 5 Stelle: se c’è un nome nuovo si può discutere. Grillo: partiti-puttanieri”. A centro pagina: “L’ultima offesa a Aldovrandi, i poliziotti in strada contro la madre”.

 

Il Giornale: “Bersani come Fantozzi. Umiliato. I grillini lo ridicolizzano in diretta. E il loro capo lo definisce ‘puttaniere’”.

 

Libero: “Non è matto, è sordo”.

 

L’Unità: “Patto Grillo-Berlusconi: fermare il cambiamento”.

 

Il Fatto: “Bersani vicino alla resa. M5S: nome fuori dai partiti”.

 

Il Sole 24 Ore: “Cipro blocca la fuga dei capitali. Per almeno 4 giorni tetto a contanti, bonifici e assegni e carte di credito all’estero. Dopo il prelievo sui depositi Nicosia vara i controlli valutari: è la prima volta nell’Eurozona. Oggi riaprono le banche dopo 12 giorni”. Di spalla: “Su Bersani lo stop del Pdl e di Grillo. Numeri più lontani”.

 

Bersani, Grillo, Napolitano

 

Su Il Giornale un retroscena spiega lo “stop” di Berlusconi alla trattativa con Bersani. Il leader del Pdl, “collegato in viva voce con via dell’Umilità”, ha ieri spiegato ad Alfano, Verdini ed altri parlamentari di peso del suo partito che “due sono le strade”: un governo politico Pd-Pdl, con un capo dello Stato condiviso, oppure un governo a guida Bersani, ma con un Presidente della Repubblica indicato dal centrodestra. “Non una rosa, ma un solo nome: quello di Gianni Letta”. Alternative a questo schema, dice Berlusconi, “non-ce-ne-son-no. O Bersani accetta, o la chiudiamo qui”. Su La Stampa: “Bersani senza intese, ma le colombe provano a insistere”, dove si racconta della linea del Pdl (“La vicenda è chiusa, l”ha chiusa Bersani”, avrebbe detto Alfano) e si spiega che non è detto che Bersani salga al Quirinale oggi pomeriggio, e neppure “pare che Napolitano vvoglia mettere fretta a Bersani. Perché cosa accadrebbe dopo la sua rinuncia è avvolto nelle nebbi”. Due retroscena nella pagina seguente parlano di Bersani: “L’ultima notte del segretario. ‘Ma non accetto scambi’”, e “la strada stretta del Quirinale. Bersani vuole andare alle Camere anche senza numeri certi”.

L’Unità ricorda che Napolitano ha affidato a Bersani il compito di “verificare l’esistenza di un sostegno parlamentare certo, tale la consentire la fomrazione di un governo che ai sensi del primo comma dell’articolo 94 della Costituzione abbia la fiducia delle due Camere”. E aggiunge che se per Bersani non dovessero esserci i numeri, Napolitano si troverebbe nella necessità di dare ad un’altra personalità l’incarico, il cosiddetto governo del Presidente. “Si fanno i nomi di Giuliano Amato, Piero Alberto Capotosti”, mentre ai Cinque Stelle piacerebbe il costituzionalisa Gustavo Zagrebelsky.

Su Il Giornale: “Napolitano ha già pronto un altro nome”, “se stasera Bersani non darà numeri certi sul nuovo governo, il Colle affiderà l’incarico a una figura istituzionale”.

Sul Corriere della Sera: “Il Colle e la carta del ‘modello Ciampi’”, “numeri certi o accordi chiari. Altrimenti una personalità forte per un governo di scopo”. Dove si legge che quando Bersani si presenterà al Colle, non avrà alternative: o sarà in grado di esibire numeri sicuri (o patti politici tali da garantirgli un esplicito sostegno tecnico attraverso un gioco di presenze e assenze in Aula o con altre forme di desistenza) che gli assicurino una vera maggioranza, oppure dovrà rinunciare.

Nell’ipotesi fino all’ultimo non scontata di un fallimento, tutto tornerà nelle mani di Napolitano che – scrive il Corriere – se fino alle dimissioni di Terzi poteva coltivare come strategia di uscita un prolungamento di Monti e passare la pratica al successore, ora dovrà invece provare subito la strada di un governo ‘di scopo’, guidato da una personalità autorevole e di caratura istituzionale (un precedente assimilabile è quello di Ciampi nel 1993) in grado di far convergere un vasto arco di partiti in quella coalizione che in Europa si giudica inevitabile quando si ha un risultato elettorale bloccato, ma oggi respinta dal Pd.

