MEDIO ORIENTE IN FIAMME

Umberto De Giovannangeli

Yemen, una catastrofe dimenticata ai tempi del Coronavirus

Yemen, una catastrofe apocalittica al tempo del Coronavirus.  A darne conto è un documentato rapporto di Oxfam. A cinque anni dall’inizio della guerra non sembra esserci fine alla sofferenza dello Yemen, con l’inasprimento dei combattimenti nelle ultime settimane, l’arrivo della stagione delle piogge, la chiusura dei confini dovuta alla pandemia da Covid19. Un civile ogni tre ore e mezzo ha perso la vita negli scontri, da quando la coalizione saudita è intervenuta nel conflitto al fianco del governo internazionalmente riconosciuto contro i gruppi Huthi. Molti di più sono morti per fame e malattie.  In un contesto, dove solo lo scorso 13 marzo è stato attaccato l’ospedale l-Thawra, che serve centinaia di migliaia di yemeniti a Taizz City. Mentre negli ultimi 5 anni si sono verificati, secondo i dati dell’OMS e dei suoi partner, oltre 142 attacchi su ospedali e strutture sanitarie. Ogni singola ora degli ultimi 5 anni ha contato:   più di 90 persone costrette a lasciare la propria casa;  oltre 50 casi sospetti di colera;        più di 100 persone ridotte alla fame In un paese così duramente colpito, cresce oggi l’allarme per la diffusione del Covid19 al punto che l’OMS ha da poco attivato un numero verde per informare la popolazione yemenita sull’emergenza, predisponendosi a mandare aiuti immediati. In un contesto umanitario non dissimile da quello siriano, dove si è registrato il primo caso ufficiale di Covid19.

“Se in Italia il Coronavirus sta provocando la più grave emergenza sanitaria ed economica dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, non riusciamo davvero ad immaginare le conseguenze del contagio in un Paese distrutto e poverissimo come lo Yemen – avverte Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia – Qui solo il 50% delle strutture sanitarie sono in funzione, gli ospedali continuano ad essere bombardati, l’80% della popolazione non ha quasi nulla, si contano milioni di sfollati e si sono già registrati oltre 2,3 milioni di casi di colera. Se la nuova pandemia da Covid 19 colpisse il Paese gli effetti sarebbero devastanti e si potrebbe verificare una crescita esponenziale di casi, che andrebbero a sommarsi a quelli di colera che già riguardano milioni di persone. Per questo Oxfam, già al lavoro per la prevenzione del colera in gran parte del Paese, seguendo le indicazioni dell’OMS e del Ministero della Salute yemenita, si sta preparando a formare i volontari e il personale sanitario locale sulle norme da trasmettere alla popolazione per prevenire il contagio da Covid-19”.  Il diffondersi del corona virus a livello globale pone nuove, drammatiche sfide allo Yemen. In questo momento i collegamenti aerei sono sospesi, limitando fortemente gli ingressi e la possibilità di circolazione degli operatori umanitari al lavoro per soccorrere la popolazione. Con metà delle strutture sanitarie distrutte o inservibili, anche quelle in funzione necessitano di medicine, macchinari e personale; e 17 milioni – metà della popolazione – non ha accesso all’acqua pulita. L’imminente stagione delle piogge potrebbe inoltre causare un nuovo picco di casi di colera in un paese che nel 2017 e nel 2019 ha registrato una diffusione di casi sospetti nell’arco di un anno mai vista prima. La proiezione di Oxfam è che potrebbero esserci poco più di 1 milione di casi nel 2020. Se ne contano già oltre 56 mila dall’inizio dell’anno.

Dall’inizio del conflitto nel 2015 Oxfam ha portato acqua pulita e servizi igienico-sanitari a oltre 1 milione di persone anche nelle aree del paese più difficili da raggiungere. Si può sostenere la risposta di Oxfam su https://www.oxfamitalia.org/sos-yemen/

Un quadro sanitario indicibile dovuto a 5 anni di guerra che ha già causato 12.366 vittime civili, tra il 26 marzo 2015 e il 7 marzo di quest’anno e oltre 100 mila vittime totali. Dopo un leggero calo delle ostilità a fine 2019, a gennaio si è registrato un nuovo inasprimento di scontri nei governatorati di Sana’a, Marib e Aljawf che – secondo le stime delle Nazioni Unite ha costretto 35 mila uomini, donne e bambini a fuggire dalle loro case per trovare salvezzaMigliaia di famiglie che vanno ad aggiungersi ai 4 milioni di sfollati interni che sopravvivono in alloggi di fortuna o nei villaggi, dove la popolazione locale ha offerto loro un riparo.

