MEDIAPOL

Alberto Ferrigolo

Giornalista

Le tecniche di Silvio

È furbo Silvio Berlusconi. La sua frase sul Mussolini che «fece bene» non è un giudizio dal sen fuggito, incauto. È una frase calcolata, convinta, sedimentata. Parte del pensiero e radicata nelle convinzioni dell’ex premier. Calcolata perché parla ancora una volta alla sua base, al suo elettorato e a quello di Storace, con cui è alleato nel Lazio, a quelli di Fratelli d’Italia di Ignazio La Russa (che non a caso invita il leader Pdl a prendere la tessera della sua formazione). E, ahinoi, ha anche ragione quando dice che «sul fascismo ho detto soltanto quello che pensa la stragrande maggioranza degli italiani». Per questo Berlusconi è un pericolo pubblico numero uno, perché dà adito agli istinti più bassi. Ancestrali. Non filtrati, non mediati, diretti. Dico quel che penso, parlo come mangio…. La sua perciò non è una gaffe, è quel che pensa. E anche le retromarce sono tattiche. Non è forse l’uomo e il politico delle mille piroette? Che aggiusta il tiro a seconda delle evenienze e delle convenienze? E anche dei sondaggi? Dice quel che piace ai più, che le maggioranze più meno silenziose vogliono sentirsi dire. E lui le accarezza, le solletica. Ha ragione Donna Assunta Almirante quando dichiara: «Berlusconi invidia il Duce». Quello vorrebbe essere, più che assomigliare.

La verità è che Berlusconi è furbo perché manda messaggi e si guadagna la scena “a gratis”. Più di uno spot, meglio di uno spot. Si presenta, a sorpresa, con trenta persone al seguito, si siede in prima fila, si appisola pure (anche il sonno, come il medium può essere un messaggio), in un posto dove nemmeno era prevista la sua presenza, e trova il modo di far parlare di sé. Conquista tutte le prime pagine dei giornali. certo, nel bene e nel male. Purchè se ne parli. Le notizie sono notizie e vanno date, si sa. L’unico vero modo per fargli un torto, sarebbe non parlare di lui. Oscurarlo. Lasciarlo nel suo brodo, ignorare la sua (dubbia) strategia comunicativa. Morirebbe, quantomeno di rabbia.

Ma il punto è un altro. Quando smetteranno i suoi oppositori di tenergli ugualmente bordone? Pierluigi Bersani dovrebbe evitare di minacciare di «sbranare» quanti lo attaccano per le vicende del Monte dei Paschi di Siena (frase quanto mai inopportuna e di dubbio gusto) e cominciare invece a rintuzzarli di più su tutto il resto. Certo, a cominciare dal Monte dei Paschi. E denunciare gli interessi e le commistioni dei suoi avversari, a cominciare da Verdini. Su Mussolini non basta dire «per me è una cosa indecente». Bisogna fare come si farebbe in America, dove le campagne elettorali sono di gran lunga più roventi e i candidati nei confronti diretti non se le mandano certo a dire, e senza tanti giri di parola dichiarare apertis verbis: «Onorevole, lei è un vero mascalzone». Punto. Invece, troppo gentelman agreement, troppi sottigliezze, calcoli, indignazione sussiegosa. La politica ha bisogno di più verità.

 

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