 

Il Fatto punta l’attenzione sulle dichiarazioni del capogruppo al Senato del Movimento 5 Stelle Vito Crimi, rilasciate ieri ai cronisti: “Noi del Pd non ci fidiamo, ma certo, se Napolitano fa un altro nome, cambia tutto”.

Il Sole 24 Ore: “M5S: sì a governi senza Bersani, poi la smentita”. Il quotidiano scrive che Crimi ha precisato il suo pensiero, parlando di una frase “estrapolata”: per questo ha spiegato che le sue dichiarazioni interpretate come una apertura ad un nome fatto da Napolitano andavano intesi nel senso di “tutto un altro percorso istituzionale”.

Anche su La Stampa: “Crimi prima apre a un nome diverso dal leader Pd, poi ci ripensa”: e il quotidiano riprende la frase finale della precisazione di Crimi, che è “un percorso istituzionale in cui ci proporremmo per la guida del Paese”.

 

Sulla prima pagina de La Repubblica Filippo Ceccarelli racconta, sull’incontro ieri in diretta streaming tra Bersani e 5 Stelle, le “consultazioni in stile reality show”. Anche su Europa Alessandro Lanni si occupa di quella che definisce una “recita a soggetto” dall’esito negativo scontato: la “storica” riunione in streaming ha presentato due nuove star che giocano un classico di Hollywood, ovvero l’agente conciliante e la collega aggressiva, ovvero Vito Crimi e Roberta Lombardi, che nel dialogo con Bersani si sono spartiti i ruoli. Lanni fa peraltro notare che “nel mantra tutto-in-vista e tutto-trasparente del M5S, è rimasto qualcosa che era davanti a tutti, secondo l’antica ricetta di Poe: “cos’è un governo a cinque stelle, espressione che la coppia M5S ha ripetuto più volte? Se è stata chiara la sfiducia ad un governo Bersani, lo è stato molto meno il senso di un governo a 5 Stelle”.

 

In mattinata sul blog di Grillo era stata dettata la linea, come scrive il quotidiano, con queste parole: “Ci raccontano la favola che affidanci a loro, alla loro esperienza e senso dello Stato, si cambierà il Paese. Questo dicono i Padri-Puttanieri, quelli che hanno sulle spalle la più grande rapina ai danni delle giovani generazioni. Questi Padri che chiagnono e fottono sono i Bersani, i D’Alema, i Berlusconi, i Cicchitto, i Monti, che ci prendono allegramente per il culo ogni giorno con i loro appelli quotidiani per la governabilità”.

 

Il Sole 24 Ore interpella Emanuele Macaluso, amico di Napolitano da tempo e come lui appartenente all’ala migliorista dell’ex Pci, che fa notare come il Capo dello Stato non possa sciogliere le Camere (essendo nel semestre ‘bianco’), “ma, anche se potesse, farebbe un danno al Paese rimandandolo alle urne senza una nuova legge elettorale. Si riproporrebbe infatti lo stesso stallo di oggi”. Macaluso spiega: “Per come conosco Napolitano proverà a fare un governo. Anzi, è più corretto dire che lo spero. Chi incaricare? Direi una figura di confine tra le istituzioni e la politica”.

 

Nichi Vendola viene intervistato dalla Repubblica e parla del prossimo Presidente della Republica: “Figura condivisa, tornare al voto sarebbe un disastro”.

 

Marò

 

