MEDIO ORIENTE IN FIAMME

Umberto De Giovannangeli

Libia, è partita a due tra il Sultano e lo Zar. Per l’Italia è game over

Libia, la guerra nei cieli tra il Sultano e lo Zar. Una guerra alle porte di una Italia ormai sbattuta fuori dalla partita. Ormai non è p più guerra per procura. E’ una guerra che coinvolge direttamente attori regionali e globali. Non più “solo” mercenari reclutati dalla Turchia, sul fronte pro Sarraj, e dalla “Wagner” russa, a sostegno dell’uomo forte della Cirenaica, il generale Haftar. La Russia ha consegnato 8 aerei da guerra alle truppe del generale Khalifa Haftar, sei Mig-29 e due Sukhoi 24s, trasferiti dalla base siriana di Khmeimim.  Lo ha riferito il ministro dell’Interno del Governo di accordo nazionale libico, Fathi Bashagha, all’agenzia Bloomberg. La notizia sarebbe un segnale pericolosissimo di quella possibile escalation della “guerra aerea” vista come sempre più probabile in Libia. La Turchia, d’altro canto, minaccia una pesante rappresaglia contro qualsiasi attacco delle forze del generale Haftar contro gli interessi turchi in Libia. “Sulla stampa straniera si legge che Haftar è deciso ad attaccare interessi turchi schierando nuovi aerei da guerra, ottenuti grazie all’appoggio di Paesi stranieri. Si tratta di un’affermazione che Haftar ha rilasciato in seguito alle perdite subite recentemente, con il chiaro intento di far salire la tensione in Libia. Ogni attacco contro interessi turchi produrrà conseguenze pesanti e renderà legittimo per noi colpire obiettivi legati ad Haftar”, si legge in un comunicato del ministero degli Esteri firmato dal portavoce, Hamy Aksoy.  Tutto questo dopo che il  capo delle forze aeree del Lna, Saqr al-Jaroushi,aveva  minacciato l’avvio “nelle prossime ore” di una “campagna aerea”, la “più vasta nella storia della Libia”, contro obiettivi della Turchia nel Paese.

La guerra libica si internazionalizza sempre più. E il Mediterraneo appare sempre più una polveriera pronta ad esplodere. L’inviato israeliano alle Nazioni Unite Danny Danon ha accusato l’Iran di aver inviato alle forze di Khalifa Haftar munizioni avanzate anti carro armato durante l’offensiva del generale sulla capitale di Tripoli per deporre il governo riconosciuto a livello internazionale. “Nel novembre 2019, sono emerse delle immagini di quattro sistemi missilistici “Dehlaviyeh” di fabbricazione iraniana utilizzati dalle milizie di Haftar in Libia”, ha riferito Danon in una lettera firmata l’8 maggio indirizzata al Consiglio di sicurezza dell’Onu e al segretario generale Antonio Guterres.

Nonostante il ministro degli Esteri di Mosca, Sergej Lavrov, in una telefonata con il suo omologo italiano  Luigi Di Maio di pochi giorni fa abbia accolto la richiesta del titolare della Farnesina  di “mettere fine al conflitto”, il Cremlino torna dunque a fornire alle truppe del Lna mezzi per portare avanti la guerra, probabilmente preoccupata dalla sempre più decisiva influenza sul campo della Turchia, divenuta primo alleato militare di al-Sarraj. Inoltre, mercoledì l’Aeronautica del Gna ha annunciato di aver distrutto sette sistemi antiaereo di fabbricazione russa forniti all’esercito di Haftar dagli Emirati Arabi Uniti e che si trovavano nelle basi di alWatiya, Tarhouna e al-Wishka. Il portavoce militare di Tripoli, Mohammed Gununu, ha riferito nello specifico che tre sistemi Pantsir sono stati distrutti mercoledì mattina a Tarhouna e uno nella base di al-Wishka. Due invece erano stati annientati lunedì, in occasione della conquista della base di al-Watiya, che rappresentava l’ultimo importante avamposto logistico delle forze di Haftar fuori Tripoli, mentre un altro a sud di Sirte. Mosca, già dall’ottobre del 2018, ha affiancato agli uomini di Haftar anche centinaia di paramilitari altamente addestrati del Gruppo Wagner, il cui fondatore, Dmitriy Valeryevich Utkin, è un uomo molto vicino a Vladimir Putin.

D’altro canto, la controffensiva di Sarraj è stata  possibile soltanto grazie all’appoggio miltare della Turchia: droni e sistemi anti-aerei hanno dato la superiorità aerea in Tripolitania all’esercito di Sarraj. I droni turchi nelle ultime ore per esempio hanno distrutto almeno nove sistemi anti-aerei russi “Pantsir”, un sofisticato semovente dotato di radar, missili e artiglieria contraerea che gli Emirati avevano fornito ad Haftar per proteggere le sue basi. Proprio ieri  (20 maggio) il ministro della Difesa turco, Hulusi Akar, ha sostenuto che gli equilibri in Libia siano “cambiati in modo considerevole” dopo che la Turchia ha iniziato a sostenere il governo di Tripoli con la formazione, la cooperazione e l’assistenza in campo militare.

Una delegazione del Gna è arrivata a Mosca il 13 gennaio scorso per prendere parte ai negoziati col comando generale dell’esercito nazionale libico, facilitati da Russia e Turchia. Successivamente, la Turchia ha trasferito migliaia di mercenari siriani, compresi ribelli, elementi estremisti e minori, dalla città siriana di Idlib a Tripoli e Misurata, schierandoli direttamente a fianco alle gang armate del Gna contro l’esercito libico.

Ciò ha comportato una preoccupante destabilizzazione dell’intera regione, oltre al prolungamento della sofferenza per i civili, vittime del conflitto. Certi dell’imminente sconfitta, e abbandonati dalla comunità internazionale, i leader del Gna hanno iniziato ad accusare diversi Paesi, tra cui Francia, Russia ed Emirati Arabi Uniti, di sostenere il generale Haftar nella lotta al terrorismo.

Lo stesso Governo di Tripoli ha più volte attaccato la Missione europea Irini, incaricata di bloccare il flusso d’armi verso la Libia, e promosso una narrativa d’odio anti-occidentale ed anti-semita attraverso i media.

In Libia l’unica “diplomazia” che funziona è quella delle armi.

l ministero degli Esteri del Governo di accordo nazionale libico conferma il no alla tregua “perché sarebbe solo un soccorso a Khalifa Haftar”.Lo ha dichiarato il portavoce del ministero, Mohamed Qablawi. “Il Governo di accordo nazionale ha già annunciato la sua posizione sulla tregua e il suo totale rifiuto perché consapevole che si tratta di un tentativo di guadagnare tempo e salvare Haftar e le sue milizie dalle sconfitte che si stanno susseguendo”. L’obiettivo ora, ha spiegato sempre Qablawi in un’intervista a Sputnik, è “liberare tutte le città libiche dalla tirannia e dal controllo delle milizie di Haftar e tornare al processo politico”. In poche parole: si tornerà a discutere solo dopo la resa del “golpista” di Bengasi.

Quanto all’Italia, mettiamola così: se vince Fayez al-Sarraj,  a trarne vantaggio, soprattutto nella spartizione della ricchezza petrolifera libica, saranno i Paesi che lo hanno sostenuto sul campo (di battaglia), a cominciare dalla Turchia di Erdogan. Se, cosa al momento alquanto improbabile, a prevalere dovesse essere l’uomo forte , ma ora non più tanto, della Cirenaica, il generale Khalifa Haftar, a battere cassa saranno i suoi sponsor interni, in primis l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti. Poi, ovviamente, al tavolo della spartizione, se non territoriale di certo dei pozzi petroliferi, in una “Jalta libica” a capotavola siederà colui che comunque vadano a finire le cose, sarà “win win”: Vladimir Putin. Gli Stati Uniti saranno della partita, ma senza particolari interessi da parte di Trump, e a cercare un posto in prima fila sarà la Francia di Macron, sempre più attiva nel Mediterraneo. Conte sarà invitato, ma non andrà più in là di una photo opportunity.

fedelissimi di Haftar.

Quanto a Sarraj, ha smesso di volare a Roma, con o senza mascherina. Certo, i collegamenti con Conte, via Buccino, rimangono, ma il premier libico sa che il suo destino è legato indissolubilmente alla determinazione con cui il Sultano di Ankara continuerà a sostenerlo militarmente. E se Erdogan chiama a rapporto, Sarraj risponde: presente.

Il presidente del Gna ha discusso con il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, i passaggi esecutivi dei memorandum d’intesa firmati tra le due parti il ​​27 novembre 2019, e le relazioni bilaterali tra i due Paesi. In una conversazione telefonica di domenica sera, Erdogan ed al-Sarraj hanno affrontato gli ultimi sviluppi in Libia, le ripercussioni della guerra a Tripoli e una serie di fascicoli di cooperazione e questioni di interesse comune.

L’ufficio stampa del presidente del Consiglio libico, ha rivelato che al-Sarraj ed Erdogan hanno esaminato gli sforzi compiuti da entrambi i Paesi per affrontare la pandemia di Coronavirus, e i passi da intraprendere per realizzare i due memorandum d’intesa firmati in novembre 2019, sulla sicurezza e la cooperazione militare, e controllo esclusivo del Mediterraneo orientale.

Secondo l’ufficio stampa, al termine della chiamata al-Serraj ha accettato l’invito di Erdogan a visitare la Turchia. ringraziando e riservandosi di fissare la data del suo viaggio in un secondo momento. Muzaffer Aksoy, presidente del Consiglio economico turco-libico, ha precedentemente rivelato in una intervista alla Reutersche Sarraj si sarebbe impegnato, in cambio del sostegno militare turco, a risarcire i danni economici subiti da Ankara in Libia con l’inizio del conflitto del 2011. Ciò prevede una lettera di garanzia da 1 miliardo e 500 milioni di dollari per i danni a macchinari e attrezzature e debiti non pagati di 1,2 miliardi. Con gli attuali progetti in Libia sospesi a causa dei combattimenti, l’arretrato di lavori turchi in Libia ammonta a 16 miliardi di dollari, compresi 400-500 milioni per progetti che non sono ancora iniziati, ha aggiunto Aksoy.

Nonostante l’interruzione, il commercio libico-turco rimane sostenuto, con le esportazioni turche che raggiungono i 2 miliardi all’anno e le importazioni a 350 milioni. Gli accordi tra Tripoli ed Ankara consentiranno inoltre ad Erdogan di avviare trivellazioni nel Mediterraneo orientale, anche a danno di Paesi terzi, compresi Egitto, Cipro, Grecia, Italia e Francia.

L’Unione europea ha rigettato tali Memorandum poiché in violazione del diritto internazionale, ma il “Trivellatore”di Ankara non ha fatto una piega. Droni, miliziani, consiglieri militari. Così Erdogan si appresta a conquistare la Libia. Resta da vedere quale sarà la reazione del suo competitor regionale, l’altrettanto ambizioso presidente-generale di Egitto, Abdel Fattah al-Sisi, e dei suoi agguerriti alleati emiratini. Cercheranno un accordo con il Sultano o rafforzeranno ulteriormente il loro sostegno militare ad Haftar, facendo della Libia il teatro di una guerra totale nel Mediterraneo? Gli scenari sono diversi, ma da tutti resta esclusa l’Italia. Per noi, davvero, game over.

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