EUROPEI

Andrea Mammone

Andrea Mammone è un docente di Storia dell’Europa presso la Royal Holloway, University of London. Ha precedentemente insegnato e svolto periodi di ricerca in Francia, Stati Uniti e Italia, pubblicando di fenomeni transnazionali, Europa, politica italiana e neofascismo. È stato invitato a discutere di questi temi in giro per l’Europa e negli USA (incluso dal Dipartimento di Stato). Il suo libro Transnational Neofascism in France and Italy è stato pubblicato da Cambridge University Press. Ha inoltre curato vari volumi sulla destra in Europa e sulla società italiana. Sta attualmente scrivendo un breve libro sull’Europa di oggi e uno sulla Calabria. Vive nella capitale britannica, da dove prova a riflettere sulla politica e la storia europea. Infatti, è stato intervistato, tra gli altri, da Al Jazeera, BBC, Voice of America, Sky, The Observer, Radio 24, Il Fatto Quotidiano, Weekendavisen, Radio Rai, To Vima, TIME, The Guardian, European Voice, O Globo, New Zealand Herald, e The Economist. Ha scritto per il The Independent, International Herald Tribune, The New York Times, The Guardian, Reuters, Al Jazeera America, Washington Post, Foreign Affairs e New Statesman.

2015

 

12 dicembre, in treno di ritorno in Calabria. Arrivo a Napoli e il capotreno, che conosco, mi fa accomodare in prima classe, come gesto di cortesia. Arte questa nella quale, quando se ne ricordano, i meridionali  sono, in Europa, maestri. Non è uno di quei treni lenti, che piacciono a Paolo Rumiz, e la classe è sicuramente quella sbagliata. Eppure a me sembrano uguali, sarà che buona parte del sud l’alta velocità, in senso lato, non l’ha mai neanche minimamente sfiorata. Il treno è comunque veramente qualcosa di diverso. “Vado sui vecchi binari per nostalgia”, scrive Rumiz, “perché il treno è un pezzo del mondo di ieri …. Ma ci vado anche per capire l’oggi, per sapere cosa pensa la gente …. scelgo il treno, perché no, anche per leggere il futuro, per capire dove va la mia Europa”.

Parlare di “viaggio” fa molto cool, figo. Ti lega idealmente all’avventura, alla scoperta, alla (grande) narrativa degli scrittori-viaggiatori. Eppure la maggior parte di noi confonde una vacanza, per quanto avventurosa oppure esotica, con quel viaggio. Un treno invece, seppur per brevi distanze, permette un reale (mini) viaggio nel tempo e nello spazio, basta saper cogliere la giusta prospettiva e guardare nella direzione appropriata. Guardando dal finestrino i luoghi possono scorrere, metaforicamente, come i giorni dell’anno e le stagioni della vita. È un po’ come tornare nella propria casa d’infanzia e aprire un cassetto dal quale spuntano foto, lettere, cartoline, ricordi, amori, pianti, e ciclostilati delle scuole superiori.

Sarà forse che il treno, e il cassetto, mi portano a fare i conti con il passato, con un anno che volge al termine. Penso allora al fascino di Lisbona e, mentre leggo di stati pronti a innalzare muri, mi tornano in mente le impressioni suscitate da Nicosia, capitale europea divisa dal filo spinato, check points, zone cuscinetto, e soldati delle Nazioni Unite. Le case che passano veloci e il mare riflettono sul finestrino come un insieme di luci, e a volte proiettano, come al cinema d’estate all’aperto, i miei libri usciti quest’anno e una valigia di incertezze e preoccupazioni. Poi Valentina, Stefano, e le vite che finiscono alla mia età. E un’Europa che rinuncia al ruolo di musa e invece fa stare tutti con il fiato sospeso.

Non che recentemente quest’ultima mi avesse fatto fare salti di gioia, eppure sembra che in molti remino per spezzare un sogno di pace e dialogo. [In ordine sparso]. La Grecia che, dimenticata, piange. La Germania che torna ad avere un’immagine negativa. Salvini che, con una retorica da zero in pagella (alle elementari), detta l’agenda politica del centro-destra. I nazionalismi che rinascono, su base etnica e non culturale ed economica. Poi i musulmani che secondo alcuni andrebbero schedati. I mille e più rifugiati che arrivano settimanalmente scappando da fame e guerra. Nazioni occidentali nelle quali la solidarietà è diventata un termine privo di significato mentre l’ignoranza avanza. Nemici, tutti contro tutti, noi contro gli altri e gli altri contro noi.

A chi pensa che democrazia e tolleranza siano valori immutabili nel vecchio continente europeo consiglio qualche rilettura storica, oltre a fare mente locale su alcuni eventi del 2015. Occorrerebbe uno scatto di orgoglio, di lucidità, di razionalità, e di cuore per far ripartire l’Europa. Forse il prossimo anno non ha nessuno di questi presupposti, eppure sappiamo come la speranza sia intrensicamente legata all’esistenza e la volontà possa, a volte, cambiare il corso della storia.

 

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