L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Parigi 11 gennaio

Sembra che la grande manifestazione parigina di ieri si sia realizzata senza danni e abbia significato quello che si sperava significasse e cioè una reazione forte di carattere europeo e mondiale, una affermazione grandiosa dei valori su cui si fonda la nostra cultura e la nostra concezione della vita sociale.
Per usare i termini che hanno provocato diversi e contrastanti interventi a proposito dell’ultimo post, che si è inaspettatamente intrecciato con la cronaca degli attentati di Parigi, si potrebbe dire che ieri abbiamo assistito a un grande momento di incanto e certo sentire l’esigenza di disincanto non rende assolutamente insensibili né all’indignazione per quello che è accaduto né per l’incanto di due milioni di persone che sfilano per le strade di Parigi e per cinquanta capi di stato – presidenti, primi ministri, re – che camminano tenendosi sotto braccio intorno al presidente della repubblica francese.
Scrive Agostino che la fatica della nostra vita sta nel fatto che persino le membra della pulce sono disposte con mirabile distribuzione e frattanto la vita umana è travagliata e sconvolta dal succedersi d’innumerevoli crisi. Il problema sembra essere che è essenziale saper guardare da lontano anche gli avvenimenti che ci fanno soffrire:

supponiamo che un tale abbia la vista tanto limitata che in un pavimento a mosaico il suo sguardo possa percepire soltanto le dimensioni di un quadratino per volta. Egli rimprovererebbe all’artista l’imperizia nell’opera d’ordinamento e composizione nella convinzione che le diverse pietruzze sono state maldisposte. Invece è proprio lui che non può cogliere e rappresentarsi in una visione d’insieme i pezzettini armonizzati in una riproduzione d’unitaria bellezza
(De ordine 1.1.2)

E questo credo valga anche per chi non ha fiducia che il quadro di insieme sia di unitaria bellezza; perciò è importante saper guardare da lontano, cogliere il disegno di insieme, anche se nella singola tessera del mosaico possiamo trovare motivi di gioia o di dolore che viviamo fino in fondo, perché la nostra vita attraversa le singole tessere una alla volta. Il disincanto dovrebbe insegnare che nessuna tessera è l’ultima, la svolta decisiva, il tratto essenziale, che in nessuna tessera si può trovare o ri-trovare la spiegazione o la soluzione.
La tessera di mercoledì scorso è stata drammatica, quella di ieri è stata emozionante; se arretriamo di qualche passo, vediamo l’Europa, il mondo, le religioni, i fondamentalismi e anche la storia, anche tutte le altre tessere nere che pure compaiono frequentemente nel disegno della nostra convivenza. Il disincanto dovrebbe insegnare che occorre non rimanere nella disperazione della prima, né nella speranza della seconda, ma che invece è necessario considerare il disegno da una certa distanza per sapere quali tessere sono necessarie per andare avanti e in quale direzione.
Un’amica mi ha chiesto perché milioni di persone non si mobilitarono per i tremila morti dell’11 settembre e non so rispondere e neppure so quali siano i motivi per cui abbiamo quasi dimenticato tutti i morti provocati da attentati terroristici in Europa negli ultimi vent’anni. Visto da lontano il mosaico è proprio brutto.

  1. Il dis-incanto deve aiutarci anche a non essere troppo emotivi di fronte all’incanto di cui tu parli ed aiutarci a capire che cosa si nasconde dietro a ciò che vediamo . Anch’io mi sono emozionata ieri di fronte alla manifestazione di Parigi, ma l’ho anche vista come una rappresentazione, una messa in scena, non solo delle nostre Speranze di pace e di non -violenza, di un blocco anti-fondamentalismo, ma anche come una messa in scena del potere e dei poteri. Il potere ha bisogno di rendersi visibile. Erano tutti innocenti i manifestanti oppure tra loro ci sono i bombardanti, per esempio francesi e inglesi, quelli che le armi le vendono agli altri che poi le usano … e così via. E’ un tentativo di fermare e di opporsi a quello che è stato definito il tramonto, o il declino, dell’Occidente, e che cosa ha fatto l’Occidente di bene e di male agli altri mondi? io non lo so, ma il problema me lo pongo. Mi pare anche che ci sia la questione di chi ha il petrolio e di chi non ce l’ha, mors tua vita mea? Non lo so, so soltanto che con la vendetta e con il risentimento non si va da nessuna parte e si apre una catena infinita di violenze e di ritorsioni senza fine, e allora ben venga l’Incanto di Parigi, la nostra commozione e la nostra Speranza in una umanità futura, così scriveva Th. Mann: Chi sa se anche da questa mondiale sagra della morte, anche dalla febbre maligna che incendia tutt’intorno il cielo piovoso di questa sera , sorgerà un giorno l’amore? Piu’ di mezzo secolo è passato da allora a parlar d’amore è rimasto il Papa, noi pacifisti e pochi altri.

  2. Che dire? la reazione si vede eccome. Già l’Europa si sta preparando all’ennesimo giro di vite in fatto di sicurezza. Abusatissima la parola guerra da tutti i media: siamo in guerra? ma chi e contro chi? non ne verrà nulla di buono io credo. Trovo inoltre estremamente fuorviante continuare a tenere il discorso su un piano culturalista, non si tratta di stabilire quanto l’islam sia moderato o radicale o quanto siamo democratici noi Europei. Ci sono due piani distinti del discorso: da un lato un problema di integrazione che la Francia si trova ad affrontare non per la prima volta, il problema di donne e uomini che oggi si arruolano nelle fila del terrorismo islamico ma che avrebbero potutto arruolarsi in altre fila in epoche e contesti diversi. Su un altro piano troppi interessi geostratetgici ed economici gettano una cortina di fumo su questi episodi e in generale sulla war on terror. Penso si faccia un grave errore a credere che ciò che succede nel mondo islamico, i sanguinosi conflitti in Siria, Iraq e medioriente riguardi la lotta dell’Islam contro l’occidente.

  3. Molto belle queste riflessioni sulla manifestazione di ieri 11 gennaio 2015.
    Speriamo che quanto è accaduto in piazza a Parigi spinga a meglio coordinare la battaglia contro il terrorismo utilizzando tutti i mezzi che la tecnologia mette a disposizione. In questa situazione drammatica l’Europa ha ancor più bisogno di una leadership adeguata a superare la mera dimensione economica della sua vicenda e questo richiede una maggior integrazione che nessuno sembra veramente volere.
    D’altra parte anche la nostra vicenda storica non è immune da macchie, penso ad esempio alla notte di San Bartolomeo e alle stragi naziste, ma in quesi casi il nemico era ben identificabile. Oggi i mostri emergono come scheggie impazzite e combatterli a viso aperto è impossibile. Purtroppo per questi pazzi Roma può essere un obiettivo sensibile. Speriamo bene, perchè continuare a vivere dopo Parigi senza paura richiede una grande forza di speranza.
    Vergognoso è stato quanto scritto da un giornale inglese che ha scritto sostanzialmente, parafrasando Andreotti sull’assassinio Ambrosoli, che l’Hebdo se l’era andata cercando.
    Un cordiale saluto.

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