Ieri il Presidente del Consiglio ha informato il Parlamento sulle dimissioni del Ministro Terzi e la vicenda dei due fucilieri della Marina detenuti in India. Monti è stato “durissimo”, come sottolinea La Repubblica, con quello che fino a qualche ora prima era il suo collega di governo Terzi. Una serie di accuse dettagliate che, secondo il quotidiano, spiegano molte cose del tradimento del Ministro degli esteri sul tradimento degli impegni rispetto agli accordi presi con gli altri colleghi. La ricostruzione però, secondo La Repubblica, ha chiarito anche una cosa su cui Terzi ha ragione: tutti i ministri interessati erano sostanzialmente d’accordo sulla possibilità di non rimandare in Inda i marò, ma il ministro degli esteri, con un evidente scopo propagandistico ha bruciato gli altri colleghi, quando la procedura non erano ancora stati definiti. Un retroscena dello stesso quotidiano offre una ricostruzione con un retroscena che ha come protagonista il Cavaliere. Lunedì scorso, in un colloquio con l’ex ministro della difesa La Russa, legato da solida amicizia a Giulio Terzi, avrebbe detto: “Se Bersani fallisce torniamo al voto, vinciamo e mi tolgo lo sfizio di rifare lo stesso governo con gli stessi ministri che hanno cacciato nel 2011. Solo che al posto di Frattini agli esteri ci mettiamo Terzi”. Mancavano poche ore dalle dimissioni choc di Terzi ma, secondo La Repubblica, a Palazzo Grazioli si facevano già calcoli sul futuro politico di colui che il giorno seguente, tra la sorpresa di premier e ministri, avrebbe fatto esplodere una mina nel governo Monti.

Sul Corriere della Sera in evidenza le considerazioni di Monti sulle ragioni che hanno indotto il ministro alle dimissioni: “Evidentemente – ha detto – l’obiettivo delle dimissioni di Terzi era un obiettivo esterno alla vicenda dei marò, ma fatto per conseguire risultati che vedremo nei prossimi tempi”. Su Facebook lo stesso Terzi ha risposto: “Ho annunciato pubblicamente le mie dimissioni non certo per perseguire chissà quale finalità personale, ma perché trattandosi di una vicenda che mi ha coinvolto a livello istituzionale e personale ho ritenuto di scegliere il Parlamento, massima sede delle istituzioni democratiche”. Lo stesso quotidiano, in un retroscena, si sofferma sulle voci secondo cui domenica scorsa Terzi si sarebbe incontrato con ilcapogruppo Pdl alla Camera Renato Brunetta. Quest’ultimo, interpellato dallo stesso Corriere, ieri ha risposto: “Assolutamente no, io la domenica dormo”. La risposta negativa, scrive il quotidiano, non elimina la convergenza di fatto tra la mossa del ministro, che si è dimesso senza informare né Monti né Napolitano, e l’offensiva del Pdl sul presidente del Consiglio uscente, su cui il Pdl ha potuto concentrare il tiro.

 

Aldovrandi

 

Su tutti i quotidiani notizie sul caso Aldovrandi: la notte del 25 settembre 2005 quattro agenti di polizia uccisero Federico Aldovrandi e sono stati condannati a tre anni e sei mesi per omicidio colposo. Sono in carcere perché il tribunale di sorveglianza non ha concesso misure alternative. Ieri, per solidarizzare con i colpevoli, spiega La Repubblica, 20 colleghi del sindacato Coisp sono andati a manifestare sotto le finestre del Municipio di Ferrara, dove lavora la madre dello stesso Aldovrandi. Il segretario generale del Coisp ha detto: “Non sapevamo che la signora lavorasse in Comune”. Il quotidiano intervista il ministro degli Interni Annamaria Cancellieri, che dice: “i manifestanti del Coisp non rappresentano la polizia”. Dice anche di aver dato mandato al Capo vicario della Polizia Alessandro Marangoni di valutare se il comportamento di quegli agenti sia stato offensivo al decoro della divisa che indossano. Precisa che è necessario approfondire per capire cosa sia effettivamente avvenuto, cosa hanno fatto, cosa hanno detto. Poi aggiunge: “Ho il massimo rispetto delle manifestazioni sindacali, sono sacre. Per quanto riguarda l’episodio in questione, però, lo condanno assolutamente dal punto di vista morale per la mancanza di sensibilità nei confronti di una madre che piange il figlio morto.

 

Internazionale

 

Due giorni fa, a Doha, è stato assegnato alla formazione dell’opposizione siriana “Coalizione nazionale” il seggio della Siria presso la Lega Araba. La Repubblica si sofferma con un reportage da Aleppo sulle spaccature interne alla opposizione: la frattura è sempre più profonda, in particolare tra gli insorti che combattono sul terreno e quei leader civili che la rappresentano come “premier ombra”, come il neonominato Ghassan Hitto.

