Da 60 anni un ponte sul Mediterraneo
la storia del Corriere di Tunisi

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Furono ben accolti i migranti italiani in Tunisia nelle diverse ondate migratorie dell’800, a partire dai primi arrivi, quelli degli esuli politici, mazziniani e liberali, che fuggivano dall’Italia dei moti del ’20 e il ‘21. Tra questi c’era il carbonaro livornese Giulio Finzi che trovò rifugio a Tunisi, a Palazzo Gnecco, l’edificio della città vecchia che fu la sede tunisina di “Giovane Italia”, da cui passarono anche Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi.

Giulio Finzi si ambientò velocemente e nel 1829 fondò nel bell’edificio bianco della medina la prima stamperia della città dando origine a un solido e lungo ponte che ancora lega Italia e Tunisia attraverso le gesta della sua famiglia e la storia di un giornale in lingua italiana, il Corriere di Tunisi, fondato dal figlio, dal nipote e da un gruppo di italiani idealisti laici e democratici poco più di un secolo dopo e che oggi festeggia i suoi sessant’anni.

Il Corriere di Tunisi è stato il primo giornale di lingua italiana pubblicato a Sud del Mediterraneo e continua a essere l’unica rivista italiana del mondo arabo. La famiglia Finzi riuscì ad avere l’autorizzazione per pubblicarlo solo nel 1956, nell’anno dell’Indipendenza dai francesi e “riprese idealmente il titolo di una testata pubblicata in Tunisia nel 1864 le cui pubblicazioni cessarono nel 1881 con l’avvento del Protettorato francese in Tunisia”, come specifica Silvia Finzi, figlia del suo storico direttore Elia, sottolineando che “la scelta del nome indicava già di per sé una scelta politica poiché il giornale s’iscriveva nella logica della libertà dei popoli e nel rispetto della loro sovranità politica”.

Prima settimanale, poi mensile, in sessant’anni il Corriere di Tunisi non ha mai saltato un numero. E’ stato sempre stampato dalla “Imprimerie Finzi” fondata da Giulio e poi gestita dal figlio Giuseppe nella nuova sede della città nuova, in rue de Russie, diventata poi sede del giornale diretto da Elia fino al 2012, anno della sua scomparsa, e da quattro anni passato nelle mani di Silvia, già molto attiva in ambito culturale e accademico in qualità di docente di Storia dell’emigrazione italiana all’Università di Tunisi.

Uno dei sentimenti comuni di chi ha lavorato allo sviluppo della rivista è sempre stato la volontà di mantenere vivo il sogno iniziale, quello “di contribuire alla costruzione di una Tunisia indipendente e, nel contempo, al mantenimento del legame con l’Italia dopo la Liberazione”, come scrisse nel primo editoriale Augusto Bindi.

Per la comunità italiana presente all’epoca in Tunisia, inoltre, la pubblicazione del Corriere di Tunisi ebbe un significato simbolico molto forte perché il Protettorato francese, fino al 1956, aveva impedito che gli italiani si potessero esprimere attraverso pubblicazioni nella loro lingua per “liquidare definitivamente il pericolo italiano”. Stampare un giornale fu come ritrovare la propria voce.

“Nel 1956, malgrado le espulsioni attuate dai francesi nei confronti degli italiani dal ‘43 agli anni 50 e la naturalizzazione forzata dei loro figli nati in Tunisia, gli italiani erano circa 85mila” racconta Silvia Finzi che è nata e cresciuta da “italiana di Tunisi”, credendo nell’incontro tra culture e ascoltando le storie della famiglia e degli amici di famiglia, quasi tutti animatori della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo, molto attiva in Tunisia durante il ventennio fascista.

Questo gruppo di idealisti credeva fortemente nella necessità di ridare una voce alla collettività italiana di Tunisia allora molto numerosa.

“Oggi la collettività è composta da circa 5mila persone. Un secolo fa erano 120mila. Del gruppo storico di italiani in Tunisia, quelli nati e cresciuti qui, restano poco più di mille persone e il numero è destinato a ridursi ulteriormente” spiega Finzi che resta comunque fiduciosa per il suo giornale che oggi riesce a vendere circa tremila copie anche grazie al web e ai giovani tunisini che studiano l’italiano e progettano di trasferirsi in Italia.

Nello scenario di grandi mutamenti vissuti dalla Tunisia negli ultimi cinque anni, c’è da registrare anche la crescita di una nuova collettività di bi-nazionali formata, come sottolinea la docente, “da immigrati tunisini che hanno acquisito la nazionalità italiana durante il loro soggiorno in Italia, figli di coppie miste, oriundi italiani, pensionati che si stabiliscono in Tunisia per poter vivere in modo più dignitoso rispetto all’Italia e anche per via della detassazione parziale della loro pensione italiana, imprenditori e aziende che si sono trasferite anni fa in Tunisia e che qui ormai vivono stabilmente”.

Tra gli obiettivi della rivista, negli anni, si è imposto anche quello di restituire ai lettori un’immagine dell’Italia e della Tunisia in continuo scambio tra loro e non come due paesi distanti, ma parte della stessa storia: la Storia del Mediterraneo.

Il giornale ha retto sessant’anni attraversando l’era Burghiba e l’era Ben Ali senza interferenze e censure perché, come spiega Finzi, “ci siamo sempre tenuti da parte quando non potevamo scrivere di politica tunisina”. Oggi però l’atmosfera è cambiata. Nel 2011 lo staff è sceso in piazza con i tunisini per chiedere dignità e libertà e, in questa fase di transizione democratica, crisi economia e rischio terrorismo, si sente molto più partecipe alla realtà tunisina.

Silvia Finzi viaggia spesso in Italia per convegni e incontri culturali, ma non ha mai pensato di lasciare la sua terra. Anzi, oggi più che mai, sente che il bisogno di sostenere i tunisini proprio come hanno fatto loro con gli italiani accogliendoli da migranti, da esuli, da partner commerciali, a partire dalle lunghe traversate dell’800.

“Non dobbiamo dimenticare la nostra storia se vogliamo costruire un altro Mediterraneo, diverso da quello che è oggi” evidenzia la direttrice sempre più stimolata a proseguire il suo lavoro di ricerca e divulgazione per colmare le lacune storiche degli italiani in tema di Mediterraneo e di scambi tra Italia e Tunisia. Così come la sua famiglia continua a stampare documenti e libri destinati alle nuove generazioni.

La storica tipografia oggi non esiste più, ma al suo posto, nella zona industriale di Tunisi, è nata “Officine grafiche Finzi”, una casa editrice gestita da Claudio, fratello di Silvia, che manda avanti la tradizione familiare senza dimenticare il passato.

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