L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

G punctum

Finalmente! Ci siamo! Possiamo smettere con le ricerche sul pensiero medievale che non interessano nessuno, con la pubblicazione di libri che si rivolgono ai parenti stretti e a pochi altri estimatori al mondo! Ci si spalanca una strada che inevitabilmente ci renderà ricchi, famosi e intervistati in tutti i programmi televisivi.
Uno dei miei giovani collaboratori già si è fatto avanti e vuole cominciare a lavorare in questa direzione, ma stroncherò ogni suo tentativo. Finalmente farò il baronetto e gli taglierò l’erba sotto i piedi. Voglio scriverlo io quel libro, poi forse gli darò un assegno di ricerca, bazzecole rispetto all’ammontare dei diritti che si profilano nei miei sogni.
A volte le indicazioni vengono da chi non ci si aspettava avesse abissi di cultura celati, che di tanto in tanto non possono non erompere e illuminarci su questioni prima ignorate.
Si legge sul Giornale del 3 novembre che Grillo sgrida aspramente Federica Salsi, consigliera bolognese del Movimento 5 Stelle, che ha partecipato a Ballarò, con una frase che davvero meriterebbe, per la sua finezza e la sua signorilità, un posto nella storia universale della metafora:

Il talk show uccide, è il punto G che dà l’orgasmo in tv.

Ma questo è ancora nulla. Federica Salsi reagisce con energia al proprio leader, non avendo gradito il riferimento all’anatomia femminile, e sentenzia perentoria:

Dare una connotazione negativa a una qualità della donne è roba da Medioevo.

Il tutto viene condensato con sapiente sintesi dal titolo del Giornale:

Grillo: “Il talk show uccide, è il punto G che dà l’orgasmo in tv”. E la consigliera Salsi reagisce: “Roba da Medioevo, un maschilista come altri. È una delusione”. Cresce il coro del dissenso: “Basta diktat dentro il movimento”.

Ora mi scateno nella ricerca delle citazioni, anzi chiedo a tutti i colleghi di segnalarmi riferimenti utili. Eventualmente penseremo a una miscellanea di ampiezza nazionale o internazionale. Già vedo le librerie colme del nuovo best seller Godere nel medioevo. Teologia e sesso nelle cattedrali e nelle università.
Se non raggiungeremo il premio Pulitzer, potremo allora organizzare una giornata di ricordo, dedicando a Grillo e, soprattutto, a Salsi una riedizione del loro ormai famoso Vaffa day.

