L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Il paradosso del non-mentitore

Confesso che non riesco a immaginare come possano funzionare i pensieri di qualcuno capace di concepire se stesso come il rappresentante terreno della divinità. Mi verrebbe subito da canzonarlo dicendo: ma chi credi di essere? Il papa? Eppure c’è una persona che può rispondere di sì, il papa appunto. Non riesco proprio a immaginare come si colleghino e si sviluppino i pensieri di un papa.
Per questo non ho alcuna ipotesi sui motivi per cui Benedetto XVI si sia dimesso e dalle 20 del 28 febbraio torni a essere non si sa di preciso cosa, oppure diventi finalmente un ex papa, collocandosi in un insieme assai più limitato di quello dei papi. Immagino talmente poco quali possano essere state le reali motivazioni di questo gesto, che neppure riesco a ipotizzare una ragione per la scelta delle ore 20. Un piccolo sforzo, ancora 4 ore e si arrivava a una più riconoscibile e banale fine di febbraio e avevamo un interrogativo in meno.
L’altro grande interrogativo riguarda la infallibilità. Mi venivano battute su un ipotetico discorso ex cathedra durante il quale si sentisse il fatidico segnale orario delle 20, ma poi ho letto su Repubblica le serie considerazioni di Vito Mancuso sulla infallibilità con scadenza e non me la sento di sorridere di una argomento seriamente discusso dal serio teologo.
Il problema reale è che, una volta che si sia arrivati alla verità, non si può più tornare indietro. Si ricordano le polemiche condotte da un altro grande teologo, Hans Kung, e la sua proposta di

sostituire a infallibilità il concetto di indefettibilità, intendendo dire con ciò che la questione sottesa all’infallibilità non riguarda la ragione teoretica, ma la volontà, “il cuore” come direbbe Pascal …

Temo non sia possibile. Se un papa volesse eliminare o ridimensionare il dogma della infallibilità, gli si dovrebbe credere, dal momento che è infallibile: si dovrebbe cioè accettare che sia assolutamente vera l’affermazione papale secondo cui le sue affermazioni non sono assolutamente vere. Ricadiamo trionfalmente nel paradosso del mentitore e non ne usciamo più.
E’ sempre rischioso maneggiare concetti come quello di verità, arrogandosi la capacità di praticarla con una sicurezza fondata addirittura in Dio, cioè nella verità stessa.
Il 18 luglio 1870 Pio IX sancisce

… proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi, vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi …

Dunque si è irrimediabilmente condannati e si può trovare compagnia solo in Dio, l’unico altro essere che non ha la libertà di mentire. Davvero faticoso fare il papa, impegno senza alcuna possibilità di autoironia.

  1. Diciamoci la verità: Benedetto XVI ha spiazzato tutti, vero 🙂 ? sono molto contento di aver sempre detto che è una persona seria (il che non significa forzosamente “condivisibile”) e che, come aveva anticipato Navarro Valls dopo che era stato sostituito, all’inizio del pontificato di Ratzinger, avrebbe riservato delle sorprese …

    • Ho sempre trovato interessanti i suoi studi, i suoi interventi, le sue prese di posizione, ma dal punto di vista della psicologia individuale devo ammettere i miei limiti. Se penso che qualcuno ritenga di essere il rappresentante terreno della divinità, riesco solo a ipotizzare una forma di disagio mentale.

  2. Quando il papa dovesse dichiararsi fallibile, o sarebbe infallibile o non lo sarebbe. Se lo fosse, ci sarebbe contraddizione, ma se fosse fallibile, no. Perché fallibile non significa che sbaglia sempre: uno dei casi in cui c’azzecca è quando afferma la propria fallibilità.

  3. Mi piaceva riportare, in calce a queste considerazioni condivisibili, quanto scriveva Benedetto XVI in conclusione della sua Premessa al primo dei tre libri dedicati a Gesù (aprile 2007):

    Non ho di sicuro bisogno di dire espressamente che questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale, ma è unicamente espressione della mia ricerca personale del “volto del Signore” (cfr. Sal 27,8). Perciò ognuno è libero di contraddirmi. Chiedo solo alle lettrici e ai lettori quell’anticipo di simpatia senza il quale non c’è alcuna comprensione.

    Vero, c’è quella importante precisazione, ma reputo ci dica molto della personalità, complessa, di Joseph Ratzinger.
    A scapito del cicaleccio dietrologista e cripto-complottista di certa parte – a mio avviso la più triste – del giornalismo italiano (che, questa sì, talvolta sembra parlare sub specie aeternitatis), propenderei verso una lettura di quanto accaduto nel segno di una scelta, tutta umana, dettata da umiltà e constatazione della propria fragilità. Questo senza arrogarmi, in alcun modo, la prerogativa di giudicare.
    Davvero non male per un uomo, un pontefice, sempre tacciato di rigido, quasi gelido, conservatorismo.

  4. Ma, caro Massimo … non sarebbe più semplice pensare al fatto che anche la teologia procura di fornire risposte a problemi che vengono posti dalla storia? la storia sic et simpliciter, l’unica condizione alla quale non si può sfuggire – anancastica. Non vi si trovano le soluzioni, ma i motivi di fondo, forse, sì …

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