I diritti chiamano l’Italia. Qui e ora, perché sono ancora precari

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Come stanno i diritti in Italia? Domanda non banale e soprattutto non facile, perché l’esercizio dei diritti, il loro riconoscimento o la loro mancata osservanza non rappresentano un fenomeno dato una volta per tutte, una conquista che una volta raggiunta rimane, immutata, sazia di se stessa: i diritti vanno riaffermati giorno dopo giorno, persona dopo persona, evento dopo evento, crisi dopo crisi. E in Italia, presi tutti insieme, i diritti evidenziano una caratteristica sopra tutte: sono ancora fragili. Vanno difesi e incoraggiati. Talvolta vanno ancora pienamente attuati, perché ai titolari di quei diritti – le persone in quanto tali, con la loro dignità – non vengono ancora riconosciuti. Oppure sono diritti che vanno codificati – basti pensare al reato di tortura, che aspetta ancora di diventare legge. O esistono, certamente, ma si ritrovano a pagare le pesanti conseguenze della mancanza di risorse – l’universo scuola è un esempio eclatante. Sono diritti in divenire, in formazione, alla ricerca di una piena espressione e di un bilanciamento con altri diritti – è il caso dell’informazione, dell’accesso a Internet, del diritto ad avere il controllo dei propri dati personali. Sono diritti che vengono palesemente violati mentre i titolari aspettano ancora giustizia – è il caso dei carcerati, è il caso dei “morti di Stato”, è il caso di Stefano Cucchi. Oppure, ancora, sono diritti che vengono ostacolati anche dalle Istituzioni – come accade per le discriminazioni più o meno aperte attuate nei confronti dei migranti.

Il panorama dei diritti in Italia è fragile e complicato al tempo stesso. Di fotografarlo si fa carico il dossier “L’Articolo 3. Primo Rapporto sullo stato dei diritti in Italia” (Ediesse 2014, a cura di Stefano Anastasia, Valentina Calderone e Lorenzo Fanoli) realizzato dall’associazione A Buon Diritto. Una disamina articolata che prende in considerazione, saggio dopo saggio con contributi di diversi autori, lo stato dei diritti dei disabili e quello degli omosessuali, i diritti degli immigrati, dei profughi, dei richiedenti asilo, dei rom e dei sinti, il riconoscimento dei diritti di chi è incarcerato, la tutela dei minori e i diritti delle donne, il diritto alla salute e quello all’ambiente, la libertà di informazione nell’era di internet e della tecnologia. Molti i casi aperti cui proprio le cronache recenti impongono già un aggiornamento: è il caso della sentenze per la morte di Stefano Cucchi e del caso Eternit per citare solo due delle vicende che più hanno suscitato indignazione e scalpore nell’opinione pubblica.

Scrive Luigi Manconi (presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato e fondatore di A Buon Diritto): «La tutela e l’effettività dei diritti umani non è questione esotica che riguardi solo lande lontane, popoli oppressi e regimi totalitari. Al contrario, è problema che ci riguarda direttamente. Ed è bene, di conseguenza, partire da noi, prima di andare in giro per il mondo a predicare, di quei diritti, il valore e l’urgenza. L’Articolo 3 è un resoconto e un progetto che possiamo chiamare politico». Politico, spiega Manconi, perché «corrisponde al progetto politico della Costituzione repubblicana e del principio d’uguaglianza scritto in nome della dignità della persona umana». La dignità è di ogni essere umano  in quanto tale e dunque la dignità, prosegue Manconi, «si presenta sulla scena pubblica come fattore di valutazione e di commisurazione di quei valori di libertà, eguaglianza, solidarietà su cui si fondano le nostre società e i nostri regimi democratici. Come la storia degli ultimi due secoli insegna, non c’è libertà, non c’è eguaglianza, non c’è reciprocità senza il riconoscimento della dignità di ciascun essere umano in relazione con i suoi simili».

Da qui parte la ricognizione del volume. E fra i tanti argomenti affrontati vale la pena segnalare alcune situazioni in cui emerge la fragilità dello stato dei diritti in Italia. Come è il caso dell’omosessualità. «I diritti delle persone omosessuali in Italia non godono di molta salute», si legge nello studio, che poi spiega: «Ciò che manca è soprattutto il riconoscimento giuridico delle relazioni omosessuali (matrimonio o unione civile o altro, a seconda delle scelte normative e soggettive), con tutto quanto ciò che può comportare par cascade nella vita di ogni omosessuale. L’Italia – con pochi altri paesi – è il fanalino di coda dell’Occidente in tema di diritti degli omosessuali». Fra le persone che si scontrano con una situazione di diritti fragili ci sono i migranti, i richiedenti asilo posti davanti a procedure burocratiche di presentazione della domanda piuttosto discrezionali, i rom che scontano la difficoltà, o incapacità, o pavidità, delle amministrazioni comunali di scegliere politiche abitative inclusive, i cittadini stranieri che chiedono la cittadinanza. In questo caso sono ancora molti gli ostacoli frapposti nonostante le seconde generazioni e la stabilità di molte comunità migranti: alcune richieste di cittadinanza sono state respinte per motivi discutibili, mentre accade che «ancora oggi, ben prima della richiesta di una nuova cittadinanza il processo di integrazione appare pieno di ostacoli, anche a causa di una discriminazione messa in atto dalle stesse istituzioni, soprattutto in tre ambiti: il lavoro, l’alloggio e il welfare».

??????????????????????????????????????????Fra le situazioni critiche va certamente segnalata quella dei “prigionieri”, di chi è in carcere: gli istituti di pena italiani sono sovraffollati, i “morti di Stato” come Stefano Cucchi reclamano giustizia (l’ultimo sviluppo della sentenza non rientra nel volume: c’è materiale, purtroppo, per un aggiornamento) mentre il reato di tortura ancora aspetta. «Il 5 marzo 2014 il Senato della Repubblica ha approvato un primo disegno di legge in materia in cui tuttavia la scelta di rendere la tortura un reato comune e non un reato proprio delle forze dell’ordine rappresenta un limite tale da depotenziarne gli effetti e lo “spirito” di fondo».

In tema di diritti delle donne, basti segnalare le difficoltà nell’applicazione della legge 194 legate all’elevatissimo numero di obiettori di coscienza presenti nelle strutture sanitarie, per non parlare della legge 40 sulla procreazione assistita che è stata smontata pezzo a pezzo dalla giustizia e dalla Corte Costituzionale. C’è poi la tutela dei minori, che evidenzia situazioni molto critiche: il lavoro minorile è in aumento, ci sono carenze nell’accoglienza dei minori stranieri  non accompagnati, mentre la crisi rende molti bambini poveri. «La crisi si chiude a tenaglia su tutte le categorie sociali più vulnerabili e, dunque, anzitutto sui minori. Da un lato vi è il forte disagio delle famiglie impoverite, che spesso si trovano costrette a ridurre i consumi soprattutto quando a casa ci sono dei bambini; dall’altro, più in generale, vi sono gli effetti delle politiche di austerità – fra crisi del welfare e tagli ai fondi per l’infanzia. Fra questi due fenomeni di per sé già complessi, oltre un milione di minori vive in condizioni di povertà assoluta, nel disagio abitativo, insieme e a carico di adulti disoccupati, in luoghi dove sono alti i livelli di dispersione scolastica».

Vale la pena segnalare altri due temi affrontati dal dossier. Uno riguarda la libertà di informazione, l’accesso a internet, il diritto all’oblio: sono diritti in divenire, molte pronunce vengono dall’Europa (basti pensare alla sentenza della Corte di giustizia verso Google Spain) e c’è la continua necessità di bilanciare il diritto alla libertà di manifestazione del pensiero col diritto alla tutela dei dati personali e alla privacy, in un contesto in cui «l’habeas data è l’equivalente dell’habeas corpus per il corpo elettronico e l’identità digitale». L’altro tema riguarda la protezione dell’ambiente, il legame fra ambiente e dignità della persona, i danni delle ecomafie e dell’illegalità ambientale che «in Italia ha una tradizione lunga e consolidata, anche se negli ultimi tempi ha assunto proporzioni così invasive da produrre danni irreparabili che sono evidenti anche agli occhi dell’osservatore più distratto e indifferente». Basti pensare ai danni alla salute e all’ambiente causati dalla produzione dell’amianto – il caso Eternit – come pure all’interramento dei rifiuti tossici in Campania e al potere delle ecomafie. «Va detto con forza – si legge – che la pervicace disattenzione per i temi ambientali, la marginalità e la scarsa efficacia dei controlli preventivi e successivi, le dimensioni gigantesche del fenomeno corruttivo, nonché una legislazione sull’inquinamento irta di ostacoli interpretativi e con ripetute deroghe rappresentano solo alcuni degli aspetti che lasciano trasparire la necessità di un programma governativo dell’ambiente, complesso e lungimirante, capace di bilanciare gli interessi, tanti e di grande rilevanza, sottesi alla divergenti posizioni giuridiche coinvolte».

Il lavoro insomma è tanto, ovunque si guardi. E la necessità di continuare a monitorare lo stato dei diritti in Italia appare tanto più urgente quanto più si faticherà a uscire da una crisi economica che taglia le risorse disponibili, erode il welfare, mette in concorrenza – almeno nella percezione di molti e in certa propaganda politica – servizi e diritti acquisiti, finendo per colpire soprattutto le fasce più deboli della popolazione. Che non sono solo i più poveri, ma anche tutti coloro che faticano a farsi ascoltare – perché hanno meno voce, meno forza politica, o semplicemente meno occasioni di parlare.

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Titolo: L’articolo 3. Primo Rapporto sullo stato dei diritti in Italia

Autore: A cura di Stefano Anastasia, Valentina Calderone, Lorenzo Fanoli - Prefazione di Luigi Manconi

Editore: Ediesse - A buon diritto

Pagine: 308

Prezzo: 16 €

Anno di pubblicazione: 2014



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