CROCE E DELIZIE

Corrado Ocone

Filosofo

Apologia del diavolo, ovvero della forza vitale che è il bene nella sua interezza, concretezza e storicità

Il male è rappresentato come diavolo, demone, Satana in molte religioni, compresa quella cristiana. Continuamente ci si è posti il problema della sua essenza o statuto ontologico. E’ da considerarsi esso come un dio inferiore, oppure di pari potenza rispetto al Dio del bene con cui incessantemente lotta? E, nell’un caso o nell’altro, il diavolo non pregiudica, con la sua semplice esistenza, l’onnipotenza del Signore? E se invece ammettiamo, come sembrerebbe più logico in una prospettiva monoteistica, che il diavolo non esiste, che cioè esso è semplice metafora del male morale, come possiamo poi giustificare il fatto che Dio che è il sommo bene inglobi in sé questo male? E come può Dio essere così insensibile alla presenza del male stesso nel mondo da lui creato? Le teologie cristiane hanno profuso secoli di sapienza, e di interpretazione delle Scritture, per dare un minimo di coerenza o plausibilità alle risposte a queste domande. Cioè per elaborare una teodicea, dare etimologicamente una “giustificazione del male” e della sua presenza nel mondo. La Chiesacattolica ha poi persino ammesso l’attività degli esorcisti, di coloro che sono ufficialmente incaricati a scacciare attraverso pratiche e rituali canonici il diavolo dal corpo di chi si ritiene che ne sia posseduto. Come si evince, fra l’altro, dalla lettura del più antico Manuale di esorcismo della Chiesa cattolica, che Il Melangolo manda in questi giorni in libreria, con il testo latino a fronte: De exorcizandis obsessis a Demonio (pagine 83, euro 7). Mentre, più in generale, va osservato che il tema del demoniaco percorre molta e importante parte della letteratura e della filosofia dell’età moderna, come è documentato nell’illuminante volume di Ewan Fernie The Demonic. Literature and Experience, appena uscito da Routledge (pagine 336, sterline 29,90) ne parlerò domenica prossima su “La Lettura”, il settimanale culturale del “Corriere della sera”). “Nel nostro secolo, l’epoca di internet, degli iPhone, degli acceleratori di particelle e delle macchine teleguidate su Marte, il diavolo -scrive Demien Karas, il curatore del Manuale del Melangolo- “non è stato ancora esorcizzato”. Ma va ammesso tuttavia che esso esorcizzato non potrà mai esserlo in modo definitivo da nessun esorcista se collochiamo il discorso in un ambito metaforico e facciamo diventare il problema, come è giusto che sia, semplicemente quello ontologico (e etico) della presenza del male nel mondo. E’ a questo livello che il discorso sul diavolo lo poneva Croce, che, incuriosito dal titolo, nel 1943 prima si procurò, e poi tradusse e pubblicò, il saggio di un medico e filosofo tedesco tardo kantiano, Johann Benjamin Erhard: Die Apologie des Teufels (del 1795, non era mai stato più ristampato). In verità, dalla lettura dell’ Apologia del diavolo di Erhard (ne esiste una edizione Rubbettino del 2001), il filosofo napoletano rimase alquanto deluso: non trovò in essa ciò che cercava, cioè il pensiero che egli aveva maturato della non negatività, nemmeno da un punto di vista morale, dell’egoismo o del bene particolare del singolo. Che non significa, o non significa solamente, che dal male può generarsi il bene più o meglio che dal bene stesso, secondo la dialettica della realtà e la logica delle azioni umane messa in luce dalle varie dottrine che si sono occupate delle conseguenze in intenzionali di esse (“il diavolo è l’uomo di affari del buon Dio” aveva scritto Croce in un’altra occasione). Ma voleva dire, più radicalmente, che l’egoismo, se da una parte è il negativo della morale, dall’altro è anche il positivo che accompagna di necessità non solo la moralità ma ogni attività o pratica realizzazione umana. La quale senza quella forza “diabolica” che si impossessa di noi e ci domina (etimologicamente entusiasmo significa proprio che si è posseduti da un demone) semplicemente non sarebbe perché non si darebbe quella cieca e più o meno innocente “gioia del male” che deve di necessità accompagnarla. Satana non è perciò il negativo ma simboleggia anche, scrive Croce nella Nota critica al testo di Erhard, “per l’appunto la forza vitale che si concilia con la spiritualità, che è amore, poesia, lavoro, scienza, spontaneità, progresso, e, insomma, ….il bene concepito nella sua interezza, pienezza, concretezza e storicità”. Nel prossimo post svilupperò il ragionamento.

  1. Domanda intelligente, ma ho proprio questo il punto, che probabilmente non ho reso bene. Il Diavolo per Croce non è Diavolo. Così come Dio non è Dio. Il Diavolo è scindere il rapporto fra Dio e il Diavolo. Ed erano riflessioni che nascevano negli anni della guerra e della barbarie. Gli anni di Auschwitz, anche se quando scriveva non se ne era ancora a conoscenza

  2. non dimentichiamo Auschwitz, la forza vitale che si concilia con la spiritualità, che è amore, poesia, lavoro, scienza, spontaneità, progresso può conciliarsi anche col sadismo, col massacro, con la sofferenza inflitta volontariamente

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