MALA TEMPORA

Marco Vitale

Economia e auguri

Leggo che si minaccia di affidare all’economista Tabellini (già rettore della Bocconi, come se non bastassero i disastri fatti dal presidente della stessa) la responsabilità di guida dell’economia. Allora è bene ricordare alcuni contributi forniti dallo stesso in alcuni passaggi decisivi.

All’inizio della crisi emerse, tra gli economisti, il partito dei minimalisti. Tra questi si distinse Guido Tabellini che condusse e concluse un ampio dibattito sul Sole 24 Ore con queste parole:

“Come sarà ricordata questa crisi nei libri di storia economica? Come una crisi sistemica e un punto di svolta, oppure come un incidente  temporaneo (sottolineatura aggiunta) e presto (sottolineatura aggiunta) riassorbito, dovuto ad una crescita troppo rapida dell’innovazione finanziaria? Se guardiamo alle cause della crisi, e alle lezioni da trarne, la risposta è senz’altro  (sottolineatura aggiunta) la seconda. In estrema sintesi, la crisi è scoppiata per via di alcuni specifici problemi tecnici riguardanti il funzionamento e la regolamentazione dei mercati finanziari, ed è stata acuita da una serie di errori commessi durante la gestione della crisi”.

Queste letture minimaliste rappresentano, in fondo, il maggior pericolo per il capitalismo liberale e l’economia di mercato. Se bastano “banali errori di valutazione”, “incidenti temporanei”, “una crescita troppo rapida dell’innovazione finanziaria”,”specifici problemi tecnici” facilmente risolvibili, alcuni “errori di gestione”, per far succedere il terremoto che è successo, il sistema è veramente molto debole, fragile, indifendibile. Varrebbe la pena di battersi per il capitalismo liberale se  le cose stessero così? Poi Tabellini affrontò il tema cruciale della responsabilità dei grandi manager, sostenendo che obiettivo principale per i manager debba essere la massimizzazione del valore dell’impresa, sia pure nella prospettiva di lungo periodo. Più o meno nello stesso periodo il Financial Times (16 marzo 2009) scriveva: “Shareholders value maximization is dead”. La tesi della massimizzazione del valore per gli azionisti è l’idea più sciocca del mondo” (“Shareholder value maximization is the dumbest idea in the world”). Questa dichiarazione è stata rilasciata da uno dei maggiori CEO dell’epoca d’oro dello “star system”, il mitico Jack Welch, a lungo CEO della General Electric, allora la società di maggiore successo del mondo, al Financial Times, che argutamente commenta: “Una rivoluzione di palazzo nel regno degli affari sta rovesciando la dittatura della massimizzazione del valore degli azionisti come unico principio guida nella strategia aziendale e, come spesso accade nei regicidi, molti dei coltelli sono nelle mani dei tirapiedi del vecchio regime”. L’articolo prosegue illustrando le ragioni per cui questo improprio principio viene abbandonato: le buone imprese si basano su un equilibrato sistema di  relazioni di fiducia tra manager, dipendenti, clienti, fornitori, nel breve e nel lungo periodo, e la responsabilità del buon manager è di perseguire questo equilibrio nel tempo, spiegando agli azionisti che il perseguimento della “massimizzazione di valore” solo per gli azionisti è, alla lunga, un danno. Guido Tabellini, sostiene invece una tesi diversa, ritenendo la massimizzazione del valore dell’impresa (principio che ha dominato solo negli ultimi venti anni, che è estraneo o marginale a tutta la migliore dottrina manageriale, e che il Financial Times e Jack Welch danno per finito)  come: “uno dei postulati fondamentali del capitalismo moderno”.

Con i migliori auguri al governo Renzi.

Marco Vitale

www.marcovitale.it

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