L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Echi dal Medioevo

Un amico mi segnala un eco dal Medioevo che ci riguarda.
Da Andrea Camilleri, Il gioco degli specchi, Sellerio, Palermo 2011; edizione gruppo l’Espresso, 2012, pag. 86:

Addeciditi, Montalbà. Arricordati della mala fini fatta da tutti l’indicisi, dallo scecco di Buridano sino ad Amleto.

  1. Vai troppo veloce! Sono ancora fermo al post precedente sul relativismo. Torno su quello. Tu dici:

    “Se si studia quanto è stato scritto e pensato nel passato, non si può evitare di assumere un atteggiamento relativistico, altrimenti si rischia di considerare le altre epoche, gli altri contesti sociali e culturali solo come incerte tappe di avvicinamento alla realizzazione del nostro qui e ora, che rappresenterebbe il fine di tutto quanto lo ha preceduto. Lo si può anche credere ma ci vuole un bel coraggio.”

    Cosa intendi quando dici che dobbiamo assumere un atteggiamento relativista nello studio dei filosofi del passato? Pare che tu voglia dire che i filosofi del passato possono solo essere studiati assumendo il loro punto di vista. Non è che in questo modo si rischia di non prendere sul serio chi ci ha preceduto? Se l’unica critica possibile riguarda la coerenza interna delle loro tesi filosofiche, non perdiamo in questo modo l’opportunità di valutare e discutere delle tesi potenzialmente significative per noi? Un relativista non privilegia alcun punto di vista particolare e dovrebbe dunque riconoscere la legittimità di valutare una affermazione anche dal proprio punto di vista (oltre che da altri).

    • Il centro della questione credo stia proprio nel modo di intendere la tua espressione: prendere sul serio. Secondo me significa considerare le domande che si ponevano nel passato serie quanto quelle che ci poniamo oggi e non tentativi di avvicinamento a una meta che noi abbiamo formulato con maggiore precisione. Questo non vuol dire limitarsi alla coerenza interna, anzi a volte implica il tentativo di traduzione, in termini analogici. La frase – secondo me, splendida – di Chesterton mi sembra convincente proprio da questo punto di vista: se sto alla coerenza interna delle vite dei santi, mi trovo alle prese con qualcosa che oggi mi suona del tutto insensato e allora cerco di immaginare qualcosa del mio tempo che, analogicamente, possa essere accostato a quel tipo di interesse.
      In altri casi la coerenza interna può essere decisiva. Personalmente mi sono occupato a lungo di Anselmo d’Aosta e continuo a credere che il suo famoso argomento ontologico funzioni, ma a patto di essere, come lui, profondamente agostiniani, e oggi non mi pare più possibile. Se poi vogliamo anche analizzarlo dal punto di vista della logica formale contemporanea, va benissimo, ma si deve tenere presente che forse non è proprio il suo argomento.
      Sono d’accordo naturalmente che non si dà alcuna regola a priori per scegliere il punto di vista da cui analizzare il passato, altrimenti sarebbe una indicazione assoluta, mentre invece la risposta temo debba essere ancora una volta: dipende.

  2. Sarà che non mi sono ancora ripreso dal beato periodo delle vacanze, ma non capisco quale sia questa eco del medioevo … e poi Amleto non è medievale, ma di piena età moderna (in. XVII). Dunque, dov’è la pertinenza?

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