L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

L’uomo con la valigia

Non ho nascosto che, come a qualche altro milione di uomini, questo papa è simpatico anche a me, molto. A volte mi sembra però un po’ esagerato nella ricerca di essere piacione. Quando parla alle folle o ai giovani, come nel recente viaggio in Brasile, a volte sembra andare sopra le righe, ma si tratta di retorica, per la precisione, di retorica epidittica, per cui un’analisi attenta richiederebbe di approfondire il tipo di cultura cui il papa intende fare riferimento, quale progetto sta cercando di sviluppare, quali interlocutori – anche non visibili – sono destinatari dei suoi discorsi.
E’ nelle dichiarazioni sotto tono che colpisce il suo modo di presentarsi quasi come ingenuo, semplice, un uomo come tanti. Nell’aereo che lo riporta in Italia, a proposito della valigia che ha colpito la fantasia dei telespettatori di tutto il mondo, dice:

Non c’era la chiave della bomba atomica … L’ho portata perché lo faccio sempre … faccio cosi’ quando viaggio, c’è il rasoio, il breviario, l’agenda, un libro da leggere, era su santa Teresina … L’ho sempre portata … è normale … (Ansa)

Una piccola osservazione: Santità, portarsi la borsa in viaggio è sicuramente normale, è essere papa che non è normale.

  1. A me – come spettatore – il papa che porta la borsa pare il padrone che morde il cane. Ma non solo. Sa di esserlo? Per Massimo sì, e la cosa giustamente lo infastidisce, sa un po’ di plastica. Ma poi: lo fa intenzionalmente o finge di farlo intenzionalmente, in modo che qualcuno capisca che lo fa intenzionalmente? Chi è chi? Forse poco importa, e forse no. Colpisce proprio perché non è normale che lo faccia, sia nell’uno sia nell’altro caso. Altrimenti vestirebbe, sarebbe stato patriarca di Venezia, oppure avrebbe servito nella Wehrmacht e avrebbe collaborato alla teologia conciliare per poi segnarsi e denunciare e sconfessare tutti i suoi compagni di avventura e maestri una volta arrivato al potere. Ed è chiaro che per i maestri di retorica dell’Urbe e dell’Impero le sue mosse siano evidenti e troppo smaccate al punto da far sorgere sospetti sulla loro autenticità. Non scordiamoci tuttavia che è un gesuita che si fa passare per Francesco. Ed è vero anche che non parla a noi quanto a chi (milioni) questi messaggi li legge come segno della propria appartenenza a una chiesa che si fa loro prossima. Poi quando torna da noi (migliaia), smette i panni francescani, si ricorda di essere della genia Loyola e da buon papa nero mena fendenti a destra e a manca nelle cantine del vaticano. E via così. Sino a che la figura si confonde con lo sfondo: chi è chi? L’uomo con la valigia è lo stesso che distrugge le trame dello ior? e poi le distrugge davvero? Potrebbe svelarsi se prendesse partito per i gesuiti massacrati, ha ragione Mariateresa, ma lo farebbe da francescano …

  2. Difficile rispondere. D’accordo sul silenzio del gesuita. Meno d’accordo sul fatto che lo vorrei perfetto. Per essere ultrasintetico, confermo che – nel suo genere – mi è molto simpatico, ma è il suo genere che mi lascia sempre senza parole. Credersi rappresentante di Dio in terra non mi pare comunque del tutto normale.

  3. Un commento di Mariateresa in arrivo via mail, a causa di difficoltà di collegamento:

    Ma dai Massimo, questa è caso mai una pagliuzza, una piccola nota di stile che tra l’altro non appare strana a gran parte del mondo, quello nord europeo, anglosassone e a molti cittadini del Sud America. E lui l’ha sempre fatto – di portare la sua borsa e anche l’ombrello – l’ho visto sul bus di Buenos Aires quand’era vescovo. Alcuni papi del passato anche recente hanno avuto modi ben diversi di presentarsi, ricoperti d’oro, insieme a donnine allegre, in guerra a cavallo imbracciando un lancia … Dico una malignità: come a tutti quelli che avevano 20 anni nel ’68, siccome lui ti piace lo vorresti perfetto, ti dà fastidio che ai tuoi occhi sia quello che definisci un piacione.
    C’è un altro aspetto invece che è spiaciuto a me: è andato in Brasile, lui il papa gesuita, dove
    secoli fa i gesuiti che avevano fondato le missioni in comunione dei beni, tipo Atti degli apostoli, sono stati perseguitati e poi massacrati dagli inviati della chiesa di Roma e non ha detto – che io sappia – una parola sulla tragedia. Eppure c’è qualcosa in comune fra lo stile sincretistico del suo presentarsi al popolo di Rio e il commovente sincretismo delle immagini che si possono ancora vedere nelle rovine delle Missiones … Serpenti dell’immaginario indigeno e croci cristiane. Mi fa tristezza e rabbia questo silenzio. altro che la borsa.

Rispondi a riccardo Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *