COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

Macron si veste da re franco e torna alle crociate.

Si racconta che il generale francese  Henri Goraud, dopo aver sconfitto le truppe arabe ed essere entrato a Damasco, avviando il mandato coloniale francese, si sia recato davanti al mausoleo di Saladino e abbia detto mettendosi sull’attenti: “siamo tornati”. Non pensava alla spedizione napoleonica che arrivò in Medio Oriente poco più di un secolo prima. No, il racconto -se vero- vuol dire che i francesi si sentivano eredi dei franchi, e che il mandato coloniale (la loro impresa “civilizzatrice”) lo vivevano come una nuova crociata, per sconfiggere quali militi cristiani gli infedeli.

Che sarebbe meglio chiamare le crociate “le guerre dei franchi” lo hanno sostenuto molti storiografi arabi e questo può indurre a pensare che anche la “missione del Goraud” avesse un sapore più da guerra dei franchi che da protettorato francese, cancellando così da Parigi e dintorni tutto ciò che la storia ha prodotto nei secoli che separano la Rivoluzione Francese, la Dichiarazione del 1789 e i tempi in cui si partiva alla volta di Gerusalemme e dintorni al grido “Deus vult”. Ma non credo che esista uno storiografo arabo che avesse previsto, o immaginato, che l’ottica da crociato attribuita a Goraud avrebbe guidato nel Terzo Millennio in inquilino dell’Eliseo qual è Macron. La sua decisione di insignire il generale al Sisi della più alta onorificenza della Republique Francaise, la Legion d’Onore, nei giorni in cui si rifiuta di scarcerare dopo 300 giorni di detenzione ingiustificata il ricercatore Zaki e di collaborare con l’Italia nel processo per l’assassinio di Giulio Regeni, più che uno schiaffo all’Italia è uno schiaffo alla Francia, a quel che Parigi significa da decenni e decenni nel Mediterraneo, al di là degli errori e anche degli orrori. La capitale dei diritti umani, Parigi, amata dagli arabi che quei diritti si sentono e vedono negati, abdica davanti al piccolo generale che oltre a Zaki e Regeni si è macchiato di crimini analoghi con un numero incalcolabile di egiziani.

Questo dovrebbe farci ricordare dell’enorme valore del gesto di GiorgioNapolitano, che da presidente della nostra Repubblica ha tolto a Bashar Assad l’onorificenza della nostra Repubblica quando si dimostrò il macellaio che è. Macron no, per lui Parigi è come La Valletta, una città attenta al suo tornaconto in modi non apprezzati dai più. Sarà la partita Cirenaica, saranno gli interessi della Elf a guidare l’inquilino dell’Eliseo? Non mi interessa granché. Posso immaginarle tutte le ragioni di realpolitik che hanno guidato l’appropriato successore di Sarkozy. Ma il realismo diventa irrealismo se non ci si rende conto della miscela esplosiva che Macron ha creato con la sua scelta autonoma e deliberata mentre i terroristi continuano a colpire. Il presidente francese si iscrive, logicamente per chi voleva legittimare le vignette blasfeme ma proibire la ripresa delle sue forze di polizia azione, nella filiera “securitaria” che ci assicura che al-Sisi combatte i terroristi, non li crea. Ma Macron non tiene conto che l’operazione vignette sì, ripresa dei poliziotti no e ora onorificenza ad al Sisi lo qualifica e ci qualifica, perché noi non siamo quel che crediamo di essere ma quel che appariamo essere all’altro.

C’è un precedente nella storia egiziana che all’inquilino dell’Eliseo non può sfuggire: riguarda la famosa strage di Natale contro i copti d’Egitto, ormai molti anni fa. Chi la organizzò? Chi la guidò? Le complicità dell’intelligence egiziana stanno lì a dirci che come ieri anche oggi i sistemi, i precedenti come gli attuali, aiutano e non combattono il terrorismo. Un altro caso gli sarà certamente noto, quello algerino, con il suo carico orrendo di morti. Da dove veniva il venditore di pollami che divenne emiro del Gia e diffuse un famoso comunicato con le citazioni coraniche errate? Non veniva da quel sottobosco frequentato da quei servizi segreti che a Parigi per anni sono stati cari? 

Il terrorismo esiste, e ha circuiti, volani, ispiratori suoi propri. Attecchisce e cresce nelle aree del nichilismo che sono pronte a usare anche la loro bandiera pur di esprimere la violenza che li guida ciecamente. Anche gli imam conniventi e complici esistono, come ampi settori di ricca borghesia del Golfo che non si stanca di foraggiarli. Ma senza le complicità delle intelligence e dei regimi questa piovra non sarebbe un’assoluta emergenza globale. Macron crede che al Sisi non sappia che senza i terroristi quell’onorificenza sarebbe stata impossibile?       

Non è l’ottica un po’ da crociato (malgrado dica di aver letto Mounier) né da procacciatorie d’affari che tutelerà gli interessi francesi. E’ una visione mediterranea quella che serve, perché lasciar estendere i pozzi della disperazione e trasformare la collera in nichilismo aiuterà al-Sisi, ma non aiuterà la Francia.  

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