L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Scarpe e storia

La vita è tutta intessuta di occasioni perse, di imperdonabili disattenzioni, di fatali distrazioni. A volte ti passa accanto la grande storia e non te ne accorgi, o meglio ti capita talvolta di passare accanto alla grande storia senza averne neppure il sospetto. Girando per la rete in cerca di notizie marginali, che tuttavia spesso illuminano quelle importanti – coerentemente con il famoso detto secondo cui il diavolo sta nei dettagli – mi soffermo a leggere alcune osservazioni sulle scarpe dei papi Benedetto XVI e Francesco e a contemplare una foto in cui vengono accostate le scarpe rosse del primo e quelle nere e sformate del secondo.

Immagine Repubblica.it

Un accostamento di due dettagli che vale un intero trattato sulle diverse personalità dei due pontefici, perché mai bisogna dimenticare che Ogni scarpa una camminata, ogni camminata una diversa concezione del mondo (Nanni Moretti in Bianca). Le scarpe di Francesco arrivano dall’Argentina, ma dove prendono forma quelle del suo predecessore? Scopro una cosa sconvolgente: sono fabbricate da un artigiano che ha la sua bottega nella via principale di Novara, davanti alla quale sarò passato qualche migliaio di volte. Ho abitato una vita in quella città, sono andato infinite volte a passeggio per quella strada, l’ho percorsa di fretta per andare alla stazione, con calma tornando dalla stazione, e prima ancora per andare al liceo, da solo, con amici. Molte delle sue pietre conservano un ricordo, un viso, quello di una ragazza che cercavo di incontrare per caso, quello di un amico con cui discutevamo dei destini del mondo.

Eppure non ho alcuna idea di dove si trovi quell’artigiano, mi pare di non averlo mai visto. Scopro solo ora che dalla sua bottega uscivano scarpe destinate a Ratzinger, Lech Walesa, Luca Cordero di Montezemolo, al patriarca Alessio II, George Bush, Tarcisio Bertone e, purtroppo, anche Silvio Berlusconi.

Là dentro si faceva camminare la storia e io ci passavo davanti senza rendermene conto. immerso nei miei banali pensieri, mentre Adriano Stefanelli pensava ai potenti della terra. Magari avrei potuto provare anch’io le sue scarpe fatte a mano, magari la mia vita avrebbe preso un’altra direzione, anche se devo ammettere che io pure un piccolo contributo alla storia l’ho dato, continuando per decenni a calzare le famose scarpe del deserto pensate da Nathan Clark nel 1949 ed entrate nel 2009 tra le 50 scarpe che hanno cambiato il mondo del museo del Design, per il ruolo da protagoniste giocato nei movimenti giovanili della fine degli anni Sessanta del secolo scorso.

Il destino nelle scarpe? Sembra proprio di sì: mentre dalla bottega di quell’artigiano uscivano al massimo due o tre paia di scarpe uguali, le mie sono state qualche decina di 12 milioni che – pare – ne sono state vendute.

  1. Che bello questo post (si dice così, o come? per un nostalgico purista – usavo il Palazzi – come me?) sulle scarpe dei due papi … e poi la fotografia! Mi fa però venire in mente anche una delle (tante) sciocchezza dette da Vittorio Messori, una sera discettando sul tema al salotto di Bruno Vespa. Disse che Francesco portava quelle scarpe perché ortopediche! Come se a un papa fosse difficile procurarsele rosse … Non venne però in mente all’illustre miracolista che Francesco non ha mai indossato nient’altro di rosso, per non dire della croce d’oro. Già, oro e porpora, i colori legati alle simbologie imperiali e divenuti in seguito anche il simbolo del potere temporale dei papi, che fin dal V secolo cominciarono a usare le insegne e il vestiario imperiali, porpora, mitra, trono dorato, pastorale, stole, pallio, mozzetta (Leonardo Boff in “Jornal do Brasil” del 17 settembre 2012). Così banale e ingenua, dunque, la scelta di Francesco? come pensava, o cercava di far pensare, Messori?

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