Europa scrive che con le dimissioni del laburista David Miliband dal Parlamento britannico si chiude definitivamente una pagina della politica inglese: l’epoca dei Blair, dei Mandelson, del New Labour “perde il suo ultimo rappresentante autorevole in attività, la sua unica speranza che un giorno le dottrine dei moderniser potessero tornare ad essere maggioranza nel partito e nel Paese. Il ‘cervellone’ (Brains, come lo aveva soprannominato Alastair Campbell) era l’erede designato di Balir, il suo pupillo, aveva bruciato le tappe, da capo della political unit di Blair a parlamentare, sottosegretario, ministro, e poi, dopo le dimissioni di Blair, la “faccia internazionale del Labour”, come ministro degli esteri di Gordon Brown. Dopo la sconfitta elettorale del 2010 David fu sconfitto dal fratello minore Ed nella corsa alla leadership del partito. Ha deciso di lasciare il governo ombra subito dopo l’elezione del fratello che ogni suo gesto o parola creasse solo difficoltà ed imbarazzi, per non minare – si disse anche – la debole leadership di Ed. In questi due anni, racconta ancora Europa, David ha continuato a svolgere un ruolo di primo piano, ha intrapreso un viaggio tra gli studenti delle università inglesi per spiegare il Labour ad uno degli elettorati più difficili, ha fatto sentire la sua voce sui principali temi dell’attualità, dalla riforma dell’Europa alla riforma del welfare state. Non possiamo citare per esteso l’articolo firmato da Lazzaro Pietragnoli ma, per chi fosse interessato, lo raccomandiamo per la quantità di informazioni sui laburisti e sui Miliband. Di fianco, Filippo Sensi scrive che l’area riformista del partito guarda al 34enne Chuka Umunna, avvocato, ministro ombra delle Finanze.

David è volato in America, come racconta La Stampa, dando addio al seggio sicuro di South Shields: andrà ad occuparsi di assistenza ai rifugiati per l’International Rescue Comittee, associazione fondata nel 1933 su ispirazione di Einstein per occuparsi dei profughi dalla Germania nazista, e che oggi fornisce aiuto a chi fugge da guerre e calamità. Questa attività mette insieme la mia storia personale e politica, rappresenta una nuova sfida e un nuovo inizio, ha detto.

I commentatori britannici tentando di capire se questa decisione aiuterà o danneggerà il Labour. Più popolare di Ed nei sondaggi, David era la speranza di blairiani che contavano su di lui per riportare il partito al centro.

Il Fatto titola: “E’ di sinistra e andrà in Africa ma non è Walter”.

Se ne occupa anche il Corriere, ricordando che i fratelli-prodigio della sinistra britannica, entrambi laureati di Oxford, nipoti di un ebreo del ghetto di Varsavia poi arruolatosi nell’Armata rossa, erano figli di studiosi e militanti marxisti. “Di tanto in tanto si toglievano il saluto”, ma nelle diversità rappresentavano bene i volti e le contraddizioni del laburismo di oggi, che sta risalendo la china più grazie ai fallimenti dei tory che per una chiara linea di marcia.

 

Sullo stesso quotidiano, segnaliamo una corrispondenza dalla Russia, dove è stata varata quella che viene definita un “operazione senza precedenti” che coinvolge centinaia di uomini dei servizi di sicurezza e persino della protezione civile, impegnati a perquisire migliaia di sedi di organizzazioni non governative: secondo un alegge approvata nel novembre del 2012, no npossono ricevere finanziamenti dall’estero. Se lo fanno, devono registrarsi come “agenti stranieri”. Ecco quindi che le perquisizioni hanno interessato tanto la fondazione Adenauer che la fondazione Ebert, l’Alliance Française quanto l’organizzazione Memorial, Amnesty International o Human Right Watch.

 

E poi

 

Il Corriere della Sera intervista Mohsin Hamid, lo scritttore pakistano autore de “Il fondamentalista riluttante”, il cui nuovo libro “Come diventare ricchi sfondati nell’Asia emergente” verrà pubblicato a settembre da Einaudi. Dice: “Nei media internazionali il Pakistan è diventato lo spauracchio che si agita per spaventare la gente. Ma la realtà è molto più complessa. IL Pakistan è anche il luogo in cui vivono 180 milioni di persone, tra cui atei, religiosi, puritani, bisessuali dichiarati, conservatori, progressisti, artisti, registi, musicisti che fanno musica straordinaria. Il mio compito di scrittore è di restituire complessità a una cultura che altrimenti è giudicata solo in modo stereotipato.

 

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