  1. Doctor Parodicus ha assolutamente ragione, ma non dice che per moltissime importanti “realtà” la notizia intuitiva non sembra normalmente disponibile al viator. Tra tali cose ci sono ad esempio i pensieri, le emozioni, i sentimenti e le intenzioni altrui, roba di tutti i giorni. Non mi riferisco quindi a realtà speciali, a Dio, agli Angeli.
    In molti casi, perciò, non è possibile fare altrimenti, cioè diventa utile o addirittura necessario discutere di ciò di cui non si è sicuri che esista, o che sia proprio quella roba lì. Non c’è enciclopedia che tenga e bisogna cercare di capire procedendo per congetture, prendendo sé stessi come punto di partenza analogico obbligato, come laboratorio, come metro di misura. I teologi medievali mi sembrano veri maestri da tale punto di vista.
    Dunque non sempre è applicabile uno schietto pragmatismo o l’icastica sobrietà della razionalità scientifica, che anche Agostino tra l’altro – sulla scorta dell’apostolo Paolo – riconosce essere caratteristiche proprie della parte più femminile della mens, quella che porta il velo (in quanto mens, quindi, presente e operante anche nei maschietti, sia ben chiaro – De trinitate, libro XII). Insomma, a proposito di quelle res più indeterminate la parte maschile si trova ad agire invece senza regole chiare, come può o come gli conviene, senza poter contare su troppe certezze – fatta eccezione per il feed back esistenziale, ovvio.
    Ciò tuttavia non giustifica gli eccessi per così dire maschilistici e per quanto mi riguarda ammetto, ahimé, di non avere molta misura, di lasciarmi andare a facili associazioni, non sempre felici, spesso nevrotiche. Ammetto di essere portato a vedere le cose più grandi di quelle che sono e di indulgere nello sciocco autocompiacimento del paladino – vale a dire che, quando posso, mi ci diverto anche. Ergo, la parte femminile della mia povera mens, quella più legata al buon senso e più attenta all’uso proficuo del tempo, sembra alquanto sottotono, deficitaria, come è stato fatto giustamente osservare.
    Ciò che invece mi rifiuto del tutto di pensare, è di poter costituire per qualsiasi ragione, giusta o sbagliata che sia, un freno alla libera espressione di qualcuno, un motivo di rimpianto per chi si è già espresso, oppure causa di autocensura preventiva. Anche se questo viene asserito per sola ripicca. Non foss’altro che per rispetto di chi ci ospita.
    Per carità, nessun velo, dunque, nemmeno metaforico! Mi aspetto di poter leggere altre interessanti reazioni, altre sottili e ironiche provocazioni; oppure che il silenzio – altrettanto legittimo e non di rado assai più gradevole – sia comunque imposto da ragioni diverse. Trovo abominevole la dietrologia, la polemica sterile, e se sono apparso tanto noioso e petulante da generare la medesima sensazione di nausea che provo di fronte a certe conference e a certi dibattiti – a dir poco deliranti nel loro autoreferenzialismo onanistico – in tal caso sono io il primo a dover tacere.
    Rispetto all’amato Isidoro, infine, confesso che è uno dei miei medievali preferiti. La sua citazione oltre a farmi piacere, mi ha appassionato, mi ha dato da riflettere – come si può notare. Come del resto mi ha divertito la cosiddetta lezione di ginecologia :-). Non lo dico per celia, si tratta di sincera devozione per questo grammatico, e chi lo frequenta può facilmente comprendere la mia simpatia personale. Infatti, anche lui mi pare un po’ esagerato, dispersivo e ridondante. Ipertrofico, augens.
    Beato lui se si sentiva tranquillo, anche se non ci credo troppo. Infatti Isidoro ha ben presente i pericoli insiti nell’esercizio della libertà di pensiero. Così, ad esempio: Contumeliosus, quia velox est et tumet verbis iniuriae. Contentiosus ab intentione vocatus, qui non ratione aliquid, sed sola pertinacia vindicat. Oppure: Loquax non est eloquens. Tuttavia, siccome è un grande, invita a non perdersi d’animo per questo, invita a rimboccarsi le maniche e ad andare avanti perché – cita Virgilio – si possono anche cogliere cose belle: Lector dicitur a legendo, id est percurrendo. Unde et navis dicitur legere quicquid transit. Nam legit, transit, praeterit, ut: “Crebris legimus freta concita terris”. Item lector, a colligendo animo quae legit, quasi collector, sicut illud: “Qui legitis flores” (Origines, stesso libro).

  2. Per rimanere in clima medievale: Quaeritur utrum disputari possit sine mensura numero et pondere de cognitione intuitiva rerum non existentium. Respondetur quod sic. Probatur per experientiam. (Doctor parodicus)

    • eilà, giovanotti, perbacco:
      -nessuno ha ferito la mia sensibilità, ma dai;
      -non voleva essere nè una bacchettata moralistica, nè -dio guardi- una lezione ginecologica
      -solo una ‘battuta seriosa’ -spiace che così non sia stata intesa così-, anche a segnalare sommessamente la piega un po’ surreale che il dibattito stava prendendo: un po’ di misura, sì, un po’ di piedi per terra, un po’ di mani in pasta, ecc.
      Qui mi scuso; e del resto: so bene che non avrei dovuto intervenire, cosa mi è mai passato per la testa; giacchè:
      “Auctor ab augendo dictus, Auctore autem feminino genere dici non posse”
      (Isidoro di Siviglia, Etymologiarum sive originum libri XX, ed. W.M. Lindsay, 2 voll., Oxford, 1911, I, X. 2 ( De vocabulis, A)
      Fulminante

  3. Credo di dovere delle scuse, se involontariamente quanto malauguratamente ho urtato la sensibilità di qualcuno. Quindi confesso in pubblico la mia inqualificabile ignoranza in materia di ginecologia.
    Ringrazio pertanto per la precisazione, anche se a mia parziale discolpa posso affermare che non ritenevo di essere preso troppo sul serio, cioè anatomicamente, alla lettera. Di questo in fondo si trattava, cioè di usi linguistici e della loro potenza retorica. In realtà volevo fare il verso a Grillo, purtroppo senza la sua inarrivabile brillantezza da mattatore. Non c’è peggior cosa di chi vuol far sorridere e non ci riesce.
    Anzi, il fatto che non sia così certo che il fatidico punto G esista davvero mi sembra quanto di più interessante si possa stabilire in proposito (al di là di una qualche malinconia). In una frasetta semplice semplice si concentra quello che in fondo intendevo dire in modo tanto farraginoso e prolisso. Proprio come il medioevo: non esiste! Però tutti ne parlano, e quanto più la faccenda si fa confusa e torbida, per non dire morbosa, tanto più se ne parla. Quindi esiste quanto meno l’uso, l’impressione che si vuole generare.
    E quell’uso, forse almeno questo è risultato chiaro, non mi è piaciuto affatto. Sia per la aggressiva cafonaggine (medievale?) dimostrata da Grillo. Sia per la necessità sentita dalla Salsi di aggiungere l’appellativo medievale a una boutade che già di per sé mi sembra abbondantemente squallida. Dov’era la necessità di una simile enfasi negativa? Che bisogno c’era? Bastava dargli del laido, del maiale e del vieto maschilista. Ma probabilmente l’accusa sarebbe stata troppo diretta. Bisognava in qualche modo darle un fondamento “oggettivo”.
    Allora, come il famoso asino mi sono chiesto: da che parte stare?
    Dopo di che mi taccio.

  4. A parte la questione medievale, certo molto rilevante, suggerisco in ogni caso che, per la correttezza anche semantica del dibattito, gli interlocutori -a partire da Grillo- tengano presente la differenza tra ‘punto G’ (che non si sa bene se c’è e cosa sia), e clitoride, che c’è ed è appunto un attributo femminile (non solo delle vacche). Quasi sempre andare ad oscura per obcuriora genera maggiore confusione di percorso
    Buon proseguimento

  5. Credo sia finalmente giunto il momento di rompere ogni indugio e di riconoscere ufficialmente al lemma “medioevo” e forme derivate l’ulteriore variante: (lett.) attributo sprezzante e fortemente spregiativo, quasi ingiurioso – epiteto, imprecazione. Più o meno come il termine: “comunista”. Urge pertanto aggiornare i principali dizionari.
    Il “communis usus loquentium” insomma prevale di forza sulla “ratio”, sicché l’ovvio riferimento ad una mentalità ritenuta sorpassata e retrograda perde via via importanza, e il concetto passa a indicare “absolute” qualcosa di più concreto, cioè un preciso gesto, una disposizione o un comportamento percepito come intollerante, rozzo e brutale, espressione di ignoranza crassa mista ad una certa prepotenza, tendenzialmente manesca e aggressiva.
    Va da sé che i medievali pensassero e agissero tutti esattamente in quel modo lì, cioè da medievali, senza eccezione – anche se loro stessi non si vedevano in questa maniera.
    Il termine medievale stigmatizza dunque una volontà precisa, una condotta o un atteggiamento pervicacemente anacronistico perché pervicacemente stolto e illiberale, cioè ottuso e violento. In altre parole, acquista una nuova “virtus sermonis” sempre più indipendente dalla genesi storica, perdendo qualsiasi problematicità e ogni parvenza di fascino. Si cristallizza definitivamente in una astratta categoria dello spirito, di cui l’arretratezza è solo un segnale, per altro sempre più marginale; giacché ormai è chiaro a tutti quello che è successo durante quei dieci secoli. Oggigiorno le cose sono radicalmente cambiate, siamo nel Duemila, e chi si ostina non solo a pensare ma anche ad agire in quel modo, cioè da medievale, non ha nessuna giustificazione, nessuna scusa per farlo, e non ha diritto di cittadinanza nel consorzio civile.
    Tutto questo avviene non senza una spiccata connotazione emotiva generalmente improntata allo sdegno. In tal senso vale benissimo anche come sfogo, alla stessa stregua di una contumelia, di una imprecazione sanguigna. Ma a differenza del turpiloquio da vernacoliere, non sporca le mani ed esibisce anzi una certa spocchia, una certa allure culturale; perché colpisce per via indiretta, richiede una pur minima riflessione e qualche padronanza nozionistica, nonché un contesto adatto, abbastanza salottiero. Chi direbbe mai con fiero tono di spregio, rivogendosi ad un nugolo di truci poliziotti in procinto di caricare il corteo, o a un partner violento e recidivo: barbari! miseri medievali!
    Inoltre, così dicendo ci si pone come vittima innocente di un tale comportamento, sapendo bene quanto esso sia disdicevole; tant’è che medievale lui/lei invece non lo è affatto!
    Dare del medievale significa pertanto bollare qualcuno o qualcosa come balordo oppure come incivile, come dare del comunista, appunto, con un certo sussiego però. Equivale a dare cortesemente dello stronzo, mantenendo comunque un certo bon ton. Sulla medesima linea ideale della metafora grillina del punto G, con la quale si dà simpaticamente della vacca alla malcapitata di turno.
    A questo proposito, in coda al sottile e divertito approfondimento semiotico apparso in questo blog aggiungerei senz’altro il significato seguente: sensibile zona erogena femminile nota per essere fomite di pulsioni licenziose e immorali. Vale a dire: la TV scatenerebbe la inguaribile indole da zoccola delle donne (la parte per il tutto), e Federica Salsi è fatalmente inclusa nel genere.
    Il concetto di medioevo pertanto entra degnamente a far parte del mondo degli slogan, delle grida di guerra. In effetti, molta retorica politica è solita celare attraverso allusioni metaforiche, dotte o meno dotte, volgari oppure pittoresche (Bersani docet!) la vacuità ideologica e la desolante mediocrità umana degli argomenti in circolazione.
    Volendo sviluppare le potenzialità comunicative racchiuse nell’allegoria di Grillo, immagino perciò che trattandosi delle gentili signore e signorine del Mov. 5 Stelle il divieto di apparire in TV rappresenti una sorta di infibulazione mediatica (solo mediatica, per fortuna). Sicché il web costituirebbe non tanto un’apertura e un nuovo fattore di libertà, un’opportunità che si aggiunge a quanto già esiste, nel bene o nel male; quanto piuttosto uno steccato virtuale, una sorta di esile recinto elettrificato per dissuadere attraverso opportune scossettine i bovini al pascolo dal disperdersi – se ne vedono tanti in montagna. O meglio ancora, le invisibili mura monastiche dell’ “ordo grillinorum”, oppure della chiesa dei nuovi catari – altro che Scientology!
    Il paradigma politico che si basa sull’appartenenza al clan e sulla speculare demonizzazione dell’altro, tuttavia, sembra rimanere quello imperante; portato però alle stelle, in quanto nega ogni forma di contatto e di confronto, anche solo apparente, con il male; con tutta l’inevitabile ipocrisia che ne consegue. L’estro istrionico del Grillo Giuseppe, detto Beppe (così il suo nome apparirà nelle liste elettorali) quindi non è affatto alternativo, come pretende di essere, ma esalta e riproduce quel paradigma, aggiungendo folklore e sarcasmo alla banalità.
    Dunque ha mille volte ragione la Salsi di lamentarsi della fatwa del suo portavoce: si tratta di un caso di vero e proprio oscurantismo sessuofobico, per l’appunto! Ma nel senso che sembra quasi più offensiva la tipicità medievale stessa, che non l’esplicito contenuto misogino. La cui valenza esemplare, cioè ironica e provocatoria, propria del linguaggio volutamente osceno e sgangherato del buffone, sembra invece secondaria e quasi a supporto del primo aspetto, in ordine al quale il gergo del comico non ha alcun senso. Infatti, non offende il becero riferimento all’attributo femminile quale allusione all’alter ego di un soggetto umano decerebrato, bensì la virulenza e la rozzezza in sé del diktat. L’attacco di Grillo infatti non è una critica, non riguarda questa o quella asserzione in rapporto al suo presunto tasso di verità e di credibilità, ma mira alla presenza fisica come tale, all’esistenza mediatica: insomma, una manganellata! E come le manganellate e l’olio di ricino, il gesto ha ricompattato la truppa dei grillini, perché la Salsi è stata prontamente coibentata, isolata da tutto il movimento. Qui non c’è nessuna ironia, quand’anche oscena e scurrile, e il buon mattacchione cede il passo al tribuno.
    In buona sostanza, l’affermazione: “roba da medioevo”, più o meno corrisponde all’esclamazione stizzita: ma è un oltraggio, porca vacca! Cosa c’entri in fondo la vacca, intesa – visto come vanno le cose – in senso sia lato, sia reale, veramente non è dato sapere. Lo stesso dicasi dell’età di mezzo, sempre più messa in mezzo a sproposito. Forse le cose stanno così: quando non si sa bene che pesci pigliare, a cosa fare appello per uscire da una situazione spinosa e ingestibile, qualsiasi pretesto va bene. Soprattutto: quanto più colpisce l’immaginazione, tanto più sembra avere efficacia. Ecco cosa avrebbero in comune la cosiddetta vacca e il cosiddetto medioevo.
    Del resto, nemmeno Dio sembra sfuggire a tale reazione psicosomatica, con buona pace delle persone più timorate.

    • giusto per precisare ciò che non ha bisogno di precisazione: già negli anni ’70 del secolo scorso si deplorava che “medievale” fosse usato in questo modo. Non mi sembra necessario aggiornare i vocabolari; sarebbe più carino e anche più appropriato aggiornare la comunicazione e i comportamenti… ma non vorremo chiedere troppo al nostro Paese, no?

  6. Per rimanere in clima medievale, mi piacerebbe poter rispondere con le parole che Boezio scrive pensando a Teodorico, ma non so ancora come trasformare il termine malvagio: ignorante, arrogante, impostore, ambiguo, inaffidabile?
    Nam qui mali sunt eos malos esse non abnuo; sed eosdem esse pure atque simpliciter nego

  7. mi viene in mente Mann e quanto scrive nelle Beobachtungen – o forse era il Doktor Faustus? – a proposito del “punctum contra punctum”… e dunque, inevitabilmente, la battuta/banalità di Marx sulla dialettica tragedia/farsa in storia… Comunque non sarebbe male prepararsi per evenienze di quel genere, gli Angela e Voyager sarebbero entusiasti di ospitarci (a pagamento!) nelle loro trasmissioni 🙂 🙂 🙂

  8. La Semiotica può venirci in aiuto. Cosa intende Grillo quando parla di punto G? Intende forse “punto G-rillo”, sicchè la frase andrebbe intesa come “Il talk show uccide, è il punto Grillo che dà l’orgasmo in tv”? In questa accezione, la frase sarebbe da interpretare come un’autocelebrazione del Grillo . Ma si può tentare una strada diversa. Se infatti “punto” non fosse altro che una voce verbale di “pungere”, ecco che il senso si capovolgerebbe, in quanto il “punto G” sarebbe da leggersi, capovolgendolo quindi, come “G punto”. Pungere Grillo darebbe quindi l’orgasmo in tv: e questo renderebbe giustizia alla signora Salsi. Una terza interpretazione possibile, ma alquanto incerta, è la seguente: “è il PUNTO Grillo che dà l’orgasmo in tv”. Qui “punto” è da intendere come punto fermo, punto e basta. La lettura mentale visiva rappresenterebbe in questa accezione un Grillo puntato con uno spillo o un chiodo e lasciato sgambettare mentre si tira oltre. E ciò darebbe l’orgasmo in tv. Ma non può pensarsi questa interpretazione assolutamente congeniale con il pensiero del Grillo.

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