ZATTERA SCIOLTA

Giovanni Cominelli

Laurea in Filosofia nel 1968, dopo studi all'Università cattolica di Milano, alla Freie Universität di Berlino, all'Università statale di Milano. Esperto di politiche dell’istruzione. Eletto in Consiglio comunale a Milano e nel Consiglio regionale della Lombardia dal 1980 al 1990. Scrive di politiche dell’istruzione sulla Rivista “Nuova secondaria” e www.santalessandro.org, su Libertà eguale, su Mondoperaio. Ha scritto: - La caduta del vento leggero. Autobiografia di una generazione che voleva cambiare il mondo. Ed. Guerini 2008. - La scuola è finita… forse. Per insegnanti sulle tracce di sé. Ed. Guerini 2009 - Scuola: rompere il muro fra aula e vita. Ed. Guerini 2016 Ha curato i volumi collettivi: - La cittadinanza. Idee per una buona immigrazione. Ed. Franco Angeli 2004 - Che fine ha fatto il ’68. Fu vera gloria? Ed. Guerini 2018

POPOLO E INTELLETTUALI PRET-A-PORTER

Editoriale da santalessandro.org
Sabato 31 luglio 2021

Giovanni Cominelli

Popolo e intellettuali prêt-à-porter

Lo storico e filologo Luciano Canfora non aveva ancora finito di dichiarare che “Draghi è come Stalin” – insomma Mario Draghi non è quel che si diceva una volta a sinistra “un sincero democratico” – ed ecco che due filosofi che vanno per la maggiore in Italia, Giorgio Agamben, in primis, e Massimo Cacciari rincarano la dose contro il suddetto, sostenendo che imporre il Green Pass significa praticare “una tirannia sanitaria”, gravemente intrusiva – perché tocca i corpi e la vita dei singoli – e tale da minare le basi della democrazia, perché genera e discrimina una categoria di cittadini di serie B. Il Green Pass viene così paragonato al passaporto interno dell’epoca sovietica. Agamben, prontamente seguito dai manifestanti No-vax, era già andato oltre, accostando il Green Pass alla stella gialla di Davide, imposta come segno discriminatorio dai nazisti agli Ebrei. A volte l’ideologo commette stupri ai danni della Storia. Del resto, circa un anno fa un Agamben-Don Ferrante sosteneva che l’epidemia era un’invenzione del potere: il Covid-19 non è né sostanza né accidente? Anche dopo circa 128 mila morti?
Il pilastro filosofico-politico del ragionamento poggia su alcuni dati statistico-epidemiologici, prodotti da una procedura di ricerca scientifica, di cui pure sono messe in evidenza con compiacenza la fragilità e la provvisorietà. Ma ai dati, filosoficamente torturati, si possono far dire molte e varie contraddittorie cose.
Quanto al merito delle apodittiche certezze dell’occasionale tandem filosofico, espresse retoricamente da domande – perché fa cartesianamente molto più fine – ha già risposto Silvio Garattini. Di lui mi fido. Quando scrive di Nietzsche o del “Katéchon”, lo prendo con beneficio di inventario, ma se scrive di virus e batteri… In realtà, Garattini non si è mai sognato di scrivere di Nietzsche o del “Katéchon”! Cacciari sì. Che però non è un noto epidemiologo. Mi fido, di Garattini, ma non ciecamente. Perché lui stesso ribadisce che la scienza non è una fede, è un assetto epistemico probabilistico, friabile, fallibile, modificabile. Al momento, però, la scienza, con i dati di cui dispone oggi su scala mondiale, dice che la vaccinazione, di cui il Green Pass è la certificazione pubblica, abbassa statisticamente in misura enorme il numero dei contagiati e dei morti. Il Green Pass obbligatorio per i pubblici ufficiali serve a me cittadino, se voglio andare in un ufficio pubblico, in una scuola, in un ospedale, in un Museo, senza contagiarmi. Non esenta, individualmente, dal rischio. Puoi essere vaccinato/certificato, ma puoi contagiare ed essere contagiato e puoi anche morire, a determinate condizioni di co-morbilità. Ma con il 95% di probabilità in meno. Non è il 100%. E quando mai nella vita? L’unica certezza al 100% in dotazione di tutti i viventi è, appunto, solo quella di morire.
Ma qui importa tentare di comprendere perché due filosofi, per niente affatto “diegofusari”- anche se Diego Fusaro loro discepolo momentaneo ne spinge al parossismo le posizioni, non senza ragioni oggettive – si siano fatti travolgere da questo vento di follia che neanche Paolo e Francesca nel V Canto dell’Inferno…
