L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Francesco

Si può essere laici finché si vuole, si possono fare tutti gli sforzi possibili per imparare a vivere senza speranze infondate, ma non si riesce comunque a vivere senza favole, senza qualche immagine mitica che dia uno sfondo, un’eco, un rilievo alle nostre banalità quotidiane.
Si può non essere tifosi, essere disinteressati allo sport, ma difficilmente si resiste al fascino di quel fantastico romanzo che ogni quattro anni ci viene offerto dalle Olimpiadi. Si può essere scettici sul fatto che la storia davvero offra occasioni di realtà epiche e meravigliose, ma è difficile non commuoversi quando l’orchestra del Rick’s Café Américain comincia a suonare la Marsigliese in Casablanca.
Si può essere, o cercare di essere, atei, ma è veramente difficile resistere al fascino della liturgia cui si è potuto assistere in questi giorni di conclave. Continuo a chiedermi come sia possibile che qualcuno possa veramente ritenersi rappresentante terreno della divinità; mi irrita questa idea, a volte persino mi indigna, ma come si fa a non commuoversi, sentendo quel fratelli e sorelle, buonasera che ieri sera è risuonato in piazza san Pietro? La grandiosità di quella semplicità porta inevitabilmente in una dimensione che forse non può dare un senso definitivo alla nostra vita ma sembra indispensabile per donare uno di quei momenti di respiro, di oblio delle difficoltà quotidiane, che aiutano.
E’ bello ogni tanto sognare e, come in questo caso, sognare un altro sogno, uno dei più coinvolgenti della nostra storia:

Altissimu, onnipotente, bon Signore,
tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.Ad te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature,
spetialmente messor lo frate sole,
lo qual’è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle:
in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore
et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace,
ka da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no ‘l farrà male.
Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate.

  1. Condivido molte delle osservazioni che ho letto a proposito del nuovo papa e confesso che anch’io ho provato una gradevole emozione alla notizia che non era stato eletto Scola (inviso, a quanto pare, presso gli stessi ambienti cattolici milanesi e lombardi). Personalmente ho dato invece molto meno peso all’aspetto liturgico e coreografico, fatta eccezione per alcuni dettagli irrituali che hanno caratterizzato la nuova elezione.
    A causa della mia inguaribile diffidenza verso tutte le Chiese (i catari-manichei, tra l’altro, non erano una semplice eresia, ma una vera e propria Chiesa, alternativa a quella Romana; analogamente ai nuovi perfetti, ai grillini) e, a maggior ragione, verso quella Cattolica, di fronte alla novità del nome mi sono subito chiesto con un certo stupore se era proprio al poverello di Assisi che il nuovo pontefice intendeva riferirsi. D’altra parte, visti i tempi mi domando che pessima immagine avrebbe dato se avesse preferito, che so, il nome Benedetto, quello cioè di un fallito; oppure Ignazio, vista l’appartenenza all’ordine dei gesuiti. Anche se i gesuiti sudamericani, pensando alla loro storia, mi sembrano decisamente più simpatici. Come dimostra la stessa retorica complice e di basso profilo di questo papa: raccattato dalla finis terrae, ma che ha avuto un mentore molto prossimo a Roma, il cardinale Martini.
    Dunque interpreto la mia commozione come un sollievo e un inaspettato anelito di speranza, accompagnato da un senso di liberazione, di frizzante aria fresca. Non mi importa se papa Francesco terrà fede alle promesse. Mi è piaciuto il fatto della promessa in sé stesso, mi ha rappresentato per un attimo un possibile gesto d’amore, una Chiesa meno autoreferenziale, meno precettistica, meno laidamente penitenziale e meno acrimoniosa verso il secolo. Una Chiesa meno turris eburnea, un po’ meno dedita alla lettura e più disposta all’ascolto. Insomma, più bella. Forse, mi azzardo a dire, addirittura più cristiana.
    Parlo per me, com’è ovvio, giacché si sta discutendo di emozioni. Eppure sembra esserci una reazione di comune partecipazione, come emerge dai nostri stessi interrogativi: si tratta di un evento che evidentemente colpisce i cuori di moltissime persone, compresi quelli di coloro da sempre tiepidissimi verso la fede e le verità assolute, per non dire ostili. O per lo meno colpisce la loro sensibilità, anche se forse non lo ammettono per laico pudore. Quasi una sorta di sogno ampiamente condiviso e, come tutti i sogni, suggestivo, seducente e realistico, ma nel contempo sfuggente e imprevedibile.
    Una reazione istintiva a quanto abituati finora, probabilmente. Pertanto, non so se ci sia una logica, se ci sono errori nella storia o categorie dello spirito; francamente non mi pare. Ma credo che vi siano stagioni, per così dire. O meglio, tracce, motivi quasi musicali, più o meno disarmoniche, più o meno tonali: come polifonie generate da una infinità di vissuti e di destini individuali, che risuonano loro malgrado, colorando umoralmente il cambiamento e il tempo implacabile. E siccome le passioni e i sentimenti, antropologicamente parlando sono quelli che sono, in definitiva sono quel numero lì (rozzamente sintetizzabili nelle note fattispecie astrologiche: amore, salute, successo, lavoro, fortuna ecc.) la storia prima o poi sembra costretta a ripetersi, prestandosi al racconto e al giudizio.