 Già vulnerabile prima della guerra, lo Yemen è stato privato negli ultimi anni dei beni di prima necessità a causa del blocco imposto alle importazioni da parte della Coalizione saudita: oggi il numero di persone che soffre la fame è cresciuto di 4,7 milioni negli ultimi 5 anni, per un totale di 10 milioni che si trovano sull’orlo della carestia e 7 già colpite da malnutrizione acuta.

“Il mondo sa come curare il colera e prevenire la fame: queste non sono malattie nuove. – conclude Pezzati –  La crisi umanitaria in Yemen fino ad oggi è stata interamente provocata dall’avidità e dalla ferocia dell’uomo sull’uomo. I responsabili non sono solo le parti in conflitto, ma anche i paesi esportatori di armamenti come l’Italia, che da 5 anni le stanno armando. Anche in un momento così difficile per molti paesi, questo massacro indiscriminato non può più essere ignorato dalla comunità internazionale e dai Governi interessati. Tutto questo deve essere fermato, prima che la popolazione venga schiacciata da una catastrofe umanitaria irreversibile. Adesso è più che mai urgente che tutte le parti in conflitto concordino un immediato cessate il fuoco in tutto il Paese, assicurando una pace duratura”.

Nella galleria degli orrori, c’è anche quello delle spose bambine.. Nel Governatorato di Amran nel nord del Paese – ha denunciato da tempo Oxfam – tante famiglie stremate, rimaste senza cibo e senza una casa, arrivano al punto di dare in matrimonio figlie anche piccolissime, in un caso anche di tre anni, per poter comprare cibo e salvare il resto della famiglia. Una pratica quella dei matrimoni precoci, che seppur per lungo tempo è stata abituale in Yemen, adesso sta raggiungendo, nell’indifferenza del mondo, proporzioni e modalità scioccanti. Nel Governatorato di Amran nel nord del Paese, ad esempio, tante famiglie stremate, rimaste senza cibo e senza una casa, arrivano al punto di dare in matrimonio figlie anche piccolissime, in un caso anche di tre anni, per poter comprare cibo e salvare il resto della famiglia. Una pratica quella dei matrimoni precoci, che seppur per lungo tempo è stata abituale in Yemen, adesso sta raggiungendo, nell’indifferenza del mondo, proporzioni e modalità scioccanti. Le ragazze solitamente non vengono date in sposa prima di aver raggiunto gli 11 anni, anche se prima sono costrette a svolgere lavori domestici in casa del futuro marito. Hanan, è una bambina di nove anni, da quando è sposata, ha dovuto smettere di andare a scuola: “Mia suocera continua a picchiarmi, e quando scappo via per tornare a casa dai miei genitori, mio padre mi picchia perché sono scappata – racconta – Non voglio essere sposata, vorrei solo tornare a scuola”.

Yemen, per non dimenticare. E per non dire: “Non sapevamo”.

  1. Contro l’orrore dell catastrofe umanitaria in Yemen dobbiamo fare informazione e denunciare il commercio di armi che anche l’Italia ha alimentato in favore dell’Arabia Saudita. In particolare molta della distruzione in Yemen è stata attuata dai Sauditi e dalla loro scellerata coalizione a mezzo di bombe aviolanciate fabbricate dalla RWM in Sardegna, a Domusnovas (sede della fabbrica a Brescia). Tale fabbrica si sta allargando a dismisura con il beneplacito della regione Sardegna (che tra l’altro li ha esentati dal produrre la valutazione di impatto ambientale)e del comune di Iglesias, che sta dando via libera a tutti i progetti (ben 21 a quanto pare) che questi fabbricanti di morte stanno presentando e già attuando per avere una fabbrica sempre più produttiva.

  2. Sono senza fiato, ho letto questo articolo senza poter respirare, ogni frase era un colpo allo stomaco. Ho letto l’articolo per caso, non conoscevo questa situazione e mi domando perché nessuno ne parla. Mi sento disperata e impotente. Cosa si può fare?

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