Qual è la filosofia di riferimento? L’uso dell’espressione “sorvegliare e punire” è trasparente: trattasi di Michel Foucault. Le sue categorie filosofiche fondamentali hanno attraversato il dibattito intellettuale europeo: “Surveiller et punir”, “Panopticon”, “Biopolitica”, “Biopotere” “Dispositivo” (padre dell’attuale “Algoritmo”)… Questa ghirlanda di categorie, assai meno accademica di quella kantiana, é il prodotto di preziosi e straordinari studi storico-filologici sulla sessualità, l’autorità, il sapere, il sapere e il potere, la follia, i tabù, la religione… , che hanno alle spalle un’ossessione: quella della microfisica del potere. Il Potere moderno si insinua in ogni anfratto e ganglio della mente e dei corpi, degli individui e delle comunità. Alla base sta l’idea freudiana che la civiltà è fondata sulla repressione, che prende corpo nel Super-Ego individuale e nel Leviatano statale. Più forte è la repressione della mente e dei corpi, più la civiltà traduce la libido in sviluppo, ma per niente affatto in liberazione, checché ne pensasse Marx. E se non ti accorgi del suo carattere oppressivo, vuol semplicemente dire che sei stato aggirato alle spalle completamente da un Potere incontrollabile e senza volto. In realtà, alle fonti del foucaultismo e dei suoi glossatori alla Agamben stanno il marx-freudismo della Scuola di Francoforte e il nietzsche-marxismo. Proprio Cacciari ha ribattezzato a sinistra, in Italia, il grande Federico…
La dimensione politica di questi discorsi, analiticamente raffinati e capaci di affascinanti ricostruzioni genealogiche – si pensi alla follia o alla sessualità – è stata accentuata nel corso degli anni ’70, ma già anticipata dall’operaismo degli anni ’60 di Tronti, Asor Rosa e Cacciari, ma guarda caso! Il neo-capitalismo moderno si è dimostrato capace di assorbire la contraddizione classica marxiana tra forze produttive e rapporti di produzione, ha integrato la classe operaia e i sindacati. Perciò occorre cercare all’esterno il soggetto irriducibilmente antagonistico e rivoluzionario. Tronti lo chiama la nuova classe operaia “pagana”, Negri il Potere operaio e/o l’Autonomia operaia. Lo stesso Il Movimento del ’77 chiamò in aiuto a Bologna, in quel famoso settembre, Gilles Deleuze e Felix Guattari, che andavano alla ricerca del pensiero rizomatico e della contro-cultura, sulle orme di Foucault.
Alla fine, c’è sempre e incombe su di noi una Totalità socio-politico-epistemica da spezzare. Negli anni ’70 con la forza di collettivi antagonisti fino all’uso della lotta armata, dagli anni ’80 in avanti con la forza anarchica del “popolo” e dei singoli. E qui siamo arrivati: alla resistenza individuale alla Totalità. Le piazze di oggi, diversamente da quelle degli anni del dopoguerra fino agli anni ’80, sono piazze di singoli, che si autoproclamano sempre “popolo di…” qualche cosa. Tra cui anche il popolo dei No-vax, già prima dei Vaffa, già prima dei Girotondi, già prima delle monetine dell’Hotel Raphael contro Craxi. La dimensione collettiva o, se si preferisce, comunitaria come attore di storia e di cambiamento è scomparsa. Quanto al singolo, non è certo quello liberale di Stuart Mill. L’individuo populista tende a perdere quel collegamento alla tradizione, alla storia, alla comunità che è rappresentato dall’accumulo delle competenze e dell’episteme – sommamente insidiosa e pericolosa per Foucault e discepoli, perché contiene i semi dell’oppressione – per librarsi negli spazi aerei della doxa più improbabile e fantasiosa fino alle fake news, cui ha attinto abbondantemente anche il nostro tandem filosofico. D’altronde, qual è l’antidoto – stavo per dire il vaccino! – più efficace contro l’episteme scientifica, se non l’ignoranza esibita orgogliosamente e gridata nelle piazze. Ciò che stupisce è che i nostri filosofi abbiano portato acqua a questo fiume limaccioso.
Già perché?
C’è una ragione. Nel nel vecchio contesto socio-comunitario, di cui il gramscio-crocio-togliattismo era l’autocoscienza ideologica, all’intellettuale organico era affidato il compito di inoculare dall’esterno il vaccino dell’episteme di salvezza. Ora, va riconosciuto che né Agamben né Cacciari hanno mai esercitato il ruolo dell’intellettuale organico. Hanno sempre diffidato della Storia a direzione hegelo-marxiana. E perciò hanno frequentato plaghe filosofiche marginali ed emarginate politicamente. Ma oggi si offrono nuove opportunità “organiche” agli intellettuali già dis-organici. “Il popolo degli unici” ha bisogno di profezie, denunce, invettive, sogni. Non di competenze, non di ricerca paziente, non di ascolto dei dati, non del lavorio su ipotesi e risultati, men che meno di criteri di falsificazione. No, servono oracoli e profezie. Profezie, intese non come previsione del futuro, ma come denuncia apocalittica, come oscura minaccia, come testimonianza solitaria. Più è unica e originale e più è comunicativamente efficace. C’è sempre un giornale a disposizione a fini di dibattito e, eventualmente, di aumento momentaneo dei lettori e la rete dei social a fini di like. Non ha fondamento epistemico? E chi ha mai detto che le idee chiare e distinte debbano essere vere?

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