L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Grandi piccole differenze

Gli amici sinceri me lo hanno detto molte volte, mi hanno fatto presente che il rischio è quello della dipendenza, e connesse crisi di astinenza, mi hanno consigliato di limitarmi alla modica quantità possibilmente non quotidiana, ma non riesco a farne a meno e la rete è una maledizione perché facilita la ricerca. Non riesco a smettere di leggere quello che Ratzinger scrive e su Ratzinger si scrive. Sento che ci occupiamo delle stesse cose, che abbiamo molti interessi in comune, che molte delle cose che il papa afferma le condivido pienamente, a patto di cambiare di segno, di mettere un no dove si trova un sì.
Sull’Osservatore Romano del 27 luglio 2012 appare una breve presentazione del libro Ampliare l’orizzonte della ragione. Per una lettura di Joseph Ratzinger, Benedetto XVI curato da Gerhard L. Müller, presentato semplicemente come arcivescovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, senza l’indicazione del nome, e questa è già una premessa densa di significato. Vi si legge che Nella lezione a Ratisbona Benedetto XVI ha nuovamente posto in risalto la sintesi di fede e ragione e di libertà e amore. Quattro concetti che oggi un mondo secolarizzato vorrebbe reclamare per sé, al contempo disconoscendo alla Chiesa il diritto di presentarsi come sorgente di una vita sensata della società. Effettivamente.
Più avanti si legge: Il relativismo applicato alla verità non è soltanto un ragionamento filosofico, bensì sfocia inevitabilmente nell’intolleranza nei confronti di Dio. E questa è una brutta mossa retorica: costruirsi un avversario fittizio per poterlo poi accusare di contraddirsi.
Infine: Il Lògos divino ha assunto la natura umana in Gesù Cristo. Questa è la fede che la ragione insegna a comprendere, questa è la ragione che perviene alla fede, questa è la libertà che agisce secondo coscienza. Questi discorsi hanno spesso un andamento simile: dalla rivendicazione di una ragione capace di riconoscere l’importanza della fede all’affermazione di quella ragione che si definisce come coerente con e finalizzata a una fede determinata.
Allora mi viene in mente che forse è minima, ma sostanziale, la differenza rispetto a questi discorsi che mi fa sentire vicini gli autori medievali e abissalmente lontani i loro sedicenti continuatori contemporanei. Per Anselmo d’Aosta, come per altro per i monaci del XII secolo (ad esempio Guglielmo di saint Thierry), la ragione, se si esprime in modo coerente con la fede, diviene retta ragione, mentre, in modo esplicito, almeno a partire dal concilio Vaticano I, la retta ragione … dimostra i fondamenti della fede e, illuminata dalla sua luce, può coltivare la scienza delle cose divine (costituzione dogmatica Dei Filius, 24 aprile 1870). I miei autori medievali cercano un modo per rendere migliore la loro ragione e propongono i loro tentativi in questa direzione; i loro imitatori contemporanei insegnano che è pienamente ragione solo quella che riesce a dar loro ragione (mi scuso per il voluto gioco di parole). Da una parte si ricerca la verità, dall’altra si pretende di amministrarla.

  1. Mettere in caricatura il pluralismo scambiandolo per il suo parente disgraziato, il relativismo, è operazione sistematica in Ratzinger. Hai perfettamente ragione, Molti autori medievali che ben conosci giocavano in modo più trasparente. Le necessariae rationes di Anselmo erano molto più sofferte della sintesi di fede e ragione, confezione d’autorità del prefetto della fede in carica. Eppure quella di Anselmo non fu una carriera da sottovalutare: un bestseller come il Proslogion, arcivescovo di Canterbury, santo…. e quando scendeva a Roma ingelosiva il Papa, tanto che lo spediva al largo sull’appennino con la scusa di proteggerlo dal caldo

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