L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Pro insipiente

Quando, nell’XI secolo, Anselmo d’Aosta elabora la famosissima prova – destinata a essere definita ontologica, nel corso dei secoli successivi – dell’esistenza di Dio, prende le mosse dallo sciocco – insipiens – che, secondo un Salmo, disse in cuor suo che Dio non esiste. Sciocco perché non si rende conto da solo di quanto Anselmo cerca di chiarirgli, ma comunque scelto come interlocutore di alcune delle pagine più alte del pensiero occidentale, ancora oggi – dopo ben mille anni – oggetto di approfondimento e discussione.
In questo senso ho letto le parole che Umberto Eco ha pronunciato in occasione del conferimento di una laurea honoris causa presso l’Università degli Studi di Torino, in Comunicazione e cultura dei media, e intorno alle quali si sta sviluppando una larga discussione sulla rete. Secondo l’Ansa di due giorni fa, Eco attacca internet quando dice

I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel.

Non credo si tratti di un attacco a internet perchè non possiamo dimenticare le famose leggi della stupidità umana, proposte decenni fa da Carlo Cipolla, e uno dei loro corollari:

Il fatto straordinario circa la frequenza della stupidità è che la Natura riesca a fare in modo che tale frequenza sia sempre e dovunque uguale alla probabilità a indipendentemente dalla dimensione del gruppo, tanto che si ritrova la stessa percentuale di persone stupide sia che si prendano in considerazione gruppi molto ampi o gruppi molto ristretti.
Nessun altro genere di fenomeni oggetto di osservazione offre una prova così singolare del potere della Natura.

Sulla rete aumenta il numero assoluto degli imbecilli, perché aumenta il numero assoluto delle persone che prendono la parola, ma la percentuale tende a rimanere invariata. Il problema è sempre quello di sviluppare il senso critico – e questo Eco sottolinea – per distinguere gli imbecilli da quanti imbecilli non sono, senza dimenticare nello stesso tempo che aumenta anche il numero assoluto delle persone intelligenti con cui si può entrare in contatto e persino il numero dei premi Nobel di cui possiamo facilmente leggere qualcosa.
Lo stesso Eco ha sottolineato che, se fosse esistita la rete al tempo di Hitler, forse i campi di sterminio nazisti non sarebbero potuti rimanere segreti – e non mi sembra una tesi da sottovalutare – e che accanto al rischio di prendere per buone delle sciocchezze si profila anche quello di prendere per sciocchezze cose che sciocchezze non sono.
Credo che il problema sia quello di non chiamarsi fuori, ricordando che solo gli incerti, e forse alcuni degli imbecilli di cui parla Eco, hanno bisogno di sentirsi parte di qualche temibile gruppo di happy few, cui si sentivano iscritti anche coloro che mettevano a tacere quanti dicevano sciocchezze al bar dopo aver bevuto qualche bicchiere di vino. E non erano poi così innocui né gli uni né gli altri, perché nella dimensione dei paesi di campagna, molto più limitate rispetto alla rete globale, ma soggette agli stessi meccanismi di comunicazione, potevano fare danni altrettanto gravi di quelli che si possono produrre nei social media.
La sfida della rete è proprio quella di mettere nelle condizioni di non potersi più nascondere all’interno di gruppi costituiti da sedicenti happy few, ma di doversi confrontare anche con molti imbecilli e soprattutto di doversi interrogare costantemente sulla possibilità che anche noi si faccia parte di questo grande schieramento. Dice giustamente Nicoletti, commentando le parole di Eco e richiamando il lessico di Guerre stellari che non si produce pensiero nella cultura digitale se non si accetta di stare gomito a gomito con il lato imbecille della forza.
Un anonimo intellettuale mi ha insegnato moltissimo grazie a un suo contributo decisivo, riportato su una bustina di zucchero in un bar del centro di Bari: In ogni gruppo di persone c’è sicuramente uno stupido; se non riesci a individuarlo, comincia a preoccuparti. La rete può aiutare.

  1. Eco dimentica una cosa, che quel bar dove, tra avventori abituali e dopo un bicchier di vino, l’imbecille poteva dire la sua, non c’è più.
    Lo fece fuori Maurizio Costanzo, alla fine degli anni 80, allorché tutti trovarono più comodo ascoltar chiacchiere stando seduti sul divano di casa, e lì riproducendo le dinamiche del bar, alienando il proprio sé in questo o l’altro degli interlocutori televisivi.
    Ma la trasmissione era unidirezionale e presto o tardi stancò, ma nel tempo che bastò a estinguere il caffè come l’avevamo conosciuto.
    Adesso sono tutti bar della stazione, con avventori sconosciuti e effimeri, dove, a scanso di incidenti, non ti resta che parlare con il barista, nella tradizione cara agli alcolisti.
    Internet, ha ragione Eco, ha ricostruito il Bar Sport della nostra gioventù, dove tanti andavano per parlare, più che per ascoltare. È una riappropriazione di soggettività.

  2. Charles Baudelaire ha sentito su di sé il colpo di vento della imbecillità, eppure era uno dei più grandi lirici del suo tempo … qual è il punto di vista che ci consente di definire qualcuno imbecille? Forse l’appartenenza alla cerchia dei mandarini della cultura come Umberto Eco? Io penso che esistano semplicemente delle persone e voglio ricordare il grandissimo Sergio Antonielli quando, in una lezione nell’aula 111, ci disse con la sua voce dal timbro e dalla cadenza toscana e con il suo sorriso: È molto difficile dire qualcosa di ‘assolutamente imbecille’.

  3. Non sono così convinto che l’insopportabile senso di superiorità di alcuni circoli di happy few valga per buttare tutto in un calderone con gli insipienti happy many. Se la tollerante connivenza, ad esempio, con gli sproloqui pubblici di un razzista è il prezzo da pagare perché la mia anima bella si senta up to date, beh, allora meglio mettere mano metaforicamente (si sa mai che qualche insipiente pensi che stia parafrasando Goebbels …) alla spada laser della responsabilità morale e intellettuale e fare le nostre scelte e le nostre valutazioni consapevoli dell’universo fluido, morbido e negoziale che regola oggi la circolazione delle informazioni e delle idee sul web.
    Detto questo, lato imbecille della forza è la più bella definizione della rete che abbia mai sentito.

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