COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

4 settembre. La mia preghiera -laica- per il Libano

Che faccio, mi unisco? Sì, mi unisco volentieri alla giornata mondiale di preghiera per il Libano indetta da Papa Francesco. E’ una scelta coraggiosa, che condivido in pieno e per questo la mia sarà una preghiera laica, come il Levante di cui Beirut è stata e dovrebbe tornare ad essere la vera capitale.

Non una preghiera maronita, perché lì tanti pregano in francese, pensandosi fenici, e sognano un Piccolo Libano, solo per loro e tutto per loro. Chi prega così voleva distruggere il centro di Beirut durante la guerra civile, e sostituirlo con bei vialoni alla tedesca, lunghi e larghi.

Non una preghiera sciita, perché essere sciita oggi vuol dire passare tutto il giorno davanti alla televisione di Hezbollah, al-Manar, ad ascoltare Nasrallah che parla di odio e missili, di milizie e di morte per i nemici.

Non una preghiera ortodossa perché lì molti pensano ancora alla Terza Roma, e vedono nella loro Chiesa un felice corista che si unisce al coro orchestrato da Mosca, protettrice dei cristiani.

Non una preghiera che unisca queste preghiere perché l’Alleanza delle Minoranze (i cristiani e gli sciiti, minoranze dell’Islam) dopo aver condannato a morte la Siria e i siriani condannerebbe a morte anche il Libano e i libanesi, come la polverizzazione del porto di Beirut per mano di Hezbollah sotto la presidenza del cristiano Aoun ha dimostrato al mondo.

Ma non sarà neanche una preghiera sunnita, perché anche loro non hanno servito l’interesse di Beirut dopo la morte di Hariri, ma quello dei loro potentati e capi tribali. E neanche drusa, perché non sono druso e non credo nei settarismi o nei tribalismi.

Che preghiera potrà essere allora la mia? Una preghiera levantina, come Beirut, città costruita dai missionari cristiani ma scelta da tutti: per questo mi sento d’accordo con lo spirito di questa città, incompresa da tanti ma amica di tutti. Dei dissidenti che fuggivano dai regimi nazionalisti o da quelli islamisti, dei ricconi che volevano godersi la vita e dei poveracci che volevano anche loro una fetta di torta.

La mia sarà quindi una preghiera cittadina, anche se a Beirut non ho mai visto un marciapiede lungo il quale poter camminare rilassato e sereno, o un albero all’ombra del quale fermarmi,  tanto feroce è stata la speculazione.

Ma solo Beirut incarna quello spirito del Levante per cui esiste una cultura che ingloba tutte le sue diverse identità, e mi ha fatto sentire a casa mia.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *