L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

25 aprile

C’era inoltre la sensazione di essere coinvolti in una crisi veramente radicale, non solo politica, ma quasi metafisica. Ci spaventava non tanto il collasso degli istituti, e delle meschine idee su cui era fondato il nostro mondo di prima, quanto il dubbio istintivo sulla natura ultima di ciò che c’è dietro tutti gli istituti, la struttura della mente stessa dell’uomo, l’idea di una vita razionale, di un consorzio civile. Sentivamo la guerra come la crisi ultima, la prova, che avrebbe gettato luce cruda non solo sul fenomeno del fascismo, ma sulla mente umana, e dunque su tutto il resto, l’educazione, la natura, la società.
Bisogna pensare che il crollo del fascismo (che ebbe luogo tra il ‘40 e il ‘42: dopo di allora era già crollato) era sembrato anche il crollo delle nostre bravure di bravi scolari e studenti, il crollo della nostra mente. Ora si vedeva chiaro quanto è ingannevole fidarsi delle proprie forze, credersi sicuri. Penso onestamente che ogni italiano che abbia un po’ di sensibilità debba aver provato qualcosa di simile. Non si poteva dare la colpa al fascismo dei nostri disastri personali: era troppo comodo; e dunque pareva ingenuo credere che rimosso il fascismo tutto andrebbe a posto. Che cos’è l’Italia? che cos’è la coscienza? che cos’è la società? Dalla guerra ci aspettavamo questa e mille altre risposte, che la guerra, disgraziatamente, non può dare. Tutto pareva che fosse quasi un nodo, e questi nodi venivano al pettine. Che cos’è il coraggio? e la serietà, e la morte stessa? Non è più finita: che cos’è l’amore? che cos’è la donna?
Stupidaggini: non si può chiedere alla guerra che cos’è la donna; almeno quelle due o tre volte che gliel’ho chiesto io, non mi ha risposto niente. Sta il fatto che noi i nodi li vedevamo venire al pettine, e ci pareva di sentire che perfino dietro la politica, la regina delle cose, ci sono forze oscure che lei non governa. Anche il fascismo è forse collegato con queste forze oscure. Il mondo è misterioso, e questo si sente molto di più quando si vive un pezzo in mezzo ai boschi.
(Luigi Meneghello, I piccoli maestri, in Id., Opere scelte, Mondadori 2006, pp. 458-59)

  1. Così scrive Emanuele Artom, trucidato nelle galere fasciste, nei suoi diari: Il fascismo non è una tegola cadutaci per caso sulla testa: è un effetto della apoliticità e quindi della immoralità del popolo italiano. Se non ci facciamo una coscienza politica non sapremo governarci e un popolo che non sa governarsi cade necessariamente sotto il dominio straniero o sotto una dittatura. Il fascismo non piombò dall’esterno come una forza allogena, fu una malattia costituzionale degli italiani (A.Cavaglion), ebbe pochi oppositori che venivano incarcerati o uccisi, la zona grigia del consenso prevalse. Il 25 luglio del 1943 Mussolini viene messo in minoranza da un ordine del giorno proposto dai suoi stessi gerarchi ed estromesso dal potere, in questa scelta la piazza non ebbe alcun peso, fu una scelta dentro il palazzo, senza quella scelta in Italia la Resistenza non sarebbe nata.
    La guerra partigiana non sempre fu una azione consapevole, come ha scritto Luigi Meneghello: La verità è che non avevamo ‘capito’ le possibilità della situazione: nell’euforia attivista dei primi mesi, ‘ quel senso di essere portati da un’onda’, raramente ci si era fermati a domandarsi: Ma che cosa succede esattamente? Come si inquadra tutto questo nella storia italiana? ‘Cosa si deve fare , ora, a farsi portare dall’onda’?. E oggi? Che cosa dobbiamo fare? La malattia costituzionale degli italiani è guarita?

    • Non avevo alcuna intenzione di innescare una discussione sulla Resistenza. Comunque non sono d’accordo su niente. Anche la mancanza di consapevolezza mi pare il bello della storia, che non si fa con l’intelletto e i moralismi, ma con le azioni, spesso inconsapevoli.

  2. Prima del 25 aprile 1945 c’è stato il 25 luglio del 1943, quello che Alberto Cavaglion ha chiamato il giorno della scelta. Oggi, 25 aprile 2015, qualcuno può ancora dirsi libero di scegliere? Me lo chiedo.

    • Qualcosa prima c’è sempre! Ma non credo sia il 25 luglio ad avere aiutato la crescita dell’Italia e comunque non ho dubbi sulla possibilità di sentirsi liberi grazie anche a quei piccoli maestri che neppure sapevano bene perché erano andati in montagna.

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