AVANTI POPOLI!

Alessandro Lanni

Giornalista e autore di "Avanti popoli! Piazze, tv, web: dove va l'Italia senza partiti" (Marsilio 2011) e "Enigma Grillo" (40K - Unofficial 2013) http://40k.it/enigma-grillo

Nate Silver, il baseball e l’arte della previsione politica

Qualche mese fa scrissi per Europa questo articolo sul fenomeno Nate Silver e l’incredibile storia delle sue previsioni statistiche esplosa con l’elezione di Obama lo scorso anno. Ora il ragazzo prodigio non scrive più per il New York Times (si dice per colpa della redazione un po’ invidiosa del suo successo personale) e si è spostato a Espn.
Adesso il libro di Silver è arrivato anche in Italia con il titolo Il segnale e il rumore. Arte e scienza della previsione (Fandango) e allora pubblico anche qui l’articolo.

«Non è vero che Nate Silver è più intelligente di tutti noi, è che nessuno, e nulla, sfugge del tutto i numeri». Adam Gopnik, firma del New Yorker, ci prova a riportare sulla Terra il genietto della statistica che ha stravolto le presidenziali Usa 2012 con la sua analisi dei numeri della big coalition che ha sostenuto Obama.
Eppure, per comprendere fino in fondo lo spirito del giovane matematico prestato alla politica basterebbe riportarlo su un diamante, perché le radici del sensazionale en plein realizzato da Silver – il percorso netto di 50 su 50 stati azzeccati anticipando la vittoria del presidente in carica – vanno ricercate sui campi da baseball.

No, non quei prati della nostalgia su cui suda l’Uomo dei sogni Kevin Costner. Quegli strani terreni, per metà verdi e per metà arancioni, sono soprattutto rigidi assi cartesiani dove formalizzare una nuova scienza che può, come dimostra la storia recente, aiutare a vincere le elezioni più importanti. È proprio in quello sport incomprensibile per gli europei che ha visto la luce la stella di Silver, che qualche giorno fa col suo blog FiveThirtyEight (NB oggi non è più il suo blog) è arrivato a generare da solo addirittura il 20% del traffico totale del New York Times.

61R9MrA84EL._SL1500_Non bisogna essere superficiali, non è vero che uno sport vale l’altro. Non credete al calcio come scienza esatta, o al basket o alla pallavolo. No, il baseball è un’altra cosa. Lo sanno tutti i bambini americani o gli amatori che si sfidano a Central Park: il baseball è uno sport che si gioca in nove, anzi in dieci. Nove per squadra ma un decimo serve sempre, perché durante le partite deve sedere in panchina e redigere meticolosamente lo scorer. E cos’è lo “scorer”? È un foglio di carta sul quale si trascrive – e si racconta, se si è in grado di interpretarlo – per filo e per segno quello che succede in campo. In sostanza è una cronaca stilizzata della partita fatta su fogli excel analogici (in verità ormai esistono anche fantastiche app per compilarli con comodità).

Bene, ma a cosa servono questi fogli pieni di segni incomprensibili? Servono a riempire quello che è uno dei momenti fondamentali del baseball: le sue statistiche. Il baseball è lo sport che più di ogni altro dipende, coincide, con le statistiche e con i numeri. «Troppi rispetto al cricket» rimproverava l’inglese Richard Dawkins all’amico e geniale paleontologo americano Stephen Jay Gould, appassionato di baseball al punto da dedicare a questo sport saggi scientifici sull’estinzione dei super battitori. Il baseball è più degli altri uno sport da studiare più che da guardare, lo sanno tutti i turisti che vanno allo Yankee Stadium che si annoiano fin dal primo inning.

Ecco il metodo Silver è stato proprio questo: rendere predittiva questa fissazione per le statistiche che ha ogni appassionato del ball game per antonomasia. Per il formidabile trentenne cresciuto dentro Baseball Prospectus, la bibbia degli impallinati del ramo, non ci sono solo analisi dei numeri, ma anche sintesi per costruire strategie adeguate sulla base di quello che le statistiche ci possono suggerire.

Tra le quattro basi, con mazza, palla e guantoni, è nata venticinque anni fa una scienza che mette ordine tra le enormi quantità di numeri che ogni partita può produrre. Si chiama sabermetrica, ovvero “la ricerca della conoscenza oggettiva nel baseball” secondo la definizione del suo inventore Bill James. Fa un po’ sorridere, vero? Silver ha applicato qualcosa di simile alla sabermetrica – “Pecota” è il nome del metodo che ha inventato nel 2003 – alle elezioni presidenziali.

Provate a guardare il sito del campionato americano Mlb.com. Ad averci occhi e pazienza è l’inventario di tutte ma proprio tutte le statistiche immaginabili per un giocatore. Quando si parla di Big Data si parla anche di questo. Per migliaia di giocatori registrati si mette ordine tra le sue prestazioni sui campi d’erba o sintetici, al coperto o no, di giorno o di notte, in agosto o luglio o giugno, con i lanciatori mancini o con i destri, in casa o fuori e via dicendo.

La vicenda di Silver incontra qui quella di un altro celebre personaggio di questo 2012. Le analisi delle statistiche dei giocatori professionisti hanno infatti fatto la fortuna di Billy Beane il manager della squadra degli Oakland Athletics, nonché protagonista di Moneyball, il libro best seller di Michael Lewis, e del film scritto dal genio di Aron Sorkin che quest’anno ha ottenuto sei nomination agli Oscar (i panni di Beane sono indossati da Brad Pitt).
Moneyball è ormai storia nota, la storia di quello che si può fare sapendo leggere statistiche e numeri in maniera adeguata. Il nerd Paul DePodesta viene scelto da Beane come consulente per mettere a punto il filtro adeguato per ordinare una massa imponente di dati e ottenere grandi risultati spendendo molto meno denaro delle altre squadre miliardarie. Una favola che continua anche oggi dopo che DePodesta ha lasciato il club di Beane per passare ai Mets di New York. Gli A’s sono tra le squadre più povere con un monte stipendi di meno di cinquanta milioni di dollari (per un confronto quello degli Yankees è di 196 milioni) ma anche quest’anno hanno centrato l’acquisto di alcuni giocatori che ha permesso alla squadra californiana di arrivare quasi a giocarsi le finali. Una stagione alla grande che ha fatto vincere a Beane il premio come miglior manager dell’anno.

«Abbiamo un problema di predizione. Amiamo prevedere gli eventi ma non siamo un gran che nel farlo e questo accade perché i numeri non possono parlare da soli» scrive Silver nel suo (gran) libro criticando l’ingenuo ottimismo di un Chris Anderson. Nell’epoca che si sta aprendo, quella di Big Data, la chiave è dunque avere in mano il retino giusto per selezionare. Nelle prime “elezioni Moneyball”, la vittoria degli analisti di Big Data sugli impressionisti naif, scrive ancora Gopnik, non è un fatto estemporaneo ma una rivoluzione epistemologica che durerà a lungo.

Chissà se in Italia, nella terra del pallone potremo mai imparare la lezione che il gioco dell’hit and run può dare alla politica, se i sondaggi potranno divenire anche strumenti di conoscenza reale e non solo saranno sempre armi da brandire sullo schermo.

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