L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Quantificatore universale

E’ un problema di questa fase della vita sociale, della cosiddetta società della comunicazione: dato che comunicare è facile, si cerca sempre di comunicare qualcosa, anche se non si ha nulla da comunicare o se quello che si dice non serve assolutamente a nulla.
Non so se i milanesi ci facciano caso, ma in alcune – non so se in tutte – stazioni della metropolitana quei pannellini luminosi in cui si avvisa che il prossimo treno andrà verso una destinazione piuttosto che verso l’altra, nei momenti di riposo riportano avvisi che talvolta risultano quasi umoristici. Aspettando il metro sotto la stazione centrale mi ha colpito in particolare un avviso, che pone un serio problema teorico a proposito di quella che i medievali chiamavano suppositio, della proprietà cioè dei termini di stare, nella proposizione, al posto di qualcosa, di funzionare come segni. Ma non basta dire al posto di che cosa il termine stia, bisogna anche comprendere il modo in cui sta al posto di qualcosa.
Se leggo tutte le porte del treno, comprendo che si sta parlando della totalità dei possibili accessi alle vetture; se dico tutte le porte possono essere usate, comprendo che non vi sono porte da cui sia vietato accedere alle vetture. Ma sul marciapiede della fermata di stazione centrale ho letto che per accedere al treno si prega di usare tutte le porte. Ero in serata buona e allora ci ho provato, ma dopo essere salito e sceso da sei porte diverse per ottemperare alla comunicazione inviatami, il treno è partito e non sono riuscito a usarle tutte.
Mi deve essere sfuggito qualcosa nella suppositio del quantificatore universale.

  1. Se le uscite fossero vincolate, potresti riproporre i ponti di Konigsberg (città di non minore filosofo). Per adeguarsi al senso della prima frase.

  2. Massimo, voglio attaccar briga su questo punto! Dunque, in Statale ci sono diversi ingressi e gli studenti a volte entrano da un ingresso a volte da un altro. A me pare che possiamo riportare correttamente questa situazione dicendo: per accedere alla Statale, gli studenti usano tutti gli ingressi. E, se volessi esortarli a seguire questa pratica, potrei pure appendere un cartello, all’inizio di via Festa del Perdono, che dice: per accedere alla Statale, si pregano gli studenti di usare tutti gli ingressi. Oppure, se volessi estendere la mia esortazione al pubblico in generale, potrei appendere un cartello che dice: per accedere alla Statale, si prega il pubblico di usare tutti gli ingressi. E se volessi essere più conciso, il cartello potrebbe dire: per accedere alla Statale, si prega di usare tutti gli ingressi. Ho detto che ciascun membro del pubblico debba usare ogni ingresso? No. Lo stesso vale per l’annuncio nel metro.

    Nota: non sto dicendo che la lettura che hai ottenuto sia impossibile. Penso che l’annuncio potesse essere inteso in diversi modi e che tu abbia selezionato l’interpretazione meno plausibile. Insomma, è un po’ come se ti dicessi a tavola c’era un bicchiere di fronte a ogni commensale e tu mi chiedessi se i commensali bevevano tutti dallo stesso bicchiere. La lingua italiana ti consente di intendere così quello che ho detto, ma c’è anche un’altra lettura meno implausibile che potevi selezionare. Di solito, la comunicazione funziona così: in casi di ambiguità si seleziona la lettura disponibile più plausibile nel contesto dato.

    • Credo che i miei medievali avrebbero detto che l’avviso luminoso usava il quantificatore con suppositio confusa tantum, mentre io ho giocato ha intenderlo come se la suppositio fosse confusa et determinata, ma a suppositione confusa tantum ad determinatam non valet consequentia.
      Per rimanere in atmosfera, nulla briga igitur.

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