  2. Lo so, lo so: questa è una delle due componenti della dialettica; ma esiste anche l’altra che fa dubitare della possibilità di chiamarsi fuori ed emettere giudizi (possibilmente non dogmatici) su gran parte della storia. Continua a risultarmi difficile ritenere che gran parte della storia possa essere sbagliata.
    A proposito di difficoltà, il massacro di Sabra e Chatila è un episodio molto complesso e in fondo sarebbe più comodo pensare che le responsabilità fossero solo israeliane o solo dei monoteismi mediterranei.
    Per anni mi sono illuso di poter uscire da questa contraddizione; ora l’accetto, ci convivo e cerco di trovare possibili sintesi solo di volta in volta. Mi rendo conto che si tratta di una posizione debole e per nulla sistematica: sono d’accordo su quasi tutto quanto sostenuto da Claudio, ma non riesco a non pensare che il cristianesimo, la religione, persino la Chiesa siano realtà complesse che non possono essere liquidate dalle nostre sentenze. Sono d’accordo, quindi, ma mi commuovo ugualmente davanti a papa Francesco.
    Rivendico solo il mio diritto di non essere capace di spiegarlo.

    • Ma, molto modestamente:
      a) nessuna volontà di chiamarmi fuori, faccio parte di questo mondo, devo condividerlo anche quando è difficilmente accettabile;
      b) nessuna volontà di emettere sentenze storiche: è semmai la storia che emette sentenze ben più efficaci di quelle che posso emettere io …
      c) la storia non è né giusta né sbagliata, è, semplicemente è quello che è; però, se vogliamo non chiamarci fuori, viverci dentro, e contribuire, per la nostra parte, a correggerne il flusso, laddove stride con i nostri principi, valori, pregiudizi anche, ebbene se non vogliamo chiamarci fuori dobbiamo operare a correggerne il flusso per esempio con questo civile scambio.

      • Dopo anni di alternarsi di illusioni e disillusioni, quel civile rappresenta uno dei pochi valori che ancora vorrei difendere 🙂

    • vogliamo aspettare un po’ a commuoverci, caro Massimo? lo dico senza ironia … Vedo le reazioni che mi stanno arrivando dai miei amici di Buenos Aires e dintorni, di Città del Messico e di altri luoghi delle Americhe latine (perché guai a dire a un messicano che somiglia a un venezolano, e viceversa, per non dire degli argentini che secondo quanto hanno detto amici brasiliani ad una mia amica asturiana sono italiani che parlano spagnolo con accento francese e a cui piacerebbe essere inglesi – sembra una stupidaggine, ma addita le 4 principali identità, non necessariamente etniche bensì culturali, dell’Argentina -), e insomma noto una grandissima cautela, una totale sospensione del giudizio, questo che siano kirschneriani, antikirschneriani, chavisti o antichavisti, e via dicendo: una sospensione molto laica.
      Perché non provare a fare come loro? o non provare a rinnovare i nostri schemi intellettuali / mentali? così, giusto per fare qualcosa di nuovo, ogni tanto … non sarà più faticoso che costringersi a fare jogging tutte le mattine in una delle nostre belle città inquinate 🙂

  3. Sì, parzialmente condivido:
    d’accordo quando “Si può essere laici finché si vuole … la Marsigliese in Casablanca”.
    purché, conditio sine qua non per l’applicazione del punto 1 al caso specifico di Francesco I, non si dimentichi che:
    storicamente le religioni, specie monoteistiche, si sono sempre autocostituite come dogmatiche (non avrai altro Dio all’infuori di me, detto condiviso e accettato – come potrebbe essere altrimenti? – da tutte e tre le religioni monoteitiche), il che ha comportato una non-tolleranza, non sopportazione delle discordanze (vedi ad es. scomuniche, diatribe, concilii e relativi controconcilii, che più o meno mascheravano una umanissima, troppo umana lotta per il potere, con differenze di interpretazione della SS Trinità), non sopportazione dei laicismi (vedi ad es. evangelizzazioni più o meno forzate, dai ricatti alle torture, leggi: Inquisizione), non sopportazione di religioni rivali (per gli esempi vedi sotto, Pizarro & C.).
    Proprio in virtù del dogmatismo di cui sopra, tali religioni, fenomenicamente, sono sempre apparse, ad un occhio minimamente critico, come oppio dei popoli (non c’è bisogno di aspettare Feuerbach e Marx, vedi Senofane).
    Anche Pizarro si chiamava Francisco (già, non solo Francesco d’Assisi), anche Francisco Pizarro teneva la croce in mano andando alla conquista dei Maya e ingannando e trucidando Atahualpa per accaparrare alla corte spagnola le terre che si sarebbero chiamate Perù) – la stessa croce di Hernàn Cortèz contro gli Aztechi di Montezuma II – per parlare solo dei cattolici, tralasciando i puritani e i mormoni nell’America del nord, i mussulmani (ancora all’opera) e gli ebrei (non dimentico Sabra e Chatila).
    il nostro bisogno di favole può essere accontentato, e secondo me deve anche essere alimentato, dall’arte in genere (letteratura, teatro, ma anche pittura, anche architettura: un bel tempio è un bel tempio, purché non si dimentichi) e dalla nostra facoltà d’immaginazione che però, affinché possa assolvere questo compito indispensabile alla nostra salute, non deve essere oppiata dalla religione.
    Ho scritto troppo, ma le Olimpiadi un gioco (anche politico), l’evangelizzazione dell’America Latina una serie di genocidi, i morti sono morti, i simboli sono simboli.

  4. E’ vero. E faceva un po’ ridere Flores quando, a nome dei laici italiani (anzi di quei laici che la sua rivista decide siano tali), diceva ieri che il papa sarà messo davvero alla prova quando si vedrà con quali laici dialogherà – se cioè sceglierà lui e la sua rivista oppure il resto del mondo. Sembrava un vecchietto, di fronte a quel candido mantello…

  5. Accidenti! questo papa argentino mi ha bruciato il titolo di un libro che sta per uscirmi proprio in Argentina, Lecciones sobre el fin del mundo: lo dichiaro pubblicamente perché non si pensi che sono stato io a copiare lui ! 🙂
    Detto questo: sulle liturgie di Santa Romana Chiesa non si può dire nulla, sono ineguagliabili (chiedere a Oscar Wilde 🙂 ). 2000 anni di pratiche e perfezionamenti non passano invano! e però io direi che pure sulla capacità della Chiesa Cattolica di rivoluzionarsi-nella-continuità se non -nella-conservazione (che mi sembra il caso del nuovo Pontefice: però aspetto notizie dai miei amici argentini per riuscire a farmene un’idea direttamente dalle strade, diciamo così, di Buenos Aires) nessuno può avere nulla da dire e anzi tutti avrebbero/avremmo (avuto?) la possibilità e anzi il dovere di imparare molto – mi sa che quello che ci ha fregato tutti, noialtri sdegnosamente laici, è l’albagia di molti “geni della politica” nostri e forse anche nostra personale: il fatto di non voler renderci conto che gli organismi storico-politici vanno studiati con cura, piuttosto che assumerli solo sotto il profilo emozionale o secondo i nostri desideri di palingenesi / purficazione / storia-dei-buoni-e-degli-eroi … Insomma, ahimé, dalla Chiesa non abbiamo imparato nulla: e sì che ora, in periodo di Pataria o nuova Pataria, qualcosa la storia avrebbe da dirci … Oppure no?

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