L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Anno costantiniano

Ormai siamo pronti; mancano pochi giorni al 6 dicembre e poi si comincia. E non si tratta di sindrome da lungo ponte, che Milano si costruisce collocando in una invidiabile posizione strategica la festa di s. Ambrogio – patrono della città – proprio accanto alla festa dell’8 dicembre dedicata alla Immacolata Concezione. Certo, conta anche questo, soprattutto nella attuale fase storica votata all’efficienza, alla produttività, al calvinismo di massa; è un modo per sentirsi ancora un po’ mediterranei e un po’ fanigottoni, come si dice qui con riferimento all’espressione dialettale na gott dalla nobile ascendenza latina ne gutta (neppure una goccia).
Ma non è solo questo. Il 6 dicembre prendono il via le iniziative per la celebrazione del XVII centenario dell’editto di Milano, risalente al 313, e per un anno si susseguiranno, sotto il titolo complessivo scelto dalla diocesi: Liberi per credere. L’arcivescovo di Milano ha scritto a questo proposito – nella lettera pastorale Alla scoperta del Dio vicino -:

L’anniversario dell’Editto di Costantino del 313 sarà l’occasione non solo per riprendere il tema della libertà religiosa, ma anche per una riflessione, da condividere con tutte le persone e istituzioni disponibili, sulla rilevanza pubblica della religione e sul bene per l’intera società di una comunità cristiana viva, unita, disponibile a farsi protagonista nel tessuto sociale secondo la sua specifica vocazione e secondo un’idea di società democratica che anche i cristiani hanno contribuito a costruire e devono contribuire a rinnovare.

Sui giornali e in rete si è già aperta da tempo una discussione che riguarda l’esistenza stessa di un editto costantiniano che, con la forza politica e giuridica che per 1700 anni gli si è attribuita, riconosca la libertà di culto ai cristiani. Nel destino dell’imperatore Costantino sembra scritta la missione di segnare la storia occidentale con documenti che, come la famosa Donazione con cui per secoli si è giustificato il potere temporale della Chiesa, hanno avuto un rilievo enorme, anche se non sono esistiti.
Ma non è questo il problema; la storia è ricca di cose inesistenti che hanno influenzato il corso degli avvenimenti in modo del tutto indipendente dalla loro effettiva realtà, fino alle famose armi di distruzione di massa che avrebbero dato legittimità all’intervento armato in Iraq contro Saddam Hussein.
D’altra parte le ricorrenze storiche e le connesse celebrazioni sono quasi sempre una sorta di festoso massacro del senso storico e un trionfo della retorica, in particolare di quel ramo della retorica che gli studiosi definiscono epidittica e che ha la funzione essenziale di ribadire i valori in cui si riconoscono una comunità, un gruppo sociale o uno schieramento politico.
Nessuno scandalo dunque se alcuni attribuiranno a Costantino il merito di avere aperto la strada al trionfo del cristianesimo e altri lo indicheranno come il responsabile dell’abbandono di uno spirito autenticamente religioso per scegliere invece il compromesso con la politica, il potere, la ricchezza.
Il problema è piuttosto che anche la retorica epidittica dovrà pur avere limiti, determinazioni, riferimenti che non la rendano un puro esercizio di costruzione di nessi in assoluta libertà. Vada per la libertà religiosa, ma come è possibile che il cardinale trovi nell’editto di Costantino anche un riferimento alla rilevanza pubblica della religione? Oltre tutto inserendola nella relazione con un’idea di società democratica che anche i cristiani hanno contribuito a costruire, ma che in ogni caso ci sembra rimanere piuttosto estranea alla politica dell’imperatore Costantino.
Il cardinale nella scorsa estate era riuscito a segnalare gli stessi temi come caratteristici della riflessione di Agostino, qualche decennio dopo l’editto di Milano; è chiaro che per il vescovo di Milano si tratta di una ideazione coatta e se ne possono anche capire i motivi. Però vorremmo rassicurarlo: anche se non riusciamo a vederne le radici nel pensiero o nella prassi politica dei primi secoli del cristianesimo, non abbiamo nessuna difficoltà a riconoscere la legittimità storica della Democrazia Cristiana, di Comunione e Liberazione o del Terzo Polo. Tranquillo.

  1. Scommetto che c’è qualche allusione alle scuole cattoliche e magari all’IMU, più che al terzo, quarto o quinto polo e a Comunione e Liberazione, e che non sia necessario sforzarsi di cercare significati più reconditi e profondi – a pensare male si fa peccato, ma il più delle volte ci si prende, come diceva quel tale – …

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