L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Gesuiti

Così scrive nel 1743 Ludovico Antonio Muratori nel libro dal titolo meraviglioso – come accade spesso nei libri dei secoli scorsi – Il cristianesimo felice nelle missioni de’ padri della Compagnia di Gesù nel Paraguai, descritto da Lodovico Antonio Muratori bibliotecario del Sereniss. Sig. Duca di Modena:

Quivi niun Re, e d’ordinario nè pure alcun Principe, e nè pure Repubblica alcuna stabile si conta, a differenza dell’altre parti del Mondo. Niuna Legge ne i più di que’ popoli, niun regolamento fisso pel governo civile e per la giustizia, mai vi si osservò, attribuendosi ogni persona e famiglia la libertà, ed aborrendo la servitù. (pp. 19-20)

E questa libertà è stata, a suo parere, trasformata e resa migliore dai missionari:

… e tale è nella maggior parte d’essi la compostezza, tale l’amor fraterno, cotanta l’illibatezza de’ costumi, e la divozione, che sembrano un ritratto della primitiva Chiesa. Così ha ridotto que’ Popoli la potente mano e grazia di Dio, e la saggia e piissima educazione loro data da i Padri della Compagnia di Gesù, i quali non mai cessano col mezzo del Catechismo, o sia della dottrina Cristiana, e co i sermoni, e coll’esempio proprio, d’ispirar loro l’amore e timore di Dio, l’aborrimento a i vizj e peccati, e la pratica dell’opere virtuose. La sperienza ha fatto conoscere, che quegl’Indiani per la maggior parte sono di uno spirito dolce ed amichevole, ed oggidì nella maggior parte si truova quella bella semplicità, che vien commendata nel Vangelo come propria de i Fanciulli. (p. 56)

In una delle sue bustine, del 31 luglio scorso, Umberto Eco ricorda il bel film di Roland Joffé – Mission – che condensava in due ore di spettacolo, con molti arbitrii, 150 anni di storia e ricollega le dichiarazioni e i gesti del nuovo pontefice proprio a quelle lontane vicende di missioni, speranze e repressioni:

Credo che si sbagli a considerarlo un gesuita argentino: è un gesuita paraguayano. È impossibile che la sua formazione non sia stata influenzata dal “sacro esperimento” dei gesuiti del Paraguay.

Da quando è stato eletto cerco in giro per la rete qualche sua presa di posizione su quella drammatica storia e finalmente ho trovato un veloce riferimento in una intervista comparsa sul numero di La civiltà cattolica – rivista dei Gesuiti, appunto – del 19 settembre 2013. Può darsi abbia detto o scritto anche molte altre cose, che non conosco, e quindi non ne posso trarre conclusioni affrettate, ma almeno una cosa è possibile cogliere. La frase lascia abbastanza perplessi e dati i due interlocutori – il direttore della rivista e il pontefice – è difficile pensare a un caso. Parlando della Compagnia di Gesù, Francesco dice:

… il gesuita pensa sempre, in continuazione, guardando l’orizzonte verso il quale deve andare, avendo Cristo al centro. Questa è la sua vera forza. E questo spinge la Compagnia ad essere in ricerca, creativa, generosa. Dunque, oggi più che mai, deve essere contemplativa nell’azione; deve vivere una vicinanza profonda a tutta la Chiesa, intesa come popolo di Dio e santa madre Chiesa gerarchica. Questo richiede molta umiltà, sacrificio, coraggio, specialmente quando si vivono incomprensioni o si è oggetto di equivoci e calunnie, ma è l’atteggiamento più fecondo. Pensiamo alle tensioni del passato sui riti cinesi, sui riti malabarici, nelle riduzioni in Paraguay … (p. 469)

quindi prosegue parlando di incomprensioni e problemi che la Compagnia ha vissuto anche di recente.
Dunque equivoci, calunnie e tensioni. Ma viene da chiedersi: equivoci da parte di chi? calunnie di chi contro chi? da parte di quelli che poi hanno finito con lo sparare o da parte di quelli contro cui quegli spari furono diretti? non c’erano forse gesuiti dall’una e dall’altra parte? Come ricorda Eco – Contro questo governo teocratico si erano scagliati molti illuministi, parlando del regime più mostruoso e tirannico mai visto al mondo – non mancarono anche critiche durissime contro questo esperimento sociale e religioso, e tuttavia la frase dell’intervista rimane misteriosa.
Se ne può trarre un’unica conclusione. Francesco è sicuramente simpatico, forse vuole riformare la Chiesa, forse è rimasto il solo a dire cose di sinistra, forse farà anche i conti con la storia, ma quella frase di impossibile interpretazione suggerisce che probabilmente un gesuita resta, sempre e soprattutto, un gesuita.

  1. Non so se il dubbio di Massimo riguardi davvero l’essenza del gesuitismo, non direi. Leggo la sua osservazione finale sulla pervicace capziosità del gesuita come l’esito sospensivo, vagamente amaro, della domanda circa quali intenzioni e quali pensieri si possano desumere enciclopedicamente dalle parole ricordate di papa Francesco: volutamente elusive, per nulla trasparenti, a dispetto dei temi in questione molto sensibili. Un indizio, che autorizza a paventare il tipico atteggiamento anguillesco e manipolatore che caratterizza le vicende di quell’ordine. La medesima strategia pastorale dei missionari in Sudamerica, intendo quelli buoni, in quanto largamente ispirata al sincretismo e al mimetismo religioso sembra rispondere a tale cliché – come pare ovvio, per alcuni simpaticamente, per altri no. La domanda allora sorge spontanea: che Francesco ci stia intortando bellamente tutti quanti? Mi viene in mente una pagina de Le rouge et le noir di Stendhal, dove viene evocata la trista figura di padre Gabriele Malagrida, gesuita giustiziato a Lisbona nel Settecento per aver preso parte a un complotto fallito, la cui tragica sorte prefigura in qualche modo quella dell’eroe pieno di belle speranze Jean Sorel. A Malagrida viene per l’appunto attribuito un epitaffio sull’uso tartufesco del linguaggio: La parole a été donnée à l’homme pour cacher sa pensée.

  2. Una osservazione. Senza che prima sia spiegato il tema, non é facile capire le frasi sibilline di Massimo e i commenti scritti per iniziati … Ma lo scopo non é innanzi tutto quello di far capire a chi legge di cosa si stia parlando? Andrebbe quindi raccontata la cronaca della repressione delle comunità istituite dai gesuiti massacrati insieme ai guarani e spiegato in che consisteva il progetto comunista delle Missiones illustrato anche oggi dalla architettura dei villaggi in rovina e dal sincretismo religioso delle sculture. Credo poi che i gesuiti – che non sono come altri del resto, persino i francescani, un genus monolitico e identico in ogni situazione storica – abbiano combattuto volta a volta da una parte e dall’altra dei conflitti, anche se guardati dal di fuori (Europa) sembrano univoci attraverso i tempi. Un grande senso pragmatico mi pare li abbia guidati ad affrontare di volta in volta situazioni completamente nuove, con strumenti nuovi, in posti e culture fino ad allora inimmaginabili soprattutto se osservati da Roma. Un gesuita resta sempre un gesuita? Ecco quel che non credo. Post un po’ eurocentrico.

  3. Merita lettura il libro di Antonio Ruiz de Montoya, Conquista espiritual hecha por los religiosos de la companya de Iesuas en las Prouincias del Paraguay, Parana, Vruguay, y Tape, Escrita por el Padre Antonio Ruiz de la misma Companya, Anyo 1639; Disponibile nella edizione dell’Equipo Difusor de Estudios de Historia Iberoamericana, Rosario, 1989.
    Per cominciare, risulta ben chiaro (ma anche in Muratori) che la esperienza storica ha poco a che fare con l’attuale Repubblica del Paraguay e molto con Argentina (non Uruguay, malgrado il dire di Ruiz) e Brasile: il bacino del Rio Paraguay esteso fino al Rio de la Plata.
    In termini assoluti si può arrivare a dire che codesto governo teocratico fosse … il regime più mostruoso e tirannico mai visto al mondo; che cosa erano, al confronto, le encomiendas del regno di Spagna. Che i sovrani di Spagna e di Portogallo si trovino d’accordo, per una volta, e scaccino la compagnia e poi facciano pressione sul papa finché si arriva alla soppressione, era per solidi intertessi materiali che vedevano a confronto due modelli di colonizzazione, con quello delle reducciones assai più prospero di quello delle encomiendas.

  4. Mi scrive MC:
    Caro Massimo, durante il papato di Wojtyla, l’Opus Dei, cui si sono affiancati i rozzi, ma aggressivi, Legionari di Cristo (nomen omen), ha scatenato la guerra contro i Gesuiti (modernisti, relativisti, non sufficientemente papalini ecc. ecc.), anche, ma non solo, all’interno della Curia romana. E ora avere un gesuita papa è per loro una spina in un occhio … Adesso Francesco si è tolto un sassolino dalla scarpa: secondo me, questa è l’esegesi terra terra della sua frase